I tedeschi alle 14 avevano proceduto all’esecuzione di 58 uomini

Cumiana (TO). Fonte: www.torinotoday.it

Il 30 marzo 1944 arrivarono a Cumiana consistenti reparti tedeschi e nelle ore successive iniziò un rastrellamento a tappeto. Il 31 si ebbe il primo scontro con due partigiani, che riuscirono però a scappare e a informare le formazioni, che decisero di attaccare per evitare l’accerchiamento. Il primo scontro aperto con le forze nemiche si concludeva con un significativo successo per i partigiani nella vallata. La rappresaglia tedesca però non tardò ad arrivare e alle due del pomeriggio del 1° aprile Cumiana veniva occupata, molte abitazioni distrutte, i tedeschi facevano ostaggio di tutti gli uomini. In poco tempo circa 150 persone erano concentrate nel collegio salesiano. Alle violenze seguirono le minacce tedesche di far fucilare gli ostaggi nel caso in cui i partigiani non avessero restituito i prigionieri catturati il giorno prima. Venne incaricato per le trattative con i partigiani il medico condotto e il parroco. Le trattive non erano semplici, la mancanza di un comando centrale non permetteva di prendere decisioni immediate come la circostanza richiedeva. A Forno si riunirono tutti i capi per una discussione, escluso Nicoletta, ancora convalescente dopo lo scontro a fuoco del 9 febbraio. In questo contesto alcuni capi optarono per lo scambio di prigionieri. Franco Nicoletta mandò a chiamare il fratello Giulio per sostenere la decisione dello scambio di prigionieri. Nicoletta subito disse che di fronte alla minaccia sulla popolazione bisognava per forza trattare e si proponeva come portavoce. Ma quando la macchina di Nicoletta arrivò in paese per concludere le trattative, era ormai troppo tardi. I tedeschi alle 14 avevano proceduto all’esecuzione di 58 uomini, di cui solo 7 si salvarono fortunosamente. Ignaro di quanto era successo, Nicoletta si incontrava con il tenente Renningen che l’informava, dopo vari insulti, dell’esecuzione. Inoltre Renningen faceva presente che da quel momento lo scambio di prigionieri doveva essere trattato direttamente con il generale Hansen che stava a Pinerolo. A Pinerolo, il 4 aprile, insieme a Nicoletta andò Fassino.
Il generale Hansen si dimostrò fermo nel ribadire che la mancata consegna dei prigionieri tedeschi avrebbe comportato l’esecuzione di altri ostaggi. A fine mattina si arrivò ad un accordo che prevedeva la liberazione dei 34 prigionieri tedeschi che a mezzo di un camion l’indomani mattina sarebbero stati accompagnati alle porte di Cumiana. Subito dopo sarebbe seguita la liberazione degli ostaggi. In una testimonianza successiva Nicoletta ricorderà che un colonnello fascista, disgustato di quanto i tedeschi avevano fatto a Cumiana e sotto suo suggerimento, si era consegnato al CLN. Dopo la liberazione di Torino Nicoletta interverrà al processo testimoniando l’estraneità del colonnello ai fatti di Cumiana.
Giuseppe Ferraro ed Elisa Conversano, Giulio Nicoletta: resistenza-esistenza di un comandante partigiano calabrese, Rivista calabrese di storia del ’900, n. 1-2016

La mattina del 1° aprile a Cumiana i partigiani attaccano alcuni reparti delle SS italiane, giunte in paese il giorno prima. Colte di sorpresa, queste lasciano sul campo un morto e diciotto feriti, mentre trentadue militi e due sottufficiali vengono presi prigionieri dai partigiani. Alle 14 dello stesso giorno uomini delle SS italiane e della Wehrmacht partono in rastrellamento. Cumiana viene occupata da tedeschi e repubblicani provenienti da Torino e da Pinerolo. In questo primo giorno tutti gli uomini presenti – circa centocinquanta – vengono rastrellati e portati al Collegio salesiano mentre le case da cui i partigiani hanno sparato sono incendiate. I tedeschi chiedono la restituzione dei prigionieri pena la fucilazione degli ostaggi. Il 2 aprile il tenente della Wehrmacht Renninger dà l’ultimatum: entro le 18 del 3 aprile i prigionieri devono essere liberati. Quando però gli ambasciatori tornano a Cumiana per comunicare l’esito positivo delle trattative, l’ordine è già stato eseguito. Cinquantuno dei cinquantotto uomini prelevati sono stati fucilati (secondo alcune fonti alle 14, secondo altre alle 16) dietro la cascina Riva d’Acaia che si trova appena fuori dal paese. Sembra che uccisi i primi ventuno (sette gruppi in fila per tre mitragliati da un sottoufficiale tedesco che i testimoni descrivono ubriaco), gli altri tentino la fuga e siano trucidati. Ne sopravvivono per ragioni diverse sette. Il 4 aprile i comandanti partigiani della Val Sangone consegnano i prigionieri al generale Hansen. Il giorno dopo termina l’operazione.
Negli anni Novanta il giornalista di Repubblica Alberto Custodero avvia un’inchiesta sull’eccidio, individua in Renninger il responsabile della strage e lo intervista: nel 1999 il procuratore militare di Torino Pier Paolo Rivello e il magistrato Paolo Scafi aprono un procedimento penale a suo carico. Il processo viene interrotto a causa della morte per infarto di Renninger, che si è sempre dichiarato estraneo alla vicenda.
Barbara Berruti, Episodio di Cumiana, 03.04.1944, Atlante delle Stragi Naziste e Fasciste in Italia

Il 3 aprile 1944 a Cumiana, una cittadina non lontano da Torino, cinquantuno civili su centocinquanta tenuti in ostaggio vengono trucidati per rappresaglia da militari tedeschi e della Repubblica Sociale Italiana presso la cascina Riva di Caia.
L’efferatezza della strage segna profondamente l’opinione pubblica e una parte degli stessi ambienti fascisti repubblicani torinesi, tanto da indurre i tedeschi a pubblicare, circa un mese dopo, un volantino propagandistico oggi conservato dall’Archivio di Stato nel fondo archivistico del comandante partigiano Giuseppe Falzone.
All’alba del 1 aprile i partigiani della vicina Val Sangone attaccano un reparto di quaranta uomini delle cosiddette “SS italiane”, che si erano fermate a presidio di Cumiana dopo un’azione di rastrellamento. Al termine dello scontro, che porta alla morte di un partigiano e di un fascista, trentadue “SS italiane” e due sottufficiali tedeschi si arrendono e vengono fatti prigionieri.
La risposta nazifascista è spietata: nel pomeriggio del 1 aprile reparti tedeschi e fascisti danno alle fiamme diverse abitazioni di Cumiana e prendono in ostaggio tutta la popolazione maschile, 150 civili, concentrati presso l’Istituto Salesiano di Cascine Nuove, ponendo ai partigiani un ultimatum per la restituzione dei prigionieri entro le 18 del 3 aprile, pena l’esecuzione degli ostaggi.
I partigiani decidono di accogliere l’ultimatum. Ma quando la loro delegazione giunge a Cumiana la strage è già avvenuta e cinquantun uomini sono stati barbaramente trucidati. Infatti i tedeschi, per ragioni ancora oggi non del tutto chiare, decidono di procedere con le esecuzioni prima della scadenza dell’ultimatum; inoltre la delegazione partigiana arriva con 30 minuti di ritardo per un guasto al suo mezzo di trasporto. Le trattative dei giorni seguenti portano alla salvezza dei restanti ostaggi, un centinaio, in cambio dei prigionieri nazifascisti.
Il volantino elaborato dagli uffici di propaganda tedeschi circa un mese dopo si apre con un titolo a caratteri cubitali, “La verità su Cumiana”, e con una domanda retorica, nella quale il tono propagandistico assume l’aspetto dell’ironia, per concludersi con una frase che pare sintetizzare in maniera epigrafica la ferocia dell’ideologia nazi-fascista: “Adesso basta! Alle violenze distruttive del banditismo rispondiamo con la violenza salutare dell’ordine”.
In mezzo, una serie di notizie false, contraffatte od edulcorate che, per fornire una sorta di giustificazione ad un eccidio di civili talmente spietato da aver perfino scosso la coscienza di molti fascisti repubblicani, costruiscono una realtà parallela e distante dal reale svolgimento dei fatti: per l’appunto “La verità su Cumiana”.
Redazione, La strage nazifascista di Cumiana, Archivio di Stato di Torino

Nel corso della primavera del 1944 si intensificarono i rastrellamenti e le azioni di repressione contro la Resistenza locale. Il mattino del primo di aprile, un autocarro di vettovaglie, scortato da militari tedeschi, fu attaccato dai partigiani nella piazza vecchia di Cumiana.
Ne seguì una lunga sparatoria alla fine della quale i partigiani fecero prigionieri una quindicina di nazifascisti, tra cui due ufficiali tedeschi. La reazione non si fece attendere. Il villaggio di Cumiana fu occupato. I tedeschi per rappresaglia catturarono a caso 135 persone, tra cui 8 indiziate di attività partigiana, furono incendiate alcune abitazioni e il mulino Ruffinatto. Gli ostaggi furono rinchiusi in una stalla, il giorno successivo furono rilasciati solo gli sfollati che provenivano da Torino, gli altri restarono senza cibo per due giorni. Tra di loro anche ragazzi ed anziani, tra i quali alcuni colti da malore per le condizioni di prigionia. La sera del due aprile vennero liberati alcuni ragazzi e sedici anziani furono ricoverati in infermeria.
Ci furono tentativi di mediazione da parte del parroco di Cumiana, che si offrì di trattare con i partigiani circa la liberazione dei prigionieri in loro mano in cambio del rilascio degli ostaggi. Il tre aprile, nel primo pomeriggio, il tenente tedesco Renninger, che comandava le operazioni, sembrò propenso ad una soluzione di compromesso, dividendo dal gruppo dei civili gli otto indiziati, ma presto fu chiaro che erano tutti condannati a morte. L’esecuzione collettiva avvenne verso sera. Furono 51 le vittime del fuoco della guarnigione comandata da Renninger. 7 le persone che miracolosamente scamparono alla morte. Nel 1950 ci fu un processo per la strage di Cumiana, in cui non si fece il nome di Renninger. Non ci furono condanne. Si dovette aspettare il 1994, quando grazie all’interesse del giornalista Alberto Custodero del quotidiano “La Repubblica” venne ritrovato quello che fu definito l’armadio della vergogna, in cui erano nascosti 700 fascicoli riguardanti le stragi naziste in Italia. Renninger fu finalmente rinviato a giudizio nel 1998, ma morì d’infarto prima del completamento dell’azione giudiziaria.
Redazione, L’eccidio di Cumiana – 3 aprile 1944, ValChisone.it, 4 aprile 2021