L’arrivo di Calosso portava alla Costituzione di un Comitato di coordinazione della propaganda

Il 30 gennaio 1941 Thornhill e Stark scrivevano il “Memorandum on the use of Italian prisoner for anti-fascist political work” <38. Il documento rientrava all’interno delle speranze britanniche che l’Italia potesse chiedere una pace separata. All’indomani dell’armistizio sarebbero tornati in Italia gli ex prigionieri. Alcuni reduci, specificamente selezionati, avrebbero dovuto prendere il potere manu militari con l’aiuto di reparti delle forze armate britanniche e costituire la nuova classe dirigente antifascista, democratica ma soprattutto filo-britannica.
Al momento, tuttavia, la massa dei prigionieri, pur contraria al regime, non aveva alcuna educazione politica antifascista. A un ristretto numero di pows, profondamente edotti di cultura antifascista e affidabili agli occhi britannici, sarebbero state insegnate le tattiche militari utili a farli diventare agili ma addestratissimi commandos che avrebbero preso in scacco le forze del regime.
L’educazione politica si sarebbe dovuta attuare attraverso liberi dibattiti (da organizzare frequentemente) di ufficiali e soldati prigionieri di guerra dalle indubbie convinzioni antifasciste, sia con intellettuali e politici britannici che italiani presenti in Egitto. Questi incontri avrebbero portato alla nascita del periodico «Review of Political Theory». Il foglio sarebbe stato la piattaforma per elaborare la migliore propaganda possibile da indirizzare agli italiani e quindi creare fattivamente il materiale propagandistico da indirizzare ai civili in Italia e nelle colonie, così come agli stessi prigionieri nei campi. Nel frattempo, gli stessi prigionieri dovevano continuare a essere edotti all’antifascismo col «Giornale d’Oriente» e il «Bollettino di notizie dall’Italia e dall’estero». L’apprendimento antifascista doveva essere attuato anche con contatti personali con gli ufficiali e la truppa da parte di britannici e antifascisti italiani.
Quanto agli uomini da scegliere per le azioni di sovversione armata da attuare in Italia, essi dovevano appartenere a tutte le città e cittadine italiane ed essere in grado di realizzare, con l’aiuto delle forze armate britanniche, la neutralizzazione della milizia e di quella parte dell’esercito fedele al regime. Secondo Thornhill e Stark, con una sommossa di questo tipo si sarebbero evitati i golpe di palazzo, che pur scalzando Mussolini, non avrebbero fatto altro che rendere più forte il fascismo agli occhi delle masse italiane.
I progetti restavano per il momento sulla carta e Thornhill e i suoi collaboratori non avevano la forza di imporre il programma secondo tutte le linee considerate. Le alte autorità civili e militari britanniche furono attratte dall’idea di poter creare una Free Italian force dai prigionieri italiani. Secondo il Foreign Office essa poteva avere un’eccellente utilità da un punto di vista politico e propagandistico. La legione, inoltre, avrebbe potuto provocare le simpatie degli antifascisti italiani, che si sarebbero potuti identificare con questa. Churchill appoggiò l’iniziativa e nel febbraio 1941 espose che non vedeva obiezioni alla possibile nascita di una “anti-Mussolini or Free Italian force in Cyrenaica” <39.
Il 18 marzo nasceva il «Corriere d’Italia», che Thornhill ipotizzava potesse essere diffuso anche a Bengasi, nell’Africa Orientale Italiana e forse anche in India e Sudafrica <40. All’interno del quotidiano il lavoro di Vittorelli era quello più impegnativo: doveva scegliere giornalmente le notizie più interessanti tra quelle lette nelle agenzie di stampa internazionali. Lo aiutava in questo il fratello Giuseppe. Ad affiancarli vi erano due redattori-traduttori, italiani residenti al Cairo che si chiamavano Acco e Garbati. Il capocronista era l’ebreo pisano Emilio Millul, un ufficiale di carriera allontanato dall’esercito a causa delle leggi razziali <41.
La responsabilità amministrativa andava a un certo Cristos Malavasisg, alias Cristiano Malavasi, un uomo che lavorava nel giornale. I fratelli Battino confezionavano le news politiche e militari; mentre per la terza pagina dovevano copiare a piene mani dai quotidiani italiani.
Venivano in breve impiegati come redattori due prigionieri italiani: il Sottotenente Francesco Paleani e Sanvenero, ma avrebbero firmato come Antonio Panizzi e Santini. Da quanto sappiamo, Panizzi era passato alle dipendenze inglesi dopo un periodo al campo di Meadi (Cairo), una struttura creata specificamente per ottenere informazioni dai prigionieri, piena di confidenti al soldo delle autorità imperiali e di microfoni negli alloggiamenti privati e negli spazi pubblici. Dall’agosto veniva un altro prigioniero che utilizzava lo pseudonimo Stefano Terra, già giellista di Torino <42.
I collaboratori più importanti furono, tuttavia, dal maggio 1941, Umberto Calosso <43, giunto al Cairo il 28 aprile 1941 <44, storico dirigente di Giustizia e Libertà, ed Enzo Sereni <45.
L’arrivo di Calosso portava alla Costituzione di un Comitato di coordinazione della propaganda, di cui l’antifascista piemontese fungeva da presidente, gli altri membri erano Vittorelli, Sereni e la scrittrice Fausta Terni Cialente. La presidenza di Calosso e la sua permanenza in Egitto erano vincolate strettamente da due contratti, il primo firmato il 30 marzo 1941, nel quale egli si impegnava a diventare un esecutore delle direttive dello SOE con scarsi margini di manovra personali; l’altro dal contenuto sconosciuto vergato al Cairo il 4 maggio 1941 <46.
I compiti del Comitato <47 erano assicurare la “Responsabilità collettiva per la propaganda italiana, giornale, radio, scuola prigionieri”; curare i contatti con elementi antifascisti all’estero e coordinare con questi la propaganda; collaborazione con gli antifascisti locali per aumentare la portata della propaganda anche nella colonia italiana. Per i prigionieri erano specificamente previste, oltre che le attività di propaganda, anche la creazione di una serie di attività ludiche: dovevano essere create una compagnia filodrammatica; recite e proiezioni cinematografiche; conferenze di carattere generale; una biblioteca circolante; piccole feste. Queste attività, sorte da comitati autonomi nei campi sarebbero state sotto il controllo del Comitato. In tutti i campi si sarebbero dovute creare radio grazie a contributi degli italiani in colonia. Con l’aiuto del British Council si sarebbero dovute realizzare delle scuole d’inglese nei campi. Ci sarebbero stati premi speciali per prigionieri per articoli e vignette, da loro proposti, che sarebbero stati pubblicati sul giornale. Per i militari in cattività era infine stata progettata una scuola, i cui insegnanti dovevano essere membri del comitato e si sarebbe dovuto iniziare velocemente il reclutamento, da farsi con interviste ai prigionieri48.
Marzo era il momento del massimo prestigio di Thornhill: dagli interrogatori dei militari italiani emergeva come i volantini in italiano, prodotti da lui e dai suoi collaboratori e sganciati sugli italiani nelle battaglie sul fronte settentrionale, avevano avuto un forte effetto deprimente sul morale italiano accelerando la resa delle divisioni <49.
Lo stesso Thornhill era inoltre andato in India, sempre in quello stesso marzo, chiamato dalla massima autorità militare della regione, il generale Claude John Eyre Auchinleck, per investigare la possibilità di fare propaganda tra i prigionieri di guerra italiani lì deportati.
[NOTE]
38 Il documento è rinvenibile in NA, FO 371/29936.
39 Bob Moore – Kent Fedorowich, British Empire, cit., p. 109.
40 NA, FO 898/114, Minutes of the sixteenth meeting held at the Publicity Section, British Embassy, 17 marzo 1941.
41 Paolo Vittorelli, Al di là del fascismo. Il “Corriere d’Italia”, un quotidiano giellista in Egitto (1941), pp. 10-1. In CSPG, Fondo Umberto Calosso, Scatola 1, cartella 3, sottocartella 1, f. 6, comunicazione di Raffaello Battino a Emilio Lussu, 26 marzo 1942 Battino dice che Millul è torinese.
42 CSPG, Fondo Umberto Calosso, Scatola 1, cartella 3, sottocartella 1, f. 6, comunicazione di Raffaello Battino a Emilio Lussu, 26 marzo 1942.
43 A proposito della permanenza di Calosso in Egitto cfr. Antonio Varsori, Umberto Calosso, cit.; Paolo Vittorelli, Una testimonianza, cit., pp. 114-23. Calosso, in quanto antifascista, fu oggetto di attenzione da parte del Ministero dell’Interno e la sua corrispondenza controllata, cfr. ACS, Ministero dell’Interno, Direzione generale di pubblica sicurezza, Divisione affari generali e riservati, Casellario Politico Centrale, b. 958. Dall’esame della busta non sembra emergere niente di particolarmente rilevante o originale riguardo al suo periodo in Egitto.
44 Cfr. A. Varsori, Umberto Calosso, cit., p. 279-80.
45 Nelle carte del CAHJP, Fondo “Enzo Sereni” – P 145, 36 a e b: Articoli di Enzo Sereni pubblicati sul “Giornale d’Oriente e sul “Corriere d’Italia”, 4.1.1941-28.9.1941, nella seconda parte del fascicolo, quello dedicato alla raccolta di articoli pubblicati su il «Corriere d’Italia», il primo articolo uscito sul quotidiano è del 7 maggio 1941.
46 Sul primo contratto v. Antonio Varsori, Umberto Calosso, cit., p. 276; il secondo contratto è soltanto citato in CSPG, Fondo Umberto Calosso, Scatola 1, cartella 3, sottocartella 1, f. 6, comunicazione di Thornhill a Calosso del 31 luglio 1941.
47 Il documento che attesta i compiti del comitato si trova in Fondo “Enzo Sereni” – P 145, Missione in Egitto, 10a: Corrispondenza e note riguardanti l’azione di propaganda antifascista in Egitto, 1940-1942, Compiti del Comitato, [s.d.]
48 Ibidem.
49 Cfr. David Garnett, The Secret History, cit., pp. 67-8.
Salvatore Lombardo, Politiche di propaganda britanniche e storie di prigionia italiana tra Egitto e India, Tesi di dottorato, Università di Pisa, Anno accademico 2011-2012

All’anagrafe Umberto Matteo Carlo Calosso, nato a Belveglio d’Asti il 23 settembre 1895, si formò negli ambienti dell’antifascismo torinese (capitolo tre: Another anti-fascist in Malta: Umberto Calosso <16); in contatto con Antonio Gramsci e Piero Gobetti, consacrò la sua vita ad un antifascismo militante e a Malta si impegnò, assieme alla moglie, a disgiungere l’insegnamento della letteratura italiana dal fascismo (capitolo quarto: Umberto Calosso roams in Malta <17). Tale era il suo profilo di intellettuale che, benché fosse di fatto un “dipendente” di Gerald Strickland, per lui ebbe parole di stima persino l’allora ministro dell’educazione Enrico Mizzi <18.
Calosso si spostò poi in Spagna dove prese parte alla Guerra civile tra le fila dei lealisti repubblicani (capitolo cinque: The freedom fighter in action <19).
Con il rientro a Malta, Calosso si trovò in una situazione ancora più difficoltosa, osteggiato da clerici e filofascisti per il suo impegno attivo durante la guerra di Spagna. Pur avendo ottenuto il passaporto maltese nell’aprile 1940 divenendo a tutti gli effetti suddito della Corona, non poté vedere esaudito il desiderio di occupare il posto di professore di letteratura italiana all’università (capitolo sesto: The quest for the Chair of Italian Literature – a mirage <20). La sua vicenda, durante il periodo bellico è particolarmente significativa delle peregrinazioni degli antifascisti in questo periodo. Fu dapprima in Tunisia (per organizzare, su proposta del servizio di intelligence del Regno Unito, la propaganda e la pubblicazione di un giornale antifascista in lingua italiana di orientamento filo-britannico), poi a Lisbona con la moglie per nove mesi (impossibilitato a rientrare a Malta dalla possibile imminenza dell’invasione italo-tedesca) e infine in Egitto (come coordinatore della propaganda alleata per gli italiani in Medio Oriente). Proprio nella capitale egiziana Calosso avrebbe maturato l’idea, per la verità ancora prematura, dell’urgenza di creare un fronte comune, sul modello del Fronte popolare spagnolo ma con l’inclusione dei cattolici di Don Luigi Sturzo, da opporre al regime fascista (capitolo settimo: At Tunisia, Lisbon, Egypt and England <21). Fu anche tra le voci di Radio Londra che, come rileva Peresso, con il suo inconfondibile accento piemontese espresse in modo inequivocabile il suo pensiero antifascista <22.
[NOTE]
16 PERESSO, Giorgio, op. cit., pp. 87-95.
17 Ibidem, pp. 97-124.
18 Ibidem, pp. 99-101.
19 Ibidem, pp. 125-140.
20 Ibidem, pp. 141-158.
21 Ibidem, pp. 159-187.
22 Ibidem, p. 176.
Deborah Paci, Recensione: Giorgio PERESSO, Giuseppe Donati and Umberto Calosso. Two Italian Anti-fascist Refugees in Malta, Diacronie, N° 30, 2 – 2017

Una figura femminile spicca su tutte in maniera paradigmatica: Fausta Cialente, scrittrice e traduttrice, vincitrice del Premio Strega nel 1976 con “Le quattro ragazze Wieselberger”, autrice di numerosi romanzi influenzati dai paesaggi e dalla storia dell’Egitto, paese dove andò a vivere nel 1921 a fianco del marito, Enrico Terni, un agente di cambio. Le protagoniste dei suoi libri incarnano una femminilità indipendente e libera dalle prescrizioni sociali, indoli ribelli e partecipi della vita pubblica, proprio come fu la stessa Cialente, la quale tra il 1940 e il 1947 abbondonò il suo mestiere di scrittrice e la casa coniugale ad Alessandria d‘Egitto per trasferirsi da sola al Cairo, dove lavorò come giornalista nella sezione dello Special Operations Executive destinato alla propaganda britannica.
Nel fondo archivistico a lei dedicato presso il Centro manoscritti dell‘Università di Pavia è conservato il suo diario di guerra: nove quaderni in cui Cialente racconta la sua avventurosa esperienza, che dall’ottobre 1940 al febbraio 1943 la vide scrivere e coordinare la trasmissione quotidiana di Radio Cairo “Siamo italiani, parliamo agli Italiani”, nata con l‘obiettivo di spronare i cittadini della penisola a rialzare la testa, sbugiardando le notizie diramate in Italia e in tutto il bacino del Mediterraneo dalla Stefani. Evidentemente apprese bene il nuovo mestiere se fu incaricata dagli inglesi di dar vita ad altre due radio, che trasmettevano in Italia da Gerusalemme e dalla Marmarica. Negli anni Quaranta lavorò anche come giornalista per la carta stampata, scrivendo per il «Fronte Unito», il «Mattino della Domenica» e il «Corriere d‘Italia» che, pubblicato da marzo a dicembre del 1941, nasceva in sostituzione del già citato «Giornale d’Oriente». La voce più influente degli italiani d‘Egitto cambiò così casacca, e, stando alla testimonianza della Cialente, ciò comportò anche una sostituzione delle agenzie di stampa di riferimento: ora le notizie non venivano più ricalcate sui lanci d‘agenzia della Stefani, bensì della Reuters, dell’Havas e dell‘Associated Press. Attraverso il lavoro per i microfoni di Radio Cairo e nelle redazioni dei quotidiani, Fausta Cialente entrò nella complicata trama del giornalismo cairota, tra spionaggio, diplomazia e propaganda, incrociando molteplici percorsi biografici e professionali: dall’ambasciatore del governo provvisorio francese a Mosca a Palmiro Togliatti, da Umberto Calosso, già speaker per Radio Londra, a Erika Mann, da Paolo Vittorelli a Laura Levi e a Renato Mieli, il già ricordato primo ‘ufficioso’ direttore dell’Ansa.
Anna Ferrando, Le vie della stampa: agenti e agenzie di informazione nello snodo egiziano tra XIX e XX secolo. Problemi e prospettive di ricerca in Intersezioni tra Oriente e Occidente, Atti del Convegno Internazionale Un itinerario tra Oriente e Occidente: la Via della Seta dal (e verso il) Mediterraneo, Il Cairo, 6-7 luglio 2019, stampato con il contributo dell’Istituto Italiano di Cultura Il Cairo (2020)

Chissà cosa avrà visto Enzo Sereni quel maledetto 18 novembre 1944 a Dachau quando un nazista diede il via per la sua fucilazione. Un giorno maledetto che ha strappato al mondo un eroe, un partigiano, un scrittore.
Enzo nasce a Roma da una famiglia ebraica dell’alta borghesia della città nel 1905, due anni prima dell’elezione a sindaco del suo correligionario Ernesto Nathan. Suo padre era il medico del Re d’Italia, suo zio Angelo presidente della comunità ebraica romana.
Coniugato con Ada Ascarelli, partì per la Palestina sotto il mandato britannico subito dopo aver conseguito la laurea. Nella futura Israele, Enzo Sereni lavorò nell’aranceto a Rehovot e diede il proprio contributo nella costruzione di Givat Brenner, un kibbutz dove nacquero i suoi figli Hagar Daniel, che si aggiunsero alla primogenita Hana nata a Roma.
Enzo Sereni era un pacifista, la sua idea di coesistenza e integrazione tra società ebraiche e arabe fa invidia ancora oggi. Idee che non potevano fargli accettare quello che stava accadendo in Europa, dove le idee nazifasciste stavano preparando la Seconda Guerra Mondiale.
Venne mandato nel Vecchio Continente agli inizi degli Anni 30 per aiutare a portare le persone in Palestina. Fu arrestato dalla Gestapo in Germania, dove aiutò a organizzare il movimento Hechalutz. Poi si trasferì negli Stati Uniti per dare il suo contributo a organizzare il movimento sionista locale.
Scoppiato il secondo conflitto mondiale, entrò a far parte della British Army, la componente terrestre delle forze armate britanniche, e si batté per rinforzare la propaganda anti-fascista in Egitto.
Mandato in Iraq, ebbe problemi con i superiori della British Army perché anche qui tentò di aiutare delle persone a trasferirsi dell’allora Palestina: venne anche imprigionato per poco tempo per la contraffazione di passaporti.
Diventato ufficiale della Brigata ebraica, in Italia Sereni ispirò la creazione di un’unità dell’Agenzia ebraica a Bari, avente l’obiettivo di aiutare gli ebrei che si trovano nei territori occupati dai nazisti, fino alla metà del 1944 quando venne paracadutato nell’Italia settentrionale sotto il falso nome di Samuel Barda ma fu catturato immediatamente a Maggiano di Lucca.
Redazione, Enzo Sereni, un eroe ucciso dalla furia nazista, Progetto Dreyfus, 24 aprile 2019