Il decreto istitutivo delle Cas concentrava decisamente la propria attenzione sui delitti del fascismo repubblicano

La questione dell’epurazione e della punizione dei delitti fascisti venne ulteriormente regolamentata con il Decreto legislativo luogotenenziale 13 settembre 1944, n. 198, «Norme relative alla composizione e al funzionamento dell’Alta Corte di Giustizia istituita dall’art. 2 del decreto legislativo Luogotenenziale 27 luglio 1944, N. 159». L’art. 12 e l’articolo 13 regolavano la questione delle commissioni provinciali di epurazione, che avrebbero dovuto essere formate anche da giudici popolari <527. Tra il settembre e il novembre del 1944 seguirono diversi decreti che integrarono o specificarono le funzioni degli istituti preposti a epurazione e punizione. Essi tuttavia introdussero più che altro disposizioni tecniche e integrazioni che, più che sostenere e perfezionare l’ordinamento, finirono forse per confonderne le linee attuative <528.
Ad ogni modo, ancora tra la fine del 1944 e la metà del 1945 l’Amministrazione Militare Alleata continuava nell’opera di controllo e di integrazione della legislazione italiana in materia di epurazione. L’Ordinanza 35, ad esempio, «Epurazione delle pubbliche amministrazioni», emanata il 28 novembre 1944, integrava la legge italiana, introducendo però un’importante novità nella divisione in tre categorie dei soggetti sottoposti a epurazione: pratica urgente, normale, ritardata; inoltre le decisioni della commissione epuratrice sarebbero state inappellabili <529. L’Ordinanza 46, emanata il 27 giugno 1945, regolò poi l’epurazione delle aziende private, che fino ad allora era stata sostanzialmente ignorata dalla legislazione italiana: gli alleati prevedevano per le imprese private una Commissione interna composta da un presidente, un rappresentante dei datori di lavoro e un rappresentante della componente dipendente; si trattava, di fatto, di una estensione delle medesime norme previste fin lì per la Pubblica amministrazione <530.
Nei mesi immediatamente precedenti alla Liberazione sembrò verificarsi un momento di crisi dell’attuazione di epurazione e punizione. Il primo decreto in materia emanato dal nuovo governo Bonomi (entrato in carica il 12 dicembre 1944), il n. 2 del 4 gennaio 1945, recava infatti norme integrative decisive al Dll del 27 luglio 1944. Non solo l’Alto commissariato veniva modificato a livello organizzativo, ma le maglie epurative venivano decisamente allargate. La crisi del governo Bonomi II nel dicembre 1944, e la formazione del suo nuovo esecutivo, avevano portato con sé, del resto, le dimissioni di Sforza e Scoccimarro dai vertici dell’Alto commissariato. Hans Woller individua in questa fase, e poi nella seduta del Consiglio dei ministri del 4 gennaio ’45, un momento decisivo di istituzionalizzazione della crisi del processo di applicazione del principio punitivo ed epurativo, con l’intesa in merito alla proposta di De Gasperi – allora ministro degli Esteri – in base alla quale le funzioni dell’Alto commissario venivano assunte collegialmente dai quattro Alti commissari aggiunti, sotto la presidenza del Presidente del consiglio.
Pare che Bonomi, che dunque divenne ufficialmente capo delle sanzioni contro il fascismo, non abbia mai fatto visita, fisicamente, all’ufficio romano della sede centrale dell’Alto commissariato, al Palazzo del Viminale <531.
Nell’opinione di Hans Woller, «dopo l’uscita di scena di Sforza e Scoccimarro, l’Alto commissariato era ormai avviato a diventare un organismo fra i tanti» <532.
In questo senso, si potrebbe cogliere nei primi mesi del 1945 un apparente slittamento, una momentanea perdita di continuità tra le sorti del processo di epurazione e quelle del processo di punizione: se i primi mesi del 1945 possono essere letti come un momento di crisi del meccanismo e dell’applicazione del processo di epurazione, in particolare con le dimissioni di Mauro Scoccimarro, è vero che invece, sul piano della punizione dei delitti in sede penale, a ridosso della Liberazione nazionale venne emanato il Dll 22 aprile 1945 n. 142, il quale istituiva le Corti di assise straordinarie (Cas) che avrebbero dovuto processare i reati di collaborazionismo con il tedesco invasore <533. Ma lo slittamento è per lo più apparente. Il fatto stesso che il decreto n. 142 venisse concepito così a ridosso della Liberazione, può suggerire che esso volesse costituire, anzitutto, uno strumento di pacificazione e stemperamento dei furori e della voglia di vendetta che caratterizzavano le settimane finali del conflitto; che le motivazioni che lo generarono fossero in prima istanza quelle legate alla preoccupazione che si verificassero violente e continuate esecuzioni
e vendette collettive. Si può spiegare anche con questa chiave di lettura il più importante limite del decreto, ovvero il fatto che veniva stabilito un termine brevissimo alla esistenza e alla validità delle stesse Cas: sei mesi.
Pochi mesi dopo, il Dll 5 ottobre 1945 n. 625 avrebbe poi trasformato le Corti d’assise straordinarie in sezioni speciali delle Corti d’assise ordinarie, a loro volta infine rientrate pienamente, tra 1946 e 1947, entro la giurisdizione penale ordinaria.
Si dica anche che, diversamente da quanto previsto dal Dll 27 luglio 1944, dall’aprile 1945 il decreto istitutivo delle Cas concentrava decisamente la propria attenzione sui delitti del fascismo repubblicano: il reato al centro dell’azione penale diveniva adesso quello del tradimento dello Stato e della collaborazione con il tedesco invasore – e di altri delitti eventualmente commessi nell’ambito della stessa – tra il 1943 e il 1945. L’articolo 2 del decreto prevedeva infatti che potessero essere portati a processo anche i reati di cui all’art. 3 del Dll 27 luglio 1944, dunque quelli relativi allo squadrismo e al fascismo del Ventennio, ma solo nel caso in cui l’interessato fosse stato imputato anche di collaborazionismo. L’articolo 3 del decreto stabiliva che potesse nascere una Cas per ogni provincia; ogni Corte avrebbe dovuto essere composta da un Presidente, magistrato togato, e da quattro giudici popolari, scelti a partire da un elenco di cento cittadini di condotta morale e politica illibata, redatto dal Comitato di liberazione locale, che sarebbe stato poi presentato al presidente del Tribunale; quest’ultimo, avrebbe tratto da esso una lista ristretta di cinquanta persone, dalla quale sarebbero stati sorteggiati i quattro giudici della Corte <534.
Dopo la Liberazione, e con l’inasprirsi dell’insofferenza delle sinistre e del Cln nei confronti dello spostamento a destra verificatosi con il secondo esecutivo di Bonomi (che aveva visto l’assenza di socialisti e azionisti e la marginalizzazione del Cln Alta Italia), all’inizio dell’estate 1945 si generò una crisi di governo che portò alla nascita dell’esecutivo guidato dall’azionista Ferruccio Parri <535, che ricomponeva in suo sostegno tutto il fronte dei partiti del Comitato di liberazione.
Tuttavia, come visto, il Dll 5 ottobre 1945 trasformò le Corti di assise straordinarie – anzitutto per ovviare alla scadenza dei sei mesi di vita delle Cas fissata in precedenza – in sezioni speciali delle Corti d’assise ordinarie; poche settimane dopo, il Dll 9 novembre 1945 n. 702 circoscriveva i soggetti da sottoporre al procedimento di epurazione ai primi sette gradi della gerarchia statale e ai gradi corrispondenti delle altre amministrazioni pubbliche, ad eccezione di coloro che si fossero macchiati di «collaborazionismo con il tedesco invasore» o avessero dimostrato «grave faziosità fascista» <536. Il licenziamento era comunque previsto solo per reati concernenti l’appartenenza alla Rsi. Gli impiegati di livello inferiore al settimo potevano essere sottoposti a giudizio solo se avevano commesso «reati assai più gravi di quelli dei loro superiori» <537.
[NOTE]
527 Articolo 12 del Dll 13 settembre 1944, n. 198: «I magistrati presidenti delle Commissioni provinciali, istituite con l’Art. 8 del decreto legislativo 27 luglio 1944 n. 159, sono nominati dal Ministro per la grazia e giustizia. L’estrazione a sorte tra i giudici popolari dei due membri delle predette Commissioni è fatta, con l’osservanza della disposizioni sull’ordinamento delle Corti di Assise, in quanto applicabili, dal presidente, assistito dal segretario che ne redige verbale. Il servizio di segreteria è disimpegnato da funzionari delle cancellerie giudiziarie, destinati al Primo presidente della Corte di Appello che ha sede nel comune capoluogo di provincia, in cui la Commissione è istituita o, se il detto comune non è sede di Corte di Appello, dal presidente del locale Tribunale». Articolo 13: «Le Commissioni provinciali […] adottano i provvedimenti di loro competenza su richiesta dei Procuratori del Regno o dell’Alto commissario. La competenza a provvedere spetta alla Commissione della provincia, nella cui circoscrizione è stato compiuto il fatto per il quale si procede. La Commissione, prima di adottare i provvedimenti previsti nell’articolo suddetto, deve sentire l’interessato o invitarlo a comparire. L’interessato può farsi assistere da un difensore. Contro i provvedimenti della Commissione è ammesso il ricorso per Cassazione, anche per il merito. Il ricorso è deciso, in Camera di consiglio, dalla Sezione della Suprema Corte di Cassazione indicata nell’art. 6 del decreto legislativo suddetto».
528 M. Flores, L’epurazione, pp. 425-426.
529 Ivi, p. 440.
530 Ibidem.
531 H. Woller, I conti con il fascismo, pp. 304-305.
532 Ivi, p. 305.
533 Cfr. Decreto legislativo luogotenenziale 22 aprile 1945 n. 142, «Istituzione di Corti straordinarie di Assise per reati di collaborazione con i tedeschi». Art. 1: «[…] Le Corti straordinarie di Assise sono competenti a giudicare coloro che, posteriormente all’8 settembre 1943, abbiano commesso i delitti contro la fedeltà e la difesa militare dello Stato, previsti dall’art. 5 del decreto legislativo Luogotenenziale 27 luglio 1944, n. 159, con qualunque forma di intelligenza o corrispondenza o collaborazione col tedesco invasore e di aiuto o di assistenza ad esso prestata. Si considera in ogni caso che abbiano collaborato col tedesco invasore, o che gli abbiano prestato aiuto od assistenza, coloro che hanno rivestito una delle seguenti cariche o svolto una delle seguenti attività, successivamente all’instaurazione della cosiddetta repubblica sociale italiana: 1) ministri o sottosegretari di stato del sedicente governo della repubblica sociale italiana o cariche direttive di carattere nazionale nel partito fascista repubblicano; 2) presidenti o membri del tribunale speciale per la difesa dello Stato o dei tribunali straordinari istituiti dal predetto governo ovvero vi abbiano sostenuto la pubblica accusa; 3) capi di provincia o segretari o commissari federali od altre equivalenti; 4) direttori di giornali politici; 5) ufficiali superiori in formazioni di camicie nere con funzioni politico-militari».
534 Art. 5 del Dll 22 aprile 1945 n.142: «Entro sette giorni i Comitati di Liberazione Nazionale del capoluogo, d’intesa eventualmente con i Comitati di Liberazione Nazionale di altri importanti centri della provincia, compilano un elenco di almeno cento cittadini maggiorenni di illibata condotta morale e politica e lo presentano al presidente del Tribunale del capoluogo. Il presidente del Tribunale, entro i successivi sette giorni, compila l’elenco di cinquanta giudici popolari, scegliendoli fra quelli designati dai Comitati di Liberazione Nazionale, previo accertamento che si tratti di persone di illibata condotta morale e di ineccepibili precedenti politici».
Art. 6: «Le Corti straordinarie di Assise sono composte di un presidente e di quattro giudici popolari. Il presidente è nominato dal Primo presidente della Corte d’Appello competente, fra i magistrati di grado non inferiore a quello di Consigliere di Corte d’Appello. La nomina è disposta entro dieci giorni. I giudici popolari sono estratti a sorte dagli elenchi compilati a norma del precedente articolo. Negli stessi modi può essere nominato un presidente supplente».
535 Ferruccio Parri (Pinerolo, Torino 1890 – Roma 1981). Antifascista militante della prima ora, poi partigiano e uno dei comandanti militari della Resistenza nel 1943-’45. Formazione letteraria, inizio professionale come insegnante nei licei e giornalista. Partecipò, distinguendosi, alla Grande guerra e alla battaglia di Vittorio Veneto come ufficiale di Stato maggiore. Antifascista di sinistra fin da subito, con Carlo Rosselli e Sandro Pertini organizzò la fuga del leader socialista Filippo Turati in Francia, nel 1926. Arrestato, fu condannato a dieci anni e poi a cinque anni di confino per attività antifascista. Dopo la scarcerazione, rimase clandestinamente vicino al movimento socialista liberale Giustizia e Libertà, da cui originò il Partito d’Azione (Pd’A), di cui Parri rimase esponente dal 1942 al 1946. A cavallo tra 1943 e 1944 divenne uno dei leader del Cln e del Cln-Alta Italia, all’interno del quale fu l’esponente del Pd’A. Parri operava nel nord ancora occupato dai tedeschi, e fu infatti catturato dalle SS a Milano nel gennaio 1945. Rimase in vita per un complesso gioco di trattative tra le forze alleate e i tedeschi. Segretario del Pd’A nel 1945, fu scelto come Presidente del Consiglio di un nuovo governo di unità delle forze resistenziali dal giugno al dicembre 1945, cui seguì l’inizio dell’«era» De Gasperi. Fu deputato alla Costituente; nel 1946 uscì dal Pd’A (assieme a Ugo La Malfa, dopo lo scontro tra l’anima radicale e quella socialista del partito) aderendo alla Concentrazione democratica repubblicana e, in seguito, al Partito repubblicano italiano. Fu senatore fino al 1963 e, da quella data, senatore a vita, nominato dal Presidente della Repubblica Antonio Segni. Negli ultimi vent’anni della sua vita fu uno degli esponenti principali del movimento politico Sinistra indipendente.
536 Cfr. Dll 9 novembre 1945, n. 702, «Epurazione delle pubbliche Amministrazioni, revisioni degli albi delle professioni, arti e mestieri ed epurazione delle aziende private».
537 H. Woller, I conti con il fascismo, cit. p. 229.
Matteo Bennati, Una giustizia in transizione. Trame complesse di giustizia e politica nel passaggio dal fascismo alla Repubblica, Tesi di Perfezionamento, Scuola Normale Superiore – Pisa, Anno accademico 2020-2021

L’attività legislativa proseguì, sotto il governo Parri, con l’emanazione di due decreti principali: i DDL n. 702 e 718, entrambi del 9 novembre 1945. Il DLL n. 702, pur mantenendo alcune disposizioni del DLL 159/1944, innovava radicalmente, e in senso moderato, la legislazione in materia di epurazione. Per la nuova legge il giuramento alla RSI non rappresentava titolo sufficiente per il deferimento. Anche la sussistenza di una collaborazione non era sufficiente alla condanna, se non vi aveva corrisposto una reale volontà di favorire i nazi-fascisti.
A Firenze buona parte del personale allontanato presentò ricorso in appello presso la Commissione regionale, e venne reintegrato <46.
L’inizio del declino del processo epurativo fu poi intrinsecamente sancito, sotto il governo De Gasperi, dal DL dell’8 febbraio 1946, n.22, a seguito dei mutati rapporti fra i partiti antifascisti, del rapido venir meno della spinta “rivoluzionaria” espressa dal Pd’A e dalle componenti più progressiste della Resistenza e dalla scelta del Partito Comunista di prediligere una strategia di riconciliazione nazionale, sicuro del proprio radicamento fra le masse popolari. Vennero abolite le cariche di Alto Commissario, di segretario generale, di commissario ecc., e l’Alto Commissariato venne sostituito da un ufficio alle dipendenze della Presidenza del Consiglio <47.
Nella seduta del 21 giugno 1946 infine il Consiglio dei Ministri approvò il decreto di amnistia per i reati comportanti pene fino a cinque anni, il condono fino a tre anni per i reati e pene superiori, la commutazione della pena di morte in ergastolo per i reati più gravi, con alcune eccezioni come i reati strage, saccheggio, incendio e simili. L’amnistia era estesa anche ai reati politici, esclusi però quelli commessi da persone di elevata responsabilità di comando civile o militare, i casi di strage, sevizie, omicidio o saccheggio e i delitti commessi a scopo di lucro <48.
La volontà di pacificazione degli italiani dopo le divisioni della guerra si traduceva così in una generalizzata cancellazione delle colpe e delle responsabilità del recente passato.
[NOTE]
46 PIERACCINI P., Guerra, liberazione ed epurazione a Firenze 1939-1953, cit., p. 226.
47 MERCURI L., L’epurazione in Italia, cit., p. 175.
48 Ivi, p. 187.
Alice Fazzari, L’archivio di Nello Niccoli. Inventario (1924-1977), Tesi di laurea, Università degli Studi di Firenze, Anno Accademico 2015-2016