Lo prego di consegnare all’amico Vannini di Asmara tutto lo studio

In basso a sinistra Giuseppe Balbo – © Archivio Balbo 2018

[n.d.r.: seguito di questo articolo]

8 novembre 1940
Il popolo si riunisce sempre in piazza Littorio [ad Addis Abeba] ad ascoltare il bollettino. Affondamenti a centinaia di migliaia di tonnellate. Ma quanto sono grandi le marine mercantili!

9 novembre
Ho visto il mio padrone di casa di Asmara [ nota di Marco Balbo: Balbo nel 1937 abitava ad Asmara in Eritrea e frequentava la famiglia Dalmasso; aveva aperto anche uno studio]. Gli ho pagato l’affitto fino a tutto il mese. Lo prego di consegnare all’amico Vannini di Asmara tutto lo studio.
Da Asmara. È morto Beppe Dalmasso. Così all’improvviso. Sono addolorato. Come poteva resistere ai disagi ai bombardamenti di Massaua, di Asmara?
La cosa sarà lunga. Lunga per tutti se non per noi.

15 novembre
Esami orali per diventare ufficiale. Sono uno degli ultimi a essere interrogato. Non so che quello che mi hanno insegnato gli istruttori e sono stanco per il lavoro di ufficio. Ma ci tengo a essere promosso ufficiale? Non ho mai sopportato esame così tranquillo. Mi squadrano con curiosità. Il colonnello Messina ha fra le mani il mio tema. Mi chiede la gittata della Schwazlose [nota di Marco Balbo: la Schwarzlose M.07/12 era la mitragliatrice pesante d’ordinanza dell’Imperial regio Esercito durante la prima guerra mondiale. Fu anche impiegata, durante la seconda guerra mondiale dall’esercito italiano ]. 3500!? Sorridono. “Un po’ meno” 2500!? Così così.
Dico alla Commissione che non ho aperto un libro che ho compreso i concetti che conosco le armi ma i dati non li ho mai visti. Il colonnello benevolo dice: “Visto che non sa rispondere alle domande di Pierino ci parli della zona di difesa”. Vado alla lavagna, disegno, spiego. Ne hanno abbastanza. Anch’io. Saluto e mi ritiro.

5 dicembre
Ho traslocato. Ho lasciato la villetta di viale Mussolini. Ho licenziato il boy Tesfai e gli ho regalato una mensilità (300 lire). L’ho raccomandato e fatto entrare alla Banca d’Italia. È contentissimo.
Io ho avuto ospitalità per le mie collezioni e la mia roba da Cantimori in via Lanza 26. dovrei essere in licenza già da qualche giorno ma il Piano me l’impedisce.

6 dicembre
Incontro in piazza Littorio un alpino, vecchio amico: Gastone Olivieri. Si parla di tutto anche di ricordi. Si cena, si beve: vado a dormire a casa sua. Sembra un appuntamento con le jene. Mai sentite tante, e siamo a cento metri da piazza Littorio.
Al mattino Gastone mi dice che la notte mi lamento nel sonno. Non mi meraviglio. Sono calmo tranquillo fuori. Ma dentro? E quando il sonno fa svanire l’aspetto esterno resta il “dentro”.

8 dicembre
Incontro Manlio Siccardi di Borghetto [n.d.r.: Borghetto San Nicolò, Frazione di Bordighera (IM), città di residenza di Giuseppe Balbo]. È ancora borghese. Lavora a mimetizzare capannoni. “Come finirà?” Mah! Anch’io sono in borghese.

A sinistra Giuseppe Balbo – © Archivio Balbo 2018

12 dicembre
Stamane all’accantonamento 2° Battaglione Granatieri di Savoia per il corso pratico. Ci vestono. Kaki coloniale elmetto aerodinamico e buffe uose bianche per distinguere il nostro plotone. Siamo una quarantina.

13 dicembre
Si dorme sulla paglia. Istruzione a parte del Battaglione. La preparazione comincia a farsi seria.

19 dicembre
Il tenente Stefanini ci porta per una piccola marcia. Si arriva ad uno stretto corso d’acqua fangosa. Lui con gli stivali entra nell’acqua e passa.
“Gli allievi devono fare quello che fa l’ufficiale istruttore” dice ma non sta a controllare. La maggior parte entra in acqua con le uose bianche. Io assesto due pietre per due gambate. Passo e col fucile aiuto gli altri a salvare le uose per la libera uscita.

20 dicembre
Siamo in azione dimostrativa. Sono stati notati ribelli in giro alla città. Il comandante in una pausa viene a parlare con noi. È molto moschettiere. Deve essere uomo d’azione e sa attirarsi molta simpatia. Ci parla di ribelli. Siamo attenti a seguire le sue parole, tanto che l’improvvisa comparsa di un negretto fra l’erba ci fa scattare in piedi imbracciando le armi. Ognuno dentro di se è sul chi vive. È palese.

21 dicembre
Le cose si fanno serie. Siamo prossimi al campo d’aviazione.

22 Dicembre
Destinati ognuno degli allievi a plotoni diversi, io mi trovo solo al primo plotone. Naturalmente non è più concessa la confidenza che avevo al primo richiamo con i Genieri. Ma mi conquisto la simpatia dei commilitoni. Son tutti meridionali eccetto un lombardo. I l° Battaglione non è completo nei quadri. Scarso di ufficiali e sottufficiali. Qualche plotone è comandato da sergenti.
Io comando il mio il 1° e la prima squadra. Siamo accantonati nelle prossimità del campo di aviazione sulla strada di Giuma parecchi chilometri lontani dal centro. Il punto più vicino è la stazione. Circondati da un muro di cinta con torrette e piazzole disposte in regola d’arte.
Il maggiore mi ha richiesto ritenendo gli sia utile, mi fa disegnare il campo e controllare il tiro delle mitragliatrici. Tutto a posto. I tiri sono efficaci e incrociati. C’è aria di guai. Ho preparato i disegni per la marcia di domani. Il maggiore mi dice di fare come voglio. Cioè fare o no la marcia. Gli rispondo che sento che ho bisogno di allenamento in vista di ciò che potrà capitare. Mi approva.

23 Dicembre
Marcia. Per quanto sia di addestramento sentiamo tutti che si fa sul serio. Pattuglie, fiancheggiatori. Non si canta. Nessuno ha voglia di scherzare.
Ho voluto arrivare fino alla stazione. Nel palazzo Reiteri c’è un bel caffè. Mi fermo e passando dal banco vedo mandarini di Harrar. Grossi molto più delle nostre più grosse arance. Bellissimi, mai visti così. Quante cose da vedere.
Addis Abeba comincia a farsi lontana. Stento a credere che lassù, in capo alla salita del lunghissimo viale Mussolini ci sia la città. Qui dove mi trovo dovrà sorgere la città nuova. Dappertutto fabbricati nuovi o iniziati. Grandiosi. Ma sorgerà la città?

26 Dicembre
Stamane riposo. Ma tutti rassegnati. Dalla vigilia di Natale. L’altra notte e ieri notte abbiamo fatto pattuglioni di un plotone fino a giorno ci siamo spinti fin oltre il campo di aviazione. Gli ufficiali hanno ordini precisi ma come sempre la truppa è tenuta all’oscuro di tutto. Perché non metterla al corrente? Tosto o tardi la situazione si rivelerà e sarà peggio.
I ribelli cominciano a dar fastidio. Non sono i soliti ribelli. Sono organizzati dagli inglesi. Anche in Addis Abeba devono circolare le spie, le radio clandestine, le segnalazioni.
E così è passato Natale. Qualcuno ha mugugnato. Non molti. Son pochi i richiamati di città. Ma per quei pochi si verifica un fatto strano. Oggi son venute le mogli, i parenti a vedere perché non si sono recati a casa per Natale. Stranezze dei Comandi. Proprio a Natale.
Ma perché non riveliamo apertamente a tutta la popolazione che bisogna prepararsi al peggio, che all’interno i ribelli si faranno seri e che dall’esterno ci attaccheranno in forze gli inglesi?

Un dipinto d’epoca di Giuseppe Balbo – © Archivio Balbo 2018

29 Dicembre 1940
Ieri marcia di 35 chilometri. Comincio a resistere abbastanza bene.
Oggi ho sentito bisogno di lavorare. Ho fatto diversi acquerelli. Dentro e fuori dell’accantonamento. Mi sto preparando un bagaglio tutto in miniatura, come se dovessi restare autonomo. Non ho pensato ai viveri, ma ho tutto il resto. Tavolozzina, album tascabili con molti fogli di carta sottilissima. Anche un compasso. Tutto in astucci. Il rasoio è smontabile. Ho anche un cannocchiale Zeiss a otto ingrandimenti. Non ho visto nessun ufficiale col binocolo, o non se ne trovano o sono considerati aggeggi superflui. O ancora hanno tutti occhi di falco.

2 Gennaio 1941
E’ passato anche capodanno. Si vede che scarseggiano anche i preti. Di fatti in tutte queste ricorrenze non c’è stata una Messa al campo. E nessuno, credo, ha protestato. Si comincia a capire.
Non ho mai pensato a scovar le regioni di questo mio distacco così completo dalle azioni degli uomini che mi sono lontani. Eppure le cose e gli uomini che vedo sono così pieni di interesse! E nemmeno l’attesa di qualcosa è impaziente tanto meno spasmodica.

3 Gennaio 1941
Quasi tutte le notti pattuglioni. Ma si passa il tempo a chiacchierare. Del più e del meno. Quasi mai sulla situazione.

© Archivio Balbo 2018

8 Gennaio 1941
Addis Salem è un paesino a settanta chilometri dalla capitale. Circa quaranta bersaglieri sono stati massacrati in un fortino che presidiavano. Di sorpresa, il giorno dell’Epifania. Dentro la cinta del fortino si trovava la chiesa copta e perciò gli indigeni vi avevano libero accesso. Gli sciarma nascondono le armi a meraviglia. Il massacro è stato improvviso rapido e completo.
I soldati cominciano a capire di essere sul piede di guerra. La popolazione è sgomenta. Non si vuole vendetta (strano!), si esige sicurezza. Ma a chi affidarsi per essere protetti?

10 Gennaio 1941
Le esercitazioni si compiono più assiduamente e più seriamente. Poi la sfilata in città. Per rincuorare la popolazione e incutere rispetto agli indigeni. Ma fra la popolazione che fa ala al nostro passaggio, quanti occhi non ci risparmiano ironia e ostilità! Ma non ci sono ancora state dimostrazioni d’antifascismo.

Marco Balbo, Giuseppe Balbo, Diario di guerra 4: Balbo ufficiale, prove di guerra © Archivio Balbo 2018 – 4 febbraio 2018