La ridefinizione proprietaria del più importante gruppo editoriale italiano

Le immediate dimissioni di Piero Ottone avevano marcato certamente una linea di discontinuità nella storia del giornale e furono vissute per molte sue firme alla stregua di un trauma. Subito dopo l’addio di Ottone lasciarono infatti Via Solferino: Bernardo Valli, Natalia Ginzburg, Giampaolo Pansa, Umberto Eco.
Ma se il cambiamento della linea del giornale era chiaro a intellettuali e giornalisti i quali avevano percepito una compressione della propria libertà, lo stesso non poteva dirsi per la classe politica. Si prendano ad esempio le parole di Adalberto Minucci, incaricato stampa e responsabile informazione del Partito Comunista, il quale dichiarò nel 1980 che il Gruppo Rizzoli rappresentava ancora “un’editoria relativamente aperta al pluralismo” e che probabilmente questa era una delle ragioni del perché si stesse facendo il possibile “per liquidarlo o minarne definitivamente l’autonomia. Se la manovra dovesse riuscire sono certo che il futuro, per tutti, sarà peggiore del presente”. <442
Ma nel 1980 quando parlava Minucci sulla poltrona di direttore del quotidiano milanese sedeva già da tre anni il piduista Franco Di Bella e l’opera che le generalizzazioni postume avrebbero chiamato “piduistizzazione del Corriere della Sera era già cominciata da tempo.
La Commissione d’inchiesta aveva stabilito che questo mutamento di indirizzo costituiva una prova sufficiente dell’esistenza della P2 nel giornale, tanto che nella sua relazione finale avrebbe poi scritto: “La nomina a direttore del dottor Di Bella è voluta esplicitamente da Gelli e Ortolani”. <443 Ma nel 1980 quando parlava Minucci sulla poltrona di direttore del quotidiano milanese sedeva già da tre anni il piduista Franco Di Bella e l’opera che le generalizzazioni postume avrebbero chiamato “piduistizzazione del Corriere della Sera era già cominciata da tempo.
[…] Per la prima volta l’interpretazione del fenomeno piduista doveva tenere in considerazione il fatto che essa si era mossa all’interno di un contesto politico controllato, con un protagonismo delle istituzioni quantomeno ambiguo che in fondo soddisfaceva tutte le parti in causa. Tutte queste vicende consigliavano di collocare la Loggia P2 entro un perimetro più ampio che tenesse conto di fattori esterni ai misteri occulti di un potere invisibile. Perché anche terminata la cosiddetta stagione della solidarietà nazionale la politica aveva continuato a interessarsi alle vicende editoriali del giornale.
Pochi giorni prima dell’esplosione dello scandalo, nell’aprile 1981 il Gruppo Rizzoli sommerso di debiti aveva ceduto infatti il 40% delle proprie azioni al Banco Ambrosiano di Roberto Calvi. Garante dell’accordo fu Bruno Visentini, Presidente del Partito Repubblicano Italiano. La ridefinizione proprietaria del più importante gruppo editoriale italiano, l’ambigua figura di un banchiere in odore di arresto quale era Calvi oltre al placet del presidente di un partito che di lì a poco avrebbe espresso con Spadolini la prima presidenza del Consiglio laica della storia repubblicana, erano tutti elementi che avevano suscitato parecchie osservazioni soprattutto sulla stampa <446.
Eugenio Scalfari dalle pagine di “Repubblica” osservava come sull’accordo non si fosse espressa la Democrazia Cristiana, “e questo si può anche comprendere dati i rilevanti interessi che legano l’Ambrosiano alla finanza vaticana e dato che Calvi acquistò il “Gazzettino” di Venezia, lasciandone la direzione politica nelle mani della DC”. Ma sull’accordo era sceso il silenzio anche del Partito socialista e del Partito comunista: “i socialisti sono stati finora ermeticamente muti. Si dice che il PSI abbia ottenuto a suo tempo un finanziamento tuttora in piedi dall’Ambrosiano. Del PCI si dice che stia trattando con il gruppo Rizzoli il finanziamento attraverso le Coop di tre o quattro gazzette nell’emiliano. Anche qui, sarebbe la soccorrevole mano di Calvi ad intervenire. È vero? È questa la ragione dell’inspiegabile silenzio del PCI su quello che a buon diritto si può definire uno dei più grossi scandali di questi ultimi tempi?” <447. Non tutte le ragioni riportate dalla firma più autorevole di “Repubblica” sono verificabili ma l’accordo tra il Banco Ambrosiano e il Gruppo Rizzoli e il conseguente trasferimento del 40% delle azioni del Corriere alla banca milanese avevano suscitato una reciproca soddisfazione politica:
“All’annuncio dell’accordo tra Rizzoli e Roberto Calvi i primi elogi sono arrivati dai tre ministri finanziari: Andreatta, Treviglio e La Malfa, i quali erano stati informati da Angelo Rizzoli; poi ha telefonato la direzione del Pci per complimentarsi; infine il Presidente Pertini ha confidato al vicedirettore del Corriere, ad una colazione al Quirinale, che quella era la più bella notizia della giornata” <448.
Anche il Partito comunista plaudiva all’accordo. Su “l’Unità” Antonio Zollo annotava che era cominciato il definitivo declino dell’imprenditore che produce informazione. Al suo posto subentrava il banchiere: “ma di fatto e da alcuni anni, le banche non sono già le vere proprietarie dei giornali? E che cosa sarebbero Il Messaggero senza la Montedison, Il Giorno senza l’ENI?”. <449
Poi nel maggio 1981 l’esplosione dello scandalo P2 e l’arresto di Roberto Calvi avevano bruscamente interrotto l’armonia tra i partiti. La figura del senatore Bruno Visentini, “esposto a molte polemiche per il ruolo di garante […] nella ridefinizione della proprietà del Corriere della Sera” <450, ne era uscita indebolita e indirettamente aveva minato l’equilibrio del nascente governo Spadolini. A Luglio Bettino Craxi aveva tuonato in Parlamento contro l’arresto di Roberto Calvi, ammonendo che “quando si mettono le manette senza obbligo di legge a finanzieri che rappresentano la metà del listino, è difficile non prevedere incontrollabili reazioni psicologiche” <451. Nell’ottobre 1981 la polemica socialista era portata avanti in Parlamento. Un’interpellanza presentata dal deputato Claudio Martelli chiedeva al presidente del Consiglio Spadolini se fosse al corrente “di incontri e trattative aventi lo scopo di definire il passaggio delle quote di maggioranza della Rizzoli, valutate oltre 100 miliardi di lire; incontri e trattative aventi come protagonisti il senatore Bruno Visentini, presidente del Pri nonché presidente della società Olivetti, e il dottor Carlo De Benedetti, amministratore della stessa società, con il Bruno Tassan Din e quindi in forma personale e delegata con l’avvocato Umberto Ortolani” <452. L’interpellanza socialista aveva scatenato una disputa politica, minando ulteriormente la stabilità del governo appena nato ma soprattutto evidenziandone le ambiguità. Da una parte il primo ministro Giovanni Spadolini aveva posto al primo punto del programma di governo la lotta alla P2 e la questione morale mentre dall’altra parte il suo compagno di partito Bruno Visentini mediava con esponenti piduisti come Roberto Calvi e il Direttore Generale della Rizzoli Bruno Tassan Din per la definizione proprietaria del “Corriere”. <453
Ad una situazione che rischiava di farsi incandescente vi era da aggiungere qualche informazione sul latore dell’interpellanza parlamentare. Il socialista Claudio Martelli non era infatti rimasto immune allo scandalo P2. Il suo nome era stato ritrovato tra le carte di Castiglion Fibocchi appuntato su carta intestata della Camera dei Deputati accanto alla parola “Protezione”: un conto corrente aperto presso la UBS di Lugano, legato all’inchiesta sul crack del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi e a finanziamenti illeciti al Partito socialista di Bettino Craxi. <454
Era lecito chiedersi se l’iniziativa socialista all’indomani dello scandalo P2 e dell’arresto di Calvi si inserisse in un conflitto interno alla classe politica italiana per la ridefinizione di un equilibrio di potere. Era una domanda che si connetteva al lavoro della Commissione d’inchiesta assieme a tutta una serie di questioni che il tempo ripresentava puntualmente e che risultavano fondamentali per comprendere il tessuto su cui era nato e prosperato il fenomeno piduista. Rispondere a tali domande avrebbe tuttavia significato per la Commissione ricollocare il fenomeno P2 all’interno della storia politica repubblicana. Perché Licio Gelli rappresentava senza dubbio il punto di raccordo e di tutela nell’interscambio con il potere. Un uomo che disponeva del credito bancario disponendo di Calvi e del suo Banco Ambrosiano, che si muoveva con la sicurezza ed il prestigio dell’interlocutore di rango nei palazzi che contavano della politica, della finanza e dell’informazione. Ma la comprensione e l’eliminazione del fenomeno indagato poteva avvenire soltanto attraverso un intreccio equilibrato tra la visione complessiva della vicenda piduista ed una analisi dettagliata delle singole questioni che con essa dialogavano. Per far questo la Commissione avrebbe dovuto agire nello spazio di intersezione della storia istituzionale e politica del paese. Descrivere invece il quotidiano di Via Solferino come il regno di pericolosi piduisti intenti a direzionare l’informazione italiana per oscuri progetti, sembrava tradire il bisogno di tacere tutto un complesso di rapporti tra politica, informazione e politica dell’informazione, denunciando solamente “l’allarmante disegno di penetrazione e condizionamento della vita nazionale” da parte della Loggia Propaganda.
[NOTE]
443 CP2, Camera dei Deputati, Relazione di maggioranza della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla loggia massonica P2, p. 61 e ss.
446 M. Borsa, “Calvi, Visentini e la futura Rizzoli”, “La Stampa”, 25 aprile 1981: “La coppia Roberto Calvi e Bruno Visentini, protagonisti del recente passaggio di proprietà del 40% del gruppo Rizzoli-Corriere della Sera, ha suscitato parecchie perplessità nel mondo degli affari. Esponente di grande rilievo della finanza cattolica il primo, alfiere dello schieramente finanziario laico il secondo. Per capire la posizione di Bruno Visentini bisogna rifarsi alle trattative che da più di un anno hanno avuto al centro il Gruppo Rizzoli. il maggior creditore del gruppo, il Banco Ambrosiano, iniziò più di un anno fa a stringer la rete attorno al proprio debitore, per avere un più stretto controllo sulla gestione. [….] Calvi continuava a premere pur sapendo che non poteva imporre al Gruppo Rizzoli la propria presenza come azionista di maggioranza senza esporsi ai contraccolpi politici di una simile operazione. Di qui la necessità di trovare una alleanza che rendesse più facile l’ingresso del Banco Ambrosiano nel maggior gruppo editoriale italiano”.
447 E. Scalfari, su “la Repubblica” del 3 Maggio 1981.
448 L’Espresso, 3 maggio 1981, allegato alla Relazione di minoranza di Altero Matteoli, CP2, 2-bis/3.
449 A. Zollo, Quando il banchiere si veste da editore, “l’Unità”, 24 Aprile 1981.
450 “Il Giornale” del 22 maggio 1981.
451 Camera dei deputati, VIII Legislatura, Atti Parlamentari, Discussioni, Resoconto stenografico della seduta di venerdì 10 Luglio 1981.
452 Archivio della Camera, VIII Legislatura, Atti parlamentari, Interpellanza a firma Claudio Martelli, n. 2/01340 del 15 Ottobre 1981, Seduta di presentazione n. 391.
453 Verso la fine del 1981 Bruno Visentini confermò al “Il sole 24 ore” del 12 ottobre 1981, che il Presidente del Consiglio Spadolini era stato “tempestivamente informato delle trattative per il Corriere della Sera. Salvo il giorno dopo venir smentito da una nota di Palazzo Chigi: “il Capo del Governo è stato informato per la prima volta dell’avvenuta apertura di una trattativa fra il gruppo Rizzoli e il gruppo De Benedetti soltanto il giorno 30 settembre, a seguito di una telefonata dell’onorevole Bettino Craxi che ne aveva ricevuto comunicazione da Milano”.
454 Il conto era stato aperto da Silvano Larini, faccendiere e uomo di fiducia di Craxi, e aveva ospitato tra il 1980 e il 1981 alcuni milioni di dollari provenienti dalla banca milanese, in una storia di finanziamenti illeciti per la quale Claudio Martelli fu poi condannato durante la stagione di Mani Pulite.
Lorenzo Tombaresi, Una crepa nel muro. Storia politica della Commissione d’inchiesta P2 (1981-1984), Tesi di dottorato, Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”, Anno Accademico 2014-2015