Tolone fu in particolare il centro propulsore di questi legami, consolidati attorno alla figura di Sandro Pertini

La vicenda personale di Pertini, figura solitaria, prototipo dell’esule lontano dalla famiglia che creò il mito dei fuoriusciti d’élite ai vertici dei partiti, è però poco rappresentativa dell’emigrazione socialista savonese. Essa infatti nelle sue componenti più o meno popolari si articolò secondo logiche di ricongiungimenti familiari, di progetti lavorativi comuni tra amici e compaesani, come fu ad esempio l’impresa di trasporti pubblici di Pera e di Italo Oxilia <186.
Giovanni Battista Pera aveva fondato l’azienda “Flèche Cars” a Montpellier, nell’Hérault, un garage per servizi automobilistici pubblici nel ‘30 e quando Italo Oxilia, nei primi anni Trenta, si ritrovò a spostarsi per il Sud-Est in cerca di un impiego, rimasto in difficoltà economiche passato dopo l’avventura di Lipari e le commissioni di Gl, Pera offrì con piacere un impiego al compaesano che aveva salvato il suo vecchio amico e compagno Pertini, e con il quale aveva già condiviso i primi duri tempi dell’esilio a Parigi, nel ‘26.
Pera e Oxilia non furono i soli a ricreare una rete di solidarietà savonese e socialista nella realtà di accoglienza, integrandosi con il movimento francese radicale, democratico, socialista, massonico della Sfio, della “Ligue des Droits de l’Homme” e delle organizzazioni antifasciste italiane all’estero non comuniste.
Tolone fu in particolare il centro propulsore di questi legami, consolidati attorno alla figura di Sandro Pertini che aveva formato le coscienze socialiste di questi esuli savonesi, ma che di fatto non era che un membro simbolico di un gruppo che agiva autonomamente, distante dal solitario e burbero avvocato savonese. Il primo ad espatriare era stato Giovanni Battista Antonio Pera, “Vincenzo” come soleva chiamarlo la moglie Clementina, nato a Torino, cresciuto nell’entroterra valbormidese di Calizzano e stabilitosi a Savona, dove aveva cominciato a esercitare la professione di avvocato assieme a Pertini, con una coscienza ed esperienza politica già pienamente mature. Per la sua attività antifascista, Pera era stato condannato nel 1926 al confino, ed espatriò clandestinamente in quel dicembre diretto a Parigi, dove di lì a poco sarebbe stato raggiunto da Pertini scappato a Calvi e poi ancora da Oxilia.
Quest’ultimo era rientrato dalla Corsica a Tolone con i compagni che avevano collaborato alla fuga di Turati e poi in Italia ma, avendo visto arrestare i suoi e accusato al processo di Savona, grazie ai contatti milanesi dei futuri rappresentanti di Gl, riuscì a organizzare la fuga dall’Italia la notte del capodanno 1927 e a raggiungere la capitale francese e i suoi compaesani. Fu proprio casualmente, imbattendosi nella Popote di rue de la Tour d’Auvergne, che Oxilia ritrovò Sandro Pertini <187.
Questa migrazione socialista savonese fu dunque più tarda rispetto alle partenze degli attivisti di base, in particolare comunisti, e coincise con la repressione dei personaggi di spicco attuata dal regime a partire dal 1926, anno dell’emanazione delle leggi eccezionali. Sembra inoltre, come si vedrà dalle vicende che portarono questi savonesi a innumerevoli migrazioni interne, che Parigi non abbia costituito un luogo particolarmente accogliente per i socialisti liguri, o se non altro così venne da essi percepita, perché dopo un breve soggiorno tentarono tutti di stabilirsi nel Sud-Est, dove avevano contatti di altri compaesani o più semplicemente trovavano l’ambiente politico più accogliente e lo giudicavano più frugale.
Nel febbraio del 1927 Sandro Pertini era già a Nizza; a giugno Pera era giunto a Nizza e si stabiliva a Mentone, dove la moglie e la figlia Luisa erano riuscite frattanto a espatriare. A febbraio del 1928 la famiglia Pera si trasferiva a Tolone, nella centralissima place à l’Huile, dove avrebbe presto stabilito contatti fruttuosi con i socialisti savonesi: dopo la fuga di Turati, alla fine del ‘26, sapendosi braccato, Giuseppe Boyancé “Achille” si era installato a Tolone a pochi passi da dove trovò alloggio Pera; allora invece Oxilia, passando per la stessa città, decise di rientrare in Italia – dove avrebbe organizzato la fuga a Parigi insieme all’entourage rosselliano milanese.
A Tolone era già giunto nel ‘23 il fratello Emanuele Boyancé, per impiegarsi presso i cantieri di demolizione navale di La Seyne. All’epoca in cui Pera si stabilì a Tolone, Emanuele Boyancé viveva ancora nella cittadina, prima di trasferirsi, nel ‘28, ad Antibes, ma soggiornando di frequente presso il fratello Giuseppe. Il terzo fratello Boyancé, Emilio, anch’egli socialista, era rimasto a Savona, pratica comune nelle famiglie migranti, dove alcuni componenti rimangono nel paese d’origine ad occuparsi dei beni di famiglia.
Sempre nel ‘23 erano emigrati a La Seyne, nei pressi di Tolone, seguendo le reti della migrazione di lavoro, Tommaso Carlo e Virginia Della Rosa, con i familiari e dotati di passaporto, che furono raggiunti dal padre socialista rivoluzionario, Lorenzo Della Rosa, nel 1929: egli era stato compagno già a Savona del gruppo socialista di Pera e dei Boyancé, che ritrovò in esilio allargando le sue conoscenze alla rete savonese-tolonese e militando nelle file dell’antifascismo democratico <188.
Alla fine del 1928, fallita la prima missione per liberare Carlo Rosselli da Lipari con Raffaele Rossetti, anche Italo Oxilia fece tappa a Tolone, dove si incontrò con Pera e “Achille” Boyancé. Ben presto però si sarebbe nuovamente allontanato, incaricato personalmente di organizzare la fuga da Lipari per il dicembre 1929. Solamente all’inizio degli anni Trenta sarebbe ritornato nel Sud-Est da Parigi, prima a Nizza, e nel ‘33 si imbatté nuovamente nel compagno Pera <189.
Giovanni Battista Pera aveva nel frattempo dato prova di capacità di adattamento e imprenditoria, facoltà tipiche delle comunità migranti, riuscendo anche a mettere al servizio della causa antifascista le proprie capacità professionali, senza dunque abbandonarle del tutto. Dapprima fondò a Tolone la società “Vairo”, dal nome di famiglia della moglie Clementina, che commerciava rottami in ferro e vetro e che aveva come fornitore principale l’Ilva di Savona, cuore operaio e antifascista della città. Pera aveva frattanto cambiato residenza, essendosi spostato in una zona più periferica della città, nei pressi del porto. Viaggiò per tutta l’Europa a scopi commerciali facendo fruttare la sua impresa e mantenendo sempre stretti legami con i soliti compagni savonesi, stringendo amicizie con il repubblicano Antonio Zauli e l’anarchico Attilio Angella, cognato di Marzocchi, che aveva la famiglia emigrata a Nizza. Fallita la società “Vairo”, nel ‘30 tornò ad abitare in centro città, vicino ai compagni, svolgendo provvisoriamente un servizio di informazioni sulla situazione dei confinati che captava via radio dalla Corsica e diffondeva tra i fuoriusciti <190.
Frattanto si stava per dischiudere una nuova stagione per i socialisti emigrati, che avrebbe aperto dispute profonde e in particolare nel Sud-Est della filiera ligure, con conseguenze rilevanti a livello internazionale. Infatti dal fallimento dell’avventura aventiniana vi era chi, Nenni e Amedeo in testa, caldeggiava una riunificazione delle due frange socialiste, ritenuta basilare per risollevare le sorti del partito e riacquisire credibilità presso le masse.
[…] La rete socialista savonese si sviluppava in un ambiente politico complesso, in cui il partito socialista e la Lidu, particolarmente influenti nella regione tolonese e marsigliese, erano però attraversati da forti diatribe interne, che erano state risolte ai vertici ma non nelle sezioni del Midi. Si trattava di chiarire l’unità reale dei rappresentanti della Concentrazione, un’unità programmatica e non soltanto simbolica, che richiedeva un’elaborazione teorica e concreta circa le sorti dell’Italia postfascista, problema posto in modo risoluto dal leader dell’antifascismo del Sud-Ovest Silvio Trentin: il nocciolo della questione era la pregiudiziale repubblicana, che alcune frange monarchiche non accettavano, e che fu risolto al congresso di Lione del 1928 con la condanna definitiva della monarchia.
Secondo Tombaccini, nel Marsigliese di Fernando Schiavetti persistevano ancora dissidi interni al movimento e in particolare, accanto al gruppo socialista guidato da Filippo Amedeo, si affiancava un gruppo dissidente nei pressi del porto, eterogeneo, composto da repubblicani, massimalisti, senza partito e guidato da De Ambris, che portava la sua posizione in seno alla Lidu marsigliese. Questi erano convinti che la semplice opposizione della Lidu al fascismo non fosse sufficiente e che occorresse un vero e proprio programma, come del resto già avevano i comunisti quanto i monarchici. Fu solo grazie all’opera paziente di Campolonghi che la Lidu non si dissolse in quell’estate del 1928, richiamando i suoi aderenti al compito assistenziale per riservare invece la politica ai partiti e alle organizzazioni ad essa prettamente delegate <192.
Curiosamente non si trovano tracce di relazioni tra esuli savonesi e spezzini nelle fonti dell’epoca, ugualmente impiantati tra Var e Marsiglia e legati alle medesime reti politiche della Lidu e di Gl. Se non è possibile affermare che non vi siano stati contatti tra socialisti e anarchici delle diverse province liguri tra Marsiglia e Tolone, nondimeno l’assenza di informazioni in proposito rivela una caratteristica diffusa delle comunità italiane in Francia; tanto più che la sorveglianza della polizia fascista controllava rigidamente le frequentazioni dei “sovversivi” e i loro rapporti reciproci.
Tutto ciò fa pensare che forse “l’apertura transnazionale delle reti migratorie di paese non valse a scardinare le dinamiche micro-regionali messe in atto dai transalpini fra le due guerre. La costituzione di reti allargate su più fronti nazionali ma limitate a precise appartenenze di città, villaggio, parentela o partito fu infatti un elemento tipico dell’installazione italiana in Francia, dove non si crearono vere e proprie “Petites Italies” sul modello americano” <193.
In questo senso il caso ligure si inscrive e conferma una tendenza più generale.
[NOTE]
186. Cpc: b. 3627, f. Italo Oxilia; b. 3847, f. Giovanni Battista Antonio Pera.
187. Cpc: b. 3847, f. Giovanni Battista Antonio Pera; b. 3627, f. Italo Oxilia; b. 3881, f. Alessandro Pertini.
188. Cpc: b. 801, ff. Emanuele Boyancé, Giuseppe Boyancé; b. 1689, f. Lorenzo Della Rosa.
189. Ivi.
190. Cpc: b. 3847, f. Giovanni Battista Antonio Pera.
192. Ibidem, pp. 100-103.
193. Blanc-Chaléard Marie-Claude, Bechelloni Antonio, Deschamps Bénédicte, Dreyfus Michel e Vial Eric (a cura di), Les Petites Italies dans le monde, Presses universitaires de Rennes, Rennes 2007 cit. e in particolare l’Introduzione di Blanc-Chaléard, in ibidem, pp. 13-22.
Emanuela Miniati, La Migrazione Antifascista in Francia tra le due guerre. Famiglie e soggettività attraverso le fonti private, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Genova in cotutela con Université Paris X Ouest Nanterre-La Défense, Anno accademico 2014-2015

Con la presente ricerca si intende raccontare la vicenda biografica degli antifascisti savonesi Italo Oxilia, Giuseppe Boyancè, Lorenzo Da Bove, Francesco Spirito, Giovanni Battista Pera e Giacomo Rolla che, dopo l’espatrio clandestino, sono fuorusciti, oppure che sono stati assegnati al confino di polizia ed in seguito costantemente vigilati dalle forze dell’ordine.
I documenti utilizzati sono gli atti della R.Questura di Savona, ora conservati presso l’Archivio di Stato di Savona, Sovversivi (cat.A8). Il fondo è costituito da 1087 buste (conservate in 61 faldoni) contenenti fascicoli personali, ma si suppone che abbia subito dispersioni e danneggiamenti, perché sono assenti i fascicoli di alcuni antifascisti già noti alla storiografia savonese.
I sovversivi sono i socialisti e gli anarchici attivi nelle lotte sindacali del periodo precedente la prima guerra mondiale e nel successivo “biennio rosso”; i comunisti, i repubblicani, gli antifascisti, gli antinazionali, i sospetti politici, durante il fascismo, e i disfattisti durante la seconda guerra mondiale (i quali saranno oggetto di prossime ricerche). Accanto ad importanti personalità politiche locali, considerate pericolose per l’ordine e la sicurezza pubblica, troviamo – e sono la maggioranza – le persone comuni: sono i simpatizzanti, che a seguito di una soffiata, di un banale sospetto, vengono pedinati, controllati, interrogati, diffidati.
I fascicoli personali contengono rapporti, note informative e confidenziali da e per le istituzioni collegate alla Questura (il Ministero dell’Interno, le Prefetture, i comandi dei CC.RR., la MVSN…), verbali di interrogatori, lettere e altro materiale sequestrato, relazioni sull’attività svolta e fotografie scattate all’estero, notizie riguardanti incarichi di partito, missioni svolte, conferenze o comizi effettuati, informazioni su arresti e condanne precedenti, fotografie segnaletiche. Spesso vi sono le schede biografiche, brevi “cenni” per il loro aggiornamento e copie dei “Bollettini delle ricerche” e della “Rubrica di frontiera”.
Le carte di polizia ci aiutano a capire i meccanismi attivati dagli organi di repressione per ricondurre le persone al consenso della politica da loro precedentemente avversata. Da questa prima indagine si è notata una notevole differenza tra le carte prodotte durante l’età liberale e quelle prodotte nel periodo fascista: durante la dittatura tutto era diventato illegale ed è perciò facile cadere nella trappola di “caricare” di eccessiva importanza alcuni avvenimenti minori. Molti documenti che affollano e appesantiscono i faldoni sono il frutto, quasi maniacale, di un enfatico rigore poliziesco che giunge a punte parossistiche (continui allarmi per ogni possibile azione contro il regime). Quante “reti” di cospiratori, quanti complessi movimenti sospetti risulteranno, ad un esame più attento, il semplice frutto della casualità o del modesto sforzo di piccolissimi gruppi. Quindi molte piste non portano da nessuna parte: si tratta di depistaggi, fantasie escogitate da qualcuno per ricavarci soldi e avvalorate dalla polizia per legittimare il proprio ruolo di sorveglianza e di repressione.
Antonio Martino, Fuorusciti e confinati dopo l’espatrio clandestino di Filippo Turati nelle carte della R. Questura di Savona in Atti e Memorie della Società Savonese di Storia Patria, n.s., vol. XLIII, Savona, 2007, pp. 453–516