La missione di questi sacerdoti si caratterizzò per la scelta di farsi assumere presso fabbriche e porti

Tra le esperienze che maggiormente influirono sull’opera dei primi sociologi italiani occorre annoverare la vicenda dei preti operai, attivi durante gli anni Quaranta e Cinquanta nelle periferie delle grandi città industriali francesi. Pino Ferraris, che di recente si è interessato all’analisi dei contatti culturali tra Italia e Francia ricorda come «il transfer più significativo tra la cultura sociologica francese e i tentativi di ripresa della ricerca sociale in Italia in quegli anni Cinquanta si produce proprio sul versante cattolico» <3. Ferraris ricorda come fu Gabriel Le Bras ad influenzare la sociologia religiosa italiana, mentre alla rinascita della sociologia del lavoro contribuirono in modo decisivo le figure di Louis-Joseph Lebret e di padre Loew.
Nel corso di una conversazione, Ferraris mi fece notare come questa esperienza, ascrivibile al campo religioso, ma con forti connotazioni di impegno militante, ebbe un grande influsso sui sociologi impegnati in inchieste sul campo, non sempre necessariamente di ispirazione cattolica. I protosociologi in Italia presero spunto dal desiderio di conoscenza dell’ambiente sociale e dalle proposte di miglioramento formulate tramite le inchieste dai preti operai. Gli esponenti del mondo cattolico più impegnati nella teorizzazione e nella realizzazione di studi sul lavoro, invece, ne presero le distanze, bollando le missioni come velleitarie nonché criptocomuniste. Giancarlo Moro, ad esempio, opponendo la loro figura a quella del cappellano del lavoro, li attaccava dalle colonne di “Produttività”: «oggi le fabbriche hanno sottratto i fedeli non solo dal contatto, ma anche dalla vista del parroco […] ecco quindi il cappellano del lavoro che, come una lunga mano tesa, va a raggiungerlo […]. In questa sete di generosità apostolica si è inserito anche il prete operaio. Ha creduto di poter portare meglio la parola evangelica vivendo la vita dell’operaio, ma si è trovato disamorato lui stesso. Si è trovato a non poter più assolvere il suo ministero, si è lasciato travolgere da quelli che sono i problemi contingenti» <4. Il cappellano del lavoro, come il cappellano militare, avrebbe svolto una funzione di ascolto e guida spirituale per gli operai, in una parrocchia accanto alla fabbrica, integrando il lavoro dell’assistente sociale. Il prete operaio, divenendo operaio egli stesso, perdeva la funzione che Moro attribuiva alla guida spirituale di un parroco, quella cioè di «medico della psiche, non dei corpi, ma in quest’epoca, pervasa da disarmonie psichiche, si può ben dire che la cura della psiche è ben più importante di quella dei corpi» <5, un ruolo dunque ben diverso da quello effettivamente svolto dai preti operai.
Il movimento nacque alla fine del secondo conflitto mondiale e in pochi anni da Parigi si radicò in altri centri industriali: «on peut parler d’une indéniable vitalité du catholicisme français, dans le prolongement de l’action des militants laïcs, des clercs, des théologiens qui ont fait le choix de la résistance […] Du point de vue religieux aussi, cette vitalité se traduit par réformisme, une volonté d’adapter le catholicisme à son environnement, afin de le rendre plus compréhensible et plus attractif» <6.
La missione di questi sacerdoti si caratterizzò per la scelta di farsi assumere presso fabbriche e porti e fu motivata dalla volontà di inserirsi nei quartieri popolari in modo differente rispetto alla parrocchia tradizionale. La predicazione in questi territori di confine avvenne come operai tra altri operai e la compartecipazione diretta alla miseria dei bassifondi era dettata dalla precisa volontà di recuperare alla parola di Cristo le aree che la Chiesa aveva abbandonato e che avevano portato a definire la Francia, sempre più votata all’ateismo, una “terra di missione” <7, dal titolo dell’opera ispiratrice dei sacerdoti operai.
Questa figura «non stava a designare né un’istituzione, né un movimento ben preparato ed organizzato; indicava piuttosto un gruppo di uomini, viventi da soli o in piccole comunità […] ai quali il loro vescovo aveva loro concesso di essere liberati del tutto da ogni ministero parrocchiale e di vivere del loro lavoro di fabbrica» <8, tuttavia seppe suscitare l’interesse di un’intera generazione di sociologi che si spinse sul terreno dell’inchiesta sociale e dell’impegno civico. Questo era inteso come recupero delle aree degradate delle città industriali al fine di riportare nell’alveo della fede i loro.
Con i primi sociologi italiani, inoltre, i preti operai avevano in comune la precisa volontà di comprendere la realtà della fabbrica, realtà al centro di un interesse crescente nella società e nella politica, ma sostanzialmente sconosciuta nei suoi aspetti concreti: «di origine borghese, ho sentito quasi subito il bisogno di entrare nelle officine Renault come manovale, ma devo ammettere che all’inizio avevo l’idea di una inchiesta per scoprire qualcosa del profondo mistero dell’officina» <9.
La missione dei preti non fu semplice e fu caratterizzata fin da subito dalla diffidenza e dall’ostilità che gli abitanti dei quartieri operai dimostravano nei confronti di chi era da sempre identificato come un nemico: «nel giro di poco tempo […] avevano scoperto che le denunce e le descrizioni di ‘France pays de mission?’ non avevano nulla di esagerato o di prefabbricato. Avevano constatato che il muro di separazione tra la Chiesa e le masse […] era una realtà» <10.
Il principale scarto tra l’esperienza missionaria e l’intervento sociale si ebbe in corrispondenza dell’avvio delle inchieste sociali portate avanti dai preti operai, i quali in seguito si raccolsero attorno alla rivista “Economie et Humanisme” di padre Lebret, autore della Guide pratique de l’enquête sociale.
L’inchiesta venne assunta a pieno titolo in quanto strumento in grado di leggere la marginalità con dinamiche demoscopiche. L’autore della prefazione di France pays de mission?, Godin, metteva in guardia dal «compiace[rsi] di ridurre il problema dei rapporti tra chiesa e proletariato nei chiari limiti di un sondaggio statistico, psicologico ed etnologico, adottando gli strumenti di conoscenza propri delle scienze positive» <11. L’esperienza di Marsiglia, dove padre Loew segnò un successo in questo senso, avrebbe invece indirizzato i sacerdoti all’adozione di pratiche di inchiesta. La ricerca sui portuali della città effettuata tra il 1943 e il 1945 costituì un esempio di come la vocazione sociale dei preti operai poteva portare alla formulazione di proposte volte a migliorare le condizioni di vita dei ceti più bassi nei quali i preti operai avevano scelto di predicare.
[NOTE]
3 P. Ferraris, Dall’Italia alla Francia e ritorno in “Parole-chiave” n. 38, 2007, p. 27.
4 G. Moro, Le relazioni umane nell’ambito aziendale e para-aziendale in “Produttività” n. 2, 1955, p. 119.
5 Ivi, p. 120. Moro, un anno prima, aveva già liquidato l’esperienza dei preti operai negandone ogni funzione di critica e analisi sociale, ma riconducendola alla funzione di ausilio para-aziendale: «il movimento dei preti operai ritrova quindi la sua giusta funzione quando si manifesta come movimento di cappellani del lavoro, i quali devono e dovranno sempre più affinare la loro metodologia per essere veramente i portatori nell’ambiente di lavoro di quel senso integrale di vita che è patrimonio del cristianesimo» G. Moro, Considerazioni sulle relazioni umane in “Produttività” n. 5, 1954, p. 452.
6 P. Goetschel, B. Toucheboeuf, La IVe République. La France de la Libération à 1958, Paris, Librairie Générale Française, 2004, p. 142.
7 H. Godin, Y. Daniel, La France pays de mission?, Paris, Editions de l’Abeille, 1943.
8 G. Barra, M. Guasco, Chiesa e mondo operaio. Le tappe di un’evoluzione: da don Godin ai preti operai ai “preti al lavoro”, Torino, Gribaudi, 1967, p. 133.
9 Testimonianza di B. Tiberghien in E. Poulat, I preti operai (1943-1947), Brescia, Morcelliana, 1967, p. 413.
10 G. Barra, M. Guasco, Chiesa e mondo operaio, cit., p. 158. – 11 A. Di Nola, Cristo in tuta, Parma, Guanda, 1955, p. 33.
Daniele Franco, Dalla Francia all’Italia: impegno politico, inchiesta e transfers culturali alle origini della sociologia del lavoro in Italia, Tesi di Dottorato, Alma Mater Studiorum – Università di Bologna, 2009