Anche Ilio Barontini poi, per sfuggire agli arresti e alle persecuzioni, deciderà di emigrare, lui in modo clandestino, da Livorno con una barca

Il comando militare delle azioni MOI in zona sud fu attribuito a Ilio Barontini (con il nome di battaglia di Job), che, dopo la partenza dalla Spagna, tra il 1938 e il 1941 era stato in Etiopia con l’incarico di organizzare la guerriglia contro l’esercito italiano accanto agli uomini del negus. Sotto la sua direzione, i gruppi MOI compirono una serie di attentati, a Marsiglia in primo luogo. Secondo il racconto della Noce, una delle prime azioni fu attuata in un grande caffè in rue della Canebière, tramite la collocazione di due bottiglie esplosive nel fondo del locale, mentre alcuni compagni inscenavano una rissa per creare un diversivo. L’esplosione di un tram della linea Vieux Port-Estaque grazie a due borse della spesa posizionatevi da due donne, discese alla fermata successiva, avrebbe invece causato 27 morti e 5 feriti. Nonostante i racconti postbellici degli antifascisti italiani rendano conto della loro partecipazione ad alcune delle azioni che causarono la distruzione del porto, in particolare di Barontini, in assenza di riscontri archivistici resta impossibile non solo individuare le azioni, ma anche distinguere l’elogio dei compagni dalla verità delle operazioni. Vista infatti la situazione bellica, le informazioni contenute nel Casellario politico centrale si fermano al ’41 per i comunisti perseguitati, molti dei quali scapparono dal campo di transito di Les Milles per avviare la propria lotta sommersa, nascondendosi a questo punto non solo dagli informatori dell’OVRA ma anche dalle autorità di Vichy. Inoltre, proprio la segretezza del lavoro e i rischi che avrebbe comportato la redazioni di documenti, fanno sì che nulla di ufficiale sia rimasto sulle azioni terroristiche degli italiani della MOI nel Sud della Francia. Il riconoscimento della partecipazione alla guerra di liberazione, che in Francia avvenne tramite l’omologazione dei resistenti alle truppe delle Force Francais de l’Interieure (FFI, annesse alla France combattente di De Gaulle) si basò sulle richieste post-belliche e non risulta che i comunisti italiani, nel ’45 ormai impegnati nella ricostruzione istituzionale della penisola, abbiano chiesto il riconoscimento delle operazioni svolte in Francia. Sono comunque auspicabili ricerche più approfondite negli archivi dipartimentali francesi, nei quali non è escluso che sia rimasta traccia della collaborazione delle strutture armate del PCF con i militanti del PCd’I.
Elisa Pareo, “Oggi in Francia, domani in Italia!” Il terrorismo urbano e il PCd’I dall’esilio alla Resistenza, Tesi di laurea, Università degli Studi di Pisa, 2019

Ilio Barontini nasce a Cecina (Livorno) il 28 settembre 1890 da due genitori di origini contadine ed è il secondo di cinque figli. Il padre in seguito ad una malformazione che ne causò il ricovero a Roma riuscì a frequentare una scuola professionale e grazie alle competenze lì acquisite fu chiamato dalla famiglia Wassmuth (famiglia valdese da lungo residente a Livorno) ad occuparsi delle loro fabbrica di pipe in città. Ilio presto si sposerà e avrà due figlie, Nara nata nel 1915 ed Era nata nel 1923.
Viene richiamato alle armi durante la 1ᵃ Guerra ma dopo un breve periodo viene destinato alla produzione bellica alla Breda di Milano. Alla fine del conflitto entra come operaio nelle officine ferroviarie della stazione di Livorno. Nel 1920 lo troviamo esponente del Consiglio provinciale del Sindacato Ferrovieri e nel Comitato federale del Psi. Sempre nel 1920 diviene consigliere del Comune di Livorno ed è presente nella giunta Mondolfi con la delega alle finanze come assessore supplente.
Nel 1921 aderisce alla formazione del Partito Comunista d’Italia, sezione della IIIᵃ Internazionale. Assume da subito ruoli di rilievo e si trova a difendere, in contrasto con il centro del Partito, l’adesione dei comunisti agli Arditi del Popolo a fianco degli anarchici, repubblicani e socialisti. Svolgerà un ruolo centrale nel’organizzazione dello sciopero della fine di luglio, organizzato dall’Alleanza del Lavoro. Fu in quell’occasione, in cui la città labronica si trasformò in un vero e proprio scontro armato, che vennero distrutte le sedi della Camera del Lavoro, dello SFI e del PCd’I e avvenne l’assalto all’abitazione dei fratelli Gigli con la morte di Pietro.
Dopo la marcia su Roma viene licenziato insieme a tutti i ferrovieri attivi nella lotta contro lo squadrismo. Tra il 1923 e il 1924 subisce tre arresti, con proscioglimento e assoluzione per insufficienza di prove. Diventa un militante “dormiente” e entra e va a lavorare nella ditta del padre.
Dal 1931 si trova in Francia dove lavora tra gli emigrati e per conto del centro del Partito comunista fino a quando, alla fine del 1932 parte per l’Unione Sovietica dove svolgerà un lavoro politico tra i lavoratori marittimi e poi entrerà come operaio in una fabbrica aereonautica dell’Armata Rossa. Durante il soggiorno sovietico frequenterà il corso per quadri dell’Internazionale. Nel 1935 torna in Francia e da qui poi verrà inviato a combattere in Spagna come ufficiale di Stato maggiore della XII Brigata internazionale. Partecipa alla battaglia in difesa di Madrid, a quella di Albacete e poi al combattimento presso il fiume Jarama. Nel frattempo è divenuto commissario politico del battaglione che si trova sotto il comando militare di Randolfo Pacciardi. Quando Pacciardi sarà ferito in battaglia, il comando, anche militare, passa a Barontini che dirigerà la battaglia di Guadalajara, battaglia che si protrae più di dieci giorni. Dopo questa prova viene nominato commissario politico di Divisione ma alla fine di settembre a causa di un comportamento che verrà sanzionato dal nuovo comandante Klèber come poco ortodosso con l’assenso di Togliatti e contro il parere di Vidali e della Teresa Noce, ritorna in Francia.
In Francia, da parte del Centro estero del Pci, per mezzo di Di Vittorio, gli viene ordinato di recarsi a combattere in Etiopia accanto alla resistenza etiope dove sarà poi raggiunto dallo spezzino Domenico Rolla e da Anton Ukmar. Prenderanno i nomi di battaglia dei tre apostoli: Paulus, Petrus e Johannes, e agiranno in tre zone diverse del paese. Barontini nel territorio di sua competenza riuscirà anche a stampare un giornale bilingue, “La voce degli Abissini”. Sulla loro testa verrà messa una taglia e facendosi il pericolo troppo grave, i tre rientrano passando da Khartoum dove Barontini è accolto dal generale Alexander che più tardi gli conferirà la Bronze Star. Sarà un’esperienza che probabilmente gli tornerà utile per la resistenza armata contro i tedeschi, sia in Francia che in Italia.
In Francia è già in atto l’occupazione tedesca e Barontini rientrato col nome di battaglia “Giobbe” nel sud della Francia, organizza i gruppi dei franc tireurs preparando anche azioni clamorose come quella contro l’Hotel Terminus di Marsiglia, sede del comando delle SS che sarà fatto saltare per aria. Dopo l’8 settembre ritorna clandestinamente in Italia e per ordine del Partito è inviato a costruire i GAP (Gruppi d’azione patriottica).
Con il nome di “Fanti” si sposta tra Emilia Romagna, Piemonte, Toscana, Veneto e Lombardia. Dall’ottobre 1943 è a Bologna dove dirige la lotta armata. Nel maggio del 1944 con il nome di battaglia “Dario” dirigerà per il Pci, l’azione politica delle formazioni partigiane. A giugno prende il governo del Comando Unico Militare dell’Emilia Romagna. Dirigerà con esito positivo la battaglia di Porta Lame a Bologna del novembre 1944 e quella di Monte Formia nel modenese. Alla fine della guerra ritorna a Livorno, entra nel Comitato Centrale del Partito comunista, viene eletto deputato all’Assemblea costituente e segretario della Federazione del Partito comunista a Livorno.
Con le elezioni del 1948 diventa senatore della Repubblica con l’incarico di sottosegretario della Commissione Difesa. Quelli che in quel periodo l’hanno conosciuto ne hanno tramandato un’immagine mitica e, se vogliamo, anche stereotipata. Vestito di un impermeabile sdrucito sembrava aver mantenuto le abitudini della clandestinità, atteggiamento non solo probabile ma comprensibile e, non solo suo, ma di tutti quelli che nel ventennio si erano dovuti guardare non solo le spalle, considerati gli anni cupi in cui si erano trovati a vivere. La morte sopravverrà repentina per un incidente stradale il 22 gennaio 1951. Insieme a lui moriranno altri quadri dirigenti di quel Partito che si vedrà decapitato da cause esterne e imponderabili e per il quale comincerà una lunga fase di transizione verso un nuovo gruppo dirigente.
Oltre alla decorazione della Bronze Star ricevette da Giuseppe Dozza, sindaco di Bologna, il titolo di cittadino onorario della città. Ricevette anche dal’Unione Sovietica il prestigioso Ordine della Stella Rossa.
Catia Sonetti (Direttore dell’Istituto Storico della Resistenza e della Società contemporanea nella provincia di Livorno), Ilio Barontini. Un protagonista dell’antifascismo internazionale, ToscanaNovecento

Scendendo nel dettaglio delle loro biografie si nota come molti di questi dirigenti furono condannati dal Tribunale Speciale <58, furono costretti all’esilio in Francia <59, e combatterono nella guerra di Spagna <60. Il dato poi ancora più significativo è che praticamente tutti presero parte, con ruoli diversi, alla Resistenza, aspetto, che contribuì a legittimarli ancora di più agli occhi della base alla fine della guerra <61.
Il simbolo di questa generazione può essere considerato Ilio Barontini. Barontini, nato nel 1890, a soli quindici anni si iscrisse al Psi, e nel 1921 aderì al Partito Comunista diventando il primo segretario della federazione di Livorno. Con l’avvento del fascismo Barontini, come molti antifascisti italiani, fuggì in Francia per poi trasferirsi in Unione Sovietica. Fu poi inviato in Cina dove, nel corso della guerra civile fra comunisti e nazionalisti, iniziò ad apprendere le prime nozioni riguardo le tecniche di guerriglia. Con la scoppio della guerra civile spagnola, Barontini si trasferì in Spagna dove in qualità di ufficiale di stato maggiore del Battaglione Garibaldi combattè fino alla fine della guerra. Alla fine del 1938 Barontini fu poi inviato in Abissinia per organizzare la guerriglia contro l’occupazione italiana. Rientrato in Italia dopo l’armistizio, fu uno dei principali organizzatori del movimento partigiano in Emilia, per poi tornare, dopo la Liberazione, a Livorno a dirigere la locale federazione fino al 1951, anno della sua morte in seguito a un incidente stradale <62.
[NOTE]
58 Tra i condannati dal Tribunale Speciale si ricordano: Luigi Porcari, segretario della federazione di Siena più volte condannato dal Tribunale Speciale. Giuseppe Rossi, segretario della federazione di Firenze, fu condannato nel 1937.
Aramis Guelfi, segretario della federazione di Livorno, condannato nel 1936. Giovanni Ciarpaglini, segretario della federazione di Arezzo, condannato al confino a Ponza nel 1932.
59 Tra coloro che erano espatriati in Francia troviamo il segretario di Arezzo, Ciarpaglini, e quello di Firenze, Rossi.
60 Parteciparono alla guerra civile spagnola il segretario di Siena, Bardini, e quello di Grosseto, Rossi,
61 Praticamente tutti i segretari di federazione toscani parteciparono alla Resistenza. Tra quelli che ricoprirono i ruoli più importanti si ricorda la figura di Giuseppe Rossi, rappresentante comunista del C.L.N. toscano e membro del Triumvirato insurrezionale di Firenze
62 Sulla vita di Barontini si veda F. Baldassarri, Ilio Barontini: un garibaldino nel ‘900, Teti, Milano, 2001
Achille Conti, La dialettica centro-periferia nella formazione e selezione della classe dirigente comunista (1945-1991). Il caso della Toscana, Tesi di dottorato, Alma Mater Studiorum Università di Bologna, 2014

Una conversazione informale con Josiane Marrucci Cantarelli
[…] Nel luglio del ’38, Oreste è in Spagna e l’uomo che è con Primetta e la bambina è Ilio Barontini.
«La clandestinità…allora, continua Josiane, relegate proprio lì, perché non si dovevano vedere più gli amici, né i compagni, nessuno. Doveva essere isolato Ilio…c’era dietro di lui anche l’Intelligence Service inglese. Quando è tornato dall’Etiopia c’ero io, ero sola in casa e non l’ho riconosciuto, era giallo…erano partiti in tre…uno è rimasto ucciso, l’altro è stato arrestato e lui è scappato.»
A questo punto mi sembra utile fermarmi un poco su Ilio Barontini. Di lui si sa praticamente tutto: c’è una biografia, scritta dalla figlia Era con Vittorio Marchi, e ci sono i saggi di Fabio Baldassarri; di lui parlano altri fuoriusciti nei loro racconti (Teresa Noce, Gina Ermini, Giovanni Pesce, Giorgio Amendola, per citare i più famosi); ha una voce dedicata su Wikipedia. Ma a me interessa nei suoi legami con Oreste, Primetta e Josiane.
Nato anche lui a Cecina, era cugino di Oreste da parte di madre. Di dieci anni più grande si trasferisce con la famiglia a Livorno all’età di 6-7 anni, ma i rapporti fra loro non si interrompono mai, anche perché li univa la stessa fede politica, anzi, è abbastanza facile pensare che Ilio abbia avuto una parte non secondaria nel percorso politico del cugino: Primetta, Oreste e Ilio condividevano la militanza prima nel Partito Socialista e poi, dal 1921 l’adesione al PCd’I. Tutti e tre vissero il periodo di nascita, formazione e ascesa al potere del fascismo subendone le aggressioni e la loro vita fu resa difficile fin dall’inizio. Primetta e Oreste decisero quasi subito di emigrare (1924) verso la Francia (“con regolare passaporto”, recita la scheda di Oreste nel Casellario Politico Centrale), a Marsiglia, dove già si trovavano loro parenti, degli zii, i Falchini, che poi li seguiranno in quasi tutti i loro spostamenti.
«A questo Falchini, racconta Josiane, gli hanno bruciato la casa, a questo zio e a questa zia…sono loro che sono venuti per primi, erano a Marsiglia. Quando i miei sono partiti per la Francia, sono andati a Marsiglia perché c’era questo riferimento…però poi loro, gli zii, non hanno più dato attività ed hanno sempre vissuto con noi, con mamma, perché non avevano i mezzi.»
Anche Ilio Barontini poi, per sfuggire agli arresti e alle persecuzioni, deciderà di emigrare, lui in modo clandestino, da Livorno con una barca, attraverso la Corsica, nel 1931, e approderà a Marsiglia, come molti altri italiani in quel periodo.
[…] I rapporti non si interromperanno mai, anche se Barontini si sposta in molti paesi diversi, dalla Russia alla Cina, e poi in Spagna, nel ’36, dove, da comandante del Battaglione Garibaldi, guiderà i volontari nella vittoriosa battaglia di Guadalajara. Nel 1937, Ilio è di nuovo a Parigi e si incontra spesso con Primetta e Oreste in attesa della partenza del cugino per la Spagna.
«Sono rimasti lì, a Montreuil, forse un mesetto, poi papà partì e si rimase con Ilio…io Ilio non lo chiamavo papà, ovviamente, ma dovevo far finta che lo fosse.»
«Mio papà è partito in inverno, era prima di Natale, questo è sicuro, ed è morto in settembre…»
«Del ’38, interloquisco io, ed è partito nel ’37 allora…»
«Sì, nel ’37…», conferma Josiane.
Renza Bendinelli, Primetta e Oreste, “fuorusciti” antifascisti. Fra storia e memoria, Tesi di laurea, Università degli Studi di Pisa, 2017

«Nei corridoi di Botteghe Oscure, l’argomento più appassionante di quegli anni non fu la lotta partigiana, troppo differente tra Nord e Sud, ma la guerra di Spagna, che accomunava i vari piani in un’unica, omerica epopea. La maggior parte dei vecchi funzionari vi aveva partecipato». Una solidarietà che continua nella rete organizzativa tra centro e periferia: «Molti segretari di Federazione e dirigenti di prestigio, reduci dalla Spagna (Ilio Barontini di Livorno, Osvaldo Negarville di Torino, Clemente Maglietta di Napoli, Italo Nicoletto di Brescia, Giacomo Pellegrini e Vittorio Vidali di Trieste, Giovanni Pesce detto “Visone” di Milano) avevano contatti organici e funzionavano come sentinelle decentrate degli uffici del quarto piano come se fossero rimasti sul fronte di Mirabueno […]» <11.
11 Massimo Caprara, Quando le botteghe erano oscure. 1944-1969 uomini e storie del comunismo italiano, Milano, Il Saggiatore, 1997, pp. 115-116. Il “quarto piano” era la sede della Sezione di Organizzazione, guidata da Pietro Secchia.
Gian Luigi Bettoli, Roma, Trieste, Venezia: Giacomo Pellegrini dirigente del Pci e parlamentare, tra guerra e dopoguerra, Convegno “Giacomo Pellegrini, una vita al servizio del popolo”, Associazione Culturale “La Rinascita”, Udine, Sabato 15 febbraio 2014