La consegna di tutti i cosacchi, inclusi gli emigrati zaristi, era stata decisa dal potere politico ed era ineludibile

Nikolai Tolstoy è cittadino inglese, ma di sangue russo, discendente da nobili zaristi, riparati a Londra a seguito della Rivoluzione d’ottobre, e quindi avverso per tradizione famigliare al regime comunista sovietico. Nella sua ricostruzione delle vicende dei cosacchi che combatterono il comunismo a fianco dei tedeschi, non si può fare a meno di avvertire una marcata, ancorchè comprensibile, empatia per la causa cosacca ed una violenta critica delle autorità inglesi, a suo dire alcune non tutte, che tradirono la fiducia in loro riposta dai cosacchi consegnandoli con l’inganno e con la violenza ai sovietici, ben sapendo quale sarebbe stato il loro destino. In particolare, Tolstoy indica come responsabili e artefici del forzato rimpatrio della comunità cosacca tre personaggi: Harold Macmillan, rappresentante di Churchill presso l’AFHQ del Maresciallo Alexander, il Gen. Charles Keightley, Cte del V CA, e il Gen. Toby Low, suo Ca. SM.
Sulla base degli stessi elementi e circostanze storiche forniti da Tolstoy, ma depurandoli delle sue forzature e considerazioni preconcette, mi propongo di esporre, di seguito, una serie di osservazioni/riflessioni e formulare infine, con maggior serenità e distacco, una credibile ipotesi su responsabilità e colpe, che certamente vi furono, in merito alla indiscriminata e coatta consegna dei cosacchi ai sovietici.
Il Maresciallo Alexander, irritato a causa della arbitraria occupazione della Venezia Giulia, operata alla fine di aprile-primi di maggio, dalle forze jugoslave e preoccupato per la contestuale, confusa ed aggrovigliata situazione esistente in Carinzia, il 12 maggio inviò il Ministro consigliere Macmillan, presso il Cdo dell’8a Armata a Treviso, per rendersi conto di persona della situazione. Il giorno 13 maggio, dopo un breve incontro con il Gen. McCreery, Cte dell’8a Armata, Macmillan volò a Monfalcone ove si intrattenne con il Gen. Harding, Cte del XIII CA, responsabile della Venezia Giulia. Tolstoy trova strano e sospetto il successivo spostamento di Macmillan a Klagenfurt, in Carinzia, area di responsabilità del V CA ma è normale che, dovendo rendersi conto della situazione in questa seconda area di crisi, egli abbia voluto avere un colloquio anche con il Gen. Keightley, Cte del V CA. A maggior ragione doveva vederlo perchè la situazione in Carinzia era esplosiva, molto più complessa di quella dell’area di crisi giuliana. C’era infatti, in atto, un ininterrotto afflusso di consistenti unità militari tedesche, croate, slovene, cetniche con largo seguito di profughi civili, tutti provenienti dalla Jugoslavia e che intendevano consegnarsi agli inglesi. Bande partigiane jugoslave, indisciplinate, avevano superato il confine jugoslavo e imperversavano nel territorio austriaco affermando la sovranità jugoslava su tutta la Carinzia sud-orientale. Infine, a circa 40 km ad est di Klagenfurt, era insediata l’Armata sovietica del Gen. Buzukhova la cui zona di occupazione era contigua a quella del V CA inglese.
Il giorno 10 maggio, al Gen. Keightley, giunto al comando sovietico per concordare la linea di demarcazione tra inglesi e sovietici, era stata richiesta la consegna dei cosacchi presenti nel suo settore. Keightley diede una risposta interlocutoria. Il giorno successivo, i sovietici gli fecero pervenire la lista nominativa di ufficiali cosacchi zaristi dei quali volevano la consegna. Non è escluso che il Gen. Keightley, di fronte alle impudenti richieste dei sovietici che violavano i termini dell’accordo di Yalta, abbia chiesto istruzioni in merito. Macmillan fu probabilmente il latore di queste istruzioni che, in pratica, imponevano a un riluttante Keightley di aderire in toto alla richiesta sovietica.
E’ impensabile che queste istruzioni fossero un’iniziativa personale di Macmillan. Secondo Bethell <19, non è possibile stabilire esattamente a chi risalga la responsabilità della decisione, perchè i verbali delle riunioni del Gabinetto dei Ministri per il mese di maggio non trattano l’argomento, nè si è trovato alcun ordine scritto al riguardo. E’ noto e documentato, invece, l’atteggiamento del Foreign Office, da sempre ostile ai russi collaborazionisti e sempre pronto a compiacere la Dirigenza sovietica. Già nel 1944, questo era il punto di vista del Foreign Office, al riguardo: “Il trattamento riservato ai russi collaborazionisti è una questione che riguarda solo le autorità sovietiche e non il Governo di Sua Maestà […] Tutti i russi collaborazionisti o meno, in mano nostra, che le autorità sovietiche ritengono utile avere, devono essere loro consegnati e non ci riguarda il fatto che essi vengano giustiziati oppure trattati con brutalità e violenze contrarie alla legge inglese”<20.
E il Ministro Eden, nel raccomandare al Governo inglese l’approvazione dell’accordo di Yalta del febbraio 1945, riconobbe che rimpatriare i russi catturati avrebbe significato mandarli a morte certa ma aggiunse: “non è affare nostro preoccuparsi delle misure che i nostri alleati, incluso il Governo sovietico, attuano nei confronti dei loro cittadini […] Non possiamo permetterci di essere sentimentali al riguardo”<21. E’ anche noto che il Ministro del Foreign Office, Antony Eden, era un ammiratore di Stalin sin da quando lo aveva incontrato per la prima volta nel 1935. Alla conferenza di Mosca, (10-16 ottobre 1944), durante una riunione conviviale al Cremlino, Stalin si era rivolto informalmente ad Eden, confidandogli che gli stava molto a cuore il sollecito rimpatrio dei collaborazionisti russi catturati dagli inglesi sul fronte occidentale <22. Ma non fu solo Eden ad essere condiscendente con i sovietici, anche molti suoi funzionari lo furono tra i quali Christopher Warner, Capo del Dipartimento dell’Europa nord-orientale.
Sembra quindi di poter estendere anche al Foreign Office la responsabilità della piena adesione inglese alla richiesta sovietica di consegna di tutti i cosacchi presenti in Carinzia <23. L’approvazione del Primo Ministro Churchill <24 può esserci stata, ma in ogni caso essa era ininfluente perchè si trattava di una decisione in linea con la politica sul rimpatrio dei cittadini sovietici concordata, da lui stesso e da Eden, con Stalin e Molotov, nella Conferenza di Mosca dell’ottobre 1944 e confermata nello specifico e noto accordo esteso anche agli Usa, a Yalta, nel febbraio 1945. E’ molto probabile che Churchill abbia discusso la questione con il suo rappresentante presso AFHQ, Macmillan, che fu suo ospite a Londra il 20 e 21 maggio, giorni cruciali per la decisione sul destino dei cosacchi di Krassnov e di von Pannwitz.
Anche le autorità militari lungo tutta la catena gerarchica erano al corrente del previsto rimpatrio dei cosacchi. Sostenere che il Maresciallo Alexander sia stato tenuto all’oscuro della “cospirazione” o, peggio, che sia stato ingannato dal suo ministro consigliere e dal Cte del V CA, farlo apparire inconsapevole e incolpevole, quasi un burattino nelle mani dei suoi subordinati, costituisce un insulto alla sua intelligenza ed al suo prestigio di Comandante Supremo.
Il Maresciallo Alexander, in realtà, non poteva ignorare, tra l’altro, la richiesta di consegna di tutti i cosacchi, emigrati zaristi compresi, avanzata dai sovietici al Cdo V CA il giorno 11 maggio. Intervenne infatti presso il Ministero della Guerra britannico per limitare il provvedimento di consegna ai soli cittadini sovietici e per vietare l’uso della forza, ma la secca risposta fu che la consegna di tutti i cosacchi, inclusi gli emigrati zaristi, era stata decisa dal potere politico ed era ineludibile <25. Negli ambienti politici londinesi, particolarmente nell’ambito del Foreign Office, era opinione diffusa e radicata che era assurdo provocare Stalin proteggendo russi che avevano tradito l’Urss e combattuto a fianco delle truppe tedesche <26.
Il 17 maggio 1945, egli cercò allora di guadagnare tempo inviando al Comitato <27 dei Capi di Stato Maggiore Combinati (americani e inglesi) il noto messaggio in cui chiedeva direttive in merito, enfatizzando l’aspetto umanitario della questione. Stando così le cose, Alexander avrebbe dovuto coerentemente sospendere ogni iniziativa al riguardo, in attesa della risposta dei Capi di Stato Maggiore Combinati. Così non fu. Il Maresciallo Alexander dovette evidentemente cedere alle forti pressioni politiche del Governo britannico affinchè la consegna dei cosacchi avvenisse nei termini richiesti dai sovietici: tutti e subito <28, cittadini sovietici ed esuli zaristi.
Solo il 2 giugno 1945, quando trapelarono le notizie sui gravi incidenti occorsi a Peggetz, fu ordinata l’applicazione della selezione, limitando così la consegna dei cosacchi ai soli cittadini sovietici, ma ormai gli ufficiali zaristi erano stati consegnati e pochi e di trascurabile o nessun interesse per i sovietici erano i cosacchi che beneficiarono di questo tardivo provvedimento.
Il Maresciallo Alexander non potè far nulla per salvare i cosacchi, malgrado i suoi tentativi in tal senso. Tuttavia è chiaro che sapeva della loro consegna indiscriminata e dell’autorizzazione all’uso della forza, da parte delle truppe inglesi, nei confronti di chi si fosse opposto al rimpatrio. Lo dimostra il fatto che, giunto in Carinzia il 4 giugno, per rendersi conto della gravità della situazione, egli si irritò per gli eccessi di violenza delle truppe inglesi, ma non prese alcun provvedimento contro i responsabili dell’”operazione consegna”, in particolare nei confronti del Gen. Keightley che anzi propose – al momento di lasciare l’incarico di SACMED – quale Comandante in Capo delle forze inglesi dell’Estremo Oriente <29; segno evidente che, a parte gli eccessi di cui sopra, Alexander aveva trovato corrette ed aderenti agli ordini ricevuti dai Comandi superiori l’organizzazione e l’esecuzione della consegna dei cosacchi da parte del Gen. Keightley.
Si può pertanto concordare con Tolstoy che si trattò di un complotto, ma i protagonisti non furono solo i tre personaggi da lui indicati; vi furono infatti coinvolti il Governo inglese e tutta la struttura gerarchica militare inglese; dal Ministro della Guerra James Grigg <30 fino ai soldati che materialmente caricarono i cosacchi sugli autocarri e sul treno. Fu, in sostanza, una operazione tutta inglese a salvaguardia degli interessi politici inglesi: inglese il Gen. Keightley, Cte del V CA, inglese il Gen. McCreery, Cte dell’8a Armata, inglesi il Maresciallo Alexander, il suo Ca. SM Gen. Morgan e il Ministro consigliere Macmillan. Il Ministro consigliere americano di Alexander. Kirk, contattato il giorno 14 maggio, aveva espresso parere contrario all’operazione e da quel momento non era stato più consultato. Anche il Gen. americano Mark Clark, Cte del XV Gruppo d’Armate, livello intermedio tra il Maresciallo Alexander e l’8a Armata inglese del Gen. McCreery, fu completamente circuitato.
[NOTE]
19 N. BETHELL, The Last Secret, Hodder & Stoutghton, Great Britain, 1976, p. 128.
20 N. BETHELL, op. cit., p. 23.
21 N. BETHELL, op. cit., p. 267.
22 N. TOLSTOY, The Victims of Yalta, Corgi Books, London, 1977, p. 92.
23 Anche il Maresciallo Alexander era stato di questo avviso. N. TOLSTOY, The Massacres…, pp. 227, 309, 310.
24 Il Gen. Keightley scrisse, anni dopo, che l’ordine di rimpatrio dei cosacchi pervenne direttamente da Churchill. N. BETHELL, op. cit., p. 268.
25 N. BETHELL, op. cit., p. 128.
26 N. BETHELL, op. cit., p. 129.
27 Il Maresciallo Alexander, quale Comandante Supremo del Teatro Mediterraneo, dipen deva e riceveva ordini non dal Ministro della Guerra britannico, ma dal Comitato dei Capi di Stato Maggiore Combinati (americani ed inglesi) N. BETHELL, op. cit., p. 239.
28 La risposta dei Capi di Stato Maggiore Combinati giunse solo il 20 giugno. Essa ribadiva la nota politica prevista dall’accordo di Yalta: consegna dei soli cittadini sovietici, volenti o nolenti, non degli esuli zaristi.
29 N. TOLSTOY, The Minister and the Massacres, Century Hutchinson Ltd, London, 1986, pp. 313-314.
30 Nel commentare la politica del rimpatrio dei russi catturati o liberati dagli anglo-americani, egli ebbe a dire: “Se obbligato a scegliere tra il ritardato rimpatrio dei nostri soldati liberati dai sovietici e la morte di quelli russi da noi rimpatriati, la scelta è ovvia”. N. TOLSTOY, The Victims…, p. 79. Anche N. BETHELL, op. cit., p. 267.
Antonio Dessy, Kosakenland in Nord Italien – I cosacchi di Krassnov in Carnia (agosto 1944 – 6 maggio 1945) e loro forzata consegna ai sovietici (28 maggio – 7 giugno 1945), Tesi di laurea, Università degli Studi di Padova, Anno accademico 2003-2004