Craxi, sin dai primi anni di militanza nel partito, ebbe la possibilità di poter viaggiare molto per compiti di rappresentanza

La vera novità che Craxi ed il PSI aggiunsero all’eurosocialismo fu l’aggettivo mediterraneo, che il segretario stesso volle all’indomani della sua elezione. Dietro questa aggiunta vi era la ferma convinzione che una più stretta collaborazione con i paesi che si affacciavano sul Mediterraneo, doveva essere il nodo fondamentale verso il quale dirottare l’impegno italiano, poiché proprio l’Italia, data la sua naturale collocazione, era il paese che più poteva trarre vantaggio da una situazione di pace e sicurezza nel bacino, in modo tale da favorire gli scambi commerciali e lo sviluppo comune con i paesi del nord-africa. Da una parte, dunque, era necessario operarsi per la cessazione dei conflitti nella sponda sudorientale del Mediterraneo, in modo da favorirne lo sviluppo ed imbastendo relazioni preferenziali con tali stati. Dall’altra, l’aggettivo voluto dal politico lombardo doveva anche significare il comune impegno dei paesi europei del sud a far fronte comune in Europa per sottolineare e portare attenzione sulle problematiche dell’area, in nome della maggiore collaborazione, dati gli interessi comuni, che era necessario attuare tra questi paesi. Lo stesso Craxi espose la questione senza mezzi termini e con lo stile limpido che lo ha sempre contraddistinto: “l’idea del mare nostrum appartiene al bagaglio nazionalistico di altri tempi ma anche la paura del contagio con la regione e con gli stati del Mediterraneo appartiene ad un provincialismo duro a morire. Vogliamo svolgere un ruolo di pace e di cooperazione nel Mediterraneo. Vogliamo mantenere, sviluppare o aprire, quando sono ancora chiuse o limitate, le migliori relazioni con tutti gli stati della regione” <11. Le strade dei due partiti maggiori della sinistra italiana con le loro rinate linee di politica estera, e il contesto internazionale che prospettava una ripresa della guerra fredda, si incontrano finalmente nel Corno D’Africa, nelle sabbie dell’Ogaden, che secondo l’espressione di Zbigniew Brzezinsky, consigliere per la sicurezza del presidente Carter, seppellirono il SALT II (Strategic Arms Limitation Treaty), e di conseguenza la distensione fra i blocchi <12. Dopo la presa di potere in Somalia del generale Siad Barre tra il 1969 e il 1970, l’allora Presidente del Consiglio Aldo Moro cercò di mettere in atto un riavvicinamento con il paese africano, per difendere gli interessi italiani sul territorio, che erano stati fortemente danneggiati dalle nazionalizzazioni operate dal suddetto presidente, o meglio, dittatore somalo. Mentre ciò accadeva, Barre cominciò a stringere rapporti commerciali, politici e di cooperazione militare con l’Unione Sovietica, aprendo uno spiraglio di penetrazione anche per lo stesso PCI, che ovviamente non se lo fece sfuggire. Tuttavia, le relazioni tra la Somalia ed i comunisti italiani vennero messe in crisi, quando, a seguito della rivoluzione, l’Etiopia virò verso posizioni filosovietiche, provocando la decisa reazione del capo di stato somalo che, voltando le spalle a Mosca, attaccò lo storico vicino. Proprio in questi avvenimenti, Craxi vide l’opportunità di costituire rapporti preferenziali con Barre, sradicando del tutto ciò che era rimasto della presenza comunista in Somalia, sferrando un duro colpo al partito di via delle Botteghe Oscure. Così, dal 1980 il PSI conquistò posizioni sempre più solide nel paese africano, realizzando una serie di investimenti legati alla segreteria del partito e mediati dallo stesso presidente somalo, senza trascurare che quando Craxi divenne primo ministro poté vantare ottimi rapporti con quest’ultimo. Era una schiacciante vittoria della linea di politica estera che il neosegretario aveva impresso al suo partito, l’eurosocialismo mediterraneo, esplicativa della grande attenzione ed efficienza con cui egli guardava ai paesi del sud.
1.2 Socialismo europeo
Craxi, sin dai primi anni di militanza nel partito, ebbe la possibilità di poter viaggiare molto per compiti di rappresentanza, toccando con mano quegli scenari, come la Cina maoista di cui tanto si sentiva parlare, riuscendo a sviluppare una mentalità sicuramente meno provinciale rispetto ai suoi colleghi <13. Già tra gli anni ’50 e ‘60, per conto dell’UNURI (Unione Nazionale Universitaria Rappresentativa Italiana), di cui era vicepresidente, cominciò a svolgere numerose attività anche al di fuori dei confini italiani, partecipando a congressi in tutto il mondo, dalla Cina al Perù, e anche nella stessa Europa occidentale, dove avviò quei rapporti con i compagni dell’Internazionale socialista che svilupperà intensamente una volta raggiunto il vertice del partito. Gli anni ’70-’80, che videro in Italia la scalata di Craxi verso la segreteria, culminata nel 1976 con la “congiura del Midas” <14, ed il suo arrivo alla Presidenza del Consiglio nel 1983, furono anche gli anni più favorevoli per tutto il movimento socialdemocratico in Europa: a partire dal 1969, infatti, quasi tutti i principali paesi europei ebbero almeno un governo a guida socialista. È proprio in questo anno che il membro del Partito Socialdemocratico di Germania (SPD), Willy Brandt, dopo essere stato già sindaco di Berlino Ovest, divenne Cancelliere federale della Germania fino al 1974, inaugurando quella politica di normalizzazione dei rapporti con l’ovest sovietico nota come Ostpolitik, e che sarà tanto grata allo stesso Craxi, con cui avrà un’ampia coincidenza di vedute. Anche nella lontana Inghilterra dal ’64 al ’79 si succedettero ben tre governi laburisti, con il primo ministro Harold Wilson e poi con James Callaghan. In Spagna e Portogallo, rispettivamente dopo la caduta del regime franchista nel ’75 e della dittatura di Salazar nel ’74 a seguito della cosiddetta “rivoluzione dei garofani”, i primi governi democratici videro ai loro vertici i socialisti Adolfo Suarez e Mario Soares. In Francia, invece, per vedere un socialdemocratico all’Eliseo, bisognerà aspettare fino ad inizio anni ’80; infatti Mitterrand, dopo il fallimento della sua Union de gauche nel 1974, riuscirà ad ottenere la Presidenza della Repubblica nel 1981, mantenendola fino al 1995, diventando così il più longevo presidente della V Repubblica francese. Questi grandi personaggi rappresentarono per Craxi degli stimoli e dei modelli a cui affiancarsi, nell’ottica di quell’intreccio di relazioni, di cui si è già detto, che lo statista milanese poté vantare. Nella attenta analisi, che fa del segretario socialista, Antonio Ghirelli riscontra, contrapponendolo al socialismo umanistico e marxiano di Claudio Signorile, i tratti di un laburismo manageriale all’inglese <15, distaccato dalla profonda ideologia marxista, più attento al concreto che all’elaborazione teorica, che non rinuncia al suo legame indissolubile con i ceti proletari, ma che nel mentre tende la mano anche al mondo dell’imprenditoria e del lavoro indipendente. Lo stesso Craxi, non ancora segretario, nel discorso pronunciato in occasione del 40° Congresso del PSI svoltosi a Roma nel 1976, dimostrò di guardare con favore agli stessi Brandt e Mitterrand. Egli dichiarò che, nel prospettare una alternativa di sinistra all’egemonia DC, “il partito deve puntare alla creazione di un polo socialista di movimento e di organizzazione che possa rappresentare il punto di attrazione e di raccordo di tutte le forze della sinistra non comunista, non di una ipotesi integralista di partito e non in un proposito conflittuale con il Partito comunista”, ma ciò non era realizzabile finché non si sarebbe rinnovato lo stesso Partito socialista, che non riusciva ad avere un rapporto organico con la società. Egli pensava “al fiorire di un associazionismo spontaneo di leghe, di collettivi, di iniziative culturali, per approdare ad una nuova ideologia organizzativa che non può essere il centralismo democratico che ci è estraneo, ma neppure la mezzadria burocratica” <16.
In queste parole il riferimento al PSF di Mitterrand è evidente, rispetto alla riorganizzazione che il politico di Jarnac aveva imposto al suo partito, portandolo alla conquista dell’egemonia della sinistra francese. L’idea era quella, fondamentale all’interno del pensiero di Craxi, di portare anche il Partito Socialista Italiano, come gli omologhi europei, ad essere la prima forza nel panorama della sinistra; tuttavia il suo compito era assai arduo, dovendo fronteggiare il più forte partito comunista occidentale. Rispetto a Brandt, egli, nella stessa occasione, si collocava su posizioni molto simili a quelle del politico tedesco riguardo le prospettive del processo di integrazione europea: “La sola prospettiva che possa assicurare ai popoli occidentali un avvenire meno insicuro è quella di un Europa socialista e democratica in cui rimanga in campo l’ideologia dominante delle grandi organizzazioni sindacali e politiche, la versione democratica del socialismo, la vituperata eresia revisionistica, il cui compito storico non è affatto quello di distruggere le istituzioni esistenti, bensì di modificarle profondamente e di adattarle agli specifici ideali egualitari dell’alternativa socialista” <17. Ancora, con l’ex Cancelliere, Craxi si troverà in perfetta sintonia all’interno dell’Internazionale socialista. Il 29 novembre 1976 si tenne a Ginevra il 13° Congresso dell’Internazionale per festeggiare i 25 anni dalla sua rifondazione. Brandt fu eletto presidente, incominciando quel processo che darà nuova vita e dinamicità all’organizzazione, portando lo statista tedesco ad ergersi come vero e proprio faro del socialismo europeo. L’idea di rinnovamento era quella di un maggiore sforzo verso il raggiungimento della pace e del disarmo, di impegno per liberare il mondo dal suo eurocentrismo, rendendolo aperto ai partner del Terzo Mondo, e la stessa Internazionale, dal suo anticomunismo viscerale, che tanto l’aveva immobilizzata <18. Craxi, ancora una volta, si posizionerà sulla stessa linea del neoeletto presidente, con un avvincente discorso che toccava i problemi dell’economia mondiale, del sottosviluppo e della cooperazione internazionale. Per lui i socialisti avevano il dovere di difendere ogni grande progetto internazionale che avesse imposto “un ritmo accentuato all’evoluzione dei Paesi e delle regioni più povere”, l’Internazionale doveva diventare il polo più attivo della nuova solidarietà mondiale, per sostenere un’offensiva della pace e garantire l’appoggio “ai popoli in lotta contro ogni imperialismo” <19. L’orazione fu una delle più apprezzate, e la conferenza si concluse con la sua consacrazione come una delle personalità più importanti del socialismo europeo, uscendone da vicepresidente. Questo cammino di emancipazione dal retaggio comunista, e di avvicinamento agli ideali del socialismo internazionale, non è rinvenibile solo nei discorsi e nel programma politico del segretario, ma divenne un cambiamento concreto, tangibile, iconografico. Nel 41° Congresso di Torino del 1978, Craxi svelò il nuovo simbolo del partito: un grande garofano rosso, che dominava e relegava a mero dettaglio gli ormai antichi falce e martello. Era molto di più di un semplice simbolo, poiché esso richiamava alla tradizione socialista prefascista ed anteriore al monopolio che il partito comunista aveva imposto sulla sinistra italiana. Richiamava la rosa rossa, simbolo adottato pochi anni prima dai socialisti francesi, dagli spagnoli, dalla socialdemocrazia tedesca e dalla stessa Internazionale. Infine, era un omaggio alla rivoluzione che nel ’74 aveva restituito le libertà democratiche al popolo portoghese. Nel 1987, falce e martello vennero definitivamente rimosse, a seguito del completamento del percorso di allontanamento dal marxismo.
[NOTE]
11 B. Craxi, Uno sguardo sul mondo: appunti e scritti di politica estera, Mondadori, Milano, 2018, p. 83.
12 Matteo Gerlini, op. cit.
13 A. Ghirelli, op. cit.
14 S. Colarizi e M. Gervasoni, La cruna dell’ago: Craxi, il partito socialista e la crisi della repubblica, Laterza, Bari, 2005.
15 A. Ghirelli, op. cit., p. 9.
16 B. Craxi, Discorso al 40° Congresso del Partito Socialista Italiano, Roma, 1976, p. 10.
17 Ivi, p. 12.
18 W. Brandt, Discorso al 13° Congresso dell’Internazionale Socialista, Ginevra, 1976.
19 B. Craxi, Discorso al 13° Congresso dell’Internazionale Socialista, Ginevra, 1976, p. 3.
Alessandro Panico, L’impegno per la pace ed il supporto al dissenso nell’operato di Bettino Craxi, Tesi di laurea, Università Luiss, Anno accademico 2019/2020