Il 25 marzo 1981 la magistratura trasmise al presidente del Consiglio Arnaldo Forlani l’elenco della Loggia Propaganda Due

Nel marzo del 1981, nel quadro delle indagini sul banchiere Michele Sindona venne rintracciata una lista di alti ufficiali delle forze armate, agenti e uomini dei servizi segreti, magistrati, politici, giornalisti, imprenditori affiliati alla loggia segreta P2, capeggiata dal faccendiere Licio Gelli, che si riproponeva di realizzare, attraverso un colpo di stato strisciante, una svolta autoritaria sul modello latino-americano. Questa scoperta generò un terremoto politico che obbligò il presidente del Consiglio Arnaldo Forlani a dimettersi, perché fece emergere quanto un sottobosco di funzionari infedeli avesse quasi preso in ostaggio la Repubblica e stesse progettando o favorendo una soluzione eversiva alla crisi. In sostanza era venuta alla luce una fitta rete di “nemici della democrazia” e di “nemici del riformismo” che stavano operando per fare fallire entrambi, servendosi anche del terrorismo nero e del neofascismo, delle mafie e della criminalità: un temibile “nemico interno” che, attraverso la “strategia della tensione”, stava cercando di corrodere la democrazia, puntando sulla moltiplicazione della violenza politica e sulla penetrazione nei gangli dello stato e che soltanto due anni prima aveva dato una prova indiscutibile della sua forza trascinando nel fango, con un castello di false accuse pilotate da una magistratura connivente, il governatore e il vice direttore generale della Banca d’Italia, Paolo Baffi e Mario Sarcinelli, perché si erano opposti al salvataggio delle banche di Sindona, piduista e mafioso al tempo stesso.
La scoperta della lista e del disegno politico di Gelli testimoniava che vi erano ancora dei giudici “a Berlino”, che lo Stato aveva ancora degli anticorpi per combattere l’insidiosissimo progetto del “venerabile maestro”; e questi anticorpi, fatti di funzionari leali e integerrimi e di una società civile solidamente democratica, trovarono proprio in Sandro Pertini un punto di riferimento intransigente, che soprattutto nei suoi discorsi di fine d’anno non si sottrasse a esprimere un giudizio severo sulla P2 e a incoraggiare la Commissione parlamentare presieduta da Tina Anselmi, incaricata di fare luce sull’intricata vicenda, a indagare con fermezza, senza fermarsi di fronte a nessun “sepolcro imbiancato”. Una richiesta che non cadde nel vuoto, perché a soli due anni da suo insediamento la Commissione, oltre a migliaia di atti, elaborò una relazione conclusiva <11 che faceva piena luce sull’intera vicenda, mettendo in evidenza la natura eminentemente politica dell’azione di Gelli e della sua loggia, esplicitate nel Piano di rinascita democratica, ritrovato dai magistrati nelle sue carte.
I giuristi – disse Pertini nel suo discorso di fine anno del 1981 – stanno discutendo se la P2 cada o non cada sotto il codice penale, se è un’associazione a delinquere. Sono cose che a me non interessano per il momento. Io guardo ad un altro codice, che è il codice morale, il codice morale che ogni uomo, specialmente ogni uomo politico, dovrebbe portare scritto nella sua coscienza. Ebbene, la P2 cade sotto questo codice morale. Vi è un proverbio che si usa dire: che la moglie di Cesare non deve essere sospettata. Ma prima di tutto è Cesare che non deve essere sospettato. Ed allora ogni sospetto devono allontanare dalla loro persona gli uomini politici, non possono rimanere, non può rimanere al suo posto chi è stato indiziato in questa trappola della P2. La P2 si prefiggeva di compiere atti contro la Costituzione, contro la democrazia e contro la Repubblica. E quindi coloro che facevano parte della P2 dovranno risponderne prima di tutto dinanzi alla loro coscienza, dinanzi ai loro partiti e, soprattutto, dinanzi al Parlamento. Non vi può essere in questo caso alcuna comprensione ed alcuna solidarietà. E ripeto quello che ho detto altre volte: qui le solidarietà personali, le solidarietà di partito, diventano complicità” <12.
Indubbiamente si tratta di una presa di posizione netta, che chiamava in causa la politica, perché la forza e la pervasività del progetto piduista affondavano le loro radici nella permeabilità del sistema politico alla pressione di poteri oscuri, i quali in nome dell’anticomunismo evocavano la possibilità di svolte autoritarie. E questa permeabilità dipendeva in larga misura dalla natura del sistema determinata dal “pentapartito” soprattutto a guida craxiana: un sistema chiuso “a sinistra”, neocentrista nella sua configurazione ideologica, lontano da ogni tentazione bipolare, ma anzi determinato a promuovere una sorta di partito unico nel quale le diverse identità politiche dei partiti che lo componevano si perdevano in un universo omologato, trasformista e privo di tavole di valori ideali; un sistema di potere più che un sistema politico, nel quale i conflitti rimandavano agli scontri di leadership personalistiche interessate a rafforzare il proprio ruolo attraverso la costruzione di reti clientelari finalizzate alla promozione di interessi particolari. Il bisogno di risorse crescenti per alimentare la creazione di bacini elettorali consistenti, utili a sostenere la competizione politica di capi e capetti all’interno dello scenario politico di fazione, costituì il fattore primario di penetrazione della P2 tra i partiti. Infatti Gelli, da molti punti di vista, era una “macchina da soldi” con i quali comprava sudditanze e consensi: era in realtà un gigantesco strumento di corruzione volto a promuovere interessi e gruppi di potere, non solo funzionale ai propri disegni politici, ma anche a disposizione di quelle frazioni di establishment che se ne volevano servire per condizionare la vita democratica.
Il suo successo si spiega anche perché la corruzione, da episodio marginale e secondario, durante la “prima” Repubblica, diventò uno dei perni della costituency della politica degli anni ’80, la quale abbisognava di risorse crescenti per costruire il consenso politico in un’epoca di crisi del modello di sviluppo uscito dalla Seconda guerra mondiale e di trasformazione in senso consumistico della modernizzazione sociale.
[NOTE]
11 Commissione parlamentare d’inchiesta sulla loggia massonica P2, Conclusioni, in http://www.loggiap2.com
12 presidenti.quirinale.it/Pertini/documenti/per_disc_31dic_81.htm
Alberto De Bernardi, L’Italia di Pertini presidente in Pertini… uno di noi, ILSREC, Istituto ligure per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea, 2017

Il fenomeno Loggia Propaganda Due, denunciato da «Osservatore politico» dalla seconda metà degli anni settanta, divenne notizia di dominio pubblico solo nel 1981.
Il 12 marzo di quell’anno il giudice istruttore del Tribunale di Milano Giuliano Turone firmò una comunicazione giudiziaria e delle disposizioni di perquisizione domiciliare a carico di Licio Gelli, indiziato del reato di estorsione in concorso con Michele Sindona, ed alcuni esponenti della mafia siculo americana <108.
I magistrati Gherardo Colombo e Giuliano Turone furono titolari dell’inchiesta nata dal falso rapimento inscenato da Sindona il 2 agosto 1979, nel corso del quale il banchiere rivolse ricatti al potere politico minacciando di rendere nota la lista di cinquecento correntisti per conto dei quali trasferì clandestinamente in banche estere i loro depositi, preservandoli dal crack della sua Banca Privata Finanziaria. Minacciò inoltre di rivelare i nomi delle società estere create dalla sua banca per conto di alcuni partiti politici quali la Democrazia cristiana, il Partito Socialista Italiano e il Partito Socialdemocratico Italiano.
Reperire tale lista sarebbe stato utile per l’inchiesta e proprio a tale scopo venne disposta la perquisizione dei locali intestati a Licio Gelli, nome che emerse durante diversi interrogatori ad alcuni massoni legati al banchiere Sindona <109.
I giudici milanesi, ignari di ciò che sarebbe stato scoperto, si convinsero che Licio Gelli avesse svolto e svolgesse un ruolo centrale nella rete di sostegno, di pressioni e di ricatti che venne a formarsi intorno al bancarottiere fin da quando era fuggito dall’Italia, a seguito dei mandati di cattura per numerosi e gravissimi reati di criminalità finanziaria.
Per evitare possibili problematiche, legate ad alcune voci, secondo cui diversi membri delle Forze armate sarebbero stati affiliati alla Loggia di Gelli, le perquisizioni vennero affidate ad ufficiali del Nucleo regionale di Polizia tributaria della Guardia di Finanza di Milano, invece che alla Polizia delle località interessate. Il colonnello Vincenzo Bianchi, responsabile dell’operazione, predispose il contemporaneo controllo nelle quattro località. Un’azienda a Frosinone, una stanza dell’hotel Excelsior di Roma, la residenza privata di Gelli ad Arezzo ed una ditta d’abbigliamento a Finanza. Nei primi due luoghi non verrà scovata nessuna prova, come del resto a villa Wanda, sebbene le documentazioni lascino intendere che nella dimora di Gelli qualcosa sia stato accuratamente evitato. La telefonata del capo della Loggia P2 al maggiore della Guardia di Finanza Giorgio Cencioni <110, incaricato del sequestro ad Arezzo e la successiva chiamata al custode Vincenzo Benincasa <111 confermerebbero la presenza di alcune liste o elenchi d’affiliati. In questi dialoghi si accennò a «certi elenchi che riguardano la mia organizzazione <112» che non dovevano essere svelati. A Castiglion Fibocchi invece le cose andarono diversamente. Nonostante i primi tentativi d’ostruzionismo da parte della segretaria di Gelli Carla Venturi, che in primo tempo dichiarerà di non possedere le chiavi della valigetta e dei cassetti privati del Venerabile, incastrata da un’intercettazione telefonica <113 con lo stesso Gelli ed obbligata a consegnare le chiavi della cassaforte. Venne trovato un abbondante quantitativo di documenti scottanti legati a operazioni e vicende equivoche, un nutrito dossier sul banchiere del Banco Ambrosiano Roberto Calvi e su Michele Sindona, un comunicato originale firmato Brigate Rosse <114, documenti riservati dei Servizi segreti, ed un elenco di 962 iscritti alla Loggia massonica P2 contenenti nomi di personaggi importanti del mondo politico, imprenditoriale, del mondo della stampa, dei Servizi segreti, delle Forze dell’ordine.
Nell’immediate ore successive la scoperta di tale lista il colonnello Bianchi ricevette una telefonata del comandante generale della Guardia di Finanza, Orazio Giannini, che lo mise in guardia dal compiere un sequestro che avrebbe rivelato i nomi di un’organizzazione comprendente tutti i massimi vertici sia del loro corpo che di altre forze armate dello Stato <115.
Il 18 marzo il colonnello Bianchi consegnò tutti i documenti sequestrati ai magistrati Turone e Colombo, riferendo della conversazione telefonica avuta con il generale Giannini. Dagli interrogatori avvenuti successivamente con il generale, piduista fedele alla consegna del silenzio massonico, non arriverà nessuna confessione. Solo sei anni dopo il figlio di Gelli racconterà, in un intervista su «L’Europeo», di un contatto telefonico avvenuto tra il padre e Giannini poco dopo l’avvio delle perquisizioni.
Il 25 marzo 1981 la magistratura trasmise al presidente del Consiglio Arnaldo Forlani l’elenco della Loggia Propaganda Due, che attese due mesi per renderla pubblica. In quei giorni d’indecisione Gelli ebbe tutto il tempo per trasferire all’estero tutta la documentazione non scovata dalla Guardia di Finanza, documentazione in parte recuperata dopo il sequestro della villa di Gelli in Uruguay <116.
Negli stessi giorni, all’Hotel Hilton di Roma, si svolse l’assemblea annuale della Gran Loggia nonostante l’assenza di Gelli; solo pochi membri furono informati dei documenti scoperti a Castiglion Fibocchi dalla Magistratura. Ciò nonostante, per timore che gli ultimi eventi potessero trascinare l’intera Massoneria italiana nello scandalo delle liste segrete, si decise di trasformare la Loggia coperta P2 in organo scoperto. Un salvataggio a beneficio dello stesso Licio Gelli, il quale avrebbe potuto in qualsiasi momento avvalersi del fatto che la sua organizzazione altro non fosse che una normale aggregazione appartenente al Grande Oriente di Palazzo Giustiniani.
Dopo le prime indiscrezioni giornalistiche Gelli rilasciò due interviste in cui negherà ogni accusa, una menzogna creata appositamente per lanciare un messaggio agli affiliati in difficoltà: negare tutto, negare sempre <117. Proprio come citato in uno dei documenti scoperti nel sequestro, la «Sintesi delle norme» <118.
La Commissione Parlamentare sul caso Sindona ottenne dalla Magistratura milanese una parte della documentazione rinvenuta a Castiglion Fibocchi ed, a seguito di una riunione con tutti i rappresentanti, decise di rendere pubblica la lista dei 962 nominativi. A quel punto il Presidente del Consiglio Forlani non poté più attendere ed inoltrò gli elenchi al Parlamento e alla stampa con le sue conseguenti dimissioni.
Il 22 maggio 1981 la Magistratura spiccò due mandati di cattura a Licio Gelli con l’accusa di procacciamento di notizie concernenti la sicurezza di Stato e per spionaggio politico.
La pubblicazione della lista degli iscritti alla P2 diede luogo al più grave scandalo della storia repubblicana.
Il 13 giugno 1981, il Comitato amministrativo d’inchiesta presentò al nuovo Governo Spadolini la propria relazione. “Il vertice della cosiddetta P2 ha vissuto e si è proposto di operare in Italia come luogo di influenza e potere occulto insinuandosi nei gangli dei poteri pubblici e della vita civile. Questo Comitato ritiene di poter affermare che ai sensi dell’art. 18 della Costituzione, la Loggia P2 sia da considerare una associazione segreta” <119.
Il 24 luglio il nuovo governo propose lo scioglimento della Loggia Propaganda Due, legge che verrà approvata dalla Camera il 9 dicembre.
[NOTE]
108 Joseph Miceli Crimi, Joseph Macaluso, John Gambino, CpiP2, volume 1, tomo 1, p. 293-301.
109 FLAMIGNI, Trame atlantiche, p. 7.
110 «Dei documenti ci sono: certi elenchi che riguardano la mia organizzazione. Sa bene che non si possono violare: c’è la libera associazione, una cosa normale». Telefonata tra Licio Gelli ed il maggiore della Guardia di Finanza Giorgio Cencioni, FLAMIGNI, Trame atlantiche, p. 14; CpiP2, volume 1, tomo 4, p. 1173-74.
111 «Mi ci sono messo davanti e tanto ho fatto che quelle li [porte] non le ho fatte rompere. Niente, non hanno portato via nemmeno un pelo qui», telefonata tra Licio Gelli ed il custode di villa Wanda Vincenzo Benincasa, FLAMIGNI, Trame atlantiche, p. 15.
112 Ibidem.
113 «Perché io ho bisogno che quella gente non porti via nulla», telefonata tra Licio Gelli e la segretaria Carla Venturi, Ivi, p. 11.
114 Comunicato delle Brigate rosse relativo all’omicidio Walter Tobagi ad opera del gruppo terroristico Brigata XXVIII marzo, Ivi, p. 10.
115 CpiP2, Doc. XXIII n.2, p. 33-36; «Ti debbo comunicare che hai trovato degli elenchi. Ci sono anch’io in tali elenchi. Statti accorto che ci sono anche i massimi vertici dello Stato, stai attento che il corpo s’inabissa», telefonata tra il Comandante della Guardia di Finanza Orazio Giannini ed il Colonnello Bianchi, Ivi, p.15.
116 FLAMIGNI, Trame atlantiche, p. 18.
117 «Il Tempo», 24 aprile 1981, Ivi, p. 19.
118 Sintesi delle Norme, Ibidem.
119 CpiP2, volume 3, tomo 5, parte prima, pagg. 56-63.
Giacomo Fiorini, Penne di piombo: il giornalismo d’assalto di Carmine Pecorelli, Tesi di laurea, Università degli Studi di Padova, Anno accademico 2012/2013

Licio Gelli entrava a far parte della loggia massonica nel 1967 ma fu solo dal 1971 che, a seguito della sua elezione a segretario organizzativo, il suo potere aumentava a dismisura. Il grande potere che aveva Gelli nelle mani era principalmente di tipo ricattatorio. Infatti sembra che il gran maestro della loggia massonica P2 fosse entrato in possesso dei fascicoli stilati dal Sifar, su ordine del generale De Lorenzo, tramite l’affiliazione nella loggia dell’ex capo del Sid Giovanni Allavena, che li avrebbe ereditati dal suo predecessore e li avrebbe poi trasmessi a Gelli. Dopo un primo periodo che va dal 1967 al 1974, che vedeva coinvolti diversi membri dell’Esercito e dei Servizi iscritti alla P2 in progetti stragisti e golpisti, nel gennaio del 1975 Lino Salvini, maestro del GOI (Grande Oriente d’Italia), che non vedeva di buon occhio Gelli, temendo i rischi della sua crescente intraprendenza, lo esautorava dalle funzioni e dichiarava la loggia P2 una normale loggia non “coperta”. Nel Maggio 1975 Salvini stesso, facendo marcia indietro, decretava ufficialmente la ricostituzione della loggia P2 e Licio Gelli anziché essere esonerato viene promosso al grado di Maestro Venerabile. La loggia P2 avrebbe presto oltrepassato i confini nazionali e osservato il numero dei suoi affiliati aumentare notevolmente in numerosi paesi ove, piuttosto apertamente, non si esimeva dal fare attività politica, economica e finanziaria. Nella primavera dello stesso anno, Licio Gelli fondò l’Organizzazione Mondiale del Pensiero e dell’Assistenza Massonica (OMPAM), una super-loggia internazionale con sede a Montecarlo, che nessuno si sognava di sciogliere. La P2 si trasformò a partire dal 1977 in una sede di raccordo e di incontro delle strutture parallele, che gestivano il potere reale in Italia <53. Anche per assecondare questa prerogativa nel gennaio del 1977 la loggia venne ricostruita all’interno della massoneria in forma ancor più segreta. E’ proprio in quell’anno che il partito comunista andava sempre più accostandosi all’area di governo, con il rischio, per le strutture occulte, di perdere almeno parte del loro potere decisionale.
Nel 1980 Gelli, in un’intervista rilasciata al giornalista affiliato Maurizio Costanzo, senza farsi troppi scrupoli si faceva vanto della propria influenza e delle proprie “entrature” ai massimi livelli politici del Paese, sicuro di sé stesso all’apice del suo potere. L’intervista venne pubblicata sul quotidiano Il Corriere della Sera del 5 ottobre (tra l’altro anche il Corriere della Sera, prima testata italiana per diffusione, tradizione, e per riconosciuta autorevolezza, apparteneva al patrimonio detenuto da Gelli), suscitando accesissime polemiche su tutta la stampa.
Oltre alla stampa cominciano ad interessarsi di Licio Gelli e della P2 anche i magistrati; l’ombra della Loggia sembra comparire dietro gran parte degli avvenimenti della cronaca nera italiana dell’epoca. Iniziano a verificarsi casi di sequestri di persona per conto del clan dei marsigliesi, i tentativi di Golpe, l’omicidio del magistrato Vittorio Occorsio, il terrorismo dell’eversione nera della Strategia della Tensione e il sequestro e omicidio del Presidente del consiglio Aldo Moro. L’uccisione di quest’ultimo in particolare scatena il proliferare di voci e inquietudine; cominciano a formularsi ipotesi che nell’omicidio di Moro potesse essere implicata la loggia massonica P2 di Licio Gelli magari con un probabile coinvolgimento dall’intelligence degli Stati Uniti, si ipotizzava la presenza della rete clandestina Gladio. Tina Anselmi che in seguito avrebbe lavorato al caso caso Gelli, scopriva che tutti coloro che facevano parte al ministero degli interni alla commissione tecnica che operava sui 55 giorni del sequestro di Moro, erano iscritti alla P2. A queste dichiarazioni Gelli risponderà sempre con irriverenza che, trovare “i suoi” implicati qua e la, era pressoché inevitabile, facendo riferimento all’impressionante numero di affiliati che la Loggia vantava.
Nel 1991 sul sottofondo della valigia della figlia di Gelli, fermata e perquisita all’aeroporto, fu ritrovato un importantissimo documento: Il Piano di Rinascita Democratica e si carica del obiettivo di riforme sullo Stato, sulla politica e sulla società italiana. Un progetto politico economico finanziario mediatico istituzionale, che ha la sua genesi nel 74, di concerto con gli americani e con una serie di ambienti politici atlantici al chiaro scopo di controllo del potere attraverso l’ubicazione di uomini in ognuno degli ambienti sopra citati. Il clima di tensione, il crescente numero di crimini compiuti e il ritrovamenti delle liste della P2, conducssero, la magistratura ad avviare un inchiesta; il 9 dicembre 1981, su volontà del Presidente della Camera Nilde Lotti venne formata la commissione d’inchiesta sulla P2; Tina Anselmi ne sarà il presidente. Un’apposita legge, n. 17, 25 gennaio 1982, sciolse la P2 e interdisse il funzionamento di associazioni segrete con analoghe finalità.
Nell’aprile 1998 Gelli in attesa delle sentenze per depistaggio per la strage di Bologna, concorso di bancarotta Banco Ambrosiano e altri reati, scappò e visse in latitanza, sino all’ottobre del ‘98qunado fu arresto a Cannes, ma dopo un malore si guadagnò gli arresti prima in ospedale e poi ai domiciliari.
La loggia per il tribunale di Roma sarà riconosciuta solo come un associazione di persone in vista, unite nell’obiettivo di fare affari. La Anselmi e la sua commissione ne riconoscevano invece la responsabilità su innumerevoli crimini, definendola « un punto d’incontro, una camera di compensazione, d’interessi, relazioni, protezioni omertà dove si incontrano poterei interessi diversi forti per controllare e condizionare quello che succede in Italia e talvolta anche provocarlo: un strumento neutro per operazioni di controllo e condizionamento.» La commissione supponeva al vertice della Loggia un’altra piramide, la quale a sua volta aveva un vertice manipolato da alte sfere di politici atlantici, ma erano solo supposizioni e tali rimasero.
53 Giovanni De Lutiis, I servizi segreti in Italia, Editori Riuniti, Roma, 1998
Giulia Fiordelli, Dalla Konterguerilla ad Ergenekon. Evoluzioni del Derin Devlet, tra mito e realtà nella Turchia contemporanea: analogia con la stay-behind italiana, Tesi di laurea, Università Ca’ Foscari Venezia, Anno Accademico 2012/2013