Oltre il cerimoniale dei viceré

Il volume di De Nardi [Loris De Nardi, Oltre il cerimoniale dei viceré. Le dinamiche istituzionali nella Sicilia barocca, Padova (Libreriauniversitaria.it) 2014 (Storie e linguaggi 9), 194 pp., ISBN 978-88-6292-547-1] è incentrato sull’aristocrazia siciliana cinque-seicentesca: tema di sicuro interesse, tanto più che esso intende analizzarlo, in sintonia con i più recenti interessi della modernistica, guardando preferibilmente alle questioni protocollari.
Nella Sicilia del Cinque e Seicento la nobiltà non gode delle stesse prerogative dei ceti nobiliari degli altri regni della Monarchia asburgica. I cambiamenti dello scenario internazionale della seconda metà del Cinquecento e lo spostamento degli interessi della Monarchia dal Mediterraneo al Nord Europa hanno privato, infatti, la Sicilia della funzione di antemurale e la sua aristocrazia della possibilità di mettersi in luce dal punto di vista militare. Tantomeno i suoi componenti – secondo De Nardi – possono acquistare rilievo agli occhi dei viceré, prestando servizio a Palermo: la tradizionale conformazione della corte non annovera incarichi di prestigio tali da poter soddisfare le aspettative nobiliari. Discutibili amministratori dei loro feudi, la maggior parte dei quali sono gestiti dalla Deputazione del regno, creata a tal fine, i gentiluomini siciliani sembrano disporre di un unico presidio, dal quale esercitare un’azione politica efficace: il Parlamento, laddove periodicamente si votano i donativi necessari alla Corona spagnola. A complicare ulteriormente la posizione nobiliare, in crescente arroccamento, è l’offensiva svolta dal ceto togato, che si è rafforzato nella seconda metà del Cinquecento grazie alle riforme istituzionali di Filippo II e che alla corte di Madrid può contare sul sostegno incondizionato del Consiglio d’Italia, responsabile di molte delle decisioni che interessano la Sicilia. Il ceto togato insidia continuativamente l’antica nobiltà; cerca di lederne le posizioni, ormai più formali che sostanziali, sul terreno del protocollo e della concezione della differenza sociale; briga affinché si neghino ai nobili precedenze e primazie cerimoniali, godute solo in virtù di un privilegio di sangue sempre più messo in discussione dalla trattatistica: un tentativo che non giunge a buon fine, ma che è il segnale della debolezza strutturale dell’aristocrazia siciliana in epoca spagnola. La dinamica istituzionale siciliana si consuma così – secondo De Nardi – in un costante conflitto fra due schieramenti, che sembrano non avere contatti e non condividere valori, sotto lo sguardo degli spettatori istituzionali madrileni, che entrano a dare man forte ai contendenti in virtù di logiche di appartenenza cetuale e non sulla base di solidi interessi o di convenienze momentanee, ma sicuramente dettate dai disegni personali. In questo modo, però, il volume sottovaluta notevolmente il senso del gioco politico dei singoli attori, particolarmente spregiudicati in antico regime nel perseguire i propri fini individuali
e familiari, come ci mostrano le acquisizioni della più recente storiografia.
Gli ultimi studi sull’aristocrazia siciliana ne hanno, infatti, messo in risalto la capacità di attivare politiche matrimoniali e reti clientelari che efficacemente innervano l’intera società per diramarsi al di fuori dei confini dell’isola e raggiungere non solo Madrid, ma anche le capitali degli altri regni della Monarchia, nonché Roma: si tratta di reti che coinvolgono le figure più diverse e fra le quali non è difficile annoverare esponenti di cappa lunga, magistrati e funzionari, così come mercanti e banchieri, lusingati dal rapporto con l’aristocrazia alla quale sperano di appartenere. Il disinteresse di De Nardi per quanto è emerso, nel corso degli ultimi anni, all’interno dei più
avvertiti cantieri storiografici priva così il testo di premesse necessarie a una corretta contestualizzazione delle vicende, cerimoniali e no, che vengono pur descritte con dovizia di particolari e attenzione alla documentazione.
Nicoletta Bazzano, QFIAB 95 (2015)

Loris De Nardi, Oltre il cerimoniale dei viceré. Le dinamiche istituzionali nella Sicilia barocca, Padova (Libreriauniversitaria.it) 2014
Introduzione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
I. La Sicilia barocca nell’impero spagnolo . . . . . . . . . . . . . . 13
1. Da piazzaforte a bacino di prelievo della Monarquía . . . . . . . 13
2. Periodizzazione e quantificazione delle contribuzioni economiche
siciliane alle guerre asburgiche seicentesche . . . . . . . . . . . . 15
3. Ripercussioni della situazione economica emergenziale
sull’hacienda siciliana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19
4. Le istituzioni chiamate a far fronte alle contribuzioni straordinarie. . 20
II. La dialettica politico-istituzionale . . . . . . . . . . . . . . . . 25
1. La riforma istituzionale filippina e la comparsa di un nuovo
soggetto politico: il ceto togato . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
2. Una tappa chiave dell’ascesa del ceto togato: la riforma
del Consiglio di Guerra . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29
3. L’affermazione del ceto togato: il governo finanziario-emergenziale . 33
4. Il ceto togato alla conquista dell’egemonia politica:
la messa in discussione del Parlamento . . . . . . . . . . . . . . 39
5. Il Parlamento del 1658 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43
6. L’inizio della crisi del ruolo egemonico del Parlamento:
la guerra di Messina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53
7. Baroni e Parlamento: un binomio ineludibile della dialettica
politico-istituzionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 56
8. La forza politica dei baroni: il protagonismo parlamentare
del braccio militare. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 58
III. Il viceré di Sicilia e la sua Corte . . . . . . . . . . . . . . . . . 85
1. L’affermazione delle corti viceregie . . . . . . . . . . . . . . . . 85
2. Il viceré di Sicilia: attore primario della dialettica
politico-istituzionale del regno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 86
3. Il richiamo della Corte viceregia siciliana: palcoscenico politico
e arengo istituzionale. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 89
4. Dimensioni e peculiarità della casa viceregia siciliana. . . . . . . 90
5. Ripercussioni istituzionali delle dimensioni ridotte
della sfera personale della casa viceregia . . . . . . . . . . . . . . 92
6. Le cariche “degli spagnoli” nella sfera istituzionale
della casa viceregia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 94
7. I quattro portieri di camera: gli unici siciliani al servizio del viceré . . 96
8. I canali di accesso alla persona viceregia . . . . . . . . . . . . . 99
IV. Dalla nobiltà orizzontale a quella verticale:
la mutazione del paradigma nobiliare nella Sicilia barocca . . . . . 103
1. Trasformazioni quantitative e qualitative di un corpo privilegiato . .103
2. L’idea di nobiltà nella Sicilia tardo-medievale . . . . . . . . . . . 111
3. Il cambio del paradigma nobiliare nella Sicilia filippina. . . . . . 113
4. La querelle seicentesca sull’idea di nobiltà . . . . . . . . . . . . 116
5. La rielaborazione teorica del concetto di nobiltà . . . . . . . . . 118
6. Un’opera fondamentale sull’idea di nobiltà in Sicilia: Il Meriggio
della Nobiltà di Pietro Álvarez di Hevan e Cardona (1670) . . . . 121
V. La manutenzione del cerimoniale viceregio:
un “campo di battaglia” per la conquista del dominio legittimo. . . 131
1. Il cerimoniale: uno strumento di governo e di lotta politica
nella Sicilia barocca . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 131
2. La prima regolamentazione normativa nel regno di Sicilia:
Juan de Vega (1554-1557) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 133
3. La sistematizzazione normativa della materia cerimoniale:
Francisco Fernando de Avalos (1568-1571) . . . . . . . . . . . . 135
4. Le pretensioni cerimoniali cinquecentesche del Tribunale
del Sant’Ufficio siciliano: «la alteracion ceremonial como
alteracion politica» (1577-1580). . . . . . . . . . . . . . . . . . 137
5. Le pretensioni cerimoniali seicentesche del Tribunale
del Sant’Ufficio siciliano: ricusare la casistica per attaccare
la gerarchia (1662-1772). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 138
6. Dalla consuetudine alla regolamentazione:
l’etichetta dei generali del mare . . . . . . . . . . . . . . . . . . 146
VI. Conquistare il dominio sul “campo di battaglia” cerimoniale:
le aspirazioni di leadership del ceto togato siciliano . . . . . . . . . 151
1. Caratteristiche e regole della sfera cerimoniale . . . . . . . . . . 151
2. Prime schermaglie sul “campo di battaglia” cerimoniale:
la messa in discussione del trattamento dei grandi (1624) . . . . . 152
3. La distinzione come direttiva politica: Fernando de Ribera
e Luigi Guglielmo Moncada (1632-1639) . . . . . . . . . . . . . 155
4. Livellare per recuperare il “credito” perduto:
Francisco de Melo (1639-1641) . . . . . . . . . . . . . . . . . . 158
5. Abbandonare il principio ordinatore dell’antichità: la richiesta rivoluzionaria
e di Francesco Ventimiglia, marchese di Geraci (1640) . . 160
6. Equiparare per innalzare: la “nobilitazione” delle magistrature
siciliane . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 162
7. Conquistare il lato destro per estromettere gli antichi casati: il ceto togato
alla conquista della leadership dell’universo nobiliare isolano . .164
Elenco fonti archivistiche utilizzate . . . . . . . . . . . . . . . . . 171
Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 173
1. Fonti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 173
2. Letteratura critica. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 176
Introduzione
Il cerimoniale delle corti viceregie dei domini afferenti alla Monarchia cattolica, lungi dall’essere un testo normativo e prescrittivo coerente, più o meno dettagliato, consisteva in un insieme eterogeneo di consuetudini, casistiche e norme giuridiche (pragmatiche, lettere reali, biglietti viceregi ecc.). Proprio per la sua poliedricità questo particolare codice, al contempo istituzionale, politico, sociale, comportamentale, è tornato oggi ad attrarre l’attenzione degli storici, che per troppo tempo l’avevano trascurato, lasciandolo agli studiosi del costume o alla curiosità degli eruditi.
Tuttavia, se le ricerche fin qua condotte hanno messo in luce come in antico regime la messa in discussione di precedenze, trattamenti e cortesie fosse funzionale a mutare gli equilibri interni della società, non hanno però indagato in che misura e con quali modalità i vari soggetti in campo (Corona, nobiltà feudale, ceto togato, ecc.) trovassero nel cerimoniale uno strumento di lotta politica. Il lavoro qui presentato si propone di approfondire questo aspetto, concentrandosi sul ruolo ricoperto dalle dispute cerimoniali nella dialettica politico-istituzionale del Regno di Sicilia nel XVII secolo.
La scelta di questo specifico case study deriva dal fatto che il cerimoniale viceregio siciliano, seppure già affrontato dagli storici, per esempio da Francesco Benigno, offre ancora numerosi spunti di riflessione. Infatti, nel corso del XVII secolo gli equilibri interni alla classe dirigente isolana, risalenti al Cinquecento, furono messi in discussione dalle famiglie di più recente ascesa e in questo frangente le dispute cerimoniali rappresentarono per le controparti un vero e proprio strumento di lotta politica, atto sia a conquistare posizioni di potere sia a mantenerle.
A causa delle diverse zone d’ombra che caratterizzano ancora la storiografia sulla Sicilia barocca, per inquadrare in modo appropriato la tematica è stato necessario allargare lo sguardo e prendere in esame il ruolo ricoperto dall’Isola nell’impero spagnolo (capitolo I); la dialettica politico-istituzionale intercorsa nel regno tra viceré, antica nobiltà feudale e ceto togato (capitolo II); la struttura, composizione e funzionamento della corte viceregia (capitolo III); l’organizzazione interna all’universo nobiliare isolano (capitolo IV). Come il lettore potrà notare, lungi dall’essere accessorio, lo sviluppo di questi aspetti è risultato essenziale per far emergere l’importanza giocata dal piano cerimoniale nella dialettica politico-istituzionale (capitoli V e VI).
Il presente lavoro si basa su un’articolata ricerca archivistica, sulla consultazione di fonti primarie e secondarie e sull’esame di una cospicua letteratura critica.
Nel corso di tre anni, chi scrive ha avuto modo di compiere diversi periodi di ricerca in diversi archivi italiani e spagnoli, con il fine di reperire documentazione inedita prodotta da istituzioni politiche ed economiche come da soggetti istituzionali e politici. Tra le prime, solo per fare qualche esempio, si possono ricordare i principali organi di governo madrileni (Consiglio di Stato e d’Italia) e siciliani (Sacro Regio Consiglio, Giunta dei Presidenti, Deputazione del Regno e Parlamento); tra le seconde, il Tribunale del Reale Patrimonio; tra i terzi il Sovrano, il Viceré di Sicilia, l’Arcivescovo di Palermo, i presidenti dei tribunali, il Consultore, il Pretore di Palermo; tra gli ultimi i capi delle principali casate feudali siciliane, come Branciforte, Aragona-Tagliavia, Moncada e Ventimiglia.
Da questo deriva un uso preponderante di alcuni tipi di fonti quali corrispondenza, memoriali, consulte, relazioni.
Altrettanto importanti per la riuscita della ricerca sono risultati inoltre diversi manoscritti. Pertanto, per dare una prima idea delle fonti utilizzate (elencate nel dettaglio più sotto), ricorderò almeno il registro n. 1060 (Ceremoniale de’ signori Viceré, 1584-1668) della serie Cerimoniali, conservata nel fondo Protonotaro del regno dell’Archivio di Stato di Palermo, edito nel 1976 da Enrico Mazzarese Fardella, Laura Fatta del Bosco e Costanza Barile Piaggia, per i tipi della Società Siciliana per la Storia Patria, che ha permesso di integrare e contestualizzare molti dei fatti richiamati nella documentazione inedita; il manoscritto n. 2293 (Noticias del Reyno de Sicilia y su govierno para los virreyes) della Biblioteca Nacional de España, attraverso il quale è stato possibile definire la struttura del cerimoniale viceregio siciliano; il Meriggio della nobiltà di Pietro Álvarez di Hevan e Cardona, custodito nel fondo Notarbartolo di Villa Rosa dell’Archivio di Stato di Palermo, essenziale per ricostruire il dibattito intorno all’idea di nobiltà nella Sicilia barocca; il codice E109 (Degli aulici ed ufficiali di camera), conservato presso la Biblioteca Comunale di Palermo, che ha reso possibile risalire alla struttura, composizione e funzionamento della casa viceregia siciliana.
Infine, va sottolineato che nella realizzazione di questo libro non è stata presa in considerazione unicamente letteratura critica di matrice storica, ma si è rivolta molta attenzione anche agli scritti di Pierre Bourdieu e in particolare ad alcune teorie specifiche del sociologo francese quali campo del potere, campo di battaglia, dominio legittimo e habitus […]