Movimento di prefetti a Belluno nel 1946

Belluno: Palazzo dei Rettori, sede della Prefettura. Fonte: mapio.net

A poche settimane dall’ingresso nel palazzo del governo di Belluno, nel marzo del 1946, la sorte di Dino Stroppolatini era già segnata. L’anziano funzionario – beneficiato nei passi decisivi della propria ascesa dal legame con l’onnipotente capo di gabinetto del ministero dell’Interno <1, poi meglio noto per le proprie qualità di ottuso censore del Minculpop <2 e infine forse sospetto per aver trasferito durante i seicento giorni la residenza proprio a Salò – in grazia dei tanti «non risulta» era, certo, uscito indenne dall’epurazione <3. Si converrà che la sede dolomitica, dove il movimento resistenziale aveva fortemente avversato perfino il prefetto nominato dal CLN, il democristiano Antonio Dazzi <4 (che inutilmente, nel tentativo di entrare in carriera, aveva per mesi artatamente dipinto la situazione locale come un paradiso in sedicesimo) <5, era la meno adatta per un funzionario che avesse una così ingombrante biografia. Né l’aria purissima si confaceva alla salute dello Stroppolatini, che avrebbe preferito lo scirocco del quartiere impiegatizio dell’Incis di via Mentana in Roma, unitamente a quei palazzi ministeriali dove aspirava ad «un incarico (direzione generale o altro)» <6. Ciò che appare certo è che nonostante relazioni mensili molto rasserenanti persino di fronte alle reiterate occupazioni “partigiane” della sede prefettizia che si accompagnavano, nelle sue richieste di “conferire”, alle perorazioni di sussidi per la disoccupazione non disgiunte da qualche metadone tributario e che venivano avallate (incredibili dictu) da un vecchio manovratore dell’Ovra aduso all’arte del capitombolo quale il noto Ciro Verdiani, ciò che è certo – dicevamo – è che a neppure un mese dall’ingresso dello Stroppolatini a Belluno il giudizio datone dal ministro dell’Interno, il socialista Giuseppe Romita, era drastico e inappellabile.
“10 marzo 1946
Ha telefonato il Prefetto di Belluno Dott. Stroppolatini chiedendo di essere autorizzato a venire a Roma per conferire.
Gli ho fatto presente che, per disposizione del Ministro, i Prefetti, nell’attuale momento, non possono allontanarsi dalla sede se non per motivi di eccezionale gravità.
Ha replicato che la sua richiesta è motivata da gravissime ragioni ed ha insistito per essere autorizzato a venire.
[segue in calce, a lapis:]
14-3-1946
Il Prefetto Stroppolatini è stato ricevuto dal Ministro. È venuto per ottenere finanziamenti per la disoccupazione.
Il Ministro ha disposto che il Prefetto Stroppolatini sia collocato a riposo nel prossimo movimento” <7.
Ma il grande movimento prefettizio – da tutti atteso e paventato – destinato nelle intenzioni del ministro socialista a centrifugare e scremare, dopo i primi mesi di prova nella nuova Italia, i prefetti di carriera, non ebbe luogo. Restano gli appunti nei fascicoli personali dei prefetti, i carteggi coi CLN e con singoli esponenti dei vari partiti; Romita stesso nelle proprie memorie fa argutamente cenno ad un proprio servizio informativo parallelo e concorrente rispetto agli apparati istituzionali <8. L’accavallarsi degli appuntamenti elettorali, poi la crisi di governo, la nascita del secondo gabinetto De Gasperi e con essa il ritorno al dicastero dei Lavori pubblici, gliene impedirono tuttavia il compimento. Romita ebbe il tempo solo di effettuare un piccolo movimento con cui scalzare i più inservibili, poi fu costretto a passare la mano <9.
Ciononostante la pratica pensionistica si perfezionava di pari passo all’aggravarsi della posizione del prefetto Stroppolatini, che ancora nell’estate del ‘46 al ministero era giudicato palesemente inadatto alle funzioni, per non aver «dato in quest’ultimo periodo tutta l’attività che sarebbe desiderabile, determinando un certo malcontento e l’opportunità di sostituirlo nella direzione di quella prefettura »10. Certo un problema di compatibilità locale, tanto più che nel corso di quel torrido agosto alcune minacciose missive a firma di un sedicente «Movimento per la rinascita bellunese “I 500”» sollecitano la sua «sostituzione», che «deve avvenire con persona capace ed idonea e non con i soliti rifiuti invertebrati dei quali la provincia di Belluno […] è ormai arcistufa» e si intersecano con occupazioni, neppur tanto simboliche, della prefettura <11.
Durante l’impeachment del prefetto – collocato opportunamente in congedo in attesa della rimozione – il viceprefetto vicario avrebbe incautamente rivelato qualcosa di più, tanto sugli esposti (inviati da “i 500” anche al ministro) quanto sulle dimostrazioni di piazza. Al termine della «solita protesta sotto il Palazzo della Prefettura», infatti, una commissione di dimostranti era stata da lui stesso ricevuta e, dopo aver esposto dettagliatamente le richieste:
“Per concludere “i 500” richiedevano che in segno di accettazione e di adesione, il Prefetto firmasse una copia di detto foglietto dattiloscritto, minacciando, nella negativa, di costituire un proprio tribunale ed eseguirne le sentenze” <12.
Noti, quindi, e indubitabili gli autori; tanto più che la copia diretta a Roma era affidata al servizio postale, con plico raccomandato. Ma una volta effettuato il movimento, la stessa direzione generale di pubblica sicurezza (prontamente interessata, ma opportunamente poco solerte nel rispondere) preferirà soprassedere ed accogliere le mitiganti, quasi omissive considerazioni del nuovo prefetto:
“Con riferimento alla nota sopraindicata, si comunica che, la Prefettura di Belluno ha riferito come, malgrado le attive indagini praticate allo scopo di identificare gli esponenti del cosiddetto movimento per la rinascita bellunese “I 500”, pur essendo alcuni di essi ormai notori, non sia venuta in possesso di elementi di fatto tali da poter fare dei nominativi”.
Naturalmente, secondo la chiusa del capo della polizia, presso la sede dolomitica «Proseguono le indagini» <13. Che, tradotto dal burocratese, significa: è andata così, mettiamoci una pietra sopra.
Ad un occhio attento alle dinamiche interne, le considerazioni del nuovo prefetto sanno di aperta sconfessione del proprio vicario, un viceprefetto destinato a non raggiungere il grado apicale perché meno aduso – si direbbe secondo il sibillino e ricorrente linguaggio dei corridoi ministeriali – a trattare col necessario acume questioni di carattere politico; ma qui interessa la quadratura del cerchio: in nome della nuova compatibilità locale instaurata dal prefetto Vincenzo Bassi, il “sopire, troncare” di manzoniana memoria rappresentava comunque la carta vincente <14.
[NOTE]

  1. Nato a L’Aquila nel 1885 ed entrato in carriera nel 1911, Stroppolatini incrocia Giuseppe Mormino ad Ancona e, nel 1931, lo segue a Padova: Archivio di Stato di Padova (d’ora in poi ASPd), Gabinetto di prefettura (d’ora in poi Gp), b. 580, fasc. 3, cat. XV/1 «Circolare di massima 1932», 16 febbraio 1932. Per un profilo di Mormino cfr. Alessio Gagliardi, Giuseppe Mormino, in Il Consiglio di Stato nella storia d’Italia. Le biografie dei magistrati (1861-1948), a cura di Guido Melis, Milano, Giuffrè, 2006, vol. 2, pp. 1757-1764; per la sua azione nella sede euganea cfr. Alessandro Baù, Tra prefetti e federali. Note sul fascismo padovano degli anni Trenta, «Storia e problemi contemporanei», XX (2007), 46, pp. 51-70.
  2. Cfr. Alberto Moravia – Alain Elkann, Vita di Moravia, Milano, Bompiani, 1990, p. 71. Stroppolatini compie la parte centrale della carriera all’Ufficio stampa, ottenendo la nomina a prefetto nel 1939: cfr. Alberto Cifelli, I Prefetti del Regno nel ventennio fascista, Roma, Scuola Superiore Amministrazione Interno, 1999, ad vocem.
  3. Cfr. Archivio Centrale dello Stato (d’ora in poi ACS), Ministero dell’Interno (d’ora in poi MI), Gabinetto (d’ora in poi Gab), Fascicoli permanenti, Prefetture e prefetti 1944-46 (d’ora in poi ffppp44-46), b. 13, fasc. 307/F Stroppolatini Dino, informativa del prefetto di Brescia (22 maggio 1945) e dell’Arma dei CC.RR. (1 settembre 1945). Ivi anche istruttoria e decisione dell’Alto commissario per l’epurazione, 6 dicembre 1945. Sull’epurazione negli apparati dello Stato cfr. Hans Woller, I conti con il fascismo. L’epurazione in Italia 1945-1948, Bologna, il Mulino, 1997, da integrare almeno coi saggi di Guido Melis, Note sull’epurazione nei ministeri, 1944-1946, «Ventunesimo secolo. Rivista di storia delle transizioni», II (2003), 4, pp. 17-52, di Marina Giannetto, Defascistizzazione: legislazione e prassi della liquidazione del sistema fascista e dei suoi responsabili (1943-1945), ivi, pp. 53-90 e di Giovanna Tosatti, Viminale, la rivincita della continuità. Il ministero dell’Interno tra il 1943 e il 1948, ivi, pp. 121-143.
  4. Cfr. Ferruccio Vendramini, Verbali del CLN provinciale clandestino di Belluno e altri documenti (dicembre 1944-aprile 1945), in I CLN di Belluno e Treviso nella lotta di liberazione. Atti e documenti, a cura di Ferruccio Vendramini e Marco Borghi, Padova, Cleup, 1999, p. 28 (a p. 132 i relativi documenti); Istituto Storico della Resistenza nel Veneto, Il governo dei C.L.N. nel Veneto. Verbali del Comitato di Liberazione Nazionale Regionale Veneto 6 gennaio 1945 – 4 dicembre 1946, introduzione e cura di Ernesto Brunetta, Vicenza, Neri Pozza, 1984 (d’ora in poi CLNRV, Verbali), I, p. 285 (verbale n. 45 del 14 agosto 1945); soprattutto Verbali del CLN Provinciale di Belluno (2 maggio 1945 – 31 ottobre 1946), presentazione di Ferruccio Vendramini, introduzione di Giuseppe Sorge, Belluno, Isbrec, 1992, p. XI e passim, dove l’argomento è all’ordine del giorno nell’intero periodo della reggenza, in particolare dal 23 agosto 1945 (p. 143) fino ad un commiato, 12 febbraio 1946, denso di ipocrisia (p. 306). Cfr. anche ACS, MI, Gab, ffppp44-46, b. 14, fasc. 328, Dazzi Antonio, carteggi in data 20-26 gennaio 1946; ulteriori elementi per la ricostruzione del contrasto fra il prefetto ed il restante ambiente politico bellunese in ACS, MI, Gab, ffppp44-46, b. 1, fasc. 11/F Belluno. Di diverso segno le considerazioni di Giuseppe Sorge, La DC bellunese e le istituzioni locali, in Montagne e veneti nel secondo dopoguerra, a cura di Ferruccio Vendramini, prefazione di Emilio Franzina, Verona, Bertani, 1988, p. 119.
  5. La «Relazione generale per il periodo 30 aprile-31 dicembre 1945» – edita in appendice a Verbali del CLN Provinciale di Belluno, cit., pp. 379-387 -accanto a spazientite sottolineature e note a margine conosce, nell’originale conservato in ACS, MI, Direzione generale di Pubblica sicurezza (d’ora in poi DGPS), Divisione affari generali e riservati (d’ora in poi DAGR), PS 1944-46, cat. C2I, b. 28, fasc. 398 Belluno, una gustosa chiosa del capo della polizia che la dice lunga sul grado di attendibilità percepito: «Questa provincia è l’Eden!». Dazzi – funzionario del ministero degli Esteri alla base piramidale – tentò d’altronde ogni carta per farsi confermare nel ruolo e nel grado di prefetto, giungendo a chiedere, in nome della normalizzazione, l’estromissione di entrambi i viceprefetti di nomina ciellenistica: cfr. ACS, MI, Gab, ffppp44-46, b. 14, fasc. 328/F Dazzi Antonio, in particolare i due appunti 6 febbraio 1946.
  6. ACS, MI, Gab, ffppp44-46, b. 13, fasc. 307/F Stroppolatini Dino, appunto ms. 4 ottobre 1945. Sul rapporto di identificazione cfr. Mariuccia Salvati, Il regime e gli impiegati. La nazionalizzazione piccolo-borghese nel ventennio fascista, Roma-Bari, Laterza, 1992, pp. 15-42. Cfr. anche Ead., L’inutile salotto. L’abitazione piccolo borghese nell’Italia fascista, Torino, Bollati Boringhieri, 1993, pp. 40-53 e 119-160.
  7. ACS, MI, Gab, ffppp44-46, b. 13, fasc. 307/F Stroppolatini Dino, appunto alla data.
  8. Cfr. Giuseppe Romita, Dalla Monarchia alla Repubblica. Taccuino politico del ‘45, prefazione di Giuseppe Saragat, Milano, Mursia, 1973, p. 120. In tema di trasferimenti di funzionari di polizia, ad esempio: «Non vorrei annoiarti» – gli scrive da Parma Giovanni Mazzaro – «con queste mie segnalazioni, ma mi ricordo di una frase che mi hai ripetuto anche a Firenze: “Non fatevi fregare”» (ACS, MI, Gab, Fascicoli correnti 1944-46, b. 250, fasc. 24597 Parma questura, 23
    aprile 1946).
  9. Cfr. Romita, Dalla Monarchia alla Repubblica, cit., p. 32 e, per il dettaglio, Carlo Monaco, Uno schizzo di sangue dei vinti. Morte e trasfigurazione di un consigliere di prefettura, «Venetica», XXI (2007), 15, p. 78 e n 57.
  10. Per la pratica pensionistica ACS, MI, Gab, ffppp44-46, b. 13, fasc. 307/F Stroppolatini Dino, «Appunto per il Gabinetto» 17 marzo 1946; per la citazione ivi, appunto datt. 24 agosto 1946.
  11. Ivi, esposto 14 agosto 1946 (ma ne seguiranno altri). Un recente inquadramento delle problematiche politiche e di ordine pubblico (da tener presente anche per quanto si dirà delle relazioni prefettizie) in Fabio Grassi Orsini, Guerra di classe e violenza politica in Italia. Dalla liberazione alla svolta centrista (1945-1947), «Ventunesimo secolo. Rivista di storia sulle transizioni», VI (2007), 12, pp. 75-104.
  12. ACS, MI, DGPS, DAGR, PS 1944-46, cat. C2I, b. 28, fasc. 398 Belluno, relazione 5 ottobre 1946, c. 2. Per le violente proteste del mese di marzo (sabato 9, 16 e 23) che avevano concorso a determinare l’ispezione Verdiani cfr. ivi, relazione 5 aprile 1946.
  13. Ivi, il capo della polizia al gabinetto del ministro, 19 ottobre 1946. La «preghiera di riferire disponendo frattanto per le opportune misure di vigilanza» era stata inoltrata alla DGPS il 4 settembre 1946.
  14. Entrato in carriera nel 1914, viceprefetto vicario e poi prefetto di Siena all’altezza del 1944, Bassi era riuscito a scontentare tanto le gerarchie della RSI (cfr. ACS, MI, RSI, Gab, b. 5, fasc. 188 Siena situazione politica, «riservatissima» di Giorgio Alberto Chiurco in data Brescia 19 luglio 1944) quanto il CLN (cfr. Mario Dalle Piane, Resistenza e alleati in provincia di Siena, in La Resistenza e gli alleati in Toscana. I C.L.N. della Toscana nei rapporti col Governo militare alleato e col Governo dell’Italia liberata. Atti del primo convegno di storia della Resistenza in Toscana tenuto nel XX anniversario della costituzione dei CLN, Firenze, Giuntina, 1964, pp. 108-109). Benché le informative lo dipingessero come «persona alquanto intrigante e dal passato politico poco chiaro (da voci molto diffuse e controllate da una persona degna di fede risulta essere egli stato Segretario di Michele Bianchi)» (ACS, MI, Gab, ffp pp44-46, b. 20, fasc. 452/F Bassi Vincenzo, 4 settembre 1944), la Commissione di epurazione del ministero preferiva non pronunciarsi sul suo caso «per incompetenza essendo stato tardivo l’inizio della procedura» (ivi, decisione 24 febbraio 1945). Nella sede toscana, in definitiva, solo la sua sostituzione aveva «attenuato il malcontento» (ACS, MI, Gab, ffppp44-46, b. 20, fasc. 447/F Mozzi Renato, stralcio da relazione mensile CC.RR. 14 maggio 1945). Il ripescaggio dopo un anno e mezzo di disposizione e la nomina a Belluno, nell’ottobre 1946, concorrono a sottolineare il passaggio di un’epoca.
    Carlo Monaco, Il quarantotto nel palazzo del governo. I prefetti nel Veneto negli anni del centrismo in (a cura di) Renato Camurri, La grande crociata. Il 18 aprile nel Veneto, Venetica – Rivista degli Istituti per la storia della Resistenza di Belluno, Treviso, Venezia, Verona e Vicenza, 17/2008, a. XXII