Se un poeta toccato dalla Grazia

Mario Luzi – Fonte: Wikipedia

Mario Luzi nasce a Castello, vicino a Firenze, nel 1914. Nel 1932 si iscrive alla facoltà di Lettere all’università di Firenze, dove stringe amicizia con Carlo Bo e altri giovani, che si ritrovano al caffè San Marco e che costituiscono il nucleo originario della rivista “Il Frontespizio”, voce del movimento ermetico. Entra, inoltre, in contatto con i letterati della rivista “Solaria”, tra i quali si trovano Montale, Vittorini, Gadda e Bilenchi. L’esordio letterario di Mario Luzi risale proprio a quegli anni; nel 1935, infatti, pubblica la sua prima raccolta poetica, La barca. Luzi, dopo la laurea in letteratura francese, inizia a insegnare in un istituto magistrale di Parma, ma poco tempo dopo si trasferisce a Roma, dove lavora alla rassegna bibliografica per conto dei ministeri dell’Educazione e della Cultura. Dal ’43 fino alla fine della Seconda guerra mondiale si sposta con la moglie Elena, sposata un anno prima, in Val d’Arno, interrompendo momentaneamente la sua attività lavorativa. Pubblica nel 1940 la raccolta Avvento notturno, che presenta le poesie composte tra 1936 e 1939, profondamente influenzate dal Simbolismo francese di Mallarmé, Rimbaud e Paul Éluard. Nel 1945 torna a Firenze e negli anni successivi pubblica le raccolte poetiche che lo consacreranno artisticamente in Italia e all’estero: Un brindisi (1946), Quaderno gotico (1947), Primizie del deserto (1952), Onore del vero (1957), Dal fondo delle campagne (1956), Nel magma (1963), Su fondamenti invisibili (1971), Al fuoco della controversia (1978). Negli anni Ottanta Luzi riceve diversi premi e riconoscimenti: nel 1985 gli viene conferito il Premio Montale, e nel 1987 gli viene consegnato il Premio Feltrinelli per la poesia all’Accademia dei Lincei a Roma. Nel 1989 esce la raccolta dei suoi saggi, Scritti. Negli anni ‘90 pubblica Frasi incise di un canto salutare (1990), Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini (1994), Sotto specie umana (1999). Nel 2004 al suo novantesimo compleanno viene nominato senatore a vita dal Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi; pubblica nello stesso anno la raccolta Dottrina dell’estremo principiante. Nel 2005 muore a Firenze, dove viene seppelito nella Basilica di Santa Croce. Nel 2008 viene pubblicata postuma la raccolta Lasciami non trattenermi.
La poetica di Mario Luzi può essere suddivisa in tre fasi: la prima comprende la produzione degli anni ‘30-’40, quindi dalla prima raccolta La barca fino al Quaderno gotico, si tratta di poesia ermetica influenzata dal Simbolismo francese, anche se nella raccolta del 1947 si trovano già le premesse per la seconda fase. Questa comprende tre raccolte Primizie del deserto (1952), Onore del vero (1957), e Dal fondo delle campagne (1965) e quella del 1971 Su fondamenti invisibili; aumenta l’inquietudine e l’amarezza dei testi, in cui vengono descritti paesaggi angosciosi e tetri, in cui il poeta sembra aggirarsi nella ricerca vana del senso della vita; nell’ultima fase Luzi adotta uno stile più prosastico nei suoi componimenti e si concentra in particolare sul ricordo nostalgico della giovinezza.
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Caratteristica dell’opera poetica di Mario Luzi, fino dalle sue origini, è stata quella di privilegiare e mettere in evidenza libri suoi di punta, che nell’ambito di una circolarità, in altro senso riassuntiva dell’opera, e di una sua presto istituita e rinnovatasi maturità di discorso, segnano ogni volta il varco innovativo e imprevisto, oltre cui la poesia mirerà a rinnovarsi.
E quanto, in questo senso e nell’ambito delle diverse stagioni di una poesia, che con arte infervorata e pensierosa ha attraversato la seconda metà del secolo, e si è affacciata con altrettanto onore sul nuovo secolo e millennio, ha saputo esprimere fino in fondo, con libri di punta e opere di raccolta e riflessione poetica.
Opere come La Barca (1935) e Avvento notturno (1940), nei confronti del primissimo tempo di Luzi più puramente lirico ed ermetico; o come Un brindisi (1944), Quaderno Gotico (1946) e Primizie del deserto, premiato al “Carducci” nel 1953, nei confronti di una più meditativa e già drammatica liricità, in una stagione più complessa da attraversare, come quella bellica e post-bellica. Una stagione poi riassunta in Onore del vero (1957), i cui testi ben consci della piena maturità verbale e di pensiero di un poeta primario, ma pur sempre giovane, sicuro della propria funzione secondonovecentesca; e nella successiva raccolta Il giusto della vita (1970), più che mai espressiva della propria vena personale, anche in rapporto a una riflessione cristiana da sempre venuta a nutrirla. Una dimensione poetica sicuramente primaria nella sua generazione, e non solo in Italia, destinata ad approfondirsi e a superarsi in titoli più che mai emblematici di sé e di altro, nei successivi decenni, come Nel magma (1973 e ‘76), Dal fondo delle campagne (1975 e ’79), Per il battesimo dei nostri frammenti (1985), Frasi e incisi di un canto salutare (1990), per non dire del più recente Viaggio terreste e celeste di Simone Martini (1994), in cui, senza perdere il senso della propria ascesi armonica, il poeta ha sviluppato del pari la figuratività di un proprio racconto trasfiguratore, e di una toscanità a sua volta emblematica. Che è insieme il segno di una congenita e innata vocazione, da cui e oltre cui il Poeta si proietta, e ogni volta reinvesta sé e tutto l’altro che vi si accompagna.
In questo quadro verticistico sicuramente luziano, via via scandito dalle successive e sempre più estese raccolte di Tutte le poesie (1979, 1988, 1998), non sorprenderà che tra i due titoli più recenti di Sotto specie umana (Garzanti 1999) col suo diffuso ragionare e cantare i movimenti del poeta sulle vie del mondo, a cercare e a cercarsi nella solitudine del proprio io, pur nello scambio amorevole e cristiano con “gli altri” e con “l’altro”; e la diversa punta lancinante, e fin scenica e surreale, di Opus Florentinum, (Passigli, 2000) la Giuria del Premio “Carducci” 2001 abbia optato per questo titolo, già parte della cinquina vincente, per farne con più merito che mai il vincitore assoluto di questa edizione del premio. Opus Florentinum, in cui il Poeta, fedele al suo slancio inventivo e più che mai in cerca di una parola nata da un suo fondamento storico, esistenziale e di pensiero da sempre dissodato, ha trovato in vetta alla propria maturazione, il senso tanto più rivelatore di una funzione che ancora si rinnova e costruisce.
Una struttura di pensiero e di lume poetico, che, superati anche gli attributi dell’elegia e dell’invocazione, trova in sé la moltiplicazione dei molti sensi storici e civici, dei propri sogni in fine costruttivi, in una forma che, allo scatto evocativo di sempre aggiunge la novità di un parlato e di un dialogato di gusto scenico, che ampliandone le prospettive arriva ad indicare il senso di un tempo più lontano dell’”inno” e della “cantata”, dedicati a entità che ci superano.
[…] Da cui e oltre cui, nel gran finale poetico di Opus florentinum , “Fiore della Fede”, la sapienza morale e lirica di Mario Luzi ha saputo far cantare sé stessa, dando voce a S. Maria del Fiore, che di tutto questo – e di sé stessa – è magistero e simbolo. Ora che sul limite dell’Anno Giubilare 2000, in cui tutto può avere nuovamente fine e principio, ha saputo custodire per sé e per i suoi concittadini, una lezione evangelica:
“….su cui possa posare il piede
chi arriva
a prendere slancio per il volo…”.
Sono parole e immagini in cui Luzi, tramite l’invenzione reale e surreale, in fine più che reale, di far parlare la Cattedrale fiorentina nella sua integrità e temporalità, può farlo esprimendovi ogni sua umana e più che umana essenza: di gioia e pena, di comunicatività e di ripiegamento in sé, di amore e disamore, intuendo un Divino non sempre rappresentabile:
“… Mi scopro talune volte nuda
e deserta in mezzo alla città.
Su me sono la luna
o il sole: tutto l’altro mondo non si vede,
ma è in me, in me vive, in me cuoce….”.
Si può pensare alla riassunzione da parte di un grande poeta di oggi della celebrata dimensione manzoniana dell’”Inno Sacro”, di ben oltre un secolo e mezzo fa, che in armonia con la diversa inquietudine poetica-lirica e mistica di oggi, di un tempo altrimenti cadenzato se non turbato, ha preferito ribattezzare come “Cantata Sacra”. Secondo una dimensione oggi più condivisibile di voce che fa parlare dal suo più alto e dal suo più basso, universalisticamente, la Cattedrale fiorentina e in lei la voce del Poeta stesso, che per sé e per tutti – noti e ignoti, umani già accolti e da accogliere senza più disuguaglianze – invoca il futuro di:
“… Un secolo nostro
nell’ordine della cristiana previsione
di fede e di certezza. Per tutti i secoli dei secoli
per omnia saecula saeculorum…”.
E non dimentico dei millenari latini evangelici, di cui insieme a tante altre dimensioni si nutre la sua parola poetica, ribadisce come:
“… l’omega conosciuto e certo
splenda nel suo mistero
sopra di noi come sempre.
O veni saeculum, veni millennium, jubila.
Noi ti apriamo i cuori,
ti apriamo le porte, veni…”.
Certo ora il Poeta che così è, e così sempre sarà nel tempo e di là dal tempo!
Marco Forti, Opus Florentinum (45° Premio “Carducci”-2001), Quaderni del Centro Studi Mario Luzi, N. 3 (a cura di Stefano Verdino, Umberto Bindi e Alfiero Petreni), Comune di Pienza, Fondazione Conservatorio San Carlo, 2002

“Perdono pe’ nostri dolci peccati | Per avere spesso guardato | Teneramente dissiparsi il giorno | Dall’ombra e il silenzio dei casini |Sognando di andare con una fanciulla | Senza seni lungo l’Arno rosa | E la voglia di piangere racchiusa | Nel cuore come un’onda preziosa”.
Mario Luzi, Poesie ritrovate, Garzanti, 2003

I nomi di Mario Luzi e Giovanni Raboni, seppure con pesi e misure diverse, ci riconducono a modelli e vicende editoriali che culminano per entrambi nella pubblicazione di volumi complessivi proprio in questo decennio (l’“Elefante” Raboni nel 1997, il “Meridiano” Luzi nel 1998), confermandone così l’accesso editoriale a livello di scritture canoniche, già appannaggio di una tradizione affermata e rilevante all’interno della storia poetica del Novecento. Percorsi che, se per Luzi trovano una piena corrispondenza nella più borghese delle case editrici meneghine, ovvero Garzanti <83, secondo un modello esclusivistico di “politica d’autore” (non diversamente, peraltro, dall’esperienza di Fernando Bandini), nel caso di Giovanni Raboni, invece, descrivono una discontinuità editoriale che forse segue – almeno in parte – l’attività di collaboratore e di consulente del poeta presso le case editrici che pubblicano le sue opere <85. Parallelamente a questa climax che ha portato i due autori in una posizione di rilievo nel canone contemporaneo, si è assistito altresì ad importanti manifestazioni, più o meno tardive, e più o meno esplicite, unite ai riconoscimenti ad essi accordati: di fatto, Luzi, il 6 marzo 1995, è uno dei quattro poeti (assieme ad Attilio Bertolucci, Piero Bigongiari ed Edoardo Sanguineti) a portare la poesia in Parlamento, leggendo i propri versi alla Camera dei Deputati, presieduta allora dall’On. Irene Pivetti (che si era affidata a Nicola Crocetti per l’allestimento della manifestazione). Un investimento civile, tanto sconosciuto alla poesia degli ultimi anni per la risonanza stessa dell’evento, quanto indicativo del riconoscimento di alcune forme di poesia – pur diverse tra loro – all’interno della società, e in dialogo con essa. Non bisogna altresì dimenticare che nel giugno dello stesso anno, Luzi viene insignito del “Premio Viareggio Internazionale”, certo tra i più prestigiosi riconoscimenti per la poesia nella congerie della “premiopoli” italiana.
83 Il decennio per Mario Luzi si apre con la pubblicazione, nella collana di classici contemporanei della BUR, curata da Raboni e Cucchi, di L’alta, la cupa fiamma: poesie 1935-1985 (1990), e prosegue con l’uscita presso Garzanti dei “capitali” Frasi e incisi di un canto salutare (nello stesso 1990), Viaggio celeste e terrestre di Simone Martini (1994), La Passione. Via Crucis al Colosseo (1999), Sotto specie umana (1999). Una vera e propria “politica d’autore” quella che lega Luzi alla Garzanti, se si contano – oltre ai citati volumi – i titoli usciti nella collezione “Teatro”: Io, Paola, la commediante (1992), Teatro (con postfazione di Giancarlo Quiriconi, 1993) Felicità turbate (1995), Ceneri e ardori (1997). E non bisogna dimenticare la quinta edizione garzantiana di Tutte le poesie (1998), nonché la coeva uscita, segnalata nel testo, de L’opera poetica nei “Meridiani” Mondadori, a cura di Stefano Verdino. Una
bibliografia, quella luziana qui indicata, che non esaurisce per intero la produzione poetica edita negli anni Novanta, né si propone di esaurirla quanto semmai di rilevare, per l’appunto, la continuità che lega l’autore alla casa editrice.
85 Gli anni Novanta per Raboni si aprono con la pubblicazione di Versi guerrieri e amorosi (Einaudi 1990), dopo il riassuntivo A tanto caro sangue. Poesie 1953-1987 uscito per Mondadori nel 1988. Seguono: Ogni terzo pensiero (Mondadori 1993 – Premio Viareggio per la poesia) e Quare tristis (ivi 1998). Mentre nel mezzo cade la pubblicazione dell’“Elefante” Garzanti di Tutte le poesie 1951-1993 (1997).
Marco Corsi, Canone e Anticanone. Per la poesia negli anni Novanta, Tesi di dottorato di ricerca, Università degli Studi di Firenze, anni 2010/2012

Domenica 14 ottobre 2001 insieme a Mario Luzi andiamo alla Mostra antiquaria di Palazzo Corsini, su sollecitazione del bibliofilo Beppe Manzitti e di Stefano Verdino, che ci avevano segnalato la presenza di un manoscritto giovanile di Luzi.
Presso l’antiquario Crini troviamo proprio la busta intatta che l’editore Guanda aveva spedito a Mario Luzi nel giugno del 1935. Luzi sfoglia con molta attenzione i fogli, li riconosce subito come propri scritti e assai colpito del ritrovamento di carte dopo oltre 65 anni, domanda come siano finite lì in mostra.
[…] Tra le carte, nel verso di una poesia di Luzi, c’è un’altra poesia: L’Autunno. Il poeta guarda e riguarda lo scritto con molto attenzione, lo vedo perplesso, e mi chiedo perché, poi esclama: ma è Carlo.
Carlo chi? faccio io.
Carlo Betocchi.
Evidentemente Luzi e Betocchi solevano scambiarsi le poesie in anteprima, anche se lui non ricorda in quale occasione.
Leggendo e guardando gli scritti osserva ancora: Si sente che ero molto preso dalla filosofia. Alcuni scritti sono addirittura precedenti “La Barca” probabilmente del 1933 o anche prima. Trovo qualche curiosa affinità con quanto oggi mi viene di scrivere, a quasi settant’anni da questi fogli.
Alfiero Petreni, Segretario del Centro Studi Mario Luzi di Pienza, Cronaca di un ritrovamento, Quaderni del Centro Studi Mario Luzi, N. 3, op. cit.

Fonte: Biblioteca Comunale di Pisa

Del gruppo degli inediti giovanili, recentemente ritrovati ed acquisiti dal nostro Centro Studi, presentiamo la primizia di un testo:
ALLA POESIA
Se un poeta toccato dalla Grazia
va tra le simili creature
fluido di canti
perchè le irrefrenabíli rotazioni
approdìno nella luce di due lacrime
congenite col caldo firmamento,
le madri co’ ventri accesi d’amore
riconcepiscono i figli sepolti,
gaie e sorprese
muovono le laboriose mani spente
cantano con le grandi voci riemerse
le profonde canzoni dell’infanzia.
I bimbi co’ fluviali occhi di latte
strappano il fuoco della vita
alle pupille
delle bianche genitrici estenuate,
crescono come placide onde al sole
i padri vi si specchian declinando.
Redazione, Quaderni del Centro Studi Mario Luzi, N. 3, op. cit.