Natale Verri fu sicuramente l’ultimo Scout del gruppo delle Aquile Randagie a diventare partigiano e purtroppo fu anche una delle vittime del gruppo Scout

Certificato di morte e iscrizione postuma all’A.N.P.I. di Natale “Nino” Verri. Fonte: Stefano Bodini, Op. cit. infra

La strada verso la libertà doveva necessariamente essere aperta da persone che già la conoscessero perfettamente, e questi non potevano che essere i preti, i contrabbandieri e più generalmente i montanari. Fuor di metafora, il confine naturale tra la Lombardia e la Svizzera è composto essenzialmente dalle Alpi, imponenti e, allora assai più di oggi, in tanti punti rese più pericolose dalla presenza dei ghiacciai. Ma per chi era abituato a frequentarle, per chi, vivendoci, conosceva abbastanza i luoghi, era noto che trovarsi al di là delle montagne non era poi un problema “invalicabile”. Il contrabbando, specie in certe vallate, era fenomeno esistente addirittura dall’alto medioevo, contro il quale sempre inutilmente avevano tentato di opporsi via via le autorità napoleoniche, austriache e italiane <191. Era un fatto, diciamo così, “di costume”, che non incontrava affatto la riprovazione dei residenti. Giorgio Vecchio riporta addirittura che l’indulgenza dei preti verso il contrabbando in Valtellina fosse “pure secolare e manifesta ancora in anni recenti” e racconta al riguardo il curioso uso di un parroco che, responsabile dell’illuminazione del suo paese, faceva in modo che questa fosse interrotta ogni qual volta c’era da facilitare il lavoro degli “spalloni” <192. D’altra parte, un territorio di confine è per eccellenza “zona grigia”, di contatti di ogni genere. Il passaggio della frontiera, quale che fosse il fine, era la normalità: così almeno veniva percepita.
Gli stessi fratelli Fossati, che come si ricorderà furono i primi pionieri dello scoutismo milanese, erano cittadini svizzeri. E Achille Fossati ha raccontato, come fosse stata la cosa più naturale del mondo, di avere accompagnato appena tredicenne suo zio Andrea dopo lo sbandamento dell’8 settembre oltre i passi alpini per poi tornare da solo a casa in bicicletta <193. Questo per rendere l’idea di quando svalicare fosse percepito come un “gioco da ragazzi”. Tanto più che le autorità locali (in particolar modo la Guardia di Finanza), e soprattutto la popolazione delle valli, quando pure vedevano, tacevano. Questo quando, addirittura, non aiutavano.
Dopo l’8 settembre, tuttavia, il confine fu chiuso ed entrare diventò sempre più duro: bisognava sapere dove la rete fosse già bucata, e tanti altri dettagli sui percorsi e sui controlli che solamente gente “del mestiere” poteva conoscere. Ci si rivolse così sempre più spesso ai contrabbandieri, con tutti i rischi del caso: Don Giussani riporta la vicenda di un cappuccino, tale Padre Genesio, che più volte affidò le anime di chi gli si rivolgeva a guide traditrici sul confine comasco, le quali dopo avere intascato il compenso per i loro servizi tradivano i ricercati, consegnandoli alle autorità repubblichine e intascando quindi ulteriori compensi <194. Scoperta, dopo molti passaggi, la realtà dei fatti, il religioso ci rimase così male da interrompere ogni sua collaborazione con gli espatri. Erano storie note già allora, purtroppo, almeno a chi già era, se non addentro, prossimo ai gruppi di ribelli. Non deve sorprendere pertanto che anche le giovanissime AR (Aquile Randagie) abbiano voluto fare la propria parte, giocando in contesti ad altissima pericolosità: nell’autunno del 1944 Don Ghetti si fa accompagnare solo da due ragazzi scout, Croda e Anderloni, per replicare un’operazione identica a quella di Gabriele Balcone. I due giovani vengono posizionati sotto la finestra di un ospedale e aspettano finché il loro AE (Assistente Ecclesiastico), sorprendendoli, non apre le imposte in camice bianco e passa loro uno strano, pesante involucro che scoprono essere un altro bambino ebreo <195. Oldrini addirittura serviva come corriere tra i vari servizi segreti residenti in Svizzera e il comando italiano <196 mentre Nino Verri, l’ultimo scout morto prima della Liberazione, aveva scelto la nuda e cruda via della montagna. La sua vicenda, oltre a essere triste, è particolarmente grottesca: durante un conflitto a fuoco avvenuto il 14 aprile 1945, Verri piuttosto che fuggire decide di soccorrere un suo compagno che è stato colpito al piede, e viene pertanto circondato dai militari che stavano effettuando il rastrellamento. Condotto al paese di La Thuile, il 16 aprile viene fucilato insieme ai suoi compagni nonostante il parroco locale tenti invano di far ragionare gli ottusi ufficiali italiani: ormai la guerra è finita; che senso ha uccidere una vita umana così giovane? Che esempio si vuole dare? Il 17 aprile quegli stessi ufficiali si arrendono agli Alleati <197.
[NOTE]
191 Giorgio Vecchio, Lombardia 1940-1945 vescovi preti e società alla prova della guerra, Editrice Morcelliana, Vago di Lavagna, 2005, pp. 412, 413.
192 Ibidem
193 Michele G. Picozzi, Intervista ad Achille Fossati, in “Esperienze e Progetti”, #226, Centro Studi ed Esperienze Scout Baden-Powell, 2019; e in “Carnet di Marcia”, aprile 2019. Andrea Fossati, una volta in Svizzera, pure fu tra i collaboratori di OSCAR, cfr. ibidem e Vittorio Cagnoni (a cura di), Baden, vita e pensiero di mons. Andrea Ghetti, Ente e Fondazione Mons. Andrea Ghetti Baden, tipografia Piave, Belluno, 2014, pag. 561.
194 Don Aurelio Giussani, Diario clandestino (appunti di vita partigiana), Collegio S.Carlo, Milano, 1955, pag.15.
195 Vittorio Cagnoni (a cura di), Baden, vita e pensiero di mons. Andrea Ghetti, Ente e Fondazione Mons. Andrea Ghetti Baden, tipografia Piave, Belluno, 2014, pag. 551.
196 Carlo Verga e Vittorio Cagnoni, Le Aquile Randagie, nuova Fiordaliso, 2002, pp. 182, 183.
197 Ibidem, pag. 189.
Michele Gennaro Picozzi, Gigli clandestini. Il contributo delle Aquile Randagie alla Resistenza, Tesi di laurea, Università degli Studi di Roma – Sapienza, Anno Accademico 2018-2019

Di Natale Verri, detto Nino, abbiamo già parlato, quando abbiamo raccontato dei lupetti appartenenti alle Aquile; ci manca da dire che intorno al 1943 frequentava la terza liceo classico al collegio San Carlo. Nonostante la paura di essere chiamato a servire la Repubblica Sociale, e nonostante l’offerta di Baden di aiutarlo ad espatriare in Svizzera, per non esporre la famiglia alle persecuzioni previste per i renitenti alla leva, rimase a Milano. Puntualmente arrivò la chiamata e, inviato in Germania con la divisione Littorio fu addestrato e successivamente mandato alla divisione anti-partigiani di stanza a La Thuile sulla strada del Piccolo San Bernardo. Successivamente, non sopportando più di servire la RSI, si unì insieme ad altri ad una banda partigiana. Qualche mese dopo purtroppo, per non abbandonare un compagno ferito, fu anche lui catturato dai fascisti, suoi ex compagni ed il 16 aprile 1945 a La Salpetiera (La Thuile), fucilato. Il giorno successivo, gli ufficiali che l’avevano fatto giustiziare, si arrendevano agli Alleati.
Alessandro Giardina, Aquile Randagie. Fatti e personaggi dello scautismo cattolico clandestino a Milano (1928-1945): il perchè di una scelta, Tesi di laurea, Università degli Studi di Trieste, 1999

E’ possibile stilare un elenco delle Aquile Randagie che partirono per il militare: Guido Aceti, Mario Gambari pilota d’aviazione, Gianni Gambari, Sala, Ravicini di stanza a Milano, Landrini, Raimondo Bertoletti tenente del V Alpini battaglione Morbegno, Emilio Luppi sergente maggiore sempre con il Morbegno ma nella Compagnia Comando, Gaetano Fracassi lo scopritore della val Codera, Franco Corbella, Arrigo Luppi arruolato nel battaglione Valchiese della divisione Tridentina comprendente il V e VI reggimento alpini, Enrico Confalonieri con il grado di capitano, Natale Verri in un reparto antipartigiano e il già citato Luigi Mastropietro di stanza anch’egli con gli alpini <355.
Essi si distinsero per il comportamento per l’atteggiamento tenuto davanti al nemico, non di ostilità ma di sopravvivenza, cercavano sempre di sbagliare i tiri con le armi e se erano in situazioni di pericolo cercavano sempre di spaventare il nemico per evitare di trovarsi al momento fatale, “mors tua vita mea”.
I dispersi furono due Gaetano Fracassi in Africa settentrionale e Emilio Luppi sul fronte russo, e a scoprirlo fu il fratello Arrigo che come abbiamo citato erano nella stessa divisione.
Chi di loro non passò alla Resistenza comunque non aderì alla R.S.I. Quindi divenuti nemici del nazismo furono fatti prigionieri e rinchiusi nei Lager.
Gli Scout si ritrovano nei Lager
Arrigo Morgan Luppi e Enrico Coen Confalonieri si ritrovarono nel campo di concentramento di Deblin in Polonia nella baracca 205 <356. Qui trascorsero dei mesi quando una mattina durante l’ottobre 1943 si presentò a tutti i soldati italiani un rappresentante della Repubblica di Salò che “[…] Sale su un podio e parla – Parla dell’Italia, da cui è appena arrivato, delle case, delle famiglie, di combattimento e di onore e invita a mettersi agli ordini della Repubblica sociale testé costituitasi – Chi accetta avanzi un passo! – Silenzio profondo! Ognuno sente il cuore battere in bocca – Uno solo si muove – E poi alto, erompente, unisono, come folgore che trapassi il cielo da mille petti un grido: “Viva il re!” – Silenzio – La pelle sembra accapponarsi e le gambe mancare – L’uomo in bianco, imbarazzato, scende dal podio e scompare. Alla famiglia avevano anteposto la Patria, al ritorno l’esilio, alla casa la fame, ai piccoli tanto lontani l’ignoto della prigionia.[…]” <357.
Quando le forze tedesche cominciarono a ripiegare e a tornare verso i confini tedeschi molti campi di concentramento furono svuotati e i detenuti trasferiti in Germania. Da Deblin Arrigo Luppi e Enrico Confalonieri furono trasferiti al campo di Witzendorf vicino ad Hannover dove trovarono il loro compagno delle Aquile Randagie Franco “Hati” Corbella <358. Insieme a lui trovarono anche gli Scout de France <359 Francis Noisel e George Labrosse <360, da cui però furono presto allontanati. Le tre Aquile randagie rimasero in attesa così che la guerra, e quindi la loro reclusione, terminasse. Questo accadde il 20 aprile 1945, usciti dal campo di concentramento i soldati italiani e francesi si diressero a un vicino villaggio che era stato sgomberato momentaneamente dagli alleati per poterli appunto ospitare. Fu così che gli Scout italiani e Francesi il 23 aprile celebrarono la Santa Messa per la liberazione e per il giorno di San Giorgio, Santo Patrono degli Scout, rinnovando assieme la promessa grazie alla presenza di don Alfieri di Asti un altro ex-internato che a suo tempo era stato assistente Scout <361.
L’estratto che segue invece è la spiegazione del perché gli Scout furono in grado di sopravvivere nei campi di concentramento: il passaggio è la citazione di un articolo di don Andrea Ghetti: “Ci giunge in questi tempi una testimonianza sulle reali possibilità dello Scoutismo da un libro scritto da E. Froidure. Rinchiuso a Dachau venti mesi questi ha misurato uomini posti davanti alle più sconvolgenti esperienze. Chi ha resistito? Nulla hanno servito l’istruzione, o l’origine umile o altolocata, neppure l’essere sacerdote. Chi ha resistito? “È a questo punto che il nostro verdetto, emesso all’unanimità diventa sferzante come una verga: una sola categoria di uomini s’è dimostrata, indiscutibilmente, all’altezza del proprio compito s’è imposta come superstite all’ecatombe delle personalità: gli antichi Scout”. “Precisiamo: non si tratta del Cappellone o dell’uniforme. Non può essere questione d’un qualsiasi temperamento fantastico che ha aderito allo Scoutismo per qualche mese, da dilettante: bisogna averne attuato lo spirito con un allenamento lungo e fecondo, iniziato sin dalla prima giovinezza, alla pratica delle virtù naturali”. “Lo Scoutismo e in certo modo, tutte le innumerevoli forme con esso connesse o derivate, sul suo esempio, forniscono questo completamento di formazione della gioventù alle virtù naturali”. “Lo Scoutismo è venuto a portare alla gioventù il senso del gruppo e dello spirito di squadra”. “Lo Scoutismo persegue, come spiega il comandante Lhopital <362, la formazione dei Capi. È una cosa eccellente; si abituano i giovani a dirsi: “Diventerò un Capo … ma dopo aver servito”. “Quanti adolescenti sono stati sottratti alla tentazione della menzogna dallo Scoutismo, che orientava tutte le forze dell’anima loro verso un ideale cavalleresco, non solo lontano, ma vissuto, attuato nell’avventura stessa della loro vita; e questo in genere, al Campo ossia in una vita ridotta alla sua bellezza essenziale, in un quadro essenzialmente vero”. “Migliaia di uomini sono morti, perché mancavano della tempra che li avrebbe salvati”. “Il solo ricorso possibile per potersi opporre al crollo totale, è quello che fa appello alle virtù naturali”. “Le nostre sei conclusioni convengono quindi verso la medesima conclusione: la necessità della cultura delle virtù naturali, lungo tutta l’infanzia e la giovinezza”.” <363
Il caso di Nino Verri
“[…] Nino Verri, in fuga con altri compagni, durante un pesante rastrellamento, si offrì di fermarsi presso un ferito ben sapendo quale fine lo attendeva: furono fucilati sul posto.[…]” <364 Con queste parole in un articolo don Andrea Ghetti ricordò la storia di Natale “Nino” Verri. Questi era un’Aquila Randagia che fu costretto a partire per il militare durante gli ultimi mesi di guerra per non esporre la sua famiglia alle ripercussioni che subivano i familiari dei renitenti. Era un ragazzo di neanche vent’anni. Fu aggregato alla divisione anti partigiani nella zona di La Thuile. Presto si accorse che non valeva la pena di continuare a fare il soldato, così assieme ad alcuni compagni decise di scappare. La loro fuga fu di breve durata infatti furono intercettati dai partigiani della “Vall’Orco”, cui alla fine si aggregarono. Il 16 aprile 1945 mentre con la sua banda partigiana cercava di sfuggire ad un rastrellamento dei repubblichini, Natale si fermò per aiutare un compagno ferito ad un piede. Furono presto raggiunti e alle ore 20.00 furono fucilati in località Sapinera. In questo modo Natale “Nino” Verri divenne un partigiano: fu sicuramente l’ultimo Scout del gruppo delle Aquile Randagie a diventarlo, tra l’altro in maniera del tutto indipendente rispetto al resto del gruppo milanese, e purtroppo fu anche una delle vittime del gruppo Scout. <365
[Note]
355 Cfr. mostra scout per il quarantennale della fine della guerra pannello 7 numero 74-05 “Como 1926” copia di biglietto dove è indicato il dislocamento al fronte delle Aquile Randagie partite per il militare in arch. privato Locati e l’ultima parte di A. Luppi, L’inverno e il Rosaio, Ancora, Milano 1986.
356 Cfr. A.Luppi, L’inverno e il rosaio, Ancora, Milano 1986, p. 130.
357 Cit. da RS Servire (S53,7-8).
358 Cfr. C. Verga e V. Cagnoni, Le Aquile Randagie, Fiordaliso, Roma 2002, p. 134.
359 Ricordiamo che durante la clandestinità le Aquile Randagie divennero membri onorari degli Scout de France e degli Scout Belgi con cui intrattennero delle corrispondenze.
360 Cfr. A.Luppi, L’inverno e il rosaio, Ancora, Milano 1986, p. 135.
361 Cfr. A.Luppi, L’inverno e il rosaio, Ancora, Milano 1986, p. 136.
362 Figura di rilievo tra gli Scout de France, l‟associazione cattolica francese.
363 Cit. rivista RS Servire (S64,4-5).
364 Cit. da Avvenire (AV10/12/78).
365 Cfr. A. Luppi, L’inverno e il Rosaio, Ancora, Milano 1986, pp. 126-129.
Stefano Bodini, Gli Scout Milanesi e la Resistenza, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Milano, Anno Accademico 2009-2010, documento qui ripreso da Associazione Banlieu