Fu proprio all’interno di questo famoso processo che si venne a delineare l’importanza del principe Valerio Pignatelli

Problemi di ordine pubblico, strettamente legati a quella che è stata definita “resistenza fascista”, sono presenti in particolare in Calabria. Qui, come si legge in un rapporto dello Stato Maggiore del S.I.M. del 21 ottobre 1944, “l’Arma dei CC.RR. della Calabria nell’autunno e nella primavera scorsa, notò particolarmente in Sambiase ed in Nicastro un risveglio di attività fascista che si estrinsecò anche nell’esecuzione di atti di terrorismo e raccolte di armi. Le indagini intraprese per stroncare tale attività si conclusero con i seguenti risultati: 1) Compagnia di Catanzaro: denunzia di sedici persone di cui undici in stato di arresto. 2) Compagnia di Cosenza: denunzia di 15 persone di cui 14 in stato di arresto. La 15 – Avv. Filosa da Cosenza – fu arrestato da alcuni elementi del nostro servizio a Bari, dove si era rifugiato per sfuggire alle ricerche degli organi di polizia e per tentare di superare le linee e raggiungere il territorio della repubblica sociale. 3) Compagnia di Nicastro: denunzia di 75 persone di cui 20 arrestate e tradotte a Napoli; 4 rinchiuse nel centro di rieducazione di Catanzaro, 1 latitante e ricercata e le altre detenute in altri carceri. 4) Compagnia di Crotone: denunzia di 9 persone in stato di arresto. Come è emerso dalle indagini svolte dai comandi, pur tenendo debito conto delle ritrattazioni fatte da alcuni imputati, scopi precipui del movimento erano quelli di ricostituire il partito fascista, a sfondo anticomunista, procurarsi armi, munizioni e fondi per lo sviluppo dell’organizzazione” <524.
Gli organizzatori del movimento eversivo appartengono alla media borghesia cittadina. Molti componenti sono studenti universitari (27) e studenti delle scuole medie superiori (21). Degli 88 imputati, 62 hanno meno di 30 anni. Il capo dell’organizzazione è ritenuto l’avvocato cosentino Luigi Filosa, proprietario terriero, “fascista fanatico e tendenzialmente repubblicano”. Tuttavia, “vari imputati hanno accennato ad un misterioso capo fascista in Italia meridionale, nella persona del principe Pignatelli di Cerchiara nato nel 1886 a Chieti già ispettore nazionale del P.F. fino al 25 luglio 1943 ed intimo amico dell’ultimo federale di Catanzaro Barracu. Che costui abbia in più riprese tentato di prendere contatto con il fascismo repubblicano dell’Italia del Nord non vi ha dubbio: egli oltre ad aver aiutato il suo fattore Nino Biscardi nell’ottobre 1943 nel viaggio verso il Nord, dandogli incarico di presentarsi al detto Barracu (già elevato alla carica di sottosegretario di stato alla presidenza del consiglio repubblicano) nell’aprile u.s. incaricò la moglie di svolgere presso lo stesso Barracu una missione politica, che venne portata a termine” <525.
Dai rapporti dei Carabinieri, in particolare quelli di Cosenza, e dalle fasi processuali risulta “la presenza, dietro una manovalanza politica che agiva allo scoperto, di forze ancora potenti tendenti a sovvertire la situazione politica creatasi dopo il 25 luglio, e che l’ambigua condotta di alcune componenti politiche, lasciava indisturbate nei settori più importanti dello Stato e dell’economia”.
Infatti, relativamente ai promotori dell’organizzazione, “Tutti, nonostante l’esistenza delle commissioni addette all’epurazione erano rimasti liberi di agire e di esercitare la loro professione malgrado la notorietà del loro passato impegno politico nei quadri del partito fascista <526. Anche molti avvocati difensori degli imputati hanno ricoperto, in passato, incarichi nel partito fascista. E’ da notare, inoltre, che a favore di Filosa intervengono, in qualità di testimoni, il segretario provinciale della Democrazia Cristiana di Cosenza, l’ex segretario del Partito d’Azione, due esponenti comunisti, un membro della giunta esecutiva del Partito d’Azione <527.
Le vicende relative al processo degli ottantotto <528 mettono in evidenza le difficoltà che si incontrano in quella parte d’Italia ancora profondamente condizionata dal peso del passato e non ancora pronta a cogliere e a rappresentare, benché già “liberata”, quell’occasione storica capace di produrre un reale rinnovamento dello Stato, del Governo, della classe dirigente.
[NOTE]
524 Vedi: Francesco Tigani Sava, Resistenza fascista in Calabria. Il processo degli ottantotto (1943-1945), Editrice Centro Bibliografico Calabrese, Catanzaro Lido 1992. Appendice II. Rapporto Stato Maggiore S.I.M., p. 167.
525 Ivi, p. 169. Vedi anche Daniele Lembo, La resistenza fascista. Fascisti e agenti speciali dietro le linee. La resistenza Pignatelli e la resistenza fascista nell’Italia invasa dagli angloamericani, Edizioni MARO, Copiano (PV) 2004.
526 Francesco Tigani Sava, Resistenza fascista in Calabria. Il processo degli ottantotto (1943-1945), cit., pp. 121-123.
527 Quest’ultimo, Nino Woditzka, sostiene, in occasione del comizio tenuto da Pietro Nenni al Teatro Italia di Catanzaro il 21 febbraio 1945: “Io assisto nauseato ai processi che vengono instaurati nel nostro paese dalle così dette sedicenti Alte Corti di Giustizia e di Epurazione. Quale beffa atroce oggi in Italia: continuare a mandare a giudizio e condannare figure di secondo piano quando ancora abbiamo qui i ritratti dei responsabili. Ed anche nella nostra Città si sta svolgendo un processo che non può che infondere negli animi di tutti gli onesti una profonda umiliazione. Una trentina di ragazzi che sarebbero dovuti essere presi a nervati e mandati a casa, vengono posti a protagonisti in un processo politico in cui i veri responsabili non sono neanche imputati, ma sono fuori, come Pignatelli e Guarino”, “La Nuova Calabria”, a. III, n. 45, Catanzaro, 23 febbraio 1945.
528 Il processo inizierà a Catanzaro il 15 febbraio 1945 e si concluderà il 7 aprile successivo con la sentenza di condanna degli imputati a pene variabili dai 10 anni ai 24 mesi di reclusione e con molte assoluzioni. “Il 16 ottobre del 1945, gli avvocati difensori presentarono al Tribunale Supremo un ricorso avverso alla sentenza, che non era appellabile, ma solo annullabile, nella quale avevano riscontrato sostanziali ed incredibili vizi procedurali. Il Tribunale Supremo accolse il ricorso ed annullò la sentenza. Nell’estate del 1946 i fascisti vennero scarcerati in seguito all’amnistia voluta da Togliatti”, Francesco Tigani Sava, Resistenza fascista in Calabria. Il processo degli ottantotto (1943-1945), cit., p. 130. Anni dopo scriverà uno dei condannati: “A distanza di mezzo secolo, quando ormai m’ero abituato ai tempi d’oggi che stimano il genere patetico e romantico cosa morta e sepolta, mai avrei pensato di dover tentare, spinto da incontenibile nostalgia ed irresponsabile ispirazione, una disperata riesumazione ed un recupero di comportamenti, suggestioni e figure che un giorno lontano avevano subìto forse una non casuale ma troppo severa condanna nel fondo di quel bugliolo. A quei valori, nonostante il mutar delle mode, il mio animo era rimasto e rimarrà sempre fedele, come albero che fredda stagion foglia non perde”, Nino Gimigliano, Procida. Memorie dal penitenziario, Rubbettino, Soveria Mannelli 1997, pp. 334-335.
Antonio Gioia, Guerra, Fascismo, Resistenza. Avvenimenti e dibattito storiografico nei manuali di storia, Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Salerno, Anno Accademico 2010-2011

All’interno di un ampio discorso sulla storia del neofascismo meridionale non si può non menzionare il Movimento italiano femminile “Fede e Famiglia” <63, importante e atipico aggregatore delle istanze di destra in un contesto ancora privo del polo rappresentato dal Movimento Sociale Italiano. La vicenda del MIF è emblematica e fondamentale per comprendere le caratteristiche peculiari ed evolutive del fenomeno neofascista.
Questa storia nasce e si inserisce nei giorni convulsi del luglio 1943 quando, con un regime fascista ormai allo sbando, si percepiva sempre più imminente lo sbarco sul territorio metropolitano delle forze Alleate. In questo contesto emergenziale, le autorità fasciste approntano diversi piani atti a contrastare, o perlomeno rallentare, l’invasione imminente. Tra gli episodi che risulta utile qui ricordare vi è quello poi passato alle cronache con il nome di “processo degli ottantotto”, dal numero degli indagati accusati di aver creato un’organizzazione filofascista e filonazista avente per scopo il ritorno dei tedeschi in Calabria anche attraverso atti di sabotaggio contro le truppe Alleate <64. L’organizzazione, che operava in stretto collegamento con i fascisti del catanzarese e del cosentino, mise in atto diversi atti dimostrativi e terroristici tra il 6 ottobre 1943 e il 25 aprile 1944. Nella notte tra il 27 e il 28 ottobre 1943, ad esempio, per le vie di Nicastro vengono diffusi volantini inneggianti al regime fascista e a Mussolini, mentre la sera del 28 novembre successivo due ordigni causano gravi danni alle tipografie dei due giornali antifascisti “Era Nuova” e “Nuova Calabria”.
Anche i carabinieri vengono presi di mira con due lanci di bombe presso le loro caserme. Nel 1944 un ordigno esplosivo danneggia la facciata esterna del municipio di Sambiase (oggi Lamezia Terme) mentre, il 18 febbraio dello stesso, una potente esplosione devasta la sede del Partito comunista di Nicastro (oggi Lamezia Terme). In seguito altre bombe vengono lanciate contro il liceo di Nicastro e contro il preside Venerando Torrisi e contro un commerciante di generi alimentari. Il 23 marzo alcuni studenti depongono fiori sulle tombe dei soldati tedeschi, il giorno successivo vengono distrutti i manifesti fatti affiggere dalle autorità militari alleate e il 30 marzo una bomba a mano viene lanciata contro il carcere dove si trovavano alcuni fascisti accusati dei fatti dei giorni precedenti.
L’organizzazione viene smantellata nell’aprile del 1944 in seguito alle indagini della questura e dei carabinieri di Cosenza, i quali, sospettando che nella città bruzia elementi noti per il loro passato propagandassero le idee fasciste, accertarono che l’opera di proselitismo, svolta prevalentemente fra i giovani, era solo uno degli aspetti della vasta organizzazione che aveva tra i suoi obiettivi la ricostituzione del partito fascista e la cacciata degli Alleati. In seguito a queste indagini sessanta persone furono arrestate e accusate presso il tribunale militare del XXXI Corpo d’armata con sede a Catanzaro di associazione sovversiva. Ulteriori indagini accrescono ulteriormente il numero degli indagati fino a portarlo a ottantotto e svelano il ruolo di primo piano svolta dal marchese Gaetano Morelli di Crotone e dell’avvocato cosentino Luigi Filosa. L’8 aprile 1945 il tribunale militare assolve venticinque persone per non aver commesso il fatto o per insufficienza di prove mentre Luigi Filosa e Gaetano Morelli vengono riconosciuti colpevoli di cospirazione politica mediante associazione e condannati rispettivamente a otto e a nove anni di reclusione <65. Fu proprio all’interno di questo famoso processo che si venne a delineare l’importanza del principe Valerio Pignatelli e di sua moglie, Maria Elia, personaggi importanti per il clandestinismo neofascista non solo nell’Italia meridionale – e calabrese in particolare – ma in tutta Italia.
[NOTE]
63 D’ora in poi MIF.
64 KATIA MASSARA, Vivere pericolosamente. Neofascisti in Calabria oltre Mussolini, Aracne, Roma 2014, p. 39; Si veda anche F. TIGANI SAVA, Il processo degli Ottantotto a Catanzaro, 1943-1945, Edizioni scientifiche italiane, Napoli 1978; G. PARLATO, Fascisti senza Mussolini. Le origini del neofascismo in Italia 1943-1948, il Mulino, Bologna 2006; F. FATICA, Mezzogiorno e fascismo clandestino, 1943-1945, Isses, Napoli 1998.
65 Le altre condanne andavano dai quattro ai sei anni. In seguito all’amnistia promulgata da Togliatti i condannati saranno tutti scarcerati.
Domenico Sorrenti, Il neofascismo nell’Italia meridionale tra eversione e legalità, Tesi di dottorato, Università della Calabria, 2017