Complici di una dittatura e di una guerra di aggressione

Mario Avagliano/Marco Palmieri, Vincere e vinceremo! Gli italiani al fronte 1940–1943, Bologna (Il Mulino) 2014 (Biblioteca storica), 376 pp., ISBN 978-88-15-25360-6, € 25.
Nel quadro degli studi storici italiani dedicati alla Seconda Guerra Mondiale l’aspetto ideologico-politico, ed anche morale e psicologico dei soldati, è rimasto sempre piuttosto in ombra. Nelle analisi delle operazioni, ovvero negli studi classici di storia militare, il fatto che il Regio esercito italiano fosse agli ordini di un dittatore, e che avesse dovuto subire, volente o nolente, l’influenza ventennale del regime fascista, viene considerato come un fattore ininfluente. Soprattutto i pur necessari, e spesso fondamentali, volumi curati dall’Ufficio storico dello Stato maggiore dell’Esercito, hanno risentito fortemente dell’interpretazione proveniente dalla ampia memorialistica pubblicata nel dopoguerra dai maggiori protagonisti dell’epoca, in primis il generale Giovanni Messe, secondo i quali l’unico dovere di un militare era quello di marciare, ovvero obbedire agli ordini senza doversi preoccupare di altro che servire il proprio paese. Impostazione ineccepibile, dal punto di vista logico, ma anche una comoda scusa per evitare di dover essere accusati di essere stati complici di una dittatura e di una guerra di aggressione. Negli ultimi anni una generazione di storici ha cercato di analizzare più approfonditamente il rapporto esercito-fascismo, e soprattutto il ruolo del Regio esercito nella guerra dell’Asse, approfondendo quindi il tema dei crimini di guerra con risultati sorprendenti. Per quanto riguarda invece l’argomento dei sentimenti e delle sensazioni dei soldati al fronte, gli studi sono stati meno numerosi. I lavori di Simona Colarizi (L’opinione degli italiani sotto il regime 1929–1943) del 1991, si concentra, per quanto riguarda gli anni della guerra, soprattutto sul fronte interno. Tra i volumi dedicati espressamente ai militari, si segnalano quello di Pietro Cavallo (Italiani in guerra. Sentimenti e immagini dal 1940 al 1943) del 1997, e quello curato da Nicola Labanca e Giorgio Rochat (Nicola Labanca e Giorgio Rochat (Il soldato, la guerra e il rischio di morire) del 2006.
Il libro di Marco Avagliano e Marco Palmieri si propone quindi di approfondire l’argomento della storia emotiva, ma anche politica e ideologica (p. 12), della guerra italiana fino all’armistizio, attraverso un vasto repertorio di fonti che vanno dalle lettere censurate, ai diari, alle relazioni dei carabinieri e della polizia. Il testo si dipana secondo un racconto cronologico e tematico. I primi due capitoli coprono grosso modo i primi due anni di guerra, dalla dichiarazione all’autunno del 1942, quando l’illusione della vittoria era ancora piuttosto radicata nei soldati. I tre capitoli centrali sono dedicati invece ai temi più controversi e complessi: la guerra ideologica in Russia, il consenso verso il fascismo e la sua guerra, i crimini di guerra. Il sesto ed il settimo analizzano il rapporto dei militari con il fronte interno e il tracollo della fiducia nei confronti del regime a partire dalla fine del 1942.
Il quadro che emerge dalla ricostruzione dei due autori è piuttosto diverso da quello che i militari stessi hanno cercato di far passare nella memoria pubblica dopo la guerra. I soldati italiani, lungi dall’essere neutrali e di combattere perché obbligati o per senso del dovere, si rivelano da questa ricostruzione come dei militari fortemente favorevoli alla guerra e soprattutto particolarmente sensibili alla propaganda fascista. I temi della guerra ideologica, soprattutto in URSS, vengono interiorizzati dai fanti italiani che sono convinti di combattere una crociata ideologica nella quale il tema della guerra cristiana contro i bolscevichi atei e giudei si mischiava con la volontà fascista di distruggere il comunismo.
L’enorme mole di documenti presentati dai due autori rappresenta quindi un contributo notevole alla conoscenza della guerra italiana fino all’8 settembre 1943, e rappresenta uno stimolo ad approfondire molte altre tematiche. Ad esempio: quale ruolo giocava la monarchia nell’immaginario dei militari italiani che, comunque, giuravano sempre fedeltà ai Savoia? Quali erano le differenze tra i soldati politici inquadrati nei battaglioni di Camicie nere e i soldati dell’esercito regolare? Qual’era, se c’era, il divario ideologico tra gli ufficiali e la truppa? Esisteva una diversità tra le varie armi (aviazione, marina, esercito, milizia)? Insomma all’interno del quadro generale tratteggiato da questo libro, i temi da approfondire rimangono ancora numerosi.
Amedeo Osti Guerrazzi, QFIAB 95 (2015)