Il suo nome è insieme a quello degli altri caduti nella lapide affissa nella via principale del paese

Paglieres, Frazione del Comune di San Damiano Macra (CN). Fonte: www.escursionismo.it

Storia di una “ricerca” itinerante….
Si sapeva che era stato scout ed era morto partigiano. A Savona la famiglia, gli amici, i conoscenti ed i colleghi, ci avevano detto molte cose di lui, tutte quelle comparse in questo articolo pubblicato da “R.S. Servire”, la rivista Rover lombarda.
Uno scout caduto durante la Resistenza.
Tenente Rossi Giuseppe (Renzo)
Nacque a Savona il 27 giugno 1915 e a soli otto anni entrò a far parte dell’ASCI nell’allora Riparto Sv III (l’odierno II), dove svolse i suoi primi anni di vita scout. Si distinse particolarmente ed è a tutt’oggi ricordato per la puntualità, il buon comportamento, la regolarità del servizio, la continua prontezza, la giovialità del carattere. Nessuno ricorda di averlo mai conosciuto inquieto od euforico. Costruttivo e posato rifuggì sempre dall’atteggiare se stesso alla stregua dei classici fuochi di paglia. Approvava con un sorriso; con un sorriso negava. Fu presente nel ’28 allo scioglimento dei suo Riparto, nella tutt’oggi famosa “Cerimonia delle lacrime”. Benvoluto da tutti è presentemente ricordato con una fotografia, listata dal tricolore, da nucleo odierno del suo Riparto. Frequentò gli studi, prima delle Scuole Pie, quindi al Collegio civico di Mondovì dove si distinse per le sue doti di allievo, meritando anche il riconoscimento ufficiale del Collegio stesso. Normalmente svolgendo la sua professione di geometra, nella direzione, assieme al padre, dell’impresa paterna, si rese noto e benvoluto per le sue qualità spiccatamente cristiane e scout. Con l’entrata in guerra della Germania, fu richiamato e dovette lasciare per la seconda volta in breve spazio, la casa e i genitori coi quali era tornato ad abitare dopo il ritorno dal servizio di leva. Col grado di Tenente fu, nel genio ferrovieri, prima a Torino poi a Mondovì. All’entrata in guerra dell’Italia fu trasferito in Francia e partecipò alla costruzione del ponte di Saint Louis.
Traslocato in seguito in Croazia vi rimase fino al settembre 1943 quale unico comandante della posizione, dopo la morte del capitano e il ferimento del secondo ufficiale. Avuto sentore della tragedia che già volteggiava per aria, dopo aver trasportato le truppe verso il confine, ritornava con pochi volenterosi a presidiare il posto affidatogli.
All’8 settembre con la disfatta, fuggì e riuscì ad arrivare a Trieste. Vestito con abiti ricevuti in regalo raggiunse, dopo lunghe peripezie la nativa Savona, aggregato ad una carovana di zingari gitani. Più volte rastrellato dai nazifascisti, durante i rastrellamenti riuscì sempre a fuggire alla deportazione grazie alle grandi amicizie che aveva un po’ dovunque.
Aggravandosi la situazione, decise poi di cedere alla insistenza di amici e, nel giugno del ’44, partì per Cuneo dove aderì alle formazioni partigiane. Gli fu dato il soprannome di Renzo e il comando del distaccamento della seconda Banda “Val Maira”. I nazifascisti riuscirono a scoprire il covo delle forze partigiane ed a sorprendervele. A Renzo fu affidato il compito di arrestare il cammino dei nemici per dare tempo ai compagni di sgomberare i feriti. Appunto nell’adempimento di questo compito cadde a Paglieres [Frazione del comune di San Damiano Macra (CN)] il 27.11.’44 colpito da una pallottola all’altezza del cuore”.
Dall’8 settembre alla morte era stato partigiano. Perché lo era diventato? Cosa sapevamo su questo ultimo periodo della sua vita? Niente. Tutti avevamo fiducia in lui, perché era scout e come tale potevamo stare certi del suo comportamento. Ma in qualcuno, specialmente nei più giovani, c’era un po’ di diffidenza e soprattutto paura che egli avesse mancato all’ideale scout, per quella tremenda situazione in cui si trovano i giovani d’oggi rispetto alla resistenza. Hanno dei brutti ricordi di dolori e violenze perché in quel periodo erano bambini e oggi non sanno a chi credere perché ognuno ne parla diversamente; se cercano di giudicare obbiettivamente si trovano davanti al “cosa ne vuoi sapere tu che sei giovane” degli anziani e dei cosiddetti maturi; d’altronde se si guardano in giro la vedono decantata fino all’esasperazione dalle sinistre e calpestata dalle destre perché la vedono bene come un “dito nell’occhio”. Certo questi giovani si trovano disorientati ed è umano che siano diffidenti. Comunque è sempre bene estraniarsi dalle persone e giudicare il movimento, l’idea e i principi: sotto questo punto di vista non a torto si chiama la resistenza il secondo risorgimento d’Italia. Può darsi benissimo che tra i carbonari ci siano stati dei rubagalline e degli imboscati, dei disonesti e degli opportunisti: oggi sappiamo estraniarci dalle persone – perché non esistono più – e guardare al periodo di storia come tale. Così dobbiamo fare anche per la resistenza.
Però una eccezione la dovevamo fare: noi volevamo sapere tutto su Giuseppe Rossi, il nostro Renzo. E così è cominciata a S. Damiano Macra la nostra inchiesta. Tre pattuglie del Clan sono sguinzagliate: una in paese, una a Paglieres e dintorni e l’altra in bicicletta a Dronero. Io mi trovo in quest’ultima. Sembra tutto difficile all’inizio e rivangare avvenimenti di 11 anni fa non è una cosa permessa a tutte le memorie umane. “Forse quello potrà indicarvi, sì lui l’ha conosciuto…” era la frase che ci mandava da una persona all’altra, da Ghio a Notu, dal comandante dei garibaldini a un partigiano G.L., finchè a Cartignano troviamo il Sig. Acchiardi. E’ il primo che l’ha conosciuto personalmente. Pendiamo dal suo labbro: sì, abbiamo le prime affermazioni positive: bande organizzate, guerra e non guerriglia, combattenti e non sbandati, punizioni e radicamenti per i disonesti. E poi lui, ragazzo gioviale, calmo e sereno, semplice e fraterno: si costruisce nelle nostra mente la sua figura di scout e i preconcetti si sgretolano. Si ritorna alla base di S. Damiano dove convergono anche le altre pattuglie. Le notizie sono sempre migliori. Nei pressi di Paglieres esiste una diga: il guardiano della diga l’ha visto morire mentre sdraiato per terra era alla mitragliatrice per ritardare l’avanzata di una pattuglia di nazifascisti: a Pagliares dovevano sgomberare l’ospedale da campo e contavano su di lui. Fino al momento in cui una pallottola l’ha colpito, egli ha continuato a contrastare l’avanzata con coraggio e senso del dovere e dell’altruismo: è morto degnamente. Contadini ci parlano di lui come di nessun altro partigiano della G.L., non parliamo poi dei Garibaldini. Uno ha usato fino all’anno scorso il cappotto che Renzo gli aveva regalato… La pattuglia di S. Damiano ci comunica che il suo nome è insieme a quello degli altri caduti nella lapide affissa nella via principale del paese. Ma siamo ancora avidi di sapere e a Cuneo esistono altre persone che possono dirci meglio. Tre giorni dopo, la pattuglia scende ancora a Cuneo per incontrare le persone che ci hanno indicato i montanari. Vogliamo saperne di più… “Scusa Renzo se all’inizio non abbiamo avuto abbastanza fiducia: ora cerchiamo con altro spirito, per conoscerti meglio”. Il prof. Verra Commissario di brigata G.L. l’ha conosciuto bene: ce lo descrive non come una grande figura astratta di condottiero o trascinatore, ma come bravo ragazzo, uomo che fa il suo dovere, equilibrato e senza riserve dà tutto quello che deve dare, non è morto per fare un bell’atto, per eroismo o per entusiasmo, è morto facendo il suo dovere, quello era il suo posto e non l’ha abbandonato.. L’avvocato Cipellini ci descrive sempre la solita figura, lo distingue dagli altri, e ci racconta mille particolari. Vediamo ancora la sua figura di scout quando, scarseggiando i viveri, tutti erano avidi e in lui primeggiava la generosità; aveva imparato a comportarsi così nei campi scout. Il Dott. Pellegrini, pur nella diversità delle idee, vedeva in Renzo un caro compagno d’armi. “Era una nobile figura” ci ha detto, “mi era particolarmente legato”. “Renzo aveva fatto il turno di guardia il giorno prima, quella volta sarebbe toccata proprio a me”. L’inchiesta è stata una rivelazione e alla fine ci siamo detti: ”RENZO, UNO SCOUT”.
Il clan “A CAMPANASSA”
Lorenzo Bazzano
Giovanni Burzio
Gianfranco Ferrero
Antonio Incani
Amilcare Rebella
Don Nanni Ricci
Piero Sogno
Piero Vassallo
Redazione, Uno scout caduto durante la Resistenza, Quaderno Isrec n. 32 – aprile 2013

Li avevo già incontrati a marzo, mi aspettavano all’incrocio tra la cappelletta di Masone e la strada che conduce al Sacrario dei 59 fucilati del Turchino. Erano circa una ventina, ragazzi e ragazze del gruppo scout di Castelletto di Genova.
[…] Sono passato poi alla parte che forse conoscevano meno, quella dell’opposizione scout al fascismo, le riunioni clandestine, il mantenimento delle attività escursionistiche, nonostante i divieti, le violenze subite ed infine l’impegno nella Resistenza, come quello di Giuseppe Rossi “Renzo”, scout di Genova 3, comandante di un distaccamento della “Val Maira” caduto in combattimento, proprio tra quei monti, il 27 novembre ’44.
Molti di quei fatti non erano conosciuti neanche dai capi.
Massimo Bisca, Una giornata da Scout, Inserto Patria Indipendente 21 ottobre 2007

II Brigata Val Maira
[…] Rossi Giuseppe (Renzo) – Caduto in combattimento a Paglieres il 28-11-1944
Giorgio Bocca, Partigiani della montagna: vita delle divisioni Giustizia e libertà del Cuneese, Feltrinelli, 2010