Il clero italiano fu protagonista di una grande mobilitazione anticomunista, non solo in occasione delle elezioni del 18 aprile, ma anche per le elezioni della Costituente di due anni prima

Anche la Democrazia cristiana, dal settembre del 1945, organizzò una sezione specificamente dedicata alla gestione della comunicazione e della propaganda, nota con la sigla SPES che caratterizzava i manifesti, i volantini e gli opuscoli da essa editi. I suoi primi segretari, Giuseppe Dossetti e poi Amintore Fanfani, guidarono la strutturazione del settore ed iniziarono ad interessarsi della formazione degli attivisti, attraverso una serie di circolari volte a spiegare dettagliatamente l’utilizzo e le modalità di diffusione dei diversi prodotti propagandistici; in una di esse, ad esempio, si illustravano le modalità per produrre un giornale murale da affiggere nella propria città, utilizzando il materiale fornito periodicamente dalla SPES e gli articoli dei periodici democristiani. Fin dai primi mesi si caldeggiò l’apertura di centri locali per la formazione degli attivisti, e quasi subito fu pubblicata una vera e propria Guida del propagandista. In essa non solo si fornivano informazioni tecniche circa le modalità di gestione della propaganda, ma si tracciava un profilo umano dell‘attivista DC: egli avrebbe dovuto essere non solo una persona capace di farsi ascoltare e di suscitare interesse, ma anche una figura credibile, dotata di buona cultura religiosa e pronta a vivere una vita dalla sicura ispirazione morale cristiana <58.
Anche per la DC l’esperienza della campagna elettorale per il 18 aprile segnò le modalità di gestione dell’attività di propaganda e comunicazione politica. Dopo che per alcuni anni la SPES era stata diretta da esponenti della sinistra interna, tra 1947 e 1951, nel periodo in cui l’agenzia maturò una struttura organizzativa radicata nel territorio nazionale e creò gli strumenti per la formazione dei propri attivisti, la direzione passò al degasperiano Giorgio Tupini <59. Il primo febbraio del 1948, più o meno contemporaneamente all’organizzazione dei Comitati Civici nell’ambito dell’Azione Cattolica, uscì il primo numero del Bollettino dell’attivista SPES, sull’esempio del comunista Propaganda. All’inizio, quando esso era pensato come strumento da usarsi solo per il periodo della campagna elettorale, la testata era Traguardo: 18 aprile; dopo le elezioni il periodico continuò ad essere pubblicato, semplicemente come Traguardo, fino agli anni Sessanta. I suoi redattori non si stancavano di ripetere agli attivisti la necessità di usare la rivista come strumento per la propaganda e per l’aggiornamento delle informazioni che essi avrebbero dovuto conoscere: spesso erano pubblicate brevi strisce di vignette, che mostravano come il buon attivista DC dovesse tenere la sua copia di Traguardo sempre a portata di mano.
Per quanto riguarda l’organizzazione dei contenuti del bollettino, Ventrone ha già avuto modo di notare l’importanza di alcune rubriche che comparivano quasi in ogni numero, come “La DC risponde”, in cui si fornivano modelli di risposta alle più comuni critiche comuniste alla politica democristiana <60. Più in generale, si possono notare numerose somiglianze con Propaganda, come la presenza, al centro di molti numeri, di un giornale murale già pressoché completo, da staccare e affiggere. La principale differenza che distingue Traguardo dal suo omologo comunista è il fatto che, soprattutto dopo le elezioni del 1948, una parte rilevante dello spazio fu spesa non tanto nel diretto confronto con gli avversari, quanto nella diffusione di informazioni sulle attività e sulle realizzazioni del governo. Specialmente partire dal 1949, non scomparvero affatto le critiche direttamente rivolte all’avversario comunista <61, ma buona parte dei numeri fu dedicata all’illustrazione dei progetti di riforma agraria e della loro realizzazione, e soprattutto all’esposizione dell’avanzamento dei lavori di ricostruzione del paese; le critiche agli avversari, in genere, trovavano spazio nell’ambito di questo più ampio contesto, sia come smentite delle “menzogne” circa l’arretratezza italiana, sia come confronti tra la vita socio-economica interna e la situazione delle democrazie popolari.
Chiesa, Azione cattolica e Comitati civici
Nel mondo del cattolicesimo organizzato, la SPES non poteva godere della centralità di cui godeva la Sezione stampa e propaganda del PCI nell’ambito dei movimenti della sinistra marxista, così come la Democrazia cristiana non era il centro motore di un mondo culturale, quello cattolico, caratterizzato da una pluralità di voci e dal riferimento extra-partitico al magistero ecclesiastico. Proprio la Chiesa durante la guerra aveva acquisito grande considerazione nella società, e nel periodo immediatamente successivo fu «sollecitata a dispiegare la sua forza e la sua influenza» <62. La proposta culturale del cattolicesimo militante italiano ha costituito un elemento di primo piano per definire il quadro dei valori e dei riferimenti simbolici <63, e nel ventesimo secolo, soprattutto dagli anni della guerra di Spagna, la fitta rete organizzativa delle parrocchie si mosse per orientare la società in senso anticomunista, utilizzando non solo i mezzi a stampa, ma anche gli spazi ricreativi e i momenti di ritrovo sociale, sui quali la cultura cattolica aveva grande influenza sotto il fascismo <64. Un esempio delle attività ricreative nella formazione di una cultura politica delle masse cattoliche è offerto dallo studio di Pivato sul teatro di parrocchia; in esso sono illustrati alcuni copioni scritti dopo il 1936, nei quali «venivano recitate le “atrocità” dei bolscevichi contrapposte alla “bontà”, alla “fede cristiana” delle truppe nazionali» spagnole <65. Con le campagne elettorali del 1946 e soprattutto del 1948, le diffidenze verso il partito democristiano presenti in vasti settori del mondo ecclesiastico furono temporaneamente ritenute secondarie, e in occasione dei più violenti confronti con il comunismo «la Chiesa scese in campo con i suoi strumenti, con la sua struttura ben radicata nel tessuto sociale del paese, con la sua eccezionale forza di persuasione» <66.
Il clero italiano fu protagonista di una grande mobilitazione anticomunista, non solo in occasione delle elezioni del 18 aprile, ma anche per le elezioni della Costituente di due anni prima, quando la DC si presentò come assai meno ostile ad un partito che era comunque suo alleato di governo. Nell’unico studio complessivo sul fenomeno della partecipazione del clero alla politica tra guerra e dopoguerra, Mario Casella ha preso in considerazione gli atteggiamenti, spesso assai diversi da zona a zona e da diocesi a diocesi, che i sacerdoti tennero nei confronti dei comunisti, anche per quanto riguarda le battaglie propagandistiche che si verificavano con l’avvicinarsi delle scadenze elettorali <67. A suo dire, la via più indicata per comprendere i reali «obiettivi […] che […] ispirarono la condotta politica della gerarchia e del clero» <68 è quella di confrontarsi con i fondamenti culturali su cui si reggeva la preparazione pastorale, e politica, dei sacerdoti; il suo interesse si è rivolto non tanto alle pastorali dei vescovi e alle comunicazioni della Curia alle parrocchie, quanto al ruolo giocato dai quotidiani e periodici che raggiungevano le parrocchie, e che costituivano lo strumento primario dell‘aggiornamento dei parroci <69. La Civiltà Cattolica, rivista della Compagnia di Gesù in Italia, raggiungeva quasi tutte le parrocchie e le curie vescovili italiane, e costituiva una voce autorevole, visto il controllo che la Curia pontificia poteva esercitare sugli scritti in sede di pubblicazione <70. La rivista dei gesuiti costituiva un punto di riferimento nella vita delle parrocchie, ed i suoi articoli ispiravano in modo diretto i contenuti dei bollettini parrocchiali, degli opuscoli e dei volantini prodotti su scala locale <71.
Fondamentale, per la definizione dell’orientamento politico dei sacerdoti, era poi il loro legame con l’Azione Cattolica, la più importante e capillare organizzazione di massa del laicato italiano, al punto che la sua maggiore o minore capacità di penetrare nelle diverse aree è stata spesso messa in relazione con la tenuta del voto al partito cattolico nella “prima repubblica” <72. La scelta di Pio XI di sacrificare il Partito popolare, concentrandosi sulla protezione dell’AC, risultò fondamentale nella caratterizzazione dell’intervento cattolico nella società negli anni del fascismo e del dopoguerra. La rinuncia alla diretta partecipazione politica fece sì che, durante il ventennio, il cattolicesimo organizzato mantenesse una forte presenza sociale, essendo l’AC l’unica grande organizzazione di massa attiva in Italia a non essere controllata dal fascismo. Nel dopoguerra, almeno fino a tutto il 1948, fu l’Azione cattolica, più ancora che una Democrazia cristiana neonata e dai contorni organizzativi incerti, lo strumento di riferimento per la lotta alla diffusione del comunismo in Italia <73.
[NOTE]
58 L’assai scarsa documentazione disponibile per conoscere la vita e gli sviluppi organizzativi della SPES è pubblicata in C. Dané (a cura di), Parole e immagini della Democrazia cristiana in quarant’anni di manifesti della SPES, Roma, SPES, 1985. Su questa base è fondata l’esposizione di A. Ventrone, La cittadinanza repubblicana cit., pp. 192-194.
59 Cfr. F. Malgeri, “De Gasperi e l’età del centrismo (1948-1954)”, in Id. (a cura di), Storia della Democrazia Cristiana, vol. II, 1948-1954. De Gasperi e l’età del centrismo, Roma, Cinque Lune, 1988, pp. 29-31.
60 A. Ventrone, op. cit. L’autore ha poi ripreso in modo più sistematico lo spoglio di questo genere di fonti nel già cit. “Forme e strumenti della propaganda di massa…”, spec. pp. 218 e ss.
61 Nel numero speciale monografico del 23/VIII/1950, furono raccolti i principali temi di critica alla politica dei comunisti italiani; si creò così una sorta di numero di riferimento, i cui contenuti furono ripetuti nelle rubriche dei numeri successivi almeno fino alle elezioni del 1953.
62 Il giudizio è tratto da La presenza sociale cit., pp. 336-337.
63 Cfr. R. Bodei, Il noi diviso. Ethos e idee dell’Italia repubblicana, Torino, Einaudi, 1998, pp. 44-45.
64 Cfr. S. Pivato, Clericalismo e laicismo nella cultura popolare italiana, Milano, F. Angeli, 1990, pp. 121-206. Sull’importanza della mobilitazione cattolica per orientare in senso anticomunista la società italiana degli anni Trenta, anche al di là delle posizioni fasciste, che fino al 1936 apparivano assai più caute, cfr. spec. R. Pertici, “Il vario anticomunismo italiano…” cit., pp. 267 e ss.
65 S. Pivato, Il teatro di parrocchia. Mondo cattolico e organizzazione del consenso durante il fascismo, Roma, Quaderni della FIAP, 1979, pp. 39-40.
66 F. Malgeri, “De Gasperi…” cit., p. 22. Ma cfr. pure A. Riccardi, Roma “città sacra”? Dalla Conciliazione all’operazione Sturzo, Milano, Vita e Pensiero, 1979, pp. 345 e ss., e E. Di Nolfo, Le paure e le speranze degli italiani, Milano, A. Mondadori, 1986, p. 262.
67 Clero e politica in Italia (1942-1948), Galatina, Congedo, 1999. L’autore ha svolto la ricerca con lo scrupolo e l’attenzione alle fonti che lo contraddistinguono, ma la sua impostazione appare spesso apologetica, volta a reagire «ai molti contemporanei e molti storici [che] altro non hanno visto nell’azione politica della Chiesa (e quindi anche del clero), se non una serie di “pressioni”, di “condizionamenti”, di “interferenze”, di appoggi o di “condanne” a seconda dei casi, di “sconfinamenti” e di “invasioni” sul terreno proprio della politica di parte» (p. 40).
68 Ibid.
69 Ibid, pp. 11-13.
70 Cfr. R. Sani, La Civiltà Cattolica e la politica italiana nel secondo dopoguerra (1945-1958), Milano, Vita e Pensiero, 2004, pp. 4-6; alcune informazioni sulle modalità di pubblicazione si possono avere in Id., “Un laboratorio politico e culturale: La Civiltà Cattolica”, in A. Riccardi (a cura di), Pio XII, Roma-Bari, Laterza, 1984, p. 410.
71 In questo ambito, cfr. un ottimo studio è L. Urettini, “Propaganda anticomunista dalla guerra di Spagna alle elezioni del ’48”, in M. Isnenghi, S. Lanaro (a cura), La Democrazia Cristiana dal fascismo al 18 aprile. Movimento cattolico e democrazia cristiana nel Veneto. 1945-1948, Venezia, Marsilio, 1978, pp. 406-424.
72 G. Galli, Il bipartitismo imperfetto cit., passim.
73 Ancora una volta, sono gli studi di M. Casella, soprattutto quelli raccolti in L’Azione cattolica nell’Italia contemporanea (1919-1969), Roma, AVE, 1992, a rappresentare i migliori lavori d’insieme sulla storia dell’AC; in buona parte agli sforzi di questo studioso si deve pure la raccolta e la conservazione di un non completo, ma utilissimo Archivio dell‘Azione Cattolica presso l’Istituto Paolo VI, a Roma. Un soggetto così importante non poteva non suscitare interesse nella storiografia straniera; cfr. ad es. il buon lavoro di J. Pollard, “The Vatican, Italy and the Cold War”, in D. Kirby (ed.), Religion and the Cold War, Basingstoke, Palgrave MacMillan, 2003, pp. 103-117.
Andrea Mariuzzo, Comunismo e anticomunismo in Italia (1945-1953). Strategie comunicative e conflitto politico, Tesi di perfezionamento in discipline storiche, Scuola Normale Superiore di Pisa, 2007

Giuseppe Dossetti fonda la Spes nell’autunno del 1945, con il proposito di divulgare l’immagine e l’azione del partito e di assicurare ai militanti democristiani un’alfabetizzazione politica di base attraverso l’informazione e la formazione. Nell’«Atto di nascita» pubblicato sul Bollettino della Direzione Centrale <8, infatti, il fondatore attribuisce ai due aspetti analoga importanza nell’economia complessiva dell’organigramma. La scelta del nome risulta particolarmente felice, perché nella forma completa palesa la sua istanza primigenia e in quella abbreviata assume l’evocativo significato di “speranza” in lingua latina.
Dossetti non è però intenzionato ad assumere direttamente la guida della Spes. Un carteggio fra questi e Amintore Fanfani del settembre 1945 <9, ne rivela la volontà di affidare fin da subito l’incarico al professore aretino con cui è in rapporto di reciproca stima e fiducia. A tale fine si spende energicamente durante le riunioni della Direzione Centrale, ma l’“investitura” si concretizza solo nel gennaio del 1946 e, nei primi mesi, Dossetti è così forzato dalle circostanze a dirigere l’ufficio.
La prima grande iniziativa indetta dalla Spes, ossia la «Giornata della Solidarietà Popolare», ha luogo già il 1° novembre 1945. La manifestazione ha carattere nazionale e si svolge nelle principali città come nei centri minori. Nelle intenzioni del promotore, essa costituisce una sorta di prova generale per stimare quali potenzialità abbia la Democrazia cristiana di insediarsi nel tessuto sociale. L’annuncio è dato con una certa enfasi il 28 settembre, in una circolare diretta ai Comitati regionali e provinciali, e dopo due giorni viene pubblicato ufficialmente sullo stesso numero del Bollettino che notifica la nascita della Spes <10.
[NOTE]
8 G. Dossetti, Atto di nascita della Spes, «Bollettino della Direzione Centrale», Anno I, n. 5, 30 settembre 1945.
9 ASSR, Fondo Fanfani, Sezione I. Attività politica, Serie II. Attività di partito, b. 98, f. 2, Corrispondenza con Giuseppe Dossetti. Pubblicato anche in F. Bruno, Giuseppe Dossetti. Un innovatore nella Democrazia Cristiana del Dopoguerra, Torino, Bollati Boringhieri, 2014, e-book.
10 «Bollettino della Direzione Centrale», anno I, n. 5, 30 settembre 1945; vedi anche G. Dossetti, L’invenzione del partito. Vicesegretario politico della DC 1945-46/1950-51, a cura di R. Villa, Marzabotto (Bo), Zikkaron, 2014; A. Ventrone, La cittadinanza repubblicana. Come cattolici e comunisti hanno costruito la democrazia italiana (1943-1948), Bologna, Il Mulino, 2008, p. 187.
Eddy Olmo Denegri, Il paese ideale. La propaganda politica della Spes e la comunicazione istituzionale del Servizio Informazioni (1945-1975), Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Genova, Anno accademico 2019-2020

Anche per quanto riguarda il Vaticano, si è parlato di una conversione filo-atlantica della Santa Sede, dopo una iniziale diffidenza, o “anzi una manifesta volontà di vedere l’Italia fuori dagli schieramenti internazionali” <164.
A tal proposito, si è visto nel già citato radiomessaggio del Natale del 1948 il momento di svolta negli orientamenti ecclesiali.
Così come per la linea ufficiale della Democrazia Cristiana, le posizioni vaticane si erano manifestate già abbastanza chiaramente in precedenza: se da un lato vi era un rigoroso anticomunismo, dall’altro lato era forte la speranza di un sistema internazionale basato su nazioni libere ed eguali. Lo stesso Pio XII continuava anche nel 1947-48 ad abbracciare la linea di esplicita imparzialità, assunta fin dai primi segni di contrasto bipolare <165.
In realtà, già in quel periodo è riscontrabile una certa evoluzione in senso occidentale da parte del Pontefice. Gli sviluppi della situazione internazionale non potevano non influire sulle posizioni vaticane in tema di politica estera. A tal proposito, “lo scambio pubblico di messaggi con Truman nell’estate del 1947 aveva offerto l’occasione di rendere esplicite quelle preoccupazioni che più volte Pio XII aveva espresso nella consuetudine che si era venuta a creare, fin dal 1939, con l’inviato personale del presidente americano, Myron Taylor” <166. Anche il radiomessaggio del Natale 1947, pur confermando una linea di equidistanza tra i blocchi, rivela come le intenzioni del Pontefice fossero abbastanza chiare. Lo stesso Ambasciatore italiano presso la Santa Sede, Pasquale Diana notava come il “Santo Padre [aveva] voluto bandire a un tempo la crociata pacifista, facendosi paladino dei popoli sofferenti e anelanti a stabili e pacifiche condizioni di vita, e quella anticomunista, denunciando i pericoli che l’ateismo e il materialismo [facevano] correre alla religione e alla civiltà”
<167. Anche la stampa cattolica costatava la presa di posizione pontificia, paragonando il radiomessaggio del 1947 a quello dell’agosto del 1939 <168, in cui Eugenio Pacelli denunciava i rischi di un sanguinoso conflitto internazionale.
La posizione di Pio XII compie, dunque, un’evoluzione che lo porta da posizioni neutraliste impregnate di un pacifismo di matrice prettamente cristiana e che avevano il fine di ricusare la politica dei blocchi, a un atteggiamento di sostanziale appoggio alle politiche americane. Nella lettera che Pio XII scrisse al presidente Truman nel luglio del 1948, il Pontefice si diceva convinto che “sulla politica estera degli Stati Uniti [era] principalmente imperniato l’esito della fatale lotta tra ciò che riman[eva] di un mondo libero e il totalitarismo senza Dio” <169.
Se le simpatie vaticane erano rivolte chiaramente verso la superpotenza americana, per quanto riguarda le scelte che l’Italia avrebbe dovuto compiere in politica estera, le tesi erano ancora sfumate.
Le diverse posizioni all’interno della Curia erano incarnate essenzialmente nelle figure dei due sostituti alla Segreteria di Stato, mons. Domenico Tardini e Giovanni Battista Montini, il futuro Paolo VI <170.
[NOTE]
164 G. Formigoni, Il mondo cattolico italiano e la “scelta occidentale” dopo le elezioni del 1948, in B. Vigezzi (a cura di), La dimensione atlantica e le relazioni internazionali nel dopoguerra (1947.1949), Jaca Book, Milano, 1987.
165 Ibidem.
166 Ibidem.
167 Archivio Storico del Ministero degli Affari Esteri, Serie Affari Politici, 1946-50, S. Sede, b.11, Diana al Ministero degli Esteri, 2 gennaio 1948, cit. in G. Formigoni, op. cit.
168 A. Messineo, L’Europa alla svolta del suo destino, in Civiltà Cattolica, 31 gennaio 1948.
169 E. Di Nolfo, Vaticano e Stati Uniti 1939-1952. Dalle carte di Myron C. Taylor, Franco Angeli, Milano, 1978.
170 P. Scoppola, Per una storia del centrismo, in G. Rossini (a cura di), De Gasperi e l’età del centrismo (1947-1953), Cinque Lune, Roma, 1984.
Luca Di Giandomenico, All’ombra dell’aquila: l’Italia democristiana tra atlantismo, neutralismo e neoatlantismo (1943-1963), Tesi di laurea, Università Luiss “Guido Carli”, Anno accademico 2013-2014