Tribuna elettorale fu un gran successo

La tragica caduta del governo Tambroni nel 1960 segnò l’avvio di una nuova fase politica. Questa esperienza fu causata dalla pressione dei moti di piazza e dalla timida apertura al centro-sinistra del terzo governo Fanfani. Al decennio del centrismo seguì l’epoca del centro-sinistra, portatore di una nuova politica sociale ed economica e di una differente concezione del mezzo televisivo e della sua gestione. Affidato ad Amintore Fanfani l’incarico di formare un’altra maggioranza, la nuova coalizione Dc-Psdi-Pri ottenne per la prima volta l’astensione del Psi e concesse alla Democrazia cristiana di procedere nel progressivo spostamento dell’asse politico del paese <1. Questa volontà andava però confermata con iniziative e risoluzioni concrete: la tanto richiesta concessione ai partiti di spazi televisivi e radiofonici rientra tra queste. In questa direzione uno stimolo all’azione dell’esecutivo fu anche una sentenza della Corte Costituzionale del luglio 1960 <2 che, pur riconoscendo il monopolio radiotelevisivo della Rai, sanciva l’obbligo di assicurarne l’imparzialità, l’obiettività e la diffusione del pensiero.
Fu proprio il 6 ottobre che il Presidente del Consiglio, a fronte dell’incalzante attività delle opposizioni parlamentari e del nuovo indirizzo politico, annunciò la nascita di una “Tribuna elettorale”, spazio in cui si sarebbe svolto il primo incontro diretto fra partiti e teleelettori. Tribuna elettorale fu la prima occasione per la televisione, introdotta il 3 gennaio 1954, di ospitare interventi di partiti e leader di partiti in occasione delle elezioni amministrative del 6 e 7 novembre 1960. In questo modo venne permesso a tutti i partiti presenti in Parlamento di rivolgere la propria propaganda ai cittadini e agli elettori, aprendo per la prima volta le porte della televisione agli attori della politica. Fino ad allora i telespettatori italiani avevano potuto vedere le immagini ed ascoltare le voci dei soggetti politici solo all’interno dei notiziari. Ora tutti i partiti, opposizioni comprese, potevano parlare direttamente dal video per svolgere apertamente la propria campagna elettorale: ciò rappresentò, per il nuovo mezzo di comunicazione, un momento storico.
Le trasmissioni cominciarono l’11 ottobre e terminarono il 4 novembre. Questo spazio televisivo, completamente dedicato alla propaganda politica ed elettorale, concedeva a tutti i partiti di realizzare un ciclo di conferenze stampa e uno di conversazioni, i quali sarebbero stati trasmessi sia in televisione che per radio <3. Le conversazioni, che duravano otto minuti, erano nei fatti dei comizi televisivi poiché prevedevano un solo oratore che si rivolgeva direttamente ai telespettatori. Invece le conferenze stampa avevano la durata di trenta minuti di cui i dieci iniziali dedicati all’introduzione dell’ospite e i restanti venti minuti alle domande dei giornalisti. A questi ultimi non era concessa alcuna possibilità di replicare e, per porre domande all’oratore, dovevano iscriversi ad un elenco che veniva sottoposto a sorteggio per determinare l’ordine di intervento. Questa modalità riguardava tutti tranne che la stampa di partito alla quale venivano riservate le prime tre domande.
Complessivamente andarono in onda dieci conferenze stampa, otto dedicate ai partiti e due al governo, e nove conversazioni di dieci minuti fra i leader dei partiti e un rappresentante del governo.
Come ogni novità che si rispetti le tribune furono un successo di pubblico straordinario tanto da guadagnare una media di quattordici milioni di ascoltatori. Grazie a questi indici di ascolto Tribuna elettorale riuscì sia a competere con le trasmissioni più popolari che a raggiungere una larga risonanza nell’opinione pubblica. L’audience non era egualmente distribuito: lo spettatore medio del programma era del sud, con residenza nelle piccole città, prevalentemente di sesso maschile e di età intorno ai 30 anni, con titolo di studio di scuola secondaria e non avvezzo a leggere i quotidiani. Dai dati riportati è possibile percepire come la televisione, presente da pochi anni nelle vite degli italiani, fosse il primo mezzo di comunicazione in grado di raggiungere anche i cittadini fino a quel momento meno abituati a sentir parlare di politica.
Se per i telespettatori “Tribuna elettorale” fu una novità, anche per i politici, suoi protagonisti, l’esordio non risultò semplice da affrontare. Nonostante fossero abituati a parlare di fronte ad una platea per esprimere le loro opinioni, l’idea di fare tutto ciò dinanzi ad una telecamera suscitò in loro una forte emozione. Gianni Granzotto, conduttore e moderatore del programma, ricordando la prima trasmissione, descrive al meglio quale fosse l’atmosfera che si respirava durante la prima puntata: “La sera dell’inizio era dominata dall’emozione. Si trasmetteva dal vivo, la registrazione sui nastri videomagnetici era ancora un procedimento rudimentale e malsicuro. La voce di Scelba tremava un poco, quando prese a parlare. Anche i giornalisti che che lo interrogavano erano emozionati <”4.
La tensione per il debutto era forte ma lo era ancor di più la preoccupazione di utilizzare un mezzo nuovo e la paura di non riuscire, tramite questo, ad essere chiari ed esaustivi nell’esposizione. Tutti i politici, infatti, introducendo il loro discorso, accennavano alla difficoltà e alle problematiche comunicative che insorgevano nell’utilizzare la televisione per la propaganda elettorale. Lo stesso Mario Scelba, primo ad intervenire, si appellò alla comprensione degli italiani spiegando che l’aspetto fisico, la capacità comunicativa e la presenza scenica dei leader partecipanti non avrebbero potuto competere con quella degli amati protagonisti dei varietà <5. Allo stesso modo Palmiro Togliatti, nell’iniziare il suo discorso, espresse delle perplessità in merito <6. A giudicare dalle accortezze e dalle premure con cui vi si avvicinarono, i politici italiani avevano della televisione una considerazione estremamente elevata. Ritenevano questo strumento un infallibile rivelatore di verità in quanto percepirono che mentire nel video, senza che il telespettatore se ne accorgesse, sarebbe risultato molto difficile.
Era dunque chiaro ai leader politici che con Tribuna elettorale si faceva strada ad una nuova fase della comunicazione politica, nella quale il messaggio e l’oratore raggiungevano una visibilità ed una esposizione prima impensabili. Questa sarebbe potuta essere un’opportunità da sfruttare al meglio ma non immediata da comprendere poiché, in quegli anni, non ci si interrogava sulla forte influenza delle tecniche di esposizione. Infatti, il nuovo spazio televisivo non venne percepito come organizzato secondo regole proprie ma, al contrario, regolato dalle stesse tecniche comunicative adottate fino ad allora nei programmi radiofonici. I leader italiani si scusarono per le timide capacità espositive non ritenendo però di intervenire né sulla forma né sui contenuti dei loro discorsi televisivi. Tutti, quindi, parlarono come sapevano ponendo l’accento sull’importanza di aver conquistato uno spazio televisivo per la politica e non sulle modalità comunicative da utilizzare.
L’atmosfera austera e solenne che i telespettatori respiravano nel guardare le immagini dei vari esponenti politici nel video, era esplicitata dal loro linguaggio serio e composto, rimarcata dal luogo dell’ambientazione della tribuna. Nello studio televisivo troneggiava un lungo tavolo rettangolare a cui si sedevano i leader che, rivolgendosi direttamente ai telespettatori, ricreavano un’atmosfera simile a quella di un’aula parlamentare. Questo contesto faceva da sfondo ad appelli e discorsi letti con un linguaggio inadatto al contesto televisivo: letture monotone o troppo veloci, toni dimessi e pedanti, complesse articolazioni del linguaggio e l’aggiunta di lunghissime pause. Questa descrizione rispecchiava le modalità di esposizione utilizzate da molti ospiti, tra cui il segretario della Democrazia cristiana Aldo Moro e il segretario del Psi Pietro Nenni. I due leader non seppero adattarsi al linguaggio televisivo tanto da usare il lessico, i termini e la struttura delle frasi collaudati negli anni dei comizi e delle assemblee. L’unico che riuscì ad adeguarsi al linguaggio del nuovo mezzo, facilitando la comprensione dei telespettatori, fu Mario Scelba. Il ministro degli Interni fu il primo tra gli ospiti del programma ad ottenere l’attenzione degli ascoltatori poiché riuscì a parlare a braccio facendo risultare il linguaggio semplice e facilmente comprensibile. Il tono colloquiale e i suoi sorrisi riuscirono a impressionare positivamente il pubblico.
Tribuna elettorale fu un gran successo. Riuscì a catturare l’interesse degli italiani che, pur con molta sorpresa, accolsero positivamente l’ingresso nelle loro case dei leader politici. La concessione di questo spazio televisivo, dedicato alla politica e più precisamente alla campagna elettorale, contribuì a conferire alle immagini trasmesse un ruolo fondamentale per la divulgazione del messaggio. Quella di Tribuna elettorale era una televisione di contenuto, ma lo stile della presentazione, l’aspetto e le qualità esteriori dei rappresentanti dei partiti, assunsero una graduale importanza fino a divenire centrali nel processo di diffusione del pensiero politico.
[NOTE]
1 S. COLARIZI, Storia politica della Repubblica. Partiti, movimenti e istituzioni. 1943-2006, Laterza, Roma-Bari, 2007.
2 Cfr. Corte Costituzionale, sentenza del 6.7.1960, n.59.
3 Cfr. Jader Jacobelli, “Bilancio critico”, in AA.VV, Dieci anni di Tribuna politica: 1960-70, Roma, Rai-Radiotelevisione Italiana, 1970.
4 Testimonianza di Gianni Granzotto, AA.VV., Dieci anni di Tribuna politica: 1960-70.
5 Mario Scelba, Tribuna elettorale, 11-10-1960.
6 Palmiro Togliatti, Tribuna elettorale, 14-10-1960.
Carolina Tommasi, L’evoluzione del linguaggio politico tra gli anni Sessanta e gli anni Novanta: il ruolo dei mass media nelle campagne elettorali, Tesi di laurea, Università Luiss “Guido Carli”, Anno accademico 2015-2016

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