Uno dei più noti agenti nazisti in Italia fu Guido Zimmer

L’Ufficio VI E, il ramo del Sicherheitsdienst che si occupava istituzionalmente di spionaggio e sabotaggio nei paesi stranieri, e VI C (Romanische Länder, cioè paesi di lingua romanza) iniziarono ad operare in Italia nel 1939, nonostante che formalmente fosse in vigore il divieto di svolgervi attività di intelligence
[…] Il primo inviato del RSHA nel nostro paese fu il dottor Arno Gröbl, in precedenza responsabile dell’Amt VI presso l’ufficio regionale del Sicherheitsdienst di Innsbruck, che venne in Italia ad organizzare una rete spionistica utilizzando come copertura ufficiale la funzione di incaricato della Deutsche Kongresszentrale in preparazione dell’Esposizione Universale del 1942
[…] Nonostante la tradizionale rivalità tra Gestapo ed SD, l’attività svolta da quest’ultimo in Italia trovò valido supporto in Herbert Kappler, addetto della polizia presso l’ambasciata tedesca di Roma
[…] Uno dei più noti agenti nazisti in Italia fu Guido Zimmer che fu in Italia fino alla Liberazione, giocando, come è noto, un ruolo di primo piano nella cosiddetta operazione Sunrise, le trattative di armistizio segrete con gli alleati nel 1945 <14. Zimmer lavorò a Roma, creando una rete di agenti e informatori tra i giornalisti accreditati nella capitale e spacciandosi egli stesso per giornalista <15
[…] L’armistizio dell’otto settembre fu l’origine di una delle più spettacolari e note special operations del Sicherheitsdienst: la liberazione di Benito Mussolini da parte di Otto Skorzeny, uno degli uomini dell’”Ufficio VI” del RSHA, e di paracadutisti della Wehrmacht a Campo Imperatore
[…] Nell’agosto 1943 era stato designato come “comandante supremo della polizia e delle SS in Italia” (Höchster SS- und Polizeiführer Italien, HöSSPF) il generale Karl Wolff, ex aiutante personale di Heinrich Himmler. Presso Monaco Wolff aveva iniziato ad organizzare un apparato di polizia SS con il quale marciare in Italia <24. Il RSHA aveva scelto come “comandante della Sicherheitspolizei e SD” (Befehlshaber der Sicherheitspolizei e SD, BdS), il generale Dr. Wilhelm Harster, un giurista bavarese di quarant’anni, che già in Olanda aveva ricoperto tale posizione e dove era stato tra i maggiori artefici della deportazione degli ebrei di quel paese <25. Harster giunse il 9 o il 10 settembre a Bolzano accompagnando Karl Wolff, insieme ad un suo stretto collaboratore ed interprete, l’avvocato sudtirolese Walter Segna (un uomo del Sicherheitsdienst, che nel 1944 e 1945 giocherà un ruolo nella creazione delle reti stay-behind tedesche).
Harster iniziò subito la costruzione di una rete territoriale di comandi, composta di un ufficio centrale a Verona e di uffici distaccati (Aussenkommandos) nei capoluoghi di regione il cui numero durante l’occupazione sarà destinato a crescere sensibilmente. Ad essi erano affiancati comandi subordinati (Aussenposten) nelle città minori o in prossimità di zone sensibili per l’attività partigiana. Uno status particolare ebbero le regioni di confine praticamente annesse al Reich: le due zone di operazione, Operationszone “Alpenvorland” e “Adriatisches Küstenland”, le quali furono dotate di proprie organizzazioni di polizia SS.
Mentre quella costituita nella zona delle Prealpi rispecchiava nelle sue forme le strutture territoriali in uso nel Reich, nel Litorale adriatico fu creata una organizzazione simile a quella presente nel rimanente territorio italiano, ma sostanzialmente indipendente dai comandi di Wolff e Harster.
Il comando centrale di Harster a Verona era composto nell’aprile 1945 di 248 persone, la suddivisione in reparti corrispondeva a quella del comando centrale di Berlino. Da Harster dipendevano sei reparti: il I ed il II che curavano l’amministrazione interna, III (SD Inland), il IV (Gestapo), il V (Kripo) ed il VI (SD Ausland). Il III (SD Inland) fu organizzato dal Dr. Martin Sandberger, un giovane giurista, veterano dell’Einsatzkommando A, impiegato nei paesi baltici e capo della Sicherheitspolizei e SD di Reval, in Estonia.
[…] Successore di Sandberger fu il maggiore SS Dr. Hans Turowski, uno storico che a Berlino era stato a capo del “settore cultura” del RSHA. I suoi collaboratori erano il tenente SS Heinrich Jost, poi ufficiale addetto alle informazioni presso il comando del SS- und Polizeiführer Oberitalien-West a Monza, il Dr. Josef Feuchtinger, un giurista austriaco, responsabile della raccolta delle informazioni sull’umore della popolazione italiana, che negli ultimi mesi di guerra fu impiegato “sul campo”, nella lotta antipartigiana nell’Italia del nord.
[…] Ben diverso fu il ruolo giocato in Italia da Gestapo e SD Ausland. A capo della Gestapo furono il maggiore SS austriaco Dr. Fritz Kranebitter, un giurista quarantenne, ed il suo più giovane sostituto, il capitano Franz Schwinghammer, anch’egli austriaco e funzionario di polizia di carriera. Anche l’organizzazione della Gestapo in Italia riproduceva il modello centrale berlinese
[…] Il personale di Sicherheitspolizei e SD giunto in Italia fu scelto ad hoc dal RSHA in parte nelle settimane che precedettero l’Armistizio ed in parte immediatamente dopo. Si trattò in genere di nuclei distaccati da vari uffici e comandi del Reich e fuori, spesso provenienti dai posti di frontiera con l’Italia del Tirolo e della Carinzia. Fu trasferita in Italia una intera classe della scuola della Sicherheitspolizei di Fürstenberg con il suo comandante Herbert Herbst, al quale sarà assegnato il comando di Perugia
[…] Accanto a Harster, Sandberger e Rauff, numerosi altri giovani ufficiali del Sicherheitsdienst furono trasferiti nel nostro paese, tra i quali Guido Zimmer, uno degli organizzatori della rete spionistica prima dell’armistizio, che alla fine del 1943 temporaneamente assunse la guida del comando Sicherheitspolizei e SD di Genova, dove trovò il tempo di impegnarsi nella messa in atto del programma di rastrellamento e deportazione degli ebrei. gennaio il comando passò quindi a Friedrich Siegfried Engel <40, un altro veterano del Sicherheitsdienst e alto funzionario del RSHA
[…] Sicherheitspolizei e SD reclutarono sul posto agenti e informatori. Nel periodo iniziale essi venivano reclutati tra gli esponenti più vicini al nazionalsocialismo della comunità tedesca
[…] Ma al contempo, la collaborazione con i servizi di informazione tedeschi attirava anche avventurieri di ogni tipo. Non di rado si trattava di esponenti della nobiltà, come la baronessa Anya Manfredi de Blasiis, di origine finlandese e ritenuta una conoscente personale di Heinrich Himmler, o la contessa Novella de Savorgnan di origine slava <50. Tra i casi più noti quello del barone Luigi Parrilli, dirigente industriale con contatti negli Stati Uniti, ma dal 1943 al 1945 legato a doppio filo a Guido Zimmer e ad altri esponenti dei servizi come Kappler, Engel e Rauff. Agendo su incarico del Sicherheitsdienst, Parrilli fu uno degli artefici dei contatti con servizi alleati in Svizzera, dai quali prese avvio l’operazione Sunrise, la resa separata delle truppe tedesche in Italia in 2 maggio 1945 <51. E anche altri personaggi del jetset di quegli anni facevano parte di questa cerchia di agenti. Wifredo Ricart, direttore tecnico di “Alfa Corse” alla fine degli anni Trenta e ingegnere capo dell’Alfa Romeo fino al 1945, offerse i suoi servizi al Sicherheitsdienst e fu utilizzato in primo luogo per tessere contatti politici in Spagna e Portogallo e anche come consulente dell’”Ufficio tecnico” del servizio segreto tedesco <52. Andreas “Bandy” Zoliomy, il famoso campione sportivo di pallanuoto di origine ungherese che negli anni Cinquanta allenò la squadra azzurra, guidò nel 1944 a Milano un gruppo di provocatori che, fingendosi comunisti, avrebbero dovuto fomentare disordini e azioni di sabotaggio nell’Italia liberata, dei quali si parlerà più avanti <53 […] Non erano naturalmente solo privati cittadini che lavoravano con i servizi segreti nazisti, anche le numerose formazioni di polizia cercarono la collaborazione con essi, ricavandone ampi fondi e un largo margine di autonomia rispetto alle autorità della RSI. La cooperazione più stretta fu probabilmente con formazioni ufficiali come la Legione “Ettore Muti” di Milano. In questo caso specifico venivano fornite alla Sicherheitspolizei informazioni di natura politica e uomini da impiegare nelle azioni. La collaborazione tra Muti e nazisti era facilitata dai rapporti di amicizia personale che legavano Walther Rauff, Theo Saevecke e il colonnello Giuseppe Colombo <56. La miriade di “squadre speciali” di polizia che nacquero un po’ dovunque nell’Italia occupata sono senza dubbio uno degli aspetti più torbidi di quel tragico periodo <57. Seguendo metodi già messi appunto in altri paesi occupati, la Sicherheitspolizei non solo le tollerò, ma ne fece largo uso, fornendo i finanziamenti e i sussidi necessari alla loro esistenza. I confini tra normale lavoro di polizia, criminalità politica e criminalità organizzata furono sempre molto fluidi. I tedeschi si servirono abilmente di questi “corpi speciali”, evitando di apparire in primo piano e salvo poi intervenire per reprimere i casi più eclatanti di torture e abusi. A Firenze, e poi a Parma e a Padova, operò, inquadrata nei rispettivi comandi della SiPo, la cosiddetta “Banda Carità”, denominata nei documenti tedeschi italienische Sonderabteilung (“Reparto speciale italiano”). La famigerata squadra di Pietro Koch, attiva prima a Roma (“Reparto speciale del Lazio”) e poi a Milano (“Reparto speciale di polizia”), era anch’essa sotto la diretta protezione della Sicherheitspolizei e di Herbert Kappler, il quale, dopo l’arresto di Koch nell’autunno del 1944, intervenne personalmente per farlo liberare <58. A Milano Saevecke instaurò una stretta cooperazione anche con l’Ufficio Politico Investigativo (UPI) della GNR, diretto dal maggiore Bossi. Ma si trattava di una iniziativa personale contrastata dai vertici della GNR e dal prefetto di Milano, e che cessò con l’allontanamento di Bossi. Ben presto Bossi creò una nuova “squadra speciale” finanziata dalla Sicherheitspolizei di Milano: 10.000 lire al mese andavano a Bossi, 30.000 alla squadra. Stretta collaborazione esisteva anche con la squadra del “questore” Mario Finizio, coinvolta in ruberie e malversazioni a Roma e successivamente a Milano <59. A Roma, secondo i dati forniti da un interprete di Via Tasso alla polizia italiana una settimana dopo la liberazione della città, operavano vari nuclei: Un “gruppo di individui” che lavorava alle dipendenze di Koch e con la “complicità del Questore Caruso” si serviva dei documenti rilasciati dal “comando SS”, ovvero dalla Sicherheitspolizei, per commettere “sequestri, ricatti ed estorsioni ai danni di numerosissime persone”. Squadre organizzate dal PRF arrestavano sospetti e li accompagnavano in Via Tasso, sede del comando SS <60. Ci furono infine – soprattutto nel primo periodo dell’occupazione – anche gruppi di fascisti che, senza fine di lucro, misero le loro conoscenze degli ambienti locali a disposizione dei tedeschi del tutto spontaneamente, come fu il caso di un certo Domenico Odasso a Sestri Ponente il quale, dopo aver denunciato numerosi antifascisti, concludeva la sua lettera al comando tedesco affermando: “Sono un vecchio fascista e rilascio queste dichiarazioni nonallo scopo di ottenere favori personali, ma perché ritengo sia mio dovere aiutare i camerati tedeschi. Sono a disposizione in qualsiasi momento per ulteriori informazioni e propongo di organizzare insieme ad alcuni vecchi amici (vecchi fascisti e squadristi) un ufficio di informazioni per la Wehrmacht. Noi conosciamo tutti i vecchi comunisti della zona” <61. Tutto questo non può sorprendere dal momento che in molti ambienti del fascismo repubblicano il prestigio della polizia SS nazista era molto alto
[…] Non solo Gestapo e SD Inland, anche SD Ausland, l’”Ufficio VI”, la cui attività dedita al sabotaggio e allo spionaggio era diretta soprattutto contro le forze alleate, fu rafforzato ampiamente dopo l’occupazione dell’Italia. A Verona giunse nella primavera del 1944 ad assumere la guida del servizio il maggiore SS Dr. Klaus Huegel. Huegel, nato e residente a Stoccarda, era stato precedentemente incaricato del Sicherheitsdienst per i contatti con il movimento pantedesco e filo-nazista svizzero, poi, nell’aprile 1943, trasferito all’Amt VI a Berlino< 63
[…] Il maggiore Karl Hass diresse nel nostro paese una rete di spionaggio e sabotaggio, composta da agenti italiani muniti di radio, da inviare oltre le linee nemiche nell’Italia centromeridionale. Questa rete ebbe la sua prima base di operazioni a Roma
[…] Il Dr. Otto Begus, un’altro degli uomini di Otto Skorzeny, il quale ad Atene aveva creato un’organizzazione di spionaggio e sabotaggio post-occupazionale 77, giunse in Italia nel luglio 1944 ed ebbe per compito la realizzazione di una simile rete: l’organizzazione Zypresse (la Z stava per Zerstörung, distruzione). Si trattò, insieme a Ida, di una delle maggiori reti stay behind impiantate dai servizi segreti tedeschi nel nostro paese e tra le più temute dai servizi alleati <78. Tra i suoi progetti fu la costituzione di nuclei di sabotatori i quali, fingendosi comunisti, avrebbero avuto il compito di organizzare disordini e azioni di sabotaggio nell’Italia liberata. Andreas Zoliomy, il campione di pallanuoto, era il capo di uno di questi gruppi
[…] Bisogna innanzitutto premettere che la repressione delle formazioni partigiane fu un compito centrale, al quale Sicherheitspolizei e SD furono chiamate a partecipare già a poche settimane dall’inizio dell’occupazione. La loro partecipazione ai rastrellamenti non fu quasi mai in forze, ma per mezzo di nuclei specializzati che, a fianco delle forze che eseguivano le operazioni, interrogavano i partigiani prigionieri, ne decidevano il destino e consigliavano i comandanti militari sulle sanzioni da comminare e sull’applicazione delle misure di rappresaglia. Questa netta suddivisione di compiti, da un lato le truppe combattenti, dall’altro i “consiglieri politici”, ebbe grande importanza nell’economia dell’attività repressiva
[…] L’attività di sostegno della “lotta alle bande” è ben documentata nel caso del comando genovese. Nel novembre 1943 uomini della Sicherheitspolizei e della 334. Infanterie-Division condussero una azione in comune nelle montagne a nord di Voltri, dove distrussero vari “punti di appoggio” delle bande e catturarono due prigionieri portati “dai militi del nucleo SD nel carcere di Marassi” <85. Nell’aprile del 1944 gli uomini di Engel presero parte al grande rastrellamento di Monte Tobbio, nel corso del quale furono uccisi 145 partigiani – in gran parte fucilati dopo la cattura <86. La Sicherheitspolizei contribuì all’azione con un gruppo tattico composto da uomini del comandi di Genova e, forse, Torino, del “Kommando Andorfer” e del „Bandenjagdkommando des BdS Italien“. <87 L’attività di questo reparto è stata messa recentemente in luce nei procedimenti penali di Torino ed Amburgo. Dagli accertamenti svolti risulta che Engel il giorno prima dell’azione radunò il suo personale maschile e distribuì i compiti dei vari nuclei. In sostanza si trattava di interrogare i prigionieri catturati e decidere la loro sorte. Chi veniva identificato come partigiano era immediatamente passato per le armi su ordine del sottufficiale SS che eseguiva l’interrogatorio. Un secondo gruppo di prigionieri venne trasferito al carcere di Genova per ulteriori accertamenti da parte della Sicherheitspolizei. Molti di loro saranno tra i fucilati del Turchino il 19 maggio, la rappresaglia per la quale è stato condannato Engel. Chi invece tra i prigionieri risultava meno compromesso, era destinato alla deportazione in Germania, dove molti morirono nei campi di concentramento <88
[…] La polizia di sicurezza fu responsabile di un alto numero di atti criminosi, rappresaglie e dell’eliminazione fisica di prigionieri politici e razziali. I casi più noti sono quelli delle Fosse Ardeatine, del Passo del Turchino a Genova, l’eccidio della Storta presso Roma, il massacro di prigionieri presso Fossoli, le stragi di Roasio e Gattinara, di Piazzale Loreto, di Bolzano e via dicendo. Singolare è il complesso di stragi perpetrate da distaccamenti della SiPo in Emilia ed in Romagna tra la tarda estate del 1944 e la primavera successiva […] Dopo l’occupazione, il Sicherheitsdienst ed i suoi agenti italiani avviarono con grande impegno la raccolta di informazioni all’interno del movimento di Liberazione che andava costituendosi. Secondo un documento inglese, sembra che fosse stato allestito un cosiddetto “servizio di criptopropaganda e informazioni sui partigiani”, al quale era affidato il compito di diffondere notizie false e tendenziose tra le formazioni della resistenza a scopo di disorientamento <93
[…] Responsabile di questo lavoro era un centro di raccolta di informazioni che probabilmente apparteneva in origine dall’Abwehr militare, ma che era passato nel 1944 sotto il controllo del Sicherheitsdienst. La sua sede era a Milano, Galleria del Corso 2, e il suo campo di indagine, sebbene limitato all’Italia nord-occidentale, assai ampio. Infatti, oltre alle informazioni di carattere militare sui partigiani, le formazioni della RSI e la situazione oltre le linee del fronte nel settore occidentale della “Linea Gotica”, il centro monitorava le relazioni commerciali tra il nostro paese e la Svizzera ed anche i movimenti delle persone nell’Italia del nord <94. I dati contenuti nelle schede riguardano soprattutto l’armamento, la dislocazione, la forza e il morale delle bande partigiane, e queste notizie, per quanto sia possibile verificarle, sono assai precise e accurate. Alcuni singoli documenti emergono dalla massa di informative: tra di essi una relazione sul viaggio intrapreso da rappresentanti del Comando Militare regionale del Piemonte per raggiungere il governo del Sud. Le notizie fornite sono ampie e circostanziate e riguardano vari aspetti della missione che potevano essere di interesse per i servizi tedeschi: la sua composizione, l’itinerario seguito per passare il fronte e naturalmente il contenuto dei colloqui avuti a Roma con i funzionari del governo Bonomi
[…] Probabilmente si trattava di un caso simile a quello incontrato sfogliando gli appunti di Guido Zimmer, dove si fa riferimento ad un certo Franco Carenzi, doppio agente con contatti all’interno del CLNAI <96.
Zimmer riporta anche un ulteriore tentativo di penetrazione ad alto livello del movimento di Liberazione da parte dall’SD. Innanzitutto va premesso che il senso preciso del brano scritto da Zimmer è oscuro e che anche gli agenti americani che lo studiarono ebbero grandi difficoltà per interpretarlo correttamente (in effetti la traduzione è assai incerta). In esso si parla di “accordi” presi con un agente denominato “Otto”, allo scopo di instaurare una collaborazione tra Zimmer ed un non meglio specificato “Comitato”, ma che dal contesto generale del documento dovrebbe trattarsi di un CLN, forse del CLNAI. L’obiettivo di questi contatti era di instaurare con le forze moderate “cooperazione nel campo delle attività anticomuniste”. L’OSS, indagando nel dopoguerra, sospettava che l’agente “Otto” fosse in realtà “un noto comandante partigiano del Piacentino” il quale, secondo quanto emerso dai suoi accertamenti, sarebbe stato ospitato da Zimmer a Milano per alcuni giorni nell’ottobre novembre 1944. Zoliomy, interrogato sul caso, sostenne che si trattava di Fausto Cossu, il comandante delle formazioni GL del Piacentino, poi passato all’area autonoma poco prima della Liberazione. Per quanto riguarda le “attività anti-comuniste” fomentate dall’SD e il suo progetto di spezzare il fronte resistenziale, gli sforzi intrapresi furono evidentemente infruttuosi. Dagli appunti di Zimmer risulta che i membri moderati del “Comitato” non accettarono di abbandonare i comunisti, ritenendo questo un “tradimento della causa comune”. Tuttavia i contatti non furono interrotti e, con l’arresto di Ferruccio Parri a gennaio, si aprì una nuova dimensione. Verso la fine di febbraio 1945 era previsto un incontro tra Zimmer, “Otto” ed un membro del “Comitato” al quale era stato garantito un salvacondotto.
Dal tenore degli appunti di Zimmer sembra di capire che “Otto” abbia proposto la consegna ai tedeschi di Agostino Casati, “Rainoldi” <97, presentato ai tedeschi come “il capo dei comunisti dell’Italia del Nord” e “oppositore di Togliatti”, proponendo in cambio “il rilascio di un membro del comitato” che, molto probabilmente, era Ferruccio Parri <98.
Anche in un secondo aspetto, strettamente legato a quanto finora esposto, la presenza dei servizi SD e della Sicherheitspolizei fu significativa. Voglio dire le trattative e le tregue intavolate tra l’estate e l’inverno del 1944 tra comandi tedeschi e formazioni partigiane, tra le quali la più nota oggi è quella stipulata in Valcamonica e studiata da Mimmo Franzinelli <99
[…] In Italia, per quanto finora ne sappiamo, furono protagoniste di queste ingarbugliate vicende soprattutto le formazioni Autonome, come i Gruppi controllati da “Mauri” nelle Langhe, le Brigate “Julia” dei fratelli Beretta, le formazioni a sfondo cattolico, come le “Fiamme Verdi” in provincia di Brescia, o quelle più “anomale” dello schieramento di Giustizia e Libertà (e politicamente più vicine a quelle Autonome) come i GL del Piacentino e dell’Oltrepò Pavese e la IV. Divisione “Stellina”. Una costante di questi temporanei accordi è che essi furono stipulati sempre in funzione esplicitamente anticomunista. Questo vale per il primo caso conosciuto, il passaggio dell’oscura formazione del “capitano Davide” ai tedeschi nell’Astigiano, alla fine dell’inverno 1944. Anche questo sulla base di trattative tra Davide ed un inviato della Sicherheitspolizei di Torino, il tenente SS Otto Grieser di Bolzano, poi, alla vigilia della Liberazione, “esperto” di repressione antipartigiana presso il comando SS di Genova <100.
Il secondo caso è più eclatante: quando nei primi giorni di agosto 1944 Mauri fu catturato nelle Langhe, immediatamente giunse dal comando di Verona un inviato di Harster, il capitano Adolf Wiessner, anch’egli un esperto in materia, il quale non per caso in precedenza aveva operato a Kiew contro il movimento partigiano nazionalista ucraino e che probabilmente fu tra gli artefici della politica di “assorbimento” attuata dai servizi tedeschi nei loro confronti.
[…] Con quali intenzioni il comandante autonomo, il cui anticomunismo è ben noto <102, abbia effettivamente condotto queste trattative è una domanda alla quale, in mancanza dei documenti del comandante partigiano, non possiamo rispondere. E nemmeno siamo in grado di dire se egli abbia intuito la parte del piano tedesco riassunta nell’espressione “prima i comunisti e poi Mauri”.
Probabilmente, da comandante abile e astuto quale egli era, lo fece. Appare tuttavia evidente che la versione ufficiale fornita da Mauri, fuga rocambolesca dalle mani naziste durante il trasferimento a Torino, sia da considerare una chiara falsificazione. Dobbiamo infine anche considerare il fatto che, al di là di come egli intendesse regolarsi al suo rientro presso le sue formazioni, la presenza di una missione inglese, giunta proprio durante la sua breve assenza, non poté non influire sulla sua decisione di continuare la lotta nel movimento di Liberazione
[…] Queste attività erano parte di un irrealizzabile progetto ideato dalla SS, nutrito dall’illusione di poter sfaldare la coalizione antitedesca con una offerta di pace separata agli alleati occidentali. In questa ottica SS e SD si sarebbero presentati come l’unica forza politica e militare in grado di condurre la Germania in una nuova alleanza antisovietica occidentale e superare la pesante eredità di Hitler.
In questa prospettiva vanno visti gli sforzi intrapresi in Italia da un consistente gruppo di esponenti di SS, SD e Sicherheitspolizei tra i quali Zimmer, Rauff, Dollmann, Harster e Wolff.
Nel loro progetto il nostro paese sarebbe stato il campo di prova di un nuovo ruolo delle organizzazioni di elite del nazionalsocialismo, un terreno nel quale dimostrare agli Alleati “in piccolo”, come scrisse Zimmer, la propria professionalità e l’efficacia dell’azione anticomunista. Il progetto della direzione SS crollò come un castello di carte insieme alla Germania nazionalsocialista. La liberazione dei campi di concentramento mostrò agli Alleati il volto più brutale e più vero della dittatura hitleriana e del potere SS.
L’inserimento di dozzine di “esperti” dell’anticomunismo provenienti dalla scuola del Sicherheitsdienst nei servizi segreti occidentali e il ruolo da essi ricoperto in quelli della Germania di Bonn è un capitolo ancora in gran parte da scrivere <108
[…] Gli esempi che abbiamo presentato dimostrano il pragmatismo e la professionalità degli uomini dei servizi, ma anche la loro assoluta mancanza di scrupoli e amoralità. Si trattava non solo di agenti segreti, ma di uomini in grado di far fucilare dozzine di ostaggi in rappresaglia un giorno, di mandare un’altro uomini, donne e bambini ebrei ad Auschwitz e deportati politici a Mauthausen, e un’altro ancora di prendere e mantenere accordi di tregua con formazioni partigiane combattute con brutale asprezza fino a poco prima. La biografia dello stesso Guido Zimmer conferma, se ancora ce ne fosse bisogno, la stretta connessione tra personale del servizio segreto SD e le politiche razziali della Germania nazionalsocialista.
[…]
14 Su Sunrise v. Bradley F. Smith/Elena Agarossi, Operation Sunrise: The Secret Surrender, New York, Basic Books, 1979.
15 Zimmer (18.11.1911-6.12.1977) viveva a Roma in un appartamento al no. 24 di Via Gaspare Spontini. Qui spesso riceveva visita da parte del personale dell’ambasciata tedesca ed in particolare di Kappler e Hildegard Beetz (“Felicitas”) che nel 1943 avrà un ruolo di primo piano nella vicenda Ciano. Dopo la partenza di Zimmer, l’appartamento passò al capitano Köhler, ufficiale di collegamento della polizia tedesca con la PAI, che rimarrà in Italia fino al 1945 (in servizio a Roma, poi Forlì ed infine ufficiale di collegamento della SiPo con la Decima MAS. Nell’appartamento soggiornarono anche Looss, Saevecke e Rauff, gli ultimi due all’epoca del loro impiego in Africa settentrionale, v. US NARA, RG 263, Box 8, SCI Unit Z Rome, Interrogation Report of Cappelli Rosa, Maid of Lt. Guido Zimmer of the SS, 28 agosto 1945.
50 US NARA, RG 226, Box 8, Zimmer’s Papers, Ref. No. 16, p. 21, Ref. No. 18, p. 22. Sull’attività diagente della baronessa Manfredi v. anche Ibidem, RG 226, Entry 174, Box 39, CSDIC, Interrogation report onSS Hauptsturmführer Egon Schoenpflug, 22 maggio 1945 e il verbale di interrogatorio di Josef Niccoletti, Archivio dell‘Istituto Ligure per la Storia della Resistenza, Fondo Gimelli 2, b. 20, f. 2.
51 US NARA, RG 226, Box 8, Zimmer’s Papers, passim. La versione fornita da Parrilli di questocompromettente rapporto di collaborazione che lo unì insieme alla moglie a Zimmer, Engel e Rauff può essereletta in Ferruccio Lanfranchi, La resa degli ottocentomila. Con le memorie autografe del Barone Luigi Parrilli.Milano, Rizzoli, 1948. Va da sé che la documentazione dell’OSS dipinge una relazione ben diversa.

52 Don Wifredo Pelayo Ricart y Medina (Barcellona 1897-1974) fu tra i più noti costruttori di automobili della sua epoca. Falangista della prima ora, era ritenuto uno dei più autorevoli spagnoli filo-tedeschi. Alla Liberazione riparò in Spagna, dove fu tra i fondatori dell’industria automobilistica. Sulla sua collaborazione con Zimmer, v. US NARA, RG 226, Box 8, Zimmer’s Papers, Ref. No. 124, p. 105.
53 US NARA, RG 226, Box 8, Zimmer’s Papers, Ref. No. 16, 132, 133, p. 20, 131 ss. Alla Liberazione Zoliomy si rifugiò in Spagna, ma rientrò ben presto in Italia, dove proseguì la sua carriera sportiva e negli anni Cinquanta divenne direttore tecnico della squadra nazionale di pallanuoto.
56 PRO, WO 204/13006, CSDIC, First detailed interrogation report on five PW from Sicherheitspolizei und SD Aussenkommando Milan, 4 giugno 1945.
57 V. Luigi Ganapini, La repubblica delle camice nere. I combattenti, i politici, gli amministratori, i socializzatori, Milano, Garzanti, 1999, p. 278-283.
58 Ibidem.
59 PRO, WO 204/13006, CSDIC, First detailed interrogation report on five PW from Sicherheitspolizei und SD Aussenkommando Milan, 4 giugno 1945.
60 US NARA, Records of the Office of Strategic Services (OSS), RG 226, Entry 174, Box 145, Verbale di interrogatorio di Aldo Franz, Ufficio di PS di Castro Pretorio, Roma, 10 giugno 1944.
61 BA-MA, RH 26-76/51, Angaben des Domenico Odasso aus Francavilla, 11 settembre 1943.

63 Lutz Hachmeister, Die Rolle des SD-Personals in der Nachkriegszeit. Zur nationalsozialistischen Durchdringung der Bundesrepublik, in: Wildt, Nachrichtendienst …, cit. p. 359 s. Il saggio è anche stato pubblicato in: „Mittelweg 36“, 2, 2002, p. 17-36. US NARA, RG 226, Entry 174, Box 39, Fifth detailed interrogation report on SS Sturmbannführer Huegel, Dr. Klaus, 14 giugno 1945.
77 Ibidem, p. 25.
78 US NARA, RG 226, Box 8, Zimmer’s Papers, Ref. No. 37, p. 41 s. La rete Zypresse viene citata anche in numerosi altri documenti, soprattutto di fonte alleata. Il Piemonte e la Liguria fecero da base alle attività dell’”Ufficio VI” nel territorio francese liberato. Il maggiore SS Helmut Gohl, ad esempio, operava da San Remo con le organizzazioni Bertram e Tosca il cui scopo era quello di raccogliere informazioni oltre le linee del fronte, inviando in Francia agenti reclutati tra collaborazionisti e i fuoriusciti francesi.
85 BA-MA, RH 2/364, Ic-Meldung 21 novembre 1943; RH 24-87/60, Generalkommando LXXXVII. AK, Tätigkeitsbericht der Abt. Ic für den Monat November 1943.
86 BA-MA, RH 24-87/39, Generalkommando LXXXVII. AK, Notiz über das Bandenunternehmen am Monte Tobbio.
87 BAB, R 70 Italien/20, p. 136, p. 195 (Dr. Engel); R 70 Italien/30, p. 1, 37. Sul rastrellamento v. Cesare Manganelli/Brunello Mantelli, Antifascisti partigiani, ebrei. I deportati alessandrini nei campi di sterminio nazisti 1943-1945, Milano, Angeli, 1991, in particolare le p. 32-53.
88 Atti del processo contro Friedrich Engel, v. in particolare la testimonianza del collaboratore della Sicherheitspolizei Giuseppe Niccoletti. Il documento originale è conservato nei fondi dell’OSS del NARA, una copia originale presso l’Archivio dell’Istituto Ligure per la Storia della Resistenza (Fondo Gimelli 2, b.20, f. 2).
93 PRO, WO 204/12293, L’organizzazione informativa tedesca con particolare riguardo al servizio informativo in Italia, s.d. [ma 1945], p. 24.

94 US NARA, RG 226, Box 8, Zimmer’s Papers, Ref. No. 60, p. 61. Le informazioni venivano trasmesse al comando SD di Monaco (Kommando des Meldegebiets München) tramite un centro denominato Meldekopf Zeno, situato prima a Ortisei, poi a Merano, e guidato dal sottotenente Josef von Ach. Da Milano partiva una rete di stazioni radio dislocate in parte sulla costa ligure (due a San Remo, una ad Alassio, una mobile a Moglia, due a Genova, una mobile a Chiavari), a Reggio Emilia, Torino, Serravalle, Como e Limbiate.
96 US NARA, RG 226, Box 8, Zimmer’s Papers, Ref. No. 112, p. 98.
97 Agostino Casati, (Rho, 1897-?), ferroviere comunista. Partecipò alla guerra di Spagna come comandante di battaglione e poi di brigata. Arrestato in Francia e consegnato al governo italiano, fu condannato al confino. I servizi segreti americani lo ritenevano un collaboratore dell’OVRA o del SIM. Prese parte alla lotta partigiana. Alla Liberazione, diresse l’insurrezione a Rho. US NARA, RG 226, Box 8, Zimmer’s Papers, Ref. No. 39, p. 45.
98 US NARA, RG 226, Box 8, Zimmer’s Papers, Ref. No. 39, p. 43 ss.
99 Mimmo Franzinelli, Un dramma partigiano. Fiamme Verdi, garibaldini e tedeschi in Alta Val Camonica: la zona franca e il Caso Menici, in: Studi bresciani (Quaderni della Fondazione Micheletti) No. 8, 1995. Le trattative furono aperte con comando militare di truppe alpine e con un battaglione di polizia tedesca, ma ben presto subentrò un giovane ufficiale baltico del SD, Ilmar Kaasik, che le condusse fino alla loro tragica fine. Sul tema delle tregue e delle trattative tra tedeschi e partigiani v. inoltre Pietro Bonardi, Scambi di prigionieri e di ostaggi durante la lotta di liberazione, in: Storia e documenti 1, 1989, p. 71-95, Storia e documenti 2, 1989, p. 95-123, „Storia e documenti“ 3, 1990, p. 65-87.
100 V. BA-MA, RH 24-75/20, LXXV. Armeekorps, Ic, Anlagen.
102 Mario Giovana, Guerriglia e mondo contadino. I garibaldini nelle Langhe 1943-1945, Bologna, Cappelli, 1988.

108 Sul ruolo assunto nel dopoguerra da esponenti del SD v. Lutz Hachmeister, Die Rolle des SD-Personals, cit.
Carlo Gentile, Intelligence e repressione politica. Appunti per la storia del servizio di informazioni SD in Italia 1940-1945, in Paolo Ferrari/Alessandro Massignani (Eds.), Conoscere il nemico. Apparati di intelligence e modelli culturali nella storia contemporanea, Milano 2010