Si è verificato un mutamento di prospettiva circa il rapporto tra letteratura e Resistenza

Riprendendo l’analisi del saggio di Pavone, veniamo ora alla posizione degli antifascisti nei confronti della guerra civile. Tra le forze resistenziali questa definizione è stata talvolta negata, ma più spesso, durante gli anni di guerra e nell’immediato dopoguerra, riconosciuta.
Il CLN centrale, nel noto ordine del giorno del 16 ottobre 1943 (che avvocava a sé “tutti i poteri costituzionali dello stato”), attribuiva completamente ai fascisti la responsabilità della guerra civile, dando espressamente a Mussolini la colpa di averla provocata. Anche altri organi politici e di stampa si espressero in tal senso come il “Risorgimento liberale”, organo del partito liberale e “Il popolo”, organo della DC, che però poi nel 1944 smentì questa sua posizione per timore che la definizione di guerra civile andasse incontro alle idee delle sinistre e potesse addirittura degenerare in rivoluzione.
I comunisti invece, pur ritenendo che la guerra civile fosse un fatto certo, come abbiamo visto per Togliatti non vollero insistere troppo nell’utilizzo di questa nozione, al fine di unire gli italiani nell’obiettivo antifascista. Il giornale “L’Unità”, organo del PCI, nell’ottobre del 1943 tuttavia scriveva: “è l’ora del fuoco, l’ora della guerra dei partigiani, l’ora della guerra civile, l’ora della guerra attivamente combattuta contro i tedeschi e contro i fascisti”.
Più di tutti furono gli uomini del Partito d’Azione a schierarsi risolutamente contro tutti i fascisti; non potevano sopportare che qualcuno dei fascisti fosse salvato perché occorreva per l’Italia un cambiamento totale con “gente moralmente sana e illimitatamente onesta”. Ritenevano quindi che occorresse un cambiamento radicale.
L’antifascismo nel suo complesso interpretò la sua azione come continuazione di quella che aveva cercato di fermare la violenza fascista fin dal biennio rosso (1919-1922). Era stata quella già guerra civile. A quel tempo, però, la violenza fascista era organizzata ed armata mentre quella socialista no. Il periodo 1943-1945 richiama dunque quella asimmetrica distribuzione della violenza.
Anche per la Chiesa cattolica fu difficile prendere posizione tra fascisti e antifascisti e definire il conflitto tra loro una guerra civile. La “Guerra patriottica”, infatti, obbligava semplicemente la Chiesa all’obbedienza all’autorità tedesca occupante. Scegliere invece tra RSI e Governo Regio del Sud era assai più complesso, perché si trattava di italiani contro altri italiani e del rispetto del quinto comandamento.
Era difficile per la Chiesa riuscire come doveva per il suo magistero spirituale a essere al di sopra delle parti, ma lo era anche di più schierarsi. Fu così che la posizione della Chiesa prese aspetti molteplici, ricchi di contraddizioni tra molte ambiguità, prudenze diplomatiche ma anche pietà religiosa ed impegno attivo. Così anche sfaccettata risulta la posizione della DC perché da un lato fu chiaro l’impegno di tanti cattolici nella lotta contro il fascismo (come ad esempio i gruppi di Dossetti in Emilia Romagna) ma dall’altro vi emerse anche l’abitudine della Chiesa di trattare con le istituzioni al potere.
Anche nel 2019, data di uscita di Storia della Resistenza, testo dei due storici Franzinelli e Flores, è ripreso e condiviso il testo di Pavone nel suo tema centrale, la guerra civile. I due autori, inoltre, non solo condividono che tra il 1943 e il 1945 ci fu in Italia una vera e propria guerra civile ma vanno oltre Pavone e sostengono che quella fu anche “guerra di classe” come dimostrano i grandi scioperi politici del marzo del 1943, che da un lato favorirono la caduta del Fascismo e che dall’altro precedettero e prepararono l’insurrezione generale del 25 aprile.
Grande pregio di quest’opera è l’aver accolto al proprio interno brani dei più famosi romanzi ispirati alla Resistenza, dal “Partigiano Johnny” di Beppe Fenoglio al “Sentiero dei nidi di ragno” di Italo Calvino oltre a brani di poesie di Salvatore Quasimodo e di Alfonso Gatto e a canzoni partigiane come “Fischia il vento”, riconoscendone dunque il valore di testimonianza storica.
Flores e Franzinelli hanno infatti voluto raccontare le molte anime della Resistenza, fatta di spinte non univoche e a volte anche di scelte non del tutto ponderate, come sottolinea Calvino nella Prefazione a” Il sentiero dei nidi di ragno”, ma che convergevano verso il fine di permettere all’Italia di riacquistare la libertà politica e civile dai fascisti e dai nazisti.
I partigiani hanno infatti lottato da patrioti contro gli stranieri (i Tedeschi) e in una guerra civile contro i Fascisti italiani, il loro vero nemico interno, per non dover più sottomettersi, né fuggire di fronte alla dittatura.
Ed è questa “la moralità collettiva, unificante della Resistenza, almeno per quanto riguarda la guerra partigiana” <17, tesi condivisa sia da Pavone che dai due più giovani storici.
[…] Il rapporto tra letteratura e Resistenza viene indagato dal famoso critico letterario Franco Fortini nel saggio “Letteratura e resistenza” contenuto all’interno di “Conoscere la resistenza”, testo scritto insieme a Claudio Pavone e Gianni Rondolino.
Fortini parte dalla constatazione che negli ultimi 30 anni, dagli anni ’60 circa del ‘900, si è verificato un mutamento di prospettiva circa il rapporto tra letteratura e Resistenza. Nelle ultime e più importanti storie della letteratura italiana per le scuole superiori, quali quelle di Ferroni <18 o di Segre <19, non si fa infatti menzione di una letteratura della Resistenza considerata complessivamente e come entità a sé stante con ragioni e forme proprie. Per trovarne traccia bisogna risalire al testo di Luperini “Letteratura del 900” del 1981, dove se ne parla in un capitolo a sé stante.
Ferroni e Segre trattano autori come Calvino, Fenoglio, Vittorini e tanti altri ognuno nel quadro del proprio genere letterario e non più come autori legati all’antifascismo. Parallelamente la memorialistica resistenziale scompare quasi dai manuali di letteratura perché, essendo testimonianza diretta di fatti accaduti, non rientra a pieno titolo in alcun genere letterario.
Fortini propone una sua distinzione tra la letteratura sulla Resistenza, che ha per oggetto avvenimenti del periodo, senza entrare in ciò che è accaduto nei campi di concentramento o ai prigionieri, e la letteratura di Resistenza, che ha una funzione direttamente resistenziale. Quest’ultima è una letteratura più povera, proposta da giornali semiclandestini o addirittura da manifesti partigiani. Fortini ritiene che questo tipo di produzione vada esclusa dalla letteratura ufficiale, a parte qualche raro caso di poesie scritte da Salvatore Quasimodo <20 e Alfonso Gatto <21.
C’è invece dal 1944 al 1948 la ricchissima produzione letteraria che fa riferimento alla rivista “Mercurio. Mensile di politica, arte e scienze”, fondata a Roma da Alba de Cespedes. Il periodico è una delle esperienze più significative del dibattito politico e letterario della Roma appena liberata e raccoglie tutto il meglio della letteratura italiana di quella stagione, da Moravia a Montale, presentando testi sia in versi che in prosa, spesso scritti attraverso il prisma della memoria di eventi vissuti e frutto di percorsi intellettuali sia personali che collettivi. Per i resistenti veri e propri, come è stato lo stesso Franco Fortini e come egli racconta era facile avere l’impressione che tali autori fossero uomini della Resistenza e, anche se non era così (come nel caso di Montale), questo provocava comunque una grande gratificazione perché faceva sentire lui e molti altri intellettuali parte di una comunità unita dagli stessi ideali antifascisti.
Uno dei movimenti frequenti della narrativa partigiana è l’epilogo:
“I racconti in genere (è stato notato) finiscono con un colpo di fucile o di mitra. In genere è il partigiano che cade. C’è una certa passione per mettersi dalla parte dello sconfitto e per poter dire, in conclusione, ma verrà il giorno. questo è uno dei movimenti frequenti nella narrativa partigiana. Alla fine parte un colpo, oppure arriva una cannonata e l’amico partigiano muore” <22.
[NOTE]
17 Marcello Flores, Mimmo Franzinelli, Storia della Resistenza, introduzione, pag. XIV
18 Giulio Ferroni, Storia della letteratura italiana. Il Novecento e il nuovo millennio, Mondadori education, 1991.
19 Cesare Segre, Clelia Martignoni (a cura di), Testi nella storia. La letteratura italiana dalle origini al Novecento, Mondadori, 1992.
20 Salvatore Quasimodo, Alle fronde dei Salici dalla raccolta “Giorno dopo giorno” in Tutte le poesie, Mondadori, 1994.
21 Alfonso Gatto, 25 Aprile, Per i martiri di Piazzale Loreto, dalla raccolta “Il capo sulla neve” in Poesie 1943-1947, Milano 1947.
22 Franco Fortini, Letteratura e resistenza in Franco Fortini, Claudio Pavone, Gianni Rondolino, Conoscere la resistenza, Unicopli, 2016, p38.
Lorenzo Ori, Storia e letteratura della guerra civile in Italia, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, Anno accademico 2020-2021

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