Secondo Bobbio, quello di Calamandrei era un socialismo «intuitivo»

Chi si accosta alla vita e all’opera di Piero Calamandrei resta colpito e affascinato dal carattere poliedrico della sua figura, proprio delle grandi personalità che hanno lasciato una traccia profonda non solo nel campo del diritto, ma anche in quello della cultura e della politica. Egli, infatti, è stato uno dei più illustri giuristi italiani del Novecento, insigne maestro di diritto processuale civile e di diritto costituzionale, direttore dell’Istituto di diritto processuale comparato dell’Università di Firenze, socio nazionale dell’Accademia dei Lincei, membro della Commissione ministeriale di riforma del Codice di procedura civile, grande avvocato e primo Presidente del Consiglio Nazionale Forense, uomo di lettere, autore di pagine memorabili e promotore di importanti iniziative editoriali, politico di coraggiosa e impegnata vocazione antifascista, da cui il celebre epiteto di «cantore della Resistenza» <1, padre costituente e membro della Camera dei deputati nel corso della prima legislatura.
La sapiente fusione dell’impegno scientifico con quello civile ha contrassegnato l’opera di Calamandrei, che si era calato interamente nella carnalità dell’esperienza giuridica del suo tempo, una stagione caratterizzata da grandi riforme che lo avevano indotto a entrare nell’operosa fucina del legislatore. La sua opera ha dunque superato la cerchia degli studi giuridici e ha inciso profondamente nella cultura e nella coscienza civile del suo tempo, a tal punto che Norberto Bobbio lo ha annoverato tra i protagonisti della sua “Italia civile” <2, a testimonianza della profonda ammirazione che egli nutriva per Calamandrei, nel quale vedeva un «maestro» <3, un «punto di riferimento, un modello» <4.
Nel tratteggiare il progressivo avvicinamento del giurista fiorentino alla politica, lo stesso Bobbio aveva colto con estrema acutezza alcuni profili della complessa personalità di Calamandrei, che veniva dipinto come «troppo idealista per i politici puri; troppo politico per i professori che non scendono mai un gradino più in basso della cattedra. Troppo intransigente per gli accomodanti; troppo tollerante delle idee altrui per i duri. Agli uni l’intransigenza appariva faziosità; agli altri lo spirito di tolleranza, indecisione, irresolutezza, nella più benevola delle interpretazioni, generosa illusione. Troppo temerario per i prudenti, quando si gettava nella lotta senza guardare in faccia a nessuno; troppo prudente per i settari, quando voleva le prove prima di dire che è vero o che non è vero» <5.
In questa sede, dinanzi a una personalità così ampia e complessa, che «trascende i confini dell’aspro terreno processual-civilistico e va al di là del mondo dei giuristi per legarsi ai destini del paese» <6, ci si limita a delineare soltanto alcuni profili della vita e delle opere di Calamandrei che aiutano a far luce sui rapporti che intercorrono tra diritto e politica nel suo pensiero. Per un quadro biografico più ampio si rinvia dunque alle importanti voci enciclopediche a lui dedicate <7; altrettanto vale per la sua feconda operosità scientifica e letteraria, per la quale si rinvia in particolare alla “Bibliografia degli scritti giuridici, politici e letterari di Piero Calamandrei (1906-1958)” <8, curata da Anita Mondolfo e Mauro Cappelletti e aggiornata fino al 1985 da Carlo Cordié, che raccoglie più di mille voci e persino i curatori avanzano dubbi sulla completezza.
Profili biografici e bibliografici
Piero Calamandrei era nato a Firenze il 21 aprile 1889 in una famiglia della colta e agiata borghesia toscana, nella quale lo studio e la pratica del diritto erano stati tramandati da generazioni di padre in figlio <9. Aveva ricevuto un’educazione ispirata ai valori risorgimentali, nei quali affondavano le radici l’amore profondo per la libertà e la concezione etica della vita politica, dell’impegno civile e dell’ordinamento giuridico. Sulla sua formazione avevano inciso profondamente il nonno paterno Agostino, pretore di Montepulciano, e il padre Rodolfo, avvocato, professore di diritto commerciale all’Università di Siena e deputato al Parlamento per il Partito Repubblicano dal 1906 al 1908, i quali avevano indirizzato il giovane Calamandrei agli studi giuridici.
Dopo essersi laureato all’età di ventitré anni a Pisa con Carlo Lessona nel 1912 con una tesi sulla chiamata in garanzia, destinata a divenire l’anno seguente il suo primo lavoro monografico <10, Calamandrei aveva vinto nel 1914 una borsa per studi di perfezionamento che lo aveva portato a Roma presso la scuola di Giuseppe Chiovenda, il fondatore della moderna scienza processual-civilistica italiana <11. Nel 1915, all’età di soli ventisei anni, Calamandrei era arrivato secondo, dopo Francesco Carnelutti, al concorso padovano per la cattedra di procedura civile e nello stesso anno era stato chiamato a ricoprire l’insegnamento presso l’Università di Messina.
Spinto da un’educazione di impronta mazziniana e animato dalla passione irredentista per Trento e Trieste, aveva deciso di partecipare come volontario alla prima Guerra mondiale e il 3 novembre 1918 era stato tra i primi soldati italiani ad entrare a Trento <12. Aveva conosciuto le difficoltà e gli orrori della guerra e aveva dato prova delle proprie qualità di avvocato, difendendo con successo otto soldati accusati di aver abbandonato il posto di combattimento dinanzi al nemico <13.
In quegli stessi anni aveva dato vita alla propria famiglia insieme ad Ada Cocci <14, che aveva sposato nel 1916 e da cui aveva avuto il figlio Franco nel 1917. Intanto aveva proseguito la carriera accademica, ottenendo nel 1918 il trasferimento all’Università di Modena, per poi approdare nel 1919 all’Università di Siena e nel 1924 alla nuova Facoltà giuridica di Firenze, di cui era stato fondatore insieme a Federico Cammeo e Giovanni Brunetti.
La guerra non aveva interrotto la sua straordinaria operosità scientifica, come testimoniano i due poderosi volumi dell’opera “La Cassazione civile” <15 del 1920, che ricostruisce la storia del giudizio di legittimità e muove una penetrante critica de iure condendo alla «mostruosità giudiziaria» <16 delle cinque Corti di cassazione regionali, di cui aveva auspicato l’unificazione, raggiunta nel 1923 con il Guardasigilli Oviglio <17. All’intensa attività scientifica Calamandrei aveva affiancato la partecipazione ai lavori di riforma del Codice di procedura civile, prima in seno alla cd. “Sottocommissione C” del 1924 presieduta da Lodovico Mortara, poi nella Commissione che era stata istituita nel 1939 dal Guardasigilli Dino Grandi e alla quale si deve l’approvazione il 28 ottobre 1940 del nuovo Codice di rito, entrato in vigore il 21 aprile 1942 <18. All’analisi del nuovo Codice di rito aveva dedicato i due volumi delle “Istituzioni di diritto processuale civile secondo il nuovo Codice” <19 del 1941.
Fin dagli albori del regime era stato un antifascista fermo, intransigente e sprezzante dei pericoli derivanti da un’aperta opposizione alla brutalità degli squadristi, che egli considerava come una «genia di farabutti politicanti che son la peste del nostro Paese» <20. Aveva sostenuto che, in quegli anni, anche coloro che erano abituati a vivere chini sulle carte, appartati nelle biblioteche, erano stati costretti ad alzare la testa dai libri e ad avvicinarsi alla politica, come egli stesso aveva fatto nel 1920, quando si era schierato a fianco di Carlo e Nello Rosselli, Ernesto Rossi, Alessandro Levi, Nello Traquandi e Gaetano Salvemini, difendendo quest’ultimo all’Università e in Tribunale, avviando la collaborazione con L’Unità e creando a Firenze il Circolo di Cultura di Borgo SS. Apostoli, che il 31 dicembre 1924 era stato devastato dalle squadre fasciste insieme a numerosi studi di avvocati.
Subito dopo il delitto Matteotti aveva partecipato alla formazione del gruppo clandestino di ispirazione repubblicana e antifascista “Italia Libera”; nel 1925 aveva firmato il “Manifesto degli intellettuali antifascisti” di Benedetto Croce, era entrato a far parte del consiglio direttivo dell’“Unione Nazionale” fondata da Giovanni Amendola e aveva collaborato al periodico clandestino antifascista “Non Mollare”. La sua militanza tra le fila degli antifascisti era destinata a proseguire fino al tramonto del regime, giacché nel 1941 aveva aderito al movimento “Giustizia e Libertà” e nel 1942 era stato tra i fondatori del Partito d’Azione insieme a Ferruccio Parri, Emilio Lussu, Riccardo Lombardi e Ugo La Malfa.
I suoi ideali politici erano il “socialismo liberale” di Carlo Rosselli <21, il “liberalsocialismo” di Guido Calogero <22 e di Aldo Capitini, gli ideali di “giustizia e libertà” propugnati dal Partito d’Azione e il federalismo europeo <23, che lo aveva spinto a fondare nel 1945 a Firenze l’Associazione Federalisti Europei insieme a Corrado Tumiati, Giacomo Devoto, Paride Baccarini ed Enzo Enriques Agnoletti. Aveva assunto come modello politico di riferimento la democrazia sociale dei Paesi del Nord Europa e, in particolare, il laburismo inglese, come testimoniano i copiosi riferimenti ai lavori di Harold Laski e di William Beveridge.
Secondo Bobbio, quello di Calamandrei era un socialismo «intuitivo» <24, nel senso che nasceva da uno «spontaneo sentimento di solidarietà verso gli umili e di disprezzo verso i potenti e i ricchi senza merito, dall’aborrimento di ogni privilegio di casta, […] da una forte passione per l’eguaglianza, alimentato da un’ammirazione genuina per le virtù di un popolo tradizionalmente malgovernato, ingannato e bastonato. Era un socialismo non di testa ma di cuore, non dottrinario ma umanitario, secondo cui la grande divisione nella società più che tra proletari e capitalisti, fra espropriati e proprietari, era tra umili e prepotenti» <25.
Quando, nel 1925, il regime aveva costretto al silenzio ogni opposizione, Calamandrei aveva concentrato tutte le energie nell’insegnamento universitario, che egli considerava come un «posto di combattimento» <26 civile e culturale «a nessun altro secondo […] per libertà e quindi per responsabilità» <27. Come la quasi totalità dei professori universitari, si era piegato al giuramento di fedeltà imposto dal regime nel 1931 <28. Per riscattarsi da questa umiliazione, aveva deciso di non prendere la tessera del partito fascista, nonostante le sollecitazioni sempre più pressanti e le «miserabili beghe» <29 che quella fiera decisione aveva comportato <30. A questo intenso e fecondo periodo di studio risalgono alcuni importanti lavori, tra i quali spiccano “Il procedimento monitorio nella legislazione italiana” <31 del 1926, le “Linee fondamentali del processo civile inquisitorio” <32 del 1927, fino a giungere agli scritti di impegno sistematico degli anni Trenta, quali l’”Introduzione allo studio sistematico dei procedimenti cautelari” <33 del 1936 e i primi tre dei sei volumi degli “Studi sul processo civile” <34, nei quali sono raccolti i frutti di quarant’anni di ricerche. Vi sono poi numerosi saggi, tra i quali si ricordano in particolare “La relatività del concetto di azione” <35 e “Il giudice e lo storico” <36 del 1939, che erano stati accolti con particolare favore da Benedetto Croce, che aveva manifestato così il suo vivo apprezzamento: «vero è che il Calamandrei tiene a dichiarare di essere un semplice specialista e non un filosofo; ma, poiché egli ragiona bene, andando al fondo delle cose, ragiona da filosofo. Uno dei fini che io ho perseguito, nella ormai lunga mia vita di studioso, è stato appunto di trarre i filosofi a diventare specialisti e gli specialisti a diventare filosofi. Coi primi non ho avuto in ciò troppa fortuna, perché essi sono molto pigri e anche di solito molto ignoranti e indifferenti circa le cose tra le quali gli uomini si muovono e che agli uomini premono e li appassionano; ma qualche fortuna ho avuto coi secondi, ricchi di conoscenze particolari e desiderosi di sistemarle e intenderne le relazioni e i limiti» <37.
Insieme allo studio e all’insegnamento universitario, Calamandrei esercitava a Firenze, in quello che era stato lo studio paterno di Borgo degli Albizi, la professione forense ai più alti livelli, sicché la sua fama non era rimasta confinata alla città natale, ma era giunta in tutto il territorio nazionale e in particolare a Roma, dove spesso si recava per discutere importanti ricorsi per Cassazione. Durante gli anni Venti e Trenta aveva promosso iniziative editoriali di notevole rilievo, giacché nel 1924 aveva fondato la “Rivista di diritto processuale civile”, di cui era stato prima redattore capo e poi direttore insieme a Giuseppe Chiovenda e Francesco Carnelutti; nel 1926 aveva fondato il “Foro toscano” insieme a Enrico Finzi, Carlo Lessona e Giulio Paoli e nel 1932 la collana di “Studi sul processo civile”.
[NOTE]
1 S. LUZZATTO (a cura di), Piero Calamandrei. Uomini e città della Resistenza. Discorsi, scritti ed epigrafi, Roma-Bari, Laterza, 2006, pp. XIII-LXXIII.
2 N. BOBBIO, Italia civile. Ritratti e testimonianze, Firenze, Passigli, 1986, pp. 222-246.
3 ID., Maestri e compagni, Firenze, Passigli, 1984, pp. 103-147.
4 ID., Egli era quello che avrei voluto essere, ne «Il Ponte», XII, 1956, pp. 1642-1643.
5 ID., Calamandrei scrittore politico, in ID., Maestri e compagni, Firenze, Passigli, 1984, p. 142.
6 G. ALPA, Un atto di «fede nel diritto», in P. CALAMANDREI, Fede nel diritto (a cura di S. Calamandrei), Roma-Bari, Laterza, 2008, p. 47, ora ID., Giuristi e interpretazioni. Il ruolo del diritto nella società postmoderna, Genova, Marietti, 2017, p. 327.
7 Si vedano in particolare S. RODOTÀ, Calamandrei, Piero, in Dizionario biografico degli Italiani, vol. XVI, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1973, pp. 406-411; M. SBRICCOLI, Calamandrei, Piero, in V. DE GRAZIA, S. LUZZATTO (a cura di), Dizionario del fascismo, vol. I, Torino, Einaudi, 2002, pp. 214-216; N. TROCKER, Piero Calamandrei, in Enciclopedia italiana di Scienze, Lettere ed Arti. Il contributo italiano alla storia del pensiero – Diritto, VIII appendice, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 2012, pp. 598-602; B. SORDI, Calamandrei, Piero, in Dizionario biografico dei giuristi italiani (XII-XX secolo), vol. I, Bologna, il Mulino, 2013, pp. 377-381.
8 A. MONDOLFO, M. CAPPELLETTI (a cura di), Bibliografia degli scritti giuridici, politici e letterari di Piero Calamandrei (1906-1958), Firenze, La Nuova Italia, 1960, ora, con integrazioni e aggiornamenti fino al 1985 a cura di Carlo Cordié, in appendice a P. CALAMANDREI, Opere giuridiche (a cura di M. Cappelletti), vol. X, Napoli, Morano, 1984, pp. 595-842.
9 P. GROSSI, Lungo l’itinerario di Piero Calamandrei, in «Rivista trimestrale di diritto e procedura civile», 2009, pp. 865-885, ora in ID., Nobiltà del diritto. Profili di giuristi vol. II, Milano, Giuffrè, 2014, pp. 33-54.
10 P. CALAMANDREI, La chiamata in garantia, Milano, Società Editrice Libraria, 1913, ora in ID., Opere giuridiche (a cura di M. Cappelletti), vol. V, Napoli, Morano, 1972, pp. 3-379.
11 ID., Il nostro maestro, in «Rivista di diritto processuale civile», 1937, I, pp. 301-311; ID., Giuseppe Chiovenda (5 novembre 1937- 5 novembre 1947), in «Rivista di diritto processuale», 1947, I, pp. 169-179; ID., Giuseppe Chiovenda, in ID., Opere giuridiche (a cura di M. Cappelletti), vol. X, cit., pp. 40-70.
12 ID., Zona di guerra. Lettere, scritti e discorsi (1915-1924) (a cura di S. Calamandrei, A. Casellato), Roma-Bari, Laterza, 2006.
13 ID., Il mio primo processo, Milano, Henry Beyle, 2014.
14 ID., Ada con gli occhi stellati (a cura di S. Calamandrei), Palermo, Sellerio, 2005.
15 ID., La Cassazione civile, 2 voll., Milano, Fratelli Bocca, 1920, ora in ID., Opere giuridiche (a cura di M. Cappelletti), voll. VI e VII, Napoli, Morano, 1976; ID., Cassazione civile, in «Nuovo Digesto Italiano», vol. II, Torino, Utet, 1937, pp. 981-1034, ora in ID., Opere giuridiche (a cura di M. Cappelletti), vol. VIII, Napoli, Morano, 1979, pp. 3-145.
16 ID., Per il funzionamento della Cassazione unica, in ID., Opere giuridiche (a cura di M. Cappelletti), vol. VIII, cit., p. 370.
17 Cfr. r.d. 24 marzo 1923, n. 601.
18 Cfr. cap. 1.
19 P. CALAMANDREI, Istituzioni di diritto processuale civile secondo il nuovo Codice, Padova, Cedam, 1941, ora in ID., Opere giuridiche (a cura di M. Cappelletti), vol. IV, Napoli, Morano, 1970, pp. 3-539, su cui si veda in particolare G. ALPA, Il nuovo Codice nelle Istituzioni di Piero Calamandrei e nelle Istituzioni di Francesco Carnelutti, in G. ALPA, S. CALAMANDREI, F. MARULLO DI CONDOJANNI (a cura di), Piero Calamandrei e il nuovo Codice di procedura civile (1940), Bologna, il Mulino, 2018, pp. 217-228.
20 Cfr. lettera di Calamandrei a Dino Provenzal del 13 agosto 1922 in P. CALAMANDREI, Lettere 1915-1956 (a cura di G. Agosti e A. Galante Garrone), vol. I, Firenze, La Nuova Italia, 1968, p. 184.
21 C. ROSSELLI, Socialismo liberale, Firenze, Edizioni U, 1945, riedito nel 2009 da Einaudi, a cura di J. Rosselli, con introduzione e saggi critici di N. Bobbio.
22 G. CALOGERO, Primo manifesto del liberalsocialismo, diffuso per la prima volta in forma clandestina nel 1940 con il titolo Note sul concetto dello Stato, oggi in ID., L’Abc della democrazia (a cura di M. Viroli), Milano, Chiarelettere, 2019, pp. 3-40. Si veda inoltre ID., Difesa del liberalsocialismo, Roma, Atlantica, 1945.
23 P. CALAMANDREI, Il federalismo non è un’utopia, ne «L’idea federalista», pubblicazione divulgativa dell’Associazione Federalisti Europei, n. 1, Firenze, Edizioni A.F.E., 1945, pp. 13-17; ID., Costituente italiana e federalismo europeo, in «Corriere d’informazione», I, n. 96, 11 settembre 1945; ID., Stato federale e confederazione di Stati, in F. PARRI, P. CALAMANDREI, I. SILONE, L. EINAUDI, G. SALVEMINI, Europa federata, Milano, Edizioni di Comunità, 1947, pp. 21-25; ID., La convocazione dell’assemblea costituente europea, ne «Il Ponte», IV, n. 11, novembre 1948, pp. 1084-1100; ID., Disegno preliminare di Costituzione mondiale, Milano, Mondadori, 1949, in particolare pp. 15-38; ID., Appello all’unità europea, ne «Il Ponte», VI, n. 4, aprile 1950, pp. 337-339; ID., Chiarezza sul federalismo, ne «Il Ponte», VI, n. 11, novembre 1950, pp. 1353-1354, ora tutti in N. BOBBIO (a cura di), Scritti e discorsi politici, vol. I, 2, Storia di dodici anni, Firenze, La Nuova Italia, 1966, rispettivamente pp. 407-412; 412-416; 416-426; 440-463; 463-484; 493-497; 497-504. Sul pensiero federalista di Calamandrei si vedano in particolare E. SAVINO, Alle origini del federalismo di Piero Calamandrei, ne «Il Politico», 1993, n. 4, pp. 611-629; V. DOLARA, D. VITALE (a cura di), Piero Calamandrei politico, fiorentino, europeista, in «Quaderni del Circolo Rosselli», 2007, n. 4; R. GAMBACCIANI LUCCHESI, Piero Calamandrei. I due volti del federalismo, Firenze, Polistampa, 2008; E. DI SALVATORE (a cura di), Piero Calamandrei. Questa nostra Europa, Gallarate, People, 2020.
24 N. BOBBIO, Il pensiero politico, in P. BARILE (a cura di), Piero Calamandrei. Ventidue saggi su un grande maestro, Milano, Giuffrè, 1990, p. 219
25 Ibid., p. 219.
26 Cfr. lettera di Calamandrei a Ernesto Codignola del 6 maggio 1923 in P. CALAMANDREI, Lettere 1915-1956 (a cura di G. Agosti e A. Galante Garrone), vol. I, cit., p. 198.
27 Ibid., p. 198.
28 A. GALANTE GARRONE, Il «giuramento» di un antifascista, in AA.VV., Piero Calamandrei tra letteratura diritto e politica, Firenze, Vallecchi, 1989, pp. 54-69.
29 P. CALAMANDREI, Lettere 1915-1956, vol. II, Firenze, La Nuova Italia, 1968, p. 452.
30 Cfr. cap. 1, par. 7.
31 P. CALAMANDREI, Il procedimento monitorio nella legislazione italiana, Milano, Unitas, 1926, ora in ID., Opere giuridiche (a cura di M. Cappelletti), vol. IX, Napoli, Morano, 1983, pp. 3-156.
32 ID., Linee fondamentali del processo civile inquisitorio, in AA.VV., Studi in onore di Giuseppe Chiovenda, Padova, Cedam, 1927, pp. 131-171, ora in ID., Opere giuridiche (a cura di M. Cappelletti), vol. I, Napoli, Morano, 1965, pp. 145-176.
33 ID., Introduzione allo studio sistematico dei procedimenti cautelari, Padova, Cedam, 1936, ora in ID., Opere giuridiche (a cura di M. Cappelletti), vol. IX, cit., pp. 157-254.
34 ID., Studi sul processo civile, 6 voll., Padova, Cedam, 1930-1957.
35 ID., La relatività del concetto di azione, in «Rivista di diritto processuale civile», 1939, pp. 22-46, poi in AA.VV., Scritti giuridici in onore di Santi Romano, vol. IV, Padova, Cedam, 1940, pp. 79-101, ora in ID., Opere giuridiche (a cura di M. Cappelletti), vol. I, cit., pp. 427-449.
36 ID., Il giudice e lo storico, in «Rivista di diritto processuale civile», 1939, I, pp. 105-128, ora in ID., Opere giuridiche (a cura di M. Cappelletti), vol. I, cit., pp. 393-414.
37 B. CROCE, Recensione a P. Calamandrei, Il giudice e lo storico e a La relatività del concetto di azione, ne «La Critica», 1939, pp. 445-446.
Giulio Donzelli, Diritto e politica nel pensiero di Piero Calamandrei, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale, 2021