Le prime elezioni del consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia vengono posticipate alle elezioni politiche del 1963

Udine: Piazza della Libertà. Fonte: mapio.net

La svolta politica per Trieste avviene nel 1955, anno in cui avvengono dei grossi cambiamenti a livello nazionale e internazionale. Se in Italia la formula centrista della DC incominciava a svelare le debolezze di un sistema che non poteva più prescindere dalle collaborazioni con i partiti di sinistra, in ambito internazionale migliorano i rapporti economici tra Jugoslavia e Italia e in URSS si intravede il disgelo della politica di Krushev. A Trieste si fanno strada due diverse linee politiche: l’una, che punta ad ottenere diversi provvedimenti straordinari di natura economica e l‟altra che invece preme per l‟attuazione di un ente regionale ch garantisse in ogni caso autonomia alla città (Bosari 2004: 63). I comunisti e i socialisti triestini, legati agli orientamenti internazionali dei loro partiti più che alla linea nazionale di Togliatti e Nenni non vogliono fondersi con i partiti regionali. Lo scontro tra il Cominform e Tito si riflette anche nelle alleanze locali, in cui la DC premeva per un’alleanza con i socialisti, mentre invece il PCI triestino guardava con difficoltà alla svolta democratica del partito nazionale. Si comprende così ancora una volta come l’entità regionale sia vissuta dai Triestini soprattutto in senso politico (essi si percepivano “staccati” dal resto della regione, essendo proiettati in una dimensione più internazionale che nazionale), mentre invece essa continuava ad investire per i Friulani problematiche di tipo identitario. Tale diversità di vedute tra le province emerge in modo più netto dopo il 1954, quando la politica dei blocchi si attenua e rende più concreta la realizzazione del progetto regionale. Nel 1954 viene promossa dalle sinistre la prima assise popolare del Friuli Venezia Giulia cui partecipano la provincia di Gorizia, quella di Udine e i comuni della destra del Tagliamento. Il PCI triestino infatti resta ben saldo nella sua richiesta di autonomia. Vittorio Vidali, portavoce della concezione triestina, pone come alternativa all’unificazione regionale l’autonomia territoriale ed amministrativa di Trieste e la realizzazione di due regioni distinte (Friuli e Venezia Giulia), dotate di due diversi organi amministrativi e legislativi. Queste posizioni troveranno espressione nella mediazione di Diego de Castro, chiamato ad elaborare una bozza di statuto regionale. Egli subordina l’ingresso del Territorio Libero di Trieste nella regione alla definitiva risoluzione del Memorandum di Londra. Propone Aquileia come capoluogo del Friuli ed attribuisce allo Stato previo accordo con la regione le modalità di gestione della zona franca. Nel frattempo la DC si muove per linee interne, limitando lo scambio di idee tra i dirigenti provinciali, avviando un dibattito serrato con la minoranza slovena per la tutela dei diritti etnici I socialisti premono invece per l’abolizione delle province e prefetture a favore dei consorzi comunali, chiedono l‟autogoverno locale a Trieste, che per la sua funzione di “Porta d‟Oriente” dovrebbe essere anche il capoluogo e sostengono gli Sloveni nella tutela dei diritti delle minoranze. Profondamente antiregionalisti rimarranno nel corso di tutto il dibattito i rappresentanti del MSI, che non considereranno mai la spartizione dei confini tra Italia e Jugoslavia un fatto definitivo e continueranno a rivendicare i territori perduti.
La prima fase del dibattito regionale si conclude così nel marzo del 1955 con due mozioni, una approvata a Gorizia dalla DC locale che chiede che la Regione comprenda anche Trieste (PCI e PSI chiedono invece che la Regione venga approvata subito anche senza Trieste) e l’altra, approvata a Trieste in cui DC, PLI, PRI e PSVG chiedono l‟inclusione della zona A del TLT nella Regione (MSI vota contro e PCI si astiene) (Bosari 2004, 74-75).
Ma é solo nel 1959, quando tramonta ormai definitivamente la prospettiva di realizzare il Territorio Libero e dunque l‟autonomia provinciale che Trieste si inserisce con ritardo nel dibattito del processo di formazione regionale. La data definitiva per la preparazione di uno Statuto regionale per il FVG viene fissata dalla Camera dei Deputati per il 31 marzo 1960. I partiti regionalisti sono così impegnati in una difficile opera di mediazione.
IL PCI, che continua ad insistere sull’autonomia della provincia di Trieste e a battersi per la creazione della provincia di Pordenone, vede nella regione uno strumento di avanzamento politico.
A tale visione si oppongono le destre antiregionaliste, specialmente il MSI, che vede nelle rivendicazioni regionaliste da un lato l’abbandono della lotta per il recupero della zona B e dall’altro, nell’accanimento con cui gli Sloveni premevano per la proposta dell’autonomia, la minaccia di una nuova forma di “panslavismo” titino, giustificato secondo le frange più estreme dalle rivendicazioni della minoranza:
L’ossessione del MSI é il confine che la regione -secondo loro- renderà più fragile perché destinata a fomentare l’Irredentismo altrui. Che invece queste terre del nord-est fossero da considerare come il luogo di incontro di diverse popolazioni, italiche, germaniche, slave era una proposizione impensabile prima che inaccettabile (85).
All’opposto stava invece l’Alleanza Regionale Contadini del Friuli, cui aderivano agricoltori italiani e sloveni che vedevano in una regione con Udine capitale la possibilità di realizzare la tanto sospirata riforma agraria e tutelare i loro interessi.
La DC e il PSI cercheranno di mediare tra queste posizioni. Nel frattempo si inseriscono nello scontro politico i movimenti sindacali che vedono aumentata la loro influenza all‟indomani della crisi economica del ’57-’58. Le lotte sindacali che diventano il nuovo terreno di scontro tra la DC e il PCI contribuiscono all’accelerazione del processo regionale e della creazione della provincia di Pordenone e si riaccende il dibattito per l a zona franca. A Trieste a volere la zona franca sono soprattutto i socialisti, i repubblicani e i comunisti del TLT, mentre invece il MSI e le destre sono contrarie, vedendo negli aiuti di stato un intervento più diretto del potere centrale sul regionalismo da loro tanto temuto. La DC anche in questa questione preferisce mantenere un atteggiamento di prudente bivalenza nei confronti delle due posizioni. A Udine invece le rivendicazioni da parte della Camera di Commercio per l‟estensione dei provvedimenti di sostegno a favore dell’economia ottenuti nelle altre provincie al territorio friulano si fanno sempre più insistenti, divenendo così il centro del dibattito regionale.
Nei primi anni ’60, accelerato dall’indebolimento politico delle destre, il processo di formazione regionale si fa finalmente concreto. Il 29 maggio 1962 viene convocata da Pietro Ingrao una procedura d’urgenza per risolvere la questione del Friuli Venezia Giulia e dare finalmente uno Statuto alla regione. Mentre nello Statuto la questione della zona franca integrale e della tutela delle minoranze vengono rimandate, vengono riconosciute diverse specificità a Udine e a Trieste. La città giuliana diventa capoluogo e gode di un fondo speciale. Le prime elezioni del consiglio regionale vengono posticipate alle elezioni politiche del 1963 e fissate al 10-11 maggio del 1964.
Chiara Sartori (M.A., Università di Trieste, 2000), Identità Forti: Nazionalismo e Localismo a Gorizia, A Dissertation Submitted in Partial Fulfillment of the Requirements for the Degree of Doctor of Philosophy in the Department of Italian Studies at Brown University, Providence, Rhode Island, 2010