Per sconfiggere i metodi di espropriazione praticati dai governi dell’Asse

Il saccheggio delle opere d’arte condotto dai nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale fece emergere il problema delle restituzioni, questione non affrontata nelle Convenzioni dell’Aja del 1899 e 1907. Solo nei lavori durante la Conferenza dell’Aja del 1954, si discuterà in maniera esplicita sul tema delle restituzioni, che verranno inserite nel testo del I Protocollo aggiuntivo del 1954 <355. Nonostante una parte della dottrina sostenga l’esistenza di una consuetudine nel periodo precedente l’entrata in vigore della Convenzione dell’Aja <356, si può affermare con certezza che il primo strumento pattizio in cui compare il divieto di esportazione illecita <357 e l’obbligo dei restituzione dei beni culturali è il I Protocollo del 1954, che tuttavia contempla una restituzione tra Stati, indicando una serie di obblighi e corrispondenti diritti in capo alla Potenza occupante e alle Alte Parti contraenti. Data la portata e la gravità del vuoto normativo su questo punto, si ritiene fondamentale ricordare la dichiarazione congiunta emessa da parte degli Alleati e l’istituzione della Commissione Americana nel corso della guerra, di non secondaria importanza, con lo scopo di proteggere i beni immobili e mobili saccheggiati e rubati, in vista di una restituzione di questi ultimi a guerra finita, come previsto dai Trattati di Pace del 1947.
2.2.7.1 La Dichiarazione congiunta interalleata, 5 gennaio 1943
Tale è l’intento insito nella Dichiarazione congiunta interalleata <358, firmata da diciassette Stati <359 e dal Comitato Nazionale Francese il 5 gennaio 1943, resa a Londra e pubblicata simultaneamente a Washington e Mosca, con la quale: «the Governments making this Declaration and the French National Committee reserve their rights to declare invalid any tranfers of, or dealings with, property, rights and interests of any description whatsoever which are, or have been, situated in the territories which have come under the occupation or control, direct or indirect of the Governments with which they are at war, or which belong, or have belonged to persons (including juridical persons) resident in such territories» <360.
Si tratta di una «dichiarazione formale della determinazione a combattere e sconfiggere il saccheggio da parte delle Potenze nemiche dei territori che sono stati invasi o posti sotto il controllo nemico», dal momento che alla «spoliazione sistematica del territorio occupato» con metodi spietati ha fatto seguito una nuova aggressione, che si è estesa dall’Europa centrale e via via crescendo, fino ai territori occupati dell’Europa occidentale.
Il saccheggio «ha assunto ogni tipo di forma e si è esteso a ogni tipo di proprietà: dalle opere d’arte alle scorte di merci, dai lingotti e banconote alle azioni e affari di imprese finanziarie <361», con un obiettivo che è sempre lo stesso, come dichiarato dai governi delle Nazioni Unite: «to seize everything of value that can be put to the aggressors’ profit and the to bring the whole economy to the subjugated countries under control so that they must slave to enrich and strengthen their oppressor <362».
È importante quindi «non lasciare alcun dubbio sulla risoluzione da parte dei Governi firmatari di non accettare o tollerare misfatti dei nemici nel campo della proprietà», come gli stessi Stati Parte alle Nazioni Unite hanno recentemente sottolineato «nella loro determinazione ad esigere una punizione dei criminali di guerra per i loro oltraggi contro le persone nei territori occupati».
La presente Dichiarazione intende lanciare «un avvertimento formale a tutti gli interessati», in particolare ai Paesi neutrali «che intendono fare del loro meglio per sconfiggere i metodi di espropriazione» praticati dai governi dell’Asse contro i popoli aggrediti e depredati. A tal fine, nelle note esplicative, si sottolinea l’importanza di un’estensione di tale Dichiarazione anche ai Paesi che vogliano farne parte, nonché la volontà di diffonderla il più possibile <363. Essa suggerisce l’atteggiamento assunto dai governi partecipanti e dal Comitato Nazionale Francese in merito agli atti di espropriazione di qualsiasi natura che sono praticati dalle Potenze nemiche nei territori portati sotto saccheggio a cui il nemico ha fatto ricorso; si riserva di chiarire però che, alla luce della loro eterogeneità, la procedura e la decisione raggiunta in merito all’annullamento del trasferimento dovrà essere valutata e decisa caso per caso dal Paese interessato al suo ritorno <364.
La Dichiarazione segna, tuttavia, un passo importante sulla soglia della solidarietà fra le nazioni in tempo di guerra, che si sono reciprocamente impegnate ad assistersi a vicenda in conformità con i principi di equità e convenendo di seguire linee di politica simili, «senza deroghe alla loro sovranità nazionale e tenendo conto delle differenze prevalenti nei vari Paesi» <365.
2.2.7.2 La Commissione Americana per la Protezione e il Salvataggio dei Monumenti Storici e Artistici nelle aree di guerra
Accanto agli Stati, anche gruppi civili intrapresero iniziative per proteggere i monumenti culturali europei nelle aree che si trovavano sotto l’occupazione delle forze dell’Asse. Nel 1942, il Presidente dell’Archeological Institute of America, il presidente della College Art Association e i direttori del Metropolitan Museum of Art di New York e della National Gallery of Art di Washington si rivolsero ad Harlan F. Stone, Presidente della Corte Suprema degli Stati Uniti, con la proposta di istituire una commissione governativa per proteggere e salvare i monumenti storici e artistici europei; ebbero premura di contattare anche il Capo della Divisione per gli affari civili del Dipartimento della guerra, nonché il servizio dell’Intelligence aerea dell’esercito, per ottenere il loro supporto.
Durante la guerra, la Commissione avrebbe collaborato con l’esercito per proteggere le opere di valore culturale presenti nelle aree occupate dagli alleati e per compilare elenchi delle proprietà di cui si erano appropriate le Potenze dell’Asse. Dopo la guerra, la Commissione avrebbe dovuto sollecitare la restituzione in natura da parte delle Potenze dell’Asse per le opere che avrebbero potuto essere distrutte, compilare un elenco di opere equivalenti nei Paesi dell’Asse che potevano essere utilizzate come compensazione e sollecitare affinché le proprietà illecitamente sottratte fosse restituite.
Il Presidente Roosevelt approvò l’iniziativa e istituì la Commissione il 23 giugno 1943. A seguito delle richieste del Dipartimento della Marina alla Commissione di preparare mappe ed elenchi dei monumenti storici e culturali anche per le aeree in Estremo Oriente, la Commissione cambiò ufficialmente il suo nome in “The American Commission for the Protection and Salvage of Artistic and Historic Monuments in War Areas” (cosiddetta “Commissione Roberts”) <366.
Durante la guerra, la Commissione Americana ha collaborato con le Commissioni stabilite nei Paesi alleati <367 aventi compiti analoghi e con il Dipartimento di Stato nel considerare i problemi relativi alla restituzione del materiale artistico e storico; è stata inoltre determinante nell’effettuare la restituzione ai legittimi proprietari di opere d’arte pubbliche saccheggiate e identificate nella zona della Germania occupata dagli americani <368.
Nell’aprile del 1944, venne istituita la Commissione interalleata per la protezione e restituzione del materiale culturale (cosiddetta “Commissione Vaucher”, sotto la Presidenza del prof. Paul Vaucher), come sottocommissione della Conferenza dei ministri alleati dell’Istruzione. Composta da rappresentanti dei vari governi alleati, la Commissione Vaucher si occupava dei problemi relativi alla protezione, restituzione e riparazione, nonché della raccolta e organizzazione delle informazioni relative ai saccheggi, in collaborazione con le agenzie collocate all’estero.
L’attività della Commissione Roberts venne portata a termine il 20 giugno 1946 quando, nel corso della riunione finale tenutasi al Morris Building di Filadelfia, venne prevista la prosecuzione dei lavori da parte degli Uffici per la Germania-Austria e per il Giappone-Corea della Divisione Aree occupate (ADO), dell’Ufficio per gli affari internazionali e culturali (OIC) del Dipartimento di Stato.
[NOTE]
355 Durante la Conferenza dell’Aja del 1954, vennero presentati alcuni progetti che proponevano di inserire le norme in materia di restituzione dentro il testo della Convenzione; proposte fallite in seguito al rapporto dell’Unidroit (“Istituto internazionale per l’unificazione del diritto privato”) del 29 gennaio 1954, che constatava come le differenze sostanziali tra gli Stati partecipanti alla Conferenza su questioni ritenute essenziali non rendevano fattibile l’inserimento della tematica nel testo della Convenzione; similmente, alcuni Stati, su tutti gli Stati Uniti, espressero addirittura l’intenzione di non apporre la propria firma se il testo definitivo della Convenzione avesse contenuto un capitolo sulle restituzioni. In definitiva, si decise di presentare il delicato tema in un Protocollo allegato alla Convenzione ma indipendente e sottoposto a ratifica separata; in quanto al contenuto, venne accolta una proposta semplificatoria proposta dai Paesi Bassi e Belgio. Cfr. ZAGATO L., op. ult. cit., p. 49.
356 Opinione che non appare del tutto condivisibile, in quanto non sembra legittimo ricorrere addirittura al periodo tra il Rinascimento e il Congresso di Vienna, come fanno alcuni autori (v, Nahlik S.), segnalando il 1815 come momento in cui «”la legge della repubblica delle arti”, di canoviana creazione [sul punto, v. supra, par. 2.2.1, nota 259], “si trasformò in una norma di diritto internazionale”» (v. JAYME E., Antonio Canova, la Repubblica delle arti e il diritto internazionale, «Rivista di Diritto Internazionale», 1992, p. 897 ss.); ancora, non si ritiene opportuno tanto il richiamo alle disposizioni in materia restitutoria contenute nei Trattati di Pace alla fine delle due guerre mondiali (v. oltre, par. 2.2.7.3), quanto il ritenere di natura consuetudinaria le norme contenute nelle Convenzioni dell’Aja del 1899 e 1907, nelle quali, tuttalpiù, si può fare riferimento all’art.56, par.2, che però non attiene nello specifico alle restituzioni. Sul tema: Ivi, p. 214 ss.
357 Fermo restando che non esiste di fatto un’esportazione lecita dei beni culturali in tempo di guerra.
358 Inter-Allied Declaration Against Acts of Dispossession Committed in Territories Under Enemy Occupation or Control (with covering Statement by His Majesty’s Government in the United Kingdom and Explanatory Mmeorandum issued by the Parties to the Declaration).
359 Trattasi dei governi dell’Unione del Sud Africa; Stati Uniti d’America; Australia; Belgio; Canada; Cina; la Repubblica Cecoslovacca, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord; Grecia, India, Lussemburgo; Paesi Bassi; Nuova Zelanda; Norvegia; Polonia; l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche; Jugoslavia.
360 Essi proclamavano cioè di riservarsi il diritto di dichiarare nulli e non avvenuti tutti i trasferimenti di beni, diritti ed interessi di qualsiasi natura svoltisi nell’Europa centrale dopo il 1939. Cfr. ZAGATO L., La protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, cit., p. 51. Il testo completo della Dichiarazione è consultabile al sito: <https://www.lootedartcommission.com/inter-allied-declaration>. È possibile leggere i documenti diplomatici che hanno accompagnato i lavori preparatori per la Dichiarazione sul sito dell’Ufficio Storico del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti alla voce Foreign Relations of the United States: diplomatic papers, 1943, General, Vol.I: <https://history.state.gov/historicaldocuments/frus1943v01/comp9> e disponibili in pdf in: <https://uscbs.org/assets/inter-allied-declaration.pdf>.
361 La Dichiarazione ha quindi portata generale, dal momento che estende il suo campo ben oltre i beni culturali.
362 Lett.: «per impadronirsi di qualsiasi cosa di valore che possa dare profitto all’aggressore, e portare sotto controllo l’intera economia dei Paesi soggiogati, così che essi possano fare da schiavi per arricchire e rafforzare i loro oppressori». Cfr. <https://www.lootedartcommission.com/inter-allied-declaration>.
363 Cfr. Punti 1 e 2 delle Note Esplicative.
364 Cfr. Punto 4 delle Note Esplicative.
365 Cfr. Punti 5 e 6 delle Note esplicative. Ivi compare anche l’istituzione di un «Comitato di esperti, che valuterà la portata e la sufficienza della legislazione esistente dei Paesi alleati interessati allo scopo di invalidare trasferimenti o rapporti della natura indicata nella Dichiarazione in tutti i casi appropriati; [allo stesso Comitato viene anche richiesto di] ricevere e raccogliere le informazioni disponibili sui metodi adottati dai governi nemici e loro aderenti per mettere le mani su proprietà, diritti, ecc. nei territori che hanno occupato o posto sotto il loro controllo, e di stilare un rapporto da consegnare ai governi firmatari della Dichiarazione e al Comitato Francese, i quali informeranno gli altri governi delle Nazioni Unite dell’inchiesta».
366 Nel corso della guerra, la Commissione ha fornito alle forze armate oltre settecento mappe dei più importanti centri culturali situati nelle regioni sotto l’occupazione dei Paesi alleati e di quelli sotto le Potenze dell’Asse, sia in Europa che in Estremo Oriente, descritti negli appositi elenchi di accompagnamento. La Commissione ha inoltre preparato e distribuito elenchi e manuali ai funzionari del MFAA (Monuments, Fine Arts and Archives) sul campo, per aiutarli a preparare una lista ufficiale dei siti e monumenti da proteggere.
367 Nella primavera del 1944, nel Regno Unito, il Ministro Churchill approvò l’istituzione di una Commissione parallela, il Comitato britannico per la conservazione e la restituzione di opere d’arte, archivi e altro materiale caduto in mani nemiche (cosiddetto “Comitato McMillan”, dal nome del suo Presidente, Lord McMillan, designato nel maggio 1944): il suo mandato, tuttavia, limitava il suo interesse principalmente alle questioni legate alla restituzione e alle riparazioni, lasciando che le autorità militari si occupassero della protezione. Le commissioni francese, belga e olandese si andarono formando sulla scia della liberazione dei loro Paesi dall’occupazione tedesca. Cfr. Civilian Agency Records RG-239, <https://www.archives.gov/research/holocaust/findingaid/civilian/rg-239.html>.
368 La Commissione ha collaborato inoltre alla formazione di un’unità speciale all’interno dell’Ufficio dei servizi strategici, che si occupava specificamente delle indagini sul personale nemico sospettato di partecipare ad attività di saccheggio di opere d’arte; ha collaborato anche con agenzie federali per indagare sui beni tedeschi all’estero, nella misura in cui essi comprendevano beni di natura culturale, nonché il saccheggio di opere d’arte nei Paesi nemici e il rapporto tra questo e le attività strategiche militari nemiche in Occidente. Cfr. Ibidem.
Angela Zavan, Il caso degli Internati Militari Italiani. Una «storia delle esperienze» tra arte, memoria e diritti negati, Tesi di Laurea, Università Ca’ Foscari di Venezia, Anno Accademico 2019/2020


Trento: Ponte di San Lorenzo. 2 settembre 1943, in Mariz 2012, pag. 107 – Immagine qui ripresa da Licia Pedrinolli, Op. cit. infra

 

Trento: Chiesa di San Martino in Leoni, Marchesoni, 1995, pag. 93 – Immagine qui ripresa da Licia Pedrinolli, Op. cit. infra
Trento: Chiesa di San Martino in Mariz 2012, pag. 190 – Immagine qui ripresa da Licia Pedrinolli, Op. cit. infra

Per la ricchezza del suo patrimonio artistico e la durata della guerra combattuta sul territorio nazionale, l’Italia fu uno dei paesi coinvolti nel conflitto che subì i danni maggiori. Lo sbarco degli Alleati in Italia fu molto importante non solo per le sorti del conflitto ma anche per quelle del patrimonio culturale italiano.
Il 23 giugno 1943 fu istituita dal presidente degli Stati Uniti d’America Franklin Delano Roosvelt (1882-1945) la “American Commission for the Protection and Salvage of Artistic and Historical Monuments”, nota in seguito come Commissione Roberts. Da parte inglese invece il 9 maggio 1944, per merito del primo ministro inglese Winston Churchill (1874-1965), fu fondato il Comitato britannico per la restituzione di opere d’arte, archivi ed altro materiale in mano nemica <66.
I due comitati promossero insieme l’attività della Sottocommissione monumenti, belle arti ed archivi (“Sub-Commission on Monuments, Fine Arts and Archives”) sul campo. Era composta sia da ufficiali inglesi che americani e si trattava per lo più di direttori di musei, curatori, artisti, archivisti, educatori, bibliotecari e architetti che si offrivano volontari per salvare il ricco patrimonio europeo, soprannominati in seguito “Monuments Men <67” o “Aggiustaveneri <68”.
Il loro compito consisteva nel fornire supporto durante la pianificazione delle operazioni militari, con il fine di evitare ai principali edifici storici e oggetti di valore storico e arti-stico danni dovuti a bombardamenti o azioni dell’artiglieria. Appena un paese era liberato, questi funzionari e ufficiali entravano al seguito delle truppe e intervenivano in un’azione di primo soccorso dei monumenti colpiti, per impedire che venissero ulteriormente danneggiati <69 e in seguito compilavano elenchi dei danni che erano stati provocati.
Le relazioni redatte da questi ufficiali riguardavano anche le principali opere, pubbliche e private, trafugate dall’esercito tedesco <70 e sarebbero servite in tempo di pace alle forze alleate per poter procedere alla restituzione ai legittimi proprietari.
La Sottocommissione operò in Italia dal mese di ottobre del 1943 fino al gennaio del 1946 ed è possibile distinguere tre fasi nella sua azione <71. La prima si colloca fra il luglio 1943 e il maggio 1944, dopo il bombardamento di Montecassino e alla vigilia della presa di Roma, interessando le regioni meridionali fino alla Capitale. La seconda fase inizia con la presa di Roma nel giugno del 1944 e lo sfondamento della Linea Gotica alla fine di aprile 1945 e che quindi interessò soprattutto le regioni centrali. Infine la terza fase che comprende il periodo tra il 25 aprile 1945 e la chiusura degli uffici della sottocommissione in Italia nel 1946, riguardò la vasta zona dell’Italia settentrionale, l’area più martoriata dai bombardamenti.
[NOTE]
66 Coccoli 2011, pag. 175.
67 Edsel 2014.
68 Dagnini Brey 2010.
69 Rassegna dell’attività del governo militare alleato e della commissione alleata in Italia 1950, pag. 84.
70 Mignemi 2007, pag. 80.
71 Idem, pag. 179.
Licia Pedrinolli, La protezione e la tutela dei beni culturali in Trentino durante la Seconda Guerra Mondiale, Tesi di laurea magistrale, Università Ca’ Foscari Venezia, Anno Accademico 2014/2015