Nella seconda metà del 1943 la Resistenza francese, ormai unita in un insieme organico, traeva la sua forza dall’inserimento nella nuova struttura politica del Governo Provvisorio della Repubblica francese

Sicuramente l’esempio più noto di formulazione partigiana durante la Seconda guerra mondiale fu la Resistenza francese che dovette combattere sia le forze d’occupazione naziste che collaborazioniste. Essa contribuì, insieme agli Alleati, alla disfatta finale della Germania <431. Al momento dello scoppio della Seconda guerra mondiale, alla vigilia dell’entrata in guerra della Francia, De Gaulle era uno dei pochi militari francesi a sottolineare l’insufficienza della difesa approntata nella parte settentrionale del Paese, affermando che l’esercito tedesco avrebbe sfondato le fila francesi a nord e con una guerra lampo sarebbe piombato sul territorio nemico. Le idee di De Gaulle, però, non vennero prese in considerazione, in virtù di una visione politica diplomatica ferma sulla convinzione che la Germania non avrebbe sferrato nuovamente un attacco sulla falsariga delle operazioni delle Prima guerra mondiale. I fatti dettero ragione a De Gaulle: all’attacco tedesco, la Francia si fece trovare impreparata e indecisa, trincerandosi dietro la linea Maginot. Così la vecchia mentalità strategica francese, ancora legata al primo conflitto mondiale, veniva sconfitta dall’innovativa capacità tattica del nemico <432. De Gaulle si oppose all’armistizio con i tedeschi e lasciò la Francia per la Gran Bretagna il 15 giugno 1940. Il discorso che egli lesse e che venne trasmesso dalla BBC tramite radio il 18 giugno, fu un vero e proprio appello alle armi per continuare la lotta contro l’occupante tedesco <433, un appello rivolto soprattutto ai militari e agli specialisti delle industrie di armamento. De Gaulle li invitava, così, ad appoggiare lo sforzo di guerra del Regno Unito <434. L’appello rimase, però, poco ascoltato. Non è quindi che successivamente, dopo aver lanciato altri appelli e incoraggiato tutti i francesi a resistere che questo discorso venne finalmente conosciuto. Egli, tuttavia, non riuscì inizialmente a raccogliere numerose adesioni, in parte per il prestigio di cui il Maresciallo Pétain godeva in Francia. Solo alcune migliaia di volontari provenienti dalle truppe francesi di stanza in Inghilterra e da gruppi di resistenti francesi residenti all’estero risposero all’appello. Con loro il Generale De Gaulle formò il movimento che poi avrebbe preso il nome di “France libre” e il piccolo esercito delle forze libere francesi. La “France libre”, formata unicamente da volontari, continua così la lotta terrestre, navale e aerea accanto agli inglesi e rappresenta, davanti al Governo di Vichy, la Francia che combatte <435.
Nel frattempo Churchill, pur sostenendo lealmente De Gaulle, non abbandonò mai la speranza che un mutamento di posizione del regime di Vichy facesse confluire dalla parte britannica forze militari molto più numerose e preparate. Churchill e Roosevelt non riconobbero mai il Comitato Nazionale Francese come governo legale della Francia. De Gaulle al contrario era fermo sulla propria posizione, vale a dire che il regime di Vichy sarebbe rimasto sempre privo di legittimità a causa della collaborazione con la Germania. Tutto ciò contribuì, insieme ad altri fattori, ad alimentare continue dispute fra il generale e i capi di governo Alleati. D’altro canto le notizie provenienti dalla Francia parlavano di un’adesione sempre maggiore dell’opinione pubblica al pensiero di De Gaulle. Questo dato di fatto spronò gli alleati a concedere al generale francese un potere reale sulla guida del movimento francese di Resistenza <436.
La Resistenza francese seguiva, allora, due percorsi distinti: una parte continuava a fare fede a De Gaulle, che nel mentre guidava le redini della Francia Libera dall’estero; un’altra parte, invece, si organizzava in gruppi indipendentisti di posizioni politiche prevalentemente di sinistra, che presero il nome di maquis. Questi ultimi si procuravano le armi aggredendo le truppe, si rifornivano assalendo rimorchi e convogli, svaligiavano banche per ottenere denaro e facevano affidamento sul sostegno della popolazione locale per ottenere i viveri. Con il progredire delle operazioni sul fronte occidentale, alcuni gruppi di maquis insorsero contro i tedeschi, liberando parti del territorio francese, a costo, però, di un pesante tributo in termini di vite umane, specie fra i civili, a causa delle pesanti ritorsioni da parte tedesca <437. Furono molti i renitenti che per sottrarsi alla leva o per pura vocazione lasciarono le loro case e si nascosero nelle campagne, nei boschi e soprattutto nelle montagne. Le montagne, appunto, nella Francia meridionale, dove i tedeschi avevano lasciato più autonomia, si riempirono di maquis.
Parallelamente, nel maggio 1943, veniva costituito, grazie al ruolo fondamentale giocato da Jean Moulin <438 nel riunire i principali gruppi di resistenti, il Consiglio Nazionale della Resistenza, alla cui guida venne riconosciuto De Gaulle <439. Jean Moulin venne arrestato dalla polizia tedesca il 21 giugno 1943 mentre presiedeva a una riunione con alcuni membri della Resistenza. Egli morì nei pressi di Metz, sul treno Parigi-Berlino che lo stava conducendo verso la deportazione in campo di concentramento <440.
Nella seconda metà del 1943, la Resistenza francese, ormai unita in un insieme organico, traeva la sua forza dall’inserimento nella nuova struttura politica del Governo Provvisorio della Repubblica francese (GPRF). Essa, quindi, alla vigilia dello sbarco Alleato in Francia, si era unita ed era riuscita a sollecitare tutte le forze in campo, realizzando un’ampia unione nazionale che andava dai comunisti ai moderati, fino a giungere a ex-membri del regime di Vichy <441. Inoltre, la Resistenza francese giocò un ruolo fondamentale proprio nel preparare l’invasione dell’Europa da parte degli Alleati anglo-americani, riferendo la maggior quantità possibile d’informazioni sulle difese tedesche.
[NOTE]
430 Michel H., La guerra dell’ombra, cit., p. 155.
431 Smith R., L’arte della guerra nel mondo contemporaneo, cit., p. 242.
432 Burrin P., La France à l’heure allemande: 1940-1944, Parigi, Seuil, 1995, p. 11.
433 Marcot F., Dictionaire historique de la Résistance, Parigi, Laffont, 2006, p.11.
434 Wieviorka O., Histoire de la Résistance, Parigi, Perrin, 2013, p. 20.
435 De Gaulle C., Memorie di guerra, Milano, Mondadori, 1959, pp. 83-92.
436 Michel H., La guerra dell’ombra, cit., pp. 63-65.
437 Smith R., L’arte della guerra nel mondo contemporaneo, cit., pp. 242-243.
438 Jean Moulin (1899-1943) si arruolò nel 1918 partecipando agli ultimi mesi della Prima guerra mondiale. Nel 1921 si laureò in legge ed entrò nell’amministrazione prefetturale. Nel 1930 divenne Vice-Prefetto di Châteaulin e il più giovane prefetto di Francia, nell’Aveyron, a Rodez, nel gennaio 1937. Per un quadro più completo sulla figura di Jean Moulin si rimanda a Azéma J. P., Jean Moulin: le politique, le rebelle, le résistant, Parigi, Perrin, 2003.
439 Michel H., La guerra dell’ombra, cit., p. 299.
440 Azéma J. P., Jean Moulin, cit., pp. 9-12.
441 Marcot F., Dictionaire historique de la Résistance, cit., p. 75
Caterina Zaru, Il ruolo di Giorgio Castelfranco nella salvaguardia e tutela del patrimonio artistico italiano. La questione delle esportazioni illecite e delle spoliazioni di opere d’arte attuate dai nazisti in Italia negli anni precedenti e durante la Seconda guerra mondiale, Tesi di Dottorato, Alma Mater Studiorum – Università di Bologna, 2022

Molti storici dagli anni Cinquanta a oggi hanno raccontato di come la Resistenza sia stata influenzata dalla visione comunista, ebbene non c’è nulla di più sbagliato. La componente della sinistra estrema, è stata solamente una piccola parte del grande cerchio della Resistenza europea: molti dei resistenti sono difatti appartenenti a gruppi politici vari, dai partiti più liberali, a quelli monarchici, ai partiti della sinistra progressista a quelli cattolici, una buona parte di loro, è fondamentalmente apolitica. Quasi sempre la componente comunista proviene dal proletariato urbano nell’Ovest Europa e dai bassifondi societari nell’Est Europa. Sono generazioni nate e cresciute sotto le idee di Lenin e degli altri pensatori di sinistra: i primi vedono principalmente nelle nuove idee social-comuniste una possibile via di progressione per la società moderna; i secondi, invece, aderiscono a queste ideologie nella speranza che possano portare un miglioramento nella loro condizione economica e sociale. <149 Il resistente in senso stretto, in ogni caso, non può scindere dal suo obiettivo militare, quello ideologico e patriottico; una caratteristica comune che omogenizza i resistenti è il rispetto per la libertà e per la dignità personale dell’individuo. <150
[…] Durante la lotta gli Alleati forniscono armi, viveri e denaro alla Resistenza, ma ne minimizzano l’importanza, negandone l’autonomia. Tale scelta rivela quella necessità di spazio di manovra politico-diplomatica, o più semplicemente ideologica, sulla quale le tre grandi potenze contano per la spartizione del Mondo, una volta sconfitto il nazifascismo, così come avverrà poi puntualmente negli incontri tra i rappresentanti dei Paesi vincitori. È comunque accertato come la Resistenza europea, dall’estate 1940 all’autunno del 1942, abbia un concreto appoggio quasi esclusivamente dal governo di Londra, mentre dal novembre 1942 all’aprile 1944 anche gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica prenderanno parte agli aiuti verso i partigiani in lotta.
[…] Tutti i grandi Paesi Alleati moltiplicano nel corso della guerra il numero delle trasmissioni, ma sono gli inglesi con la BBC che per primi e in modo più efficiente raggiungono la perfezione. Ai microfoni parlano semplici giornalisti che trasmettono i bollettini di guerra, ma anche grandi figure del mondo sia politico che culturale. Costantemente il Generale De Gaulle trasmette da Londra messaggi di conforto e di patriottismo ai suoi compatrioti rimasti in Francia. Ogni giorno su varie frequenze vengono trasmesse decine e decine di comunicazioni in molte lingue, spesso le trasmissioni sono in tedesco e sono dirette proprio ai vertici del regime nazista.
È difficile, se non impossibile, valutare la penetrazione della propaganda per via radio, soprattutto a causa della scarsezza degli apparecchi presenti e delle contromisure severe che i tedeschi impartiscono per chi possiede una radio, fino al limite con la deportazione in campi di lavoro forzati. Quel che è certo che lo stesso Goebbels prenderà sul serio le trasmissioni della BBC, visto che poi risponderà personalmente a più riprese in Das Reich, giornale di propaganda nazista, e direttamente alla radio tedesca. Per molti francesi, la radio inglese rivelerà l’esistenza a Londra di una forma di governo e di esercito ancora democratici. La radio contribuirà in maniera colossale allo sviluppo della popolarità di De Gaulle, che diventerà il nuovo vessillo sotto cui schierarsi, in opposizione del regime collaborazionista di Vichy.
[…] «Francesi, non siete i più forti, sappiate aspettare quando l’ora suonerà» diceva un titolo del giornale Défense de la France. Così anche De Gaulle e la Francia Libera e pure gli Alleati sono a favore di una Resistenza organizzata e precisa, specie con obiettivo di permettere una miglior riuscita del futuro sbarco Alleato in Francia. Un movimento di resistenza debole e impreciso è nocivo, il crescente terrore dei vertici tedeschi a riguardo di questi movimenti, fanno crescere di giorno in giorno l’odio che questi riversano nei confronti della popolazione civile. Ogni atto diretto provoca, difatti, paura e risentimento, che sempre o quasi, si trasformano in rappresaglie e rastrellamenti. La perpetuazione di questi attacchi mal organizzati e inefficaci, porterebbero inevitabilmente all’indebolimento del fenomeno globale, che nel momento del bisogno, e dunque in preparazione allo sbarco, sarebbe stato inefficiente.
Molte fazioni, specie quelle comuniste, sono però di tutt’altro parere. La loro decisione di rifiutare ogni attendismo è di natura politica, più che militare. Nel mentre che l’URSS sta combattendo la guerra sul fronte orientale, le formazioni di matrice comunista si sentono di dover portare avanti la causa politica e sociale; nelle fila dei resistenti di questo tipo, è fondamentale non ripetere l’errore commesso durante la Prima guerra mondiale, quando i francesi si fecero sopraffare dall’avanzata tedesca; non bisogna più rimanere in uno stato di passività, per contribuire costantemente e attivamente alla lotta.
«I miei amici sappiano che sono rimasto fedele all’ideale della mia vita: i compatrioti sappiano che morirò perché la Francia viva. Faccio un’ultima volta il mio esame di coscienza. È positivo. Prenderei la stessa strada se dovessi ricominciare la mia vita. Credo sempre che il comunismo sia la giovinezza del mondo e prepara un domani felice. Preparerò tra poco un domani felice. Mi sento forte per affrontare la morte. Addio! Viva la Francia. Gabriel Péri» <163
I comunisti, secondo la loro specifica visione, conferiscono la massima ampiezza al concetto del sabotaggio. A loro modo di vedere, ogni abitante di un Paese occupato, impiegato, casalinga, operaio, contadino o intellettuale, è in grado di danneggiare una parte, sia pure minuscola, della macchina bellica tedesca. I resistenti scopriranno a poco a poco che il sabotaggio esige una tecnica difficile, fatta di conoscenza psicologica e professionale, oltre che economica; se questo avesse messo in difficoltà la popolazione, i risultati sarebbero stati compromessi. È fondamentale inoltre che le azioni non si limitino a casi isolati, ma che abbiano un riscontro nazionale e internazionale, in modo da convincere gli altri resistenti, o cittadini, a intraprendere anch’essi tali azioni. <164
[…] Un esempio più noto di formulazione partigiana durante la Seconda guerra mondiale è la Resistenza francese, un movimento che combatterà le forze d’occupazione naziste e collaborazioniste. Quest’ultima contribuirà insieme agli Alleati alla disfatta finale della Germania, grazie alle opere di sabotaggio e di intelligence, che poi sarebbero state utili specialmente durante lo svolgimento dell’operazione Overlord. <167
[NOTE]
149 Foot, Resistance, pp. 16-17.
150 Ivi, p. 10.
163 Malvezzi e Pirelli, Lettere di condannati a morte della resistenza europea, Cit. p. 290.
164 Michel, La guerra dell’ombra, pp. 208-209.
167 Smith, L’arte della guerra nel mondo contemporaneo, p. 242.
Alessandro Berti, Dalla poesia di Verlaine alla rete di Garbo: l’importanza delle operazioni di deception per la riuscita dello sbarco in Normandia, Tesi di laurea, Università degli Studi di Pisa, Anno Accademico 2016-2017

Dopo il 1968 anche la memoria ufficiale elaborata dai comunisti francesi iniziò ad incrinarsi: nel 1970 è pubblicata l’autobiografia di George Marchais, all’epoca segretario del PCF. Egli racconta che durante la guerra era stato deportato in Germania tramite il servizio di lavoro obbligatorio (STO). Charles Tillon, l’ex numero tre del PCF clandestino, insieme ad Auguste Lecoeur, denunciarono le bugie sul periodo 1940-1944 contenute nell’autobiografia di Marchais, asserendo che egli si fosse recato in Germania volontariamente. Tale dichiarazione veniva a scontrarsi decisamente con la memoria del partito dei “75.000” fucilati <747. Con la morte di De Gaulle nel ’69 la politica statale della memoria entrò in una crisi profonda, i finanziamenti come le strutture per le missioni vennero meno, nel 1970 fu chiuso il Commissariato generale ai monumenti commemorativi delle guerre e della Resistenza e venne abbandonato il progetto di creazione di un museo sulla seconda guerra mondiale. <748
La storia santificata ed edificata della Resistenza iniziò a vacillare poiché fu attaccata da più parti: dalla cinematografia e dalla ricerca scientifica; inoltre la grazia concessa dal presidente della Repubblica ad un ex collaborazionista provocò un notevole dibattito nell’opinione pubblica nonché una forte indignazione.
Grazie alla realizzazione del film “La Chagrin e la Pitié”, <749 il regista Marcel Ophuls (figlio di Max Ophuls cineasta di fama mondiale che era sfuggito al nazismo rifugiandosi negli Stati uniti) destò un vero e proprio scandalo: attraverso le testimonianze dirette di alcuni protagonisti dell’epoca, vennero rivelate le responsabilità dell’autorità di Vichy, fu mostrato che l’occupante tedesco aveva giocato un ruolo minoritario e che, almeno fino al ’42, questo non aveva troppo condizionato le scelte dello stato francese, si descriveva una popolazione poco incline, fino a quella data, a scelte decisive di resistenza. Il film è una cronaca sul periodo 1940-1944 sulla vita quotidiana nella città di Clermont-Ferrand non lontana da Vichy, è un’inchiesta di 4 ore sul comportamento del francese medio durante l’occupazione, il quadro poi a poco a poco si allarga all’intero paese. Gli intervistati sono uomini politici, capi militari, modesti cittadini, ex combattenti, partigiani e collaborazionisti che raccontano i fatti a cui parteciparono o dei quali furono testimoni. <750 Tenendo conto delle immagini di archivio, il 20% delle scene del film, è consacrato all’evocazione della resistenza, il 25% alla collaborazione ed il 55% non si riferisce direttamente né all’uno né all’altro. Analizzando il mondo resistenziale intervistato nel film, le tendenze ideologiche appaiono molto ineguali: i
comunisti sono rappresentati da Duclos, gli FTP sono rapidamente evocati da Claude Lévy e da altre personalità vicine al partito socialista, la resistenza nazionalista trova un eroe nella persona di un colonnello, ma in modo ambivalente; i grandi assenti risultano essere invece i gaullisti e quelli di France Libre, la resistenza che viene mostrata è più una resistenza di tipo civile, molte persone non sono classificabili politicamente.
Dalle testimonianze degli intervistati due elementi risaltavano in primo piano: in primo luogo, che il regime di Vichy con le sue leggi, le sue azioni e i suoi progetti, aveva obbedito ad una logica che rispondeva alla disfatta e all’Occupazione ma anche ad una logica interna, propria della storia politica e ideologica della Francia, come ha rivelato poi lo storico Rousso a fine anni ’80; in secondo luogo, che la guerra dei trent’anni aveva lasciato meno tracce della guerra civile. Veniva mostrato nel film che non c’erano stati dei francesi “buoni” o “cattivi”, ma che c’erano coloro che avevano scelto in tutta coscienza il campo del fascismo e del nazismo e coloro che accettavano di combatterlo e morire per una Francia libera. Era riconoscere quindi che la nazione francese era stata attraversata da una frattura che si estendeva a livello planetario, e che la seconda guerra mondiale non era stata solo una guerra tra nazioni, ma anche un combattimento ideologico. Il film era stato realizzato per la TV di Stato francese, tuttavia Pompidou e Giscard d’Estaing cercarono in ogni modo di arginare l’onda che questo film eretico avrebbe scatenato e la pellicola non venne trasmessa alla televisione. Fu proiettata solo in due sale cinematografiche di Parigi e venne trasmessa dalle TV pubbliche di altri paesi: Germania federale, Svizzera, Olanda e Stati Uniti. Il film, censurato dal potere politico, venne comunque molto apprezzato dalla critica, la stampa francese di sinistra parlò di atto politico purificatore e l’estrema destra si felicitò poiché nella pellicola si evocava la Rivoluzione nazionale, alla TV francese fu poi trasmesso soltanto nel 1981. La censura, ancora più che il film, aveva messo a nudo la fragilità del mito ufficiale, il governo aveva voluto difendere l’immagine di un gaullismo storico.
Nel frattempo, il Presidente Pompidou, che aveva vissuto il periodo dell’occupazione tedesca senza fare alcuna scelta di campo, e che aveva dichiarato di volere “stendere un velo” sugli anni di Vichy e della Resistenza, nel 1971 concesse la grazia a Paul Touvier, vecchio responsabile del servizio informazioni della Milice, colpevole della deportazione e dell’eliminazione nel ’44 di centinaia di ebrei e dell’omicidio di resistenti ed ebrei, come quello del presidente della ‘Ligue des Droits de l’homme’, Victor Basch e di sua moglie Ione Basch, all’epoca ottantenni. Touvier era già stato arrestato e condannato nel ’46, <751 era poi evaso grazie a complicità ministeriali nel ’47 ed era vissuto indisturbato per vent’anni nella sua città natale Chambery, sotto la protezione della Chiesa locale, dalle cui fila proveniva, essendo stato negli anni trenta un cattolico integralista e militante delle Croix du Feu. A partire dal 1972 venne rivelato all’opinione pubblica che Touvier era stato graziato l’anno prima, ebbe così inizio una violenta campagna mediatica che mantenne alta la pressione sull’argomento per alcuni anni.
[NOTE]
747 P. Dogliani, Memoria e storia pubblica: Resistenza in Italia e in Francia, p. 100, in Storica 2007; Une zone d’ombre jamais eclaircie, Libération,, 17.11.2007 http://www.liberation.fr/evenement/1997/11/17/1940-1944-une-zone-d-ombre-jamais-eclaircie_219944
748 S. Barcellini, L’Etat républicaine, op. cit., p. 213
749 La Chagrin et la Pitié, sottotitolo Cronaca di una città francese sotto l’occupazione tedesca, RFT/Svizzera Romanza, 1971 di Marcel Ophuls.
750 L., L., M. Morandini (a cura di), Dizionario dei film, Bologna, Zanichelli, 2012, p. 280.
751 Era stato condannato a morte due volte, il 10 settembre del ’46 e il 4 marzo 1947, dalle Corti di giustizia di Lione e di Chambéry, beneficiava dal ’67 della prescrizione legale dei vent’anni. Ma gli veniva proibito di soggiornare nei 12 dipartimenti del sud-est e non poteva godere dei suoi beni. Tutte queste pene secondarie vennero amnistiate con la concessione della grazia.
Eva Pavone, Gli emigrati antifascisti italiani a Parigi, tra lotta di Liberazione e memoria della Resistenza, Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Firenze, 2013

Questo lavoro si propone di studiare alcuni precisi aspetti del discorso politico comunista a partire da una analisi comparativa dei due maggiori organi di partito del Pci e del Pcf: l’Unità e l’Humanité clandestine. L’arco di tempo considerato è quello della lotta partigiana, dall’avvio della guerra aperta al nazifascismo. La data da noi considerata come “la grande svolta” a partire dalla quale abbiamo ritenuto possibile sviluppare la comparazione è quella del giugno 1941. Nonostante lo scarto temporale che separa l’inizio della Resistenza in Francia (estate 1941) da quello della Resistenza in Italia (8 settembre 1943), il tournant del 1941 permette di avviare un primo confronto rispetto all’elaborazione del discorso politico, dei linguaggi e del paradigma mitico e simbolico del Pci e del Pcf. Al di là della differente cronologia relativa all’andamento della guerra partigiana in Italia e in Francia e delle specificità nazionali, la svolta del giugno 1941 impose una ridefinizione strategica e politica che ebbe riflessi importanti nell’elaborazione della propaganda dei due partiti – ispirata ai nuovi principi della guerra antifascista e della politica d’unità d’azione con le altre forze del fronte antifascista, incluse le potenze alleate. Le costanti che abbiamo tenuto come riferimento per lo sviluppo della comparazione, dunque, sono di ordine cronologico per quanto concerne le svolte impresse dall’Internazionale (oltre al 1941, anche quella del maggio 1943, comportante lo scioglimento dell’organismo interpartitico), ma anche di altra natura. In particolare, questo raffronto prende in considerazione la posizione di subalternità di entrambi i partiti rispetto al governo di Vichy e allo Stato d’occupazione in Francia, al fascismo, al primo governo Badoglio e alla RSI in Italia; più nello specifico, lo status di partiti clandestini nella lotta contro il nazifascismo. Questi elementi sono importanti per lo studio del discorso politico dal momento in cui le condizioni di redazione delle testate che qui ci interessano incisero profondamente nell’elaborazione della propaganda. D’altra parte, nella scelta comparativa ha profondamente inciso il tipo di materiale documentario: si tratta in questo caso dei due maggiori organi di partito, affidati entrambi alla classe dirigente dei due Pc.
Francesca Brogi, Per uno studio del discorso politico comunista. Il linguaggio dell’Humanité e dell’Unità negli anni della Resistenza al nazifascismo, Tesi di laurea magistrale, Università degli Studi di Pisa, 2017