Schiudevo l’uscio dell’atelier di Ligustro nella città portuale di Imperia

Fonte: BDM

 

Ligustro, Giovanni Berio – Fonte: www.galleriarecta.it

[…] La xilografia, al pari della scultura, può essere considerata “arte senza tempo”, a differenza della pittura che è sempre figlia dei secoli, della cultura e del luogo in cui si trovi a germogliare.

Paradossalmente la xilografia, tecnica di incisione che consiste nello scavare con sgorbie la matrice in legno e al pari delle altre tecniche di stampa come il bulino, l’acquaforte, la litografia, è legata alla pittura, arte maggiore, richiede la stessa “primitiva” manualità che, nella lavorazione, esigono i materiali delle scultura, il marmo, la pietra e il legno.

È pur vero che la xilografia, nella sua storia multiforme, dai primi legni gotici alla Grande e Piccola Passione di Albrecht Durer, fino ai legni di Edvard Munch, Felix Vallonton e Eric Gill nel Novecento, ha cambiato sovente statuto.

In Occidente molti artisti non incidevano i loro legni ed erano semplicemente pittori che passavano il disegno all’incisione: anche in Giappone, sebbene i pittori della scuola Ukiyo-e si limitassero a disegnare la stampa, alcuni (e tra questi Katsushika Hokusai) avevano avuto un apprendistato di incisori.

La xilografia policroma, poco praticata in Occidente rispetto al bianco e nero fino agli Espressionisti (come Ernest Ludwig Kirchner, Eric Heckel e Otto Mueller), i quali si dedicarono a questo linguaggio – anche nell’illustrazione di libri – con esisti altissimi, al pari della loro pittura, è stata invece un genere che ha raggiunto il livello massimo di qualità estetica e diffusione nella sua storia proprio in Giappone durante l’epoca Tokugawa, dal 1658 al 1868.

Le più antiche xilografie da matrici di legno, conosciute nel mondo, rimangono ancor oggi quelle scoperte nel 1908 da Aurel Stein nella grotta dei Mille Buddha di Tunhuang, all’estremo confine occidentale della Cina: sono tutte immagini buddiste e le più antiche accompagnano la traduzione cinese di un Sutra datato al 868 dopo Cristo.

Altre xilografie presenti nella stessa grotta risalgono al 947 e 983 della nostra era ed assegnano alla Cina il primato dell’invenzione di questa tecnica a stampa che nessuno contesta. Le più antiche xilografie stampate in due e tre colori, con i pigmenti ad olio, sono datate in Italia e Germania agli inizi del sedicesimo secolo, conosciute con il nome di stampa a “chiaroscuro” e portano il nome di autori famosi come il celebre pitture senese Domenico Beccafumi e meno noti come Antonio da Trento.

Si discute ancora oggi se l’origine della xilografia policroma in Cina possa essere stata determinata dalla conoscenza di queste stampe occidentali, ivi portate dai Gesuiti come ipotizzava E. F. Strange nel 1904, oppure se, come appare più probabile, i cinesi siano pervenuti a questa tecnica attraverso l’evoluzione progressiva del sistema di stampa, dopo una fase di colorazione a mano, documentata anche nelle immagini buddiste di Tunhuang e dal fatto che, durante la dinastia Tang, siano stati realizzati decori con procedimento di stampa a matrice in legno, in tessuti colorati di questo periodo.

In epoca moderna l’uso della xilografia ha trovato largo impiego, sia in Europa che in Estremo Oriente, nella illustrazione di testi religiosi e profani; tra le più antiche in Cina si ricordano quelle policrome del libro Shih Chu Chai Shu hua p’u, 1625, (uso il vecchio sistema di traslitterazione perché così è riportato nella bibliografia occidentale), e del notissimo manuale di pittura Chieh Tzu Yuan (Il giardino del seme di senape), diffuso in diverse edizioni e che costituì il testo base per il training dei pittori cinesi prima e giapponesi poi.

L’uso della stampa xilografica arrivò al Giappone dalla Cina, ma come tutti gli studiosi sono concordi nel riconoscere, solo nel Giappone dell’epoca Tokugawa conobbe uno sviluppo senza pari a partire da Hishikawa Moronubu, il primo vero print designer della scuola Ukiyo-e, che nel 1658 illustrò il libro Kamo no Chomei Hoojoki sho, un’epitome buddista.

L’UKIYO-E E L’ARTE MODERNA

Se mi sono dilungato un po’ sulla storia delle origini della xilografia è perché volevo ricordare come questa tecnica, di cui Ligustro può essere considerato uno dei maggiori maestri viventi, viene da lontano ed è strettamente connessa alla diffusione dell’immagine attraverso la stampa; vanta insomma ascendenti nobili, anche se meno millenari, della sorella maggiore pittura.

Il grande merito della scuola Ukiyo-e fu quello di finalizzare la xilografia non più all’iconografia della religione buddista, ma all’illustrazione di storie e temi profani, in rapporto diretto con i romanzi della letteratura contemporanea di scrittori quali Ihara

Saikaku e il drammaturgo Chikamatsu Monzaemon; una letteratura che, dalla metà del 1600 in poi, ha descritto il mondo, la cultura e la vita della nascente società urbana a Edo ed Osaka, composta di mercanti, artigiani, samurai, nei quartieri in cui si trovavano anche i teatri del Kabuki e le case delle cortigiane, come lo Shin Yoshiwara.

Una cultura dunque, a suo modo, borghese, rispetto a quella precedente aristocratica della corte imperiale a Kyoto, e nei centri dei signori feudali delle diverse regioni. Nel campo della xilografia i pittori dell’Ukiyo-e hanno realizzato, nei quasi trecento anni di storia di questa cultura, opere che non solo stanno al pari con quelle dei più grandi maestri europei degli stessi secoli, ma che sono state anche determinanti per la formazione dell’arte moderna; è noto infatti quanto le figure di bijin (immagini di belle donne), di Kitagawa Utamaro e Hosoda Eishi abbiano influenzato un artista come Touluse Lautrec nei suoi manifesti sulle attrici Jane Avril e May Belfort, o come le “vedute” di Ando Hiroshige siano state decisive nella formazione dell’idea di paesaggio in Vincent Van Gogh, come attestano le “copie” che il pittore olandese realizzò da La pioggia sul ponte di Ohashi e Susino fiorito a Kameido, della serie Meisho Edo hyakkei (Le cento vedute di Edo), 1856 – 1858, così come oggi viene riconosciuto in tutti i libri sul Japonismo.

L’influsso della xilografia giapponese nel formarsi nella pittura impressionista e post-impressionista è stato dunque così profondo, al pari di quello della scultura africana nella genesi del Cubismo, che non si potrebbe scrivere una storia dell’arte moderna senza parlarne.

Tali considerazioni dovevano essere premesse al momento di analizzare le xilografie di Ligustro; queste opere sarebbero infatti incomprensibili se non si tenesse conto che il suo lavoro è nato da una precisa “rivisitazione” della stampa Ukiyo-e .

Ligustro è giunto abbastanza tardi, nella sua vita, alla xilografia; da quanto egli mi racconta ha cominciato ad incidere sul legno di “testa”, al modo occidentale antico, nel 1983, in età già matura.

In precedenza, agli inizi degli anni Ottanta, Ligustro aveva realizzato una serie di pastelli a gessetto e acquarelli, vedute di paesaggi liguri, nature morte con marine sullo sfondo, denotando una notevole abilità ed uno spiccato carattere creativo; a riguardarle oggi sono opere che denotano, nella pienezza della luce, un qualche legame con il “luminismo“ della pittura ligure divisionista degli inizi del Novecento (corrono alla mente certi paesaggi rivieraschi di Rubaldo Morello).

Poi la folgorazione: il pittore vede, a Genova, le stampe dell’Ukiyo-e e la pittura giapponese. La scoperta è testimoniata da una serie di fogli, tra il 1985 e il 1986, esercizi – come egli li chiama – di pittura a solo inchiostro di china su carta di fibra vegetale, pennellate acquose e rapide, studi di passeri, epidendri e bambù, un gallo con pochi tocchi di colore, degli ulivi con i rialzi a biacca.

Ed è gia una rottura con la tradizione occidentale, che concepisce il disegno come metodo “descrittivo” di analisi della realtà, secondo fasi successive dall’”abbozzo” all’”opera finita”.

In questi fogli di Ligustro, seguendo lo spirito della pittura Nanga, l’immagine non deve nascere dalla speculazione descrittiva dell’osservazione, quanto invece dal porsi interiormente in rapporto con la cosa vista.

“ Se vuoi dipingere il bambù non devi disegnarlo: poniti di fronte ad esso e quando lo sentirai nel cuore allora, e solo allora, la tua mano potrà disegnarlo”: così ha scritto un pittore cinese dell’epoca Qing, e così deve aver inteso fare Ligustro.

LA TECNICA DI LIGUSTRO

Al 1985 risalgono anche le prime prove xilografiche dell’artista; una veduta dei tetti di Oneglia, con un fiore in primo piano e il grande cerchio del sole sullo sfondo; una barca con il marinaio al timone su una nave curvo, e nuovamente l’astro che tramonta con la sua scia riflessa sull’acqua.

Si tratta di xilo su legno di “testa”, come si è detto, e non di “filo”, come avviene comunemente nella stampa giapponese e come il Ligustro prenderà a fare successivamente.

Ma da queste prime, essenziali e quasi scarne prove, alle ricche stampe “broccato” (Nishiki-e) negli anni Novanta la corsa sarà breve.

Ligustro, come tutti i geniali autodidatti, assumerà gli elementi della stampa giapponese rielaborandoli con una sua personale tecnica; così si fabbricherà degli strumenti propri al fine di ottenere gli effetti desiderati.

Il baren, o tampone dischetto per premere il foglio sulla matrice in legno, di sughero a diametri varianti, e non di corda; il kento, o registro marginale sulle matrici, a modulo variabile, un’idea questa che solo a prima vista pare banale – come tutte le idee innovative – che il nostro deve avere mutato dalle vecchie cassette a regolo dei caratteri tipografici, ma che gli permette di fatto di realizzare anche l’uso di decine e decine di matrici sullo stesso foglio senza ricorrere all’accumulo delle tavolette di legno.

Così dalle prime prove di policromia, rabeschi di limoni in giallo, oro, verde e violetto, Ligustro è giunto al suo primo piccolo capolavoro xilografico, Il mio mondo, 1989, un foglio di più di cinquanta centimetri, in cui ha dispiegato tutte le magie della tecnica Nishiki-e; il gofun, l’uso della polvere di conchiglia nel pigmento, il karazuri, tecnica di stampa per impressione a secco, con effetti di rilievo, il sabi-bori, tecnica di stampa che evidenzia le pennellate, il bokashi, la gradazione del colore, e si veda a questo proposito il prezioso glossarietto di Fiamma del Gaizo in fondo al catalogo alla recente mostra Arte xilografica giapponese dei secoli XVIII – XX, per il decennale del Centro Studi d’Arte Estremo – Orientale di Bologna.

Durante l’ultimo decennio la creativa vena xilografica di Ligustro si è sviluppata ampiamente: da prove preziose come Il sogno di Chuang Tse: La farfalla, un foglio accompagnato dalla calligrafia “Nulla si sa e tutto si immagina”, che evoca stilisticamente tanta grafica Decò, alla prima serie dei tre diversi “stati” di Jneja, con le vedute del golfo di Imperia in tre momenti del corso del sole, dall’alba alla notte.

Questa attenzione di Ligustro alla diversa luce del giorno, intesa come intonazione di cromie sullo stesso disegno, ritorna, mi sembra, anche in altre serie di varianti: Il circo, del 1998, e la Finestra del pittore dello stesso anno.

Si tratta di grandi fogli, di sessanta per quaranta centimetri, in cui egli dispiega tutta la sua grande abilità di incisore e stampatore – si ricordi che in Giappone non era la stessa persona a fare queste due operazioni – e soprattutto la sua genuina natura di poeta dell’immagine.

Sono, queste stampe di Ligustro, come anche Sole nella rete, 1998, Palloncini, 1998, Varco nel cielo, 1999, La danza del sole e Malinconica attesa, 2000, degli esempi potenti di come la xilografia, in quest’epoca di arte concettuale e computerizzata, non sia morta; di quanto l’immaginazione, la mano paziente dell’uomo possano dare all’espressione delle figure del mondo.

Vi è infine quella stampa che io preferisco, Geisha alla finestra con veduta di Oneglia, 1998, che a me pare uno dei piccoli capolavori della xilografia del Novecento e che sintetizza in un’immagine alcuni dei motivi centrali della nostra cultura figurativa: l’immagine della donna di spalle mentre si pettina, la finestra sul golfo con la luna, il fiore in primo piano e la quinta di base, il paravento di glicini, con la lucertola che pare mirare la luna argentata.

Qui si assiste, nella piena autonomia dell’illustratore – intendo illustrazione nel senso più alto – a tutta una serie di “richiami visivi”, da Utamaro a Matisse, dai Nabis all’Art decò; perché questa è stata la magia di Ligustro che, nel momento in cui egli voleva “rifare” l’Ukiyo-e, egli ha fatto se stesso, e tutte le suggestioni tecniche che andavano a confluire nella sua abilissima perizia manuale, dalle raffinatezze dei surimono all’eleganza del nishiki-e, si sono piegate all’immaginazione di un uomo dei nostri giorni.

LIGUSTRO E I SUOI MODELLI GIAPPONESI

Volendo percorrere, se può servire, la strada dell’analisi stilistica, le xilografie di Ligustro non sono dunque vicine a quelle dei maestri dell’epoca d’oro dell’Ukiyo-e (Harunobu, Utamaro, Kiyonaga), cui egli ha guardato ed ha reso omaggio come nella stampa Aragosta, 1997, come ha fatto con Hiroshige; sono invece vicine a quelle di outsider della xilografia, come Paul Jacoulet, ed ai maestri giapponesi del Novecento, quali Yamamoto Shoun (1870 – 1965), con quei tipici riquadri floreali intorno ai ritratti femminili, Kawase Hasui (1883 – 1957), quando disegna fiori, come in Iris (1929), e non paesaggi, infine Yamamura Koka (1885 – 1942), artisti tutti questi che declinarono la traditio dell’Ukiyo-e nella modernità.

E un altro piccolo gioiello di Ligustro, che è il ritratto di Lindasay Kemp in Onnagata, (1992), ci conferma questa sua vocazione verso i maestri tra le due guerre, una vocazione certo non leziosa ma neppure severa, quanto invece fantasiosa.

Ecco, nell’uscire dallo studio di Ligustro dopo la mia visita, vedo nello scaffale dei suoi libri più cari le monografie di Seraut, Touluse Lautrec, il Doganiere Rousseau, ma anche Folon, e penso che mai, come nella xilografia, la grande arte del disegno si è sposata con la fatica manuale, lo scavare dell’intagliatore.

Ligustro mi sorride e mi racconta come fa a procurarsi quella polvere, mica perlacea di conchiglia, che rende così preziose le sue stampe, dalla Corea; solo ora capisco perché questi fogli hanno così entusiasmato il nostro comune amico e maestro Jack Hillier, al quale la critica moderna dell’Ukiyo-e deve tanto: “Your print is so enchanting, so exquisitely cut and printed, that i do not think anything i can teach you (…), You have produced something so personal and original, that it might even harm your work if you had regular instructions which might tend to cramp your style”, (da una lettera di Hillier a Ligustro del 10 Luglio 1987).

Aveva capito bene Hillier, che prima di essere studioso era appassionato xilografo, quanto la storia dell’incisione in ogni tempo si rinnovi e, al di fuori di ogni convenzione, produca i suoi puri frutti.

Marco Fagioli

Prof. Marco Fagioli
Vive a Firenze dove svolge attività di insegnamento di Art Expertise presso Istituti di Cultura Americana in Italia e di consulenza per l’arte antica presso la Farsettiarte di Prato.
Tra le numerose pubblicazioni sulla pittura cinese e giapponese ricordiamo; Utamaro koi no hutosao, Firenze, 1977; Hokusai Wakan Ehon Sakigake, Firenze, 1978; Utamaro, Opere scelte, Milano, 1979; Frammenti dell’effimero, Stampe giapponesi dal XVII al XX secolo, Firenze, 1981; Utagawa Kuniyoshi, Novanta disegni, Firenze, 1985; Shunga, images du printemps, L’erotisme dans l’estampe japonaise, Musée d’Ixelles, Bruxelles, 1989; L’image de la femme dans l’art Ukiyo-e et dans la letterature, in Estampes Japonaises.
Collection des Musée royaux d’Art et d’Histoire, Bruxelles, 1989; Shunga. Stampe erotiche giapponese, Firenze, 1990. Tra i contributi sulla scultura e pittura antica e moderna ricordiamo: quello per il catalogo Donatello e il primo Rinascimento nei calchi della Gipsoteca, Firenze, 1985; le monografie su Medardo Rosso, Firenze, 1993; su Filippo Lippi, Firenze, 1997; i cataloghi delle grandi mostre sull’arte Toscana del Novecento, Come un paese in una pupilla, 1993 e L’immagine della società, 1999, San Miniato, Pisa. Infine il volume Shunga, Ars amandi in Giappone, 1997, riconosciuto dalla critica come maggior contributo sull’argomento e pubblicato in coedizione inglese dalla UNIVERSE (Rizzoli International Pubblication), New York 1998, in francese da SEUIL, Parigi 1998, e in tedesco da WASMUT, Berlino 1998. Recentemente ha pubblicato nelle edizioni AIO’N il catalogo monografico su Elisabeth Chaplin, Tra simbolismo e neo-spiritualismo, Firenze, 2001, e il saggio Momenti della pittura cinese, Dalle origini alla dinastia Yuan, Firenze, 2001.

Fonte: BDM

Una Lettera di Jack Hillier

Ligustro Berio era senz’altro destinato a diventare un creatore di stampe, ed in particolare modo di quelle realizzate attraverso incisioni su legno e con successiva stampa a colori, come era in uso nello straordinario “Periodo Edo” nel Giappone del 1615 – 1868 con lo splendore dell’”Ukiyo-e”.
Durante una lunga convalescenza, a seguito di una malattia cardiaca, nel 1972 egli cominciò ad interessarsi alla pittura ad olio, ma non trovò in tale tecnica piena soddisfazione; più tardi si perfezionò nel pastello, ma anche questa tecnica non realizzò le sue aspettative: pur tuttavia fu proprio il pastello che lo portò ad uno studio approfondito di moltissime qualità di carta.
Fu più di ogni altra cosa la scoperta delle sorprendenti qualità delle carte giapponesi fatte ancora a mano, che condussero Ligustro all’antica grafica giapponese.

Abbastanza repentinamente, trovò che non solo era attratto, ma particolarmente portato a cimentarsi nell’incisione dei blocchi di legno adatti, con il fine di stampare nello stile “Nishiki-e” (il coloratissimo stile detto “Broccato”).
Ma Ligustro aveva altresì un inaspettato talento nel realizzare manualmente questa intricata tecnica orientale.

Avendo così trovato un mezzo che gli permetteva di esprimersi, imparò da autodidatta i laboriosi e difficoltosi processi della stampa a colori ed in questa si perfezionò.
Numerosi sono stati gli artisti occidentali che hanno tentato di realizzare stampe a colori usando i blocchi di legno incisi: per esempio Henry Riviere e John Platt, ma nessuno ha raggiunto la maestria di Ligustro, sia nella padronanza della complessità tecnica di incisione che in quella della stampa.

Tra gli antichi artisti giapponesi, gli esempi più eclatanti di questo virtuosismo tecnico furono riservati ad un certo tipo di creazione, usualmente di piccolo formato, denominato “Surimono” (letteralmente: una cosa stampata) ma in effetti era generalmente una stampa commemorativa od un mezzo per porgere auguri ed altresì una pubblicazione per l’inaugurazione di un circolo letterario o semplicemente un mezzo per pubblicare versi.

Sorprendentemente, Ligustro Berio ha seguito i maestri giapponesi non solo nelle tecniche dell’incisione delle tavole a colori, ma anche nel creare xilografie policrome ricche di simbolismo con incorporate poesie (Haiku, Kioka) in calligrafia giapponese con un fantasioso uso d’immagini e di sigilli incisi a mano.

Questi ultimi possono semplicemente rappresentare “nomi d’artista” od esprimere, con simboli pittorici, buoni auguri di felicità, longevità od altro. Ma la più sorprendente dote dell’artista è la sua insuperabile abilità nell’incidere il legno e nel raggiungere effetti di stampa che competono con il virtuosismo degli abilissimi incisori e stampatori giapponesi del 1600 – 1800.

Nessuna riproduzione può ”rendere giustizia” all’originale, sia per la brillantezza metallica della patina di oro e argento, sia per la superficie trattata con lacca e mica o per la stampa cieca usata per ottenere effetti di rilievo.

Il “Surimono” quadrato delle “Lucciole e la luna crescente” dà qualche idea sulla complessità della venatura dell’oro e dell’argento e sulla gradazione del colore nel cielo, dall’indaco al lilla, che serve come sfondo alle lucciole, ognuna con il suo alone di argento e di brillante mica. Un altro “Surimono” mostra un ragno su di una ragnatela d’argento di squisita fragilità; esausto tra i papaveri in un campo ed uno spaventapasseri, e sul fondo, come avviene spesso nelle stampe di Ligustro, appare un sole rosso ed immenso.

Nella serie di stampe “Surimono” dedicate ai dodici mesi dell’anno, Febbraio ci porta l’inserzione di un gruppo di anemoni pieni di colore che brillano di rugiada su di un manto nevoso sotto alberi scuri.

Sempre nelle opere di Ligustro c‘è questo tipo di inaspettata poesia espressa in incisioni su legno con colori di incredibile raffinatezza.
Esse sono uniche tra le opere grafiche moderne.

Jack Hillier

Jack Hillier, per 25 anni un consulente sulle arti orientali presso la Sotheby, è l’autore di numerosi libri riguardanti stampe e quadri Giapponesi. Le sue più recenti pubblicazioni sono Japanese Prints and Drawings from the Vever Collection (Sotheby’s, 1976) e The Art of Hokusai in Book Illustration (Sotheby’s and University of California Press, 1980).

Fonte: www.cultor.org
Fonte: www.cultor.org

Una Lettera di Fukuda Kazuhiko

In un giorno della prima decade di giugno del 1991, quasi aprissi un piccolo, misterioso recipiente in bambù, schiudevo l’uscio dell’atelier di Ligustro nella città portuale di Imperia, prossima al confine di stato con la Francia.

L’odore dell’inchiostro da stampa e dell’acqua salmastra aleggiava nello studio e, come la chiara luce solare dell’Europa meridionale si riversò all’interno, dapprima io non scorsi nulla, ma nell’aria cantavano, danzavano innumerevoli i colori di xilografie intrise di abbacinanti ori, argenti, rossi, verdi.

La xilografia policroma, sorta in Giappone sotto il nome di “Nishiki-e”, è rinata ad Imperia, ai bordi del Mediterraneo, in forme del tutto nuove.

Nelle xilografie di Ligustro non vi è la poetica amante delle tinte sobrie e del senso della natura alla maniera nipponica, i colori sono invece oltremodo limpidi, vivaci, brillanti: una vera sarabanda cromatica di luce e colore mediterranei.

Le goffrature in rilievo, le sfoglie d’oro e d’argento non hanno i toni delle “stampe di broccato”: hanno la beltà degli arazzi alla Gobelin, densi e sontuosi. Così l’incisione su legno, che ha varcato i confini (del Giappone), lo spazio ed il tempo, hanno ricevuto ora, dalla mano di Ligustro, un soffio vitale artistico di magnificenza barocca.

Le stampe di Ligustro sono un mondo poetico dove la Musa suona l’arpa. Osservatene la grazia immediata; non sarò il solo che si inebri di questa pura bellezza. Prendendo a prestito un’espressione degli antichi cinesi, queste xilografie sono luoghi ameni di un paese incantato, simposio a base di nettare ineffabilmente limpido.

Diverse per concezione dalle xilografie giapponesi, esse gettano un novello bagliore sulla moderna incisione e sono nel contempo il prodotto di un mirabile poeta.

Fukuda Kazuhiko

Prof. Kazuhiko Fukuda
Nato ad Osaka. E’ stato professore presso l’Università di Kanazawa.
E’ uno dei massimi studiosi di arte Giapponese. Autore di oltre cento volumi, molti dei quali dedicati alla storia dell’Ukiyo-e, il fantastico mondo delle stampe nipponiche.

Bartolomeo Di Monaco, Galleria Ligustro, BDM, 16 Settembre 2010

Fonte: Florarte Arenzano

[…] Giovanni Berio, nato nel 1924, proviene da una famiglia di Oneglia (oggi Imperia) attiva nel settore della produzione di olio d’oliva, gli studi si fermano dopo qualche anno di istituto secondario superiore per entrare nel mondo del lavoro. Giovane, brillante e pieno di entusiasmo, si inserisce nell’industria olearia fino a diventare uno dei migliori esperti nella produzione dell’olio. Senza risparmiarsi, dedica così tutta la sua vita alla gestione di costruzioni di impianti di lavorazione dell’olio nei paesi mediterranei fino all’età di 63 anni, quando viene colpito da un grave infarto da cui ne esce completamente trasformato. Nel mezzo di questo evento ci racconta che, al culmine della crisi fisica, la sua mente fu colpita da un susseguirsi di colori, tanto da fargli nascere il dubbio d’essere entrato in un’altra dimensione. Così, nel 1986, inizia come autodidatta a ricostruirsi una seconda vita. L’armonia dei colori è entrata come per incanto nella sua anima e rappresenta il dono della vita e della natura attraverso le infinite sfumature di colori, quasi fosse una danza di luce. E’ così che Giovanni Berio diventa in arte Ligustro.
Giovanni Berio, ancor prima della malattia, si divertiva a dipingere ad olio ed acquerello, ma la grande opera iniziò dopo il grave infarto, dedicandosi allo studio della xilografia policroma giapponese e delle sue tecniche Nishiki-e in uso nel periodo Edo (1603-1868), quella parte della storia del Giappone in cui la famiglia Tokugawa detenne il massimo potere politico e militare del paese, realizzando le stampe a mano sulle prestigiose carte giapponesi con antichi metodi artigianali e utilizzando molteplici colori. Questi ultimi, auto preparati, si ottengono dalla miscelazione di polveri d’oro, argento, perle di fiume, frammenti micacei, conchiglie di ostriche macinate, terre colorate e altri procedimenti che solo il Maestro conosce. Ma solamente i colori non bastano, per portare a compimento un’opera xilografica con le tecniche Nishiki-e sono necessarie decine, e a volte centinaia, di matrici scolpite a mano con altissima precisione su legno di ciliegio o pero, che vengono poi allineate con altrettanta accuratezza nella fase di stampa manuale.
Le opere di Ligustro, rappresentate da un tripudio di colori, derivano dall’approfondimento della cultura giapponese, come la donna del periodo Kamakura indirizzata verso un’elevata istruzione, ma anche dalla bellezza della natura, dai ricordi d’infanzia come i palloncini e le farfalle che troviamo su varie sue opere, dall’esaltazione della luce, dall’amicizia, dalla vita, dalla felicità dalla famiglia e la sua armonia, dall’educazione e dalla sua Oneglia (oggi Imperia) dove nasce tutta la sua produzione artistico-letteraria. E l’interpretazione esplicita del mondo di Ligustro la troviamo in una meravigliosa stampa dal titolo “IL MIO MONDO”: “Il topo rappresenta la società odierna che provoca inquinamento, non solo ambientale, ma altresì culturale. Essa tende dalla sua oscurità a distruggere questo mio mondo, la cui incantevole visione è rappresentata da un’immensa sfera di cristallo inserita nell’universo con: Sole – Stelle – Musica – Fiori – Insetti – Animali (il mio mondo della natura, secondo la concezione ZEN) di Barche dei Sogni, che solcano questo mio mare di “Risplendente zaffiro”. Dall’immensa ferita, sgorga la linfa vitale di cui l’immondo “Uomo – Topo” si nutre. La farfalla “YIN-YANG” di concezione orientale, ne rappresenta il contrario: Spiritualità, Visioni, dai mille Colori, Ebbrezza, di un mondo illuminato da un “SOLE – FIORE”.
La produzione artistica di Ligustro è frutto dell’amore per quello che definisce “IL MIO MONDO”, tanto che in un nostro incontro precisa: “Realizzo poche tirature per ogni opera, generalmente quattro, che tengo per me e per i miei figli, non sono interessato al mercato e le poche opere uscite dal mio studio sono state donate; d’altra parte, a quale prezzo dovrebbero essere vendute tenuto conto dei mesi di lavoro che ognuna richiede?”.
La rinascita delle tecniche Nishiki-e per opera di Ligustro stimola il mondo artistico tanto da animare una fertile corrispondenza e interesse a livello mondiale, in particolare in Giappone, ponendolo sul podio dei più grandi maestri e forse come ultimo artista che realizzi stampe da incisioni su legno secondo le classiche tecniche giapponesi.
Numerose sono state le mostre, le conferenze e gli incontri con personalità artistiche e culturali per diffondere “l’arte senza tempo”, e non sono mancati riconoscimenti importanti come il premio Mario Novaro per la cultura ligure nel 2009 e il premio regionale ligure per l’arte nel 2003.
Negli ultimi anni Ligustro, ripercorrendo mentalmente tutta la sua vita artistica, si ritrova con un patrimonio notevole composto dalle sue opere e dai preziosi legni incisi: un tesoro di inestimabile valore. E si pone una domanda: “Dove, e come, sistemarlo?”. Alla parte di catalogazione di tutta la produzione artistica pensa il figlio Francesco, abile informatico dall’approccio meticoloso e preciso: la quantità di opere, legni incisi e documentazione è notevole, così inizia un’attività impegnativa, durata anni e ancora in essere, di archiviazione informatica del patrimonio artistico di Ligustro.
Dopo un’attenta analisi delle varie opportunità offerte dai molti enti interessati, si decide di donare un importante lascito alla biblioteca civica “Leonardo Lagorio” di Imperia, la città natale dell’artista Giovanni Berio in arte Ligustro: tra le molte ipotesi credo sia stata fatta la scelta migliore.
La biblioteca Lagorio è la medesima dove precedentemente hanno trovato spazio le donazioni di Edmondo De Amicis, di Giovanni Boine, dell’onorevole Alessandro Natta e di Francesco Biga, tutte personalità legate alla stessa città d’origine.
L’atto ufficiale della donazione si è svolto il 31 gennaio 2015 presso la sala convegni della biblioteca civica “Leonardo Lagorio” di Imperia, con il patrocinio della Fondazione Italia Giappone, della Fondazione Mario Novaro e della città di Imperia, alla presenza di Giuseppe Enrico (dirigente cultura, manifestazioni e protezione civile), Paolo Strescino (assessore alla cultura, turismo e sport del comune di Imperia), Silvia Bonjean (direttrice della biblioteca civica), Fabiola Bortolini (ufficio cultura), Vittorio Coletti (docente di storia della lingua italiana presso l’università di Genova), del Maestro Ligustro e di suo figlio Francesco Berio, relatore e presentatore della donazione.
Nell’occasione il numeroso pubblico ha potuto incontrare il Maestro, visitare la sala con le opere esposte ed ammirare una particolare xilografia, detta surimono (i surimono sono i più bei biglietti d’auguri e di circostanza mai realizzati, prodotti in Giappone tra la metà del Settecento e la metà dell’Ottocento in occasioni molto particolari e non per il mercato, ma per circolazione privata [prof. Gian Carlo Calza]) dal titolo: “Imperia la città che sale”appositamente preparata per l’evento.
La donazione di Ligustro consiste in 5000 legni incisi, 2000 libri d’arte e di letteratura italiana, giapponese, cinese ed araba, 20 faldoni di corrispondenza con illustri esponenti di fama internazionale, varie calligrafie giapponesi, l’archivio completo di una vita artistica e varie opere d’arte personali e di altri autori […]
Daniele Paltanin, Ligustro: arte ed emozioni, Associazione Liguri nel mondo OnLus, 10 gennaio 2019