Ripercorrendo le pagine di «Tandem», periodico di riferimento della Neue Linke/Nuova sinistra, si può periodizzare e in qualche misura ricostruire il primo manifestarsi della coscienza ecologica in Alto Adige: a partire dal 1981 – come già stava accadendo in altre parti d’Italia – le pagine del giornale venivano dedicate con crescente frequenza a temi come la salubrità dei luoghi di lavoro, la speculazione edilizia, l’istituzione e la difesa dei parchi cittadini e naturali, l’impatto ambientale di fabbriche e cave, le energie sostenibili e l’agricoltura biologica. Molto spesso si scopriva l’ecologia in situazioni strettamente legate alla concretezza, come le mobilitazioni a difesa di un bosco, e su queste basi maturava poi una consapevolezza più profonda, la comprensione del fatto che simili avvenimenti erano manifestazioni particolari di fenomeni molto più ampi.
Secondo Alexander Langer il relativo successo delle liste alternative in Alto Adige non era sufficiente a spiegare la maggior facilità con cui la coscienza ecologica vi attecchiva rispetto al resto del paese. Il precoce affermarsi di quella sensibilità era in buona misura il frutto di un legame molto forte con il territorio e con la natura presente in loco già anteriormente e connotato, per l’appunto, per lo più in senso conservatore. Fu proprio grazie a questo terreno favorevole e all’impegno dello stesso Langer che, nel giugno del 1983, quando a Bolzano si tenne il convegno “Für ein anderes Südtirol/Per un altro Sudtirolo”, nell’area alternativa sudtirolese era già diffusa una spiccata coscienza ecologica. Fu in quell’occasione che vennero pronunciati molti degli interventi più rilevanti citati in questo capitolo, come quelli di Adriano Sofri e di Rudolf Bahro, e altri particolarmente significativi, come quello in cui Andreina Emeri metteva in guardia rispetto all’eventualità che l’ecologismo potesse diventare terreno di coltura di pulsioni maschiliste e autoritarie <41. Fu nel corso di questo medesimo convegno che vennero poste le basi su cui poi si sarebbe costituita la Lista alternativa per l’altro Sudtirolo, che avrebbe partecipato alle elezioni provinciali del 1983.
A Langer – chiamato a concludere i lavori del convegno – la presenza di un pubblico tanto folto quanto eterogeneo sembrava far finalmente presagire l’avvio di quella nuova stagione post-ideologica, che già da tempo aveva invitato ad accogliere. Si trattava allora, di proseguire con coraggio sulla strada intrapresa: «dobbiamo trovare nuove discriminanti rispetto a cui schierarci di volta in volta, e non rimanere fermi a schieramenti che sostanzialmente impediscono di fare, di trasformarsi, di agire insieme. Oggi gli schieramenti esistenti si basano per molta parte su qualcosa che è diventato “falsa coscienza”, che imbroglia più che chiarificare, che cristallizza e paralizza più che costruire unità e azione» <42.
Questo era senz’altro vero in Sudtirolo, dove era tanto facile quanto fuorviante contrapporre la “Lederhosenkultur” alla sinistra: «ci sono delle situazioni in cui per esempio i proprietari di una casa che sfrattano qualcuno votano per la sinistra o persino per la Nuova sinistra, mentre quelli che vengono cacciati votano per la SVP» <43. Ma era anche vero nel caso della contrapposizione tra progressismo e conservazione, categorie che – come avrebbe dichiarato Langer due anni dopo – erano sempre meno in grado di fornire una chiave interpretativa esauriente della realtà: “In un mondo in cui Deng Xiao Ping chiama ingegneri stranieri per affidare a loro la ristrutturazione efficientista di certe fabbriche; in cui l’economia sommersa entra nell’orizzonte teorico e pratico degli economisti più avanzati della socialdemocrazia austriaca; […] in cui intorno al part-time ed alla flessibilità dell’orario di lavoro si sono registrati in pochi anni sensibili correzioni di rotta anche nello stesso mondo sindacale… in un mondo così – si converrà – il concetto di sinistra perlomeno non si rivela immediatamente utile per attribuire con chiarezza delle scelte politiche ad un determinato campo sociale ed ideale. […] È di sinistra quel che fa la sinistra (compresa la centrale nucleare Trino Vercellese, la force de frappe atomica di Mitterand, i progetti autostradali difesi dai sindacati perché danno lavoro…) o bisogna anche che ci sia qualcosa di “rosso” nei contenuti? È di sinistra l’insistenza per lo “sviluppo” (industrialismo, espansione, crescita del prodotto nazionale lordo) e magari di destra la de-industrializzazione? È di sinistra o di destra la rivendicazione del salario garantito?” <44
Era dunque necessario confrontarsi anche con chi aveva una storia e un orientamento diversi, intraprendere un dialogo in cui l’attenzione prestata ai contenuti prevalesse su quella che si riservava alla provenienza delle persone, che andava sì valorizzata, senza però permettere che diventasse un fattore condizionante: «Ancora pochi anni fa, soprattutto in Italia, la compartimentazione politica sembrava reggere in modo ferreo. Bastava che uno aprisse bocca su un qualsiasi argomento, mettiamo sulla situazione internazionale o sulla condizione della donna, che già si poteva capire che cosa avrebbe detto se avesse affrontato anche la questione della scuola o delle pensioni o della sanità. Oggi le cose sono cambiate. […] La caduta di molte certezze un po’ totalizzanti, e forse anche una generale inclinazione più pragmatica, hanno contribuito a diluire la rigidità di certe scelte di campo fortemente ideologizzate». <45
Alcuni passaggi del discorso di Langer al convegno bolzanino del 1983, sono peraltro particolarmente importanti per capire per quali lunghe vie fosse maturata in lui la consapevolezza di quanto fosse insoddisfacente e comportasse della violenza ridurre l’interezza di una persona alla sua provenienza o alla sua appartenenza:
“La principale polarizzazione qui in Sudtirolo è quella tra italiani e tedeschi. Negli anni passati abbiamo lavorato con grande intensità per fare sì che tale polarizzazione venisse ridimensionata di modo che nessuno venisse più definito semplicemente come “tedesco” o “italiano”. Come se tale definizione potesse esaurire anche tutto il resto in riferimento a quella persona. Abbiamo cercato di dimostrare l’inaccettabilità di una simile polarizzazione e, conseguentemente, di superarla. E ci siamo riusciti, forse anche in questo convegno, se pensiamo che le differenze di opinione non sono mai state ricondotte allo schema italiano/tedesco […]. Nessuno ha rimproverato a qualcun altro di parlare o pensare in quel modo perché era tedesco piuttosto che italiano. Io credo che un simile processo – e spero che questo dialogo possa dare un impulso in questo senso – sia possibile anche in altri casi. Per esempio in riferimento a categorie politiche ormai arrugginite, come quelle di destra e sinistra […]. Allo stesso modo in cui io mi rifiuto di pensare di poter definire esaurientemente un uomo perché parla in tedesco oppure in italiano, mi rifiuto anche di dire: questo ha votato per questi o per quelli e perciò io posso sapere esattamente che cosa vuole o che tipo di persona è” <46.
Abbiamo osservato in precedenza come la critica di Langer alla logica dei blocchi “che blocca la logica”, debba molto alla sua esperienza nella Chiesa, in cui l’adesione formale all’istituzione era diventata più importante dell’ispirazione cristiana. Ma forse il suo impegno a contrastare l’irrigidimento delle identità, il soccombere a logiche di partito, doveva ancora di più all’esperienza maturata in Sudtirolo, dove spesso alle parole veniva dato ascolto perché venivano pronunciate nella propria lingua, anziché per il loro intrinseco valore. Era attraverso l’impegno in favore della convivenza che Langer aveva maturato la capacità di avvicinare interlocutori appartenenti a schieramenti altri e supposti avversi. Era attraverso le vicende sudtirolesi che Langer aveva elaborato un metodo per superare la tendenza a usare lo Stallgeruch come criterio associativo, un termine tedesco che sta per «fetore di stalla» e che per Langer indicava «quel caldo e umido odore di intimità che ci fa distinguere i “nostri” dagli “altri”» <47.
Bolzano, locomotiva verde d’Italia?
Ma l’importanza del convegno “Für ein anderes Südtirol/Per un altro Sudtirolo” dipende anche dal fatto che è proprio in quella sede che coloro che si riconoscevano nelle liste alternative sudtirolesi dimostrarono di essersi appropriati pienamente delle istanze dell’ecologismo: del resto si sperava anche che la trasversalità dei temi ambientali, che riguardavano tutti, contribuisse a mettere in relazione la sensibilità per la convivenza, la solidarietà e l’apertura nei confronti del mondo, con il desiderio di autonomia e con la volontà di salvaguardare il territorio e le sue peculiarità in cui molti sudtirolesi si riconoscevano.
Il fatto che l’ecologismo si fosse manifestato tanto precocemente all’interno della Lista alternativa e il suo consistente seguito elettorale fecero sì che tra gli ecologisti italiani l’esperienza bolzanina venisse presto considerata come un modello da imitare. Langer temeva tuttavia che tentare di applicare quell’esperimento su scala nazionale potesse rivelarsi fuorviante. Innanzitutto perché il consenso di cui la lista godeva era radicato in un tessuto sociale che da più di vent’anni lavorava per la convivenza tra italiani e tedeschi, che del resto continuava senza dubbio a costituire il tema centrale dell’impegno politico degli alternativi sudtirolesi.
Inoltre, come accennato, l’ecologismo in Alto Adige si era potuto innestare sul rapporto molto forte che legava parte della popolazione alla sua Heimat, oltre che su una cultura sostanzialmente diversa da quella italiana. Tuttavia, dal momento che ormai in moltissimi guardavano al Sudtirolo, come alla «locomotiva verde d’Italia», non rimaneva altro che «darsi da fare per non deludere troppo» <48.
E lo stesso Langer, in ragione delle relazioni privilegiate che intratteneva con i verdi tedeschi e grazie alla sua straordinaria capacità di ritrovare l’orientamento e di ridestare le speranze dopo il tramonto delle utopie
rivoluzionarie, diventò presto – e in qualche modo suo malgrado – uno dei riferimenti più ascoltati tra gli ecologisti italiani: «È la primavera del 1985, le elezioni amministrative sono imminenti, in molte città e regioni ci saranno “liste verdi”. Sulla terza pagina di un quotidiano romano mi trovo apostrofato come “profeta verde”. Io mi trovo a girare l’Italia per contribuire a questa semina verde. Cerco di farlo con argomenti ed intenti poco elettorali e molto riflessivi. Anche in questo caso non sono stato io a “candidarmi”. Anzi, più che mai mi sono sentito ostaggio di un’accelerazione nata dalla combinazione di molte circostanze» <49.
L’influenza di Langer sulla storia dell’ecologismo italiano sarebbe stata determinante: in particolare la ricerca di interlocutori nuovi, anche tra i cosiddetti “conservatori”, e la concezione innovativa della politica che Langer stava sviluppando, avrebbero costituito delle coordinate fondamentali nel dibattito relativo alla collocazione politica che i verdi avrebbero dovuto avere e in quello sulla desiderabilità stessa di un’appendice istituzionale del movimento.
Se Langer, nonostante la sua ritrosia, decide di accettare l’importante ruolo che gli viene assegnato nel corso del lungo (e logorante) processo di formazione del partito ecologista, è perché si aspetta che esso possa contribuire in modo significativo alla diffusione della coscienza ecologica nel paese. Ma, se in passato si era confidato che l’emancipazione e la rivoluzione sarebbero state conseguite per via politica, Langer era convinto che per ottenere il cambiamento cui molti dei verdi aspiravano non sarebbe servito a molto prendere il potere. Sarebbe stato necessario qualcosa di diverso e di più profondo, che non era possibile imporre o conquistare, ma che si poteva soltanto cercare di immaginare e di offrire, lasciando che poi fossero le persone a intraprendere una vera e propria metànoia, una revisione radicale dei propri valori e delle proprie ragioni esistenziali, del proprio stile di vita e del proprio modo di relazionarsi con gli altri: una vera e propria conversione, insomma, cui Langer avrebbe scelto di riferirsi con il nome di conversione ecologica.
[NOTE]
42 Alexander Langer, Il coccodrillo e il crocifisso, «Tandem», luglio 1983.
43 Alexander Langer, Mit Gepäck, ohne Ballast, «Tandem», luglio 1983.
44 Alexander Langer, Perché tanto scandalo a sinistra? È vero, il verde non passa per la cruna dell’ago rosso, cit.
45 Alexander Langer, Il colore dei verdi, cit.
46 Alexander Langer, Mit Gepäck, ohne Ballast, cit.
47 Fabio Levi, In viaggio con Alex, op. cit.
48 Alexander Langer, Minima Personalia, cit.
49 Ibidem.
Simone Belci, Lentius, Suavius, Profundius. Pensiero ed ecologia di Alexander Langer, Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”, Anno accademico 2014/2015
Il 1981 è l’anno del primo vero censimento etnico con la possibilità per la popolazione della provincia di Bolzano di dichiararsi appartenente a tre gruppi: tedesco, italiano, ladino.
Contro questo meccanismo definito di “gabbie etniche” si batte una combattiva minoranza capeggiata dalla nuova sinistra sudtirolese di Alexander Langer, che vede in esso l’inizio di una completa separazione istituzionalizzata tra gruppi, l’opposto cioè di una politica di convivenza e comprensione reciproca.
Gli anni Ottanta scorrono all’insegna di un rinnovato conflitto etnico, di un ritorno degli attentati e di una polarizzazione etnica che vede rafforzati le ali conservatrici e “nazionalistiche” in entrambi i due gruppi maggioritari: questo determina una fortissima avanzata dell’MSI, sostenuto massicciamente dalla popolazione di lingua italiana, che giunge ad ottenere alle comunali di Bolzano del 1985 il 22,6% dei voti. <70
Gli inizi degli anni Novanta sono forieri di grandi cambiamenti. Nel 1991, nonostante una forte opposizione in alcuni ambienti, si rinnova il censimento etnico con alcuni cambiamenti che saranno approfonditamente analizzati nel corso di questa trattazione.
Nel 1992 dopo una dichiarazione di chiusura del pacchetto da parte del governo italiano, il congresso della SVP vota a favore della chiusura della vertenza internazionale dell’Austria, che è concessa con la c.d. “quietanza liberatoria” poche settimane dopo.
Nel 1995 l’Austria aderisce all’UE e pochi anni dopo il trattato di Schengen abbatte definitivamente la frontiera del Brennero; la questione sudtirolese sembra ormai definitivamente chiusa.
Molti muri tuttavia resistono tutt’oggi nella società altoatesina o sudtirolese come dir si voglia: la scuola, il bilinguismo, la toponomastica, la proporzionale rimangono argomenti scottanti e oggetto di accese polemiche.
70 EMMA LANTSCHNER, Breve sintesi della storia dell’Alto-Adige in L’ordinamento speciale della provincia autonoma di Bolzano (a cura di) JOSEPH MARKO, SERGIO ORTINO, FRANCESCO PALERMO, Cedam, Padova 2001.
Leonardo di Russo, Dichiarazione di appartenenza e proporzionale etnica nell’Alto Adige/Südtirol, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Pisa, Anno Accademico 2006/2007