Sanremo è allora diventato una componente fondamentale di come la nazione immagina se stessa

Sanremo non inventa certo la formula del festival, che è ben radicata nella storia della canzone in Italia a partire, almeno, da Piedigrotta (Prato 2010, p. 261), ma certamente la rilancia e popolarizza per soddisfare i suoi fini. Dopo il successo di Sanremo, i festival sbocciano ovunque: Prato (ibidem) ne elenca diverse decine a diverso tema, ma tutti incentrati sulla canzone italiana, variamente declinata fra tematiche regionali o varie. Nel 1955 nasce addirittura, a Como, un «Festival dei Festival».
In questo fiorire di rassegne e premi, i riferimenti alla valorizzazione della canzone e/o al suo carattere nazionale sono praticamente obbligati. Si veda ad esempio il bando di un concorso di quegli anni, “Il pentagramma d’argento”: “Le canzoni, versi (in italiano ed eccezionalmente dialetto napoletano), e musica, pur non trascurando la ritmica moderna, debbono ispirarsi alle tradizioni della canzone italiana, basate sul sentimento e giocondità del nostro popolo”. (Prato 2010, p. 262)
O quello del “Concorso Carisch della canzone” del 1954, «il più grande concorso dell’anno»: “I premi e le garanzie della Carisch sono tali da incoraggiare anche il più umile fra gli autori, il quale potrà contare sulla serietà dell’iniziativa che mira a valorizzare la canzone italiana e portare alla luce qualche bella melodia destinata a vivere a lungo e non a perire fra la moltitudine dei motivi troppo comuni”. <41
O ancora una cronaca di Angelo Nizza dal Festival di Velletri, in questi anni considerato come «l’anti-Sanremo». “Occorre sottolineare anzitutto il buon successo del IV Festival della canzone, che ha visto un netto ritorno, da parte di compositori e “parolieri” alle più schiette fonti della tradizione italiana con composizioni che, pur conservando la stesura ritmica che le rende adatte alla funzione di ballabili (indispensabile per lo sfruttamento editoriale), si va allontanando dalle imitazioni troppo dirette della produzione nordamericana e afro-cubana. Compositori e parolieri sembrano infine persuasi che la strada battuta fin qui era sterile e che i modi, i risvolti armonici, gli spunti melodici di oltre Atlantico vanno lasciati alla produzione di quei paesi […] e che bisogna ritornare alla nostra canzone, fresca, emotiva, ricca di un passato gloriosissimo. […] fino all’anno scorso, per trovare una canzonetta popolare nostra, dovevamo rifugiarci nel genere partenopeo e cercare [nella canzone napoletana] un po’ di musica indigena, non imitata, non importata, non “ispirata” dalla piccola lirica di altre genti”. <42
Anche il secondo Festival Dialettale, a Catania, definisce in modo analogo il suo campo di interesse: «espressione genuina dell’anima musicale Italiana [sic]». <43
La moltiplicazione dei festival risponde alla crescente domanda di canzoni della Rai, e non c’è da stupirsi dunque che le proposte delle diverse rassegne e i relativi regolamenti mostrino grande coerenza con le politiche dell’ente. Tuttavia, i festival sono anche eventi pubblici, da seguire nei teatri e nelle piazze, o in radio e televisione. Il loro successo risponde tanto alle esigenze dell’industria editoriale e della radio quanto ai nuovi bisogni del pubblico.
Il contesto è quello di una nuova organizzazione del tempo libero degli italiani, prima della guerra saldamente monopolizzato dal regime e ora in crescita e «liberalizzato» dall’opposizione fra l’associazionismo cattolico e quello di sinistra. Se i programmi culturali di questi differiscono (come è prevedibile), non altrettanto si può dire per quelli musicali, che in entrambi i casi mettono al centro la «musica leggera». E se la Chiesa non sempre favorisce il ballo (a differenza del PCI: Gundle 1995, p. 146) per vari motivi, <44 tuttavia appoggia la canzone. La “Sagra della Canzone Nova per canzoni italiane a tema cristiano”, organizzata dalla Pro Civitate Christiana di Assisi, è trasmessa dalla Rai e si guadagna una dura critica dalle pagine della rivista Il Mulino. <45
La dimensione della gara introdotta dal boom dei festival è anche fondamentale nel ridisegnare i discorsi possibili intorno alla canzone. La competizione fra canzoni o artisti può riguardare concorsi o festival, essere basata sul giudizio di una giuria, su esperti veri o presunti, o democratizzata con il coinvolgimento del pubblico, essere dal vivo o previo invio di spartito: tutte soluzioni sperimentate da Sanremo in vari abbinamenti, nel corso del suo primo decennio di vita. O, ancora, può essere gara di successo, e valutare in termini di popolarità il pezzo più eseguito, il disco più venduto, l’artista più applaudito. In ogni caso, la competizione introduce un elemento di valutazione che plasma i discorsi intorno alla canzone di conseguenza. Il riconoscimento di una «italianità» della canzone diviene allora un elemento discriminante di validazione, tanto in positivo quanto in negativo. Da un certo punto di vista, si può affermare che in questi anni i discorsi sulla canzone sono possibili proprio perché esistono le competizioni, perché le canzoni, o i cantanti, possono essere comparati fra loro. Sanremo e i suoi emuli rendono possibile tutto questo per la prima volta, e a livello nazionale: «[s]iamo riusciti a creare il tifo per la canzone», rispondeva Pier Bussetti – direttore del Casinò di Sanremo – a Mario De Luigi senior, che si interrogava sull’inatteso successo del Festival (De Luigi 1980, p. 24). Bussetti mostrava di aver compreso perfettamente il punto.
3.1.3. Il tifo per la canzone, le riviste popolari e la costruzione dell’italianità
Gli anni del successo dei festival della canzone italiana sono anche gli anni in cui, in Italia, si allargano gli spazi per il repertorio popular: sulla radio, sui dischi, dal 1954 in televisione. In parallelo fiorisce il settore della stampa popolare, che dedica spazio crescente alla canzone e ai suoi divi. Già prima della guerra riscuoteva grande successo il “Canzoniere della radio”, pubblicato dall’editore Campi di Foligno, che riportava i testi dei brani trasmessi dall’Eiar, e che continua la sua pubblicazione anche oltre il 1945. Campi, che pubblicava anche alcuni classici della stampa popolare come l’Almanacco Barbanera, aumenta l’attività nel dopoguerra facendo uscire diverse serie di canzonieri periodici, con le sole liriche, intitolati in vario modo: Canzoni di primavera, Canzoni alle stelle, Canzoni al sole, Canzoni al vento, Canzoni al chiar di luna
Con una mossa che si rivelerà particolarmente azzeccata, l’editore si aggiudica l’esclusiva per la riproduzione dei testi di Sanremo, e dal 1951, in corrispondenza con il primo Festival, lancia “Sorrisi e canzoni” (diventerà, in seguito, “Sorrisi e canzoni TV”). Oltre ai testi delle canzoni di successo e ai programmi della radio, la nuova rivista comincia a pubblicare anche articoli, a tema musicale e non solo: interviste con servizi fotografici ai divi, pezzi di costume, gossip sulle star, novità sul jet-set internazionale… In breve tempo, ‘Sorrisi e canzoni’ diventa uno dei rotocalchi di maggior successo in Italia (anche grazie all’esclusiva sulla pubblicazione dei testi, che resiste per diversi anni).
“Sorrisi e canzoni” non è naturalmente la sola rivista a occuparsi di canzone: in quegli stessi anni il settore della stampa popolare si espande notevolmente. Fra il 1950 e il 1955 “Oggi” passa da 500mila a 760mila copie, “Tempo” da 150mila a 420mila, “Epoca” da 200mila e 500mila (Murialdi 1980), senza contare la stampa legata al Partito Comunista e le riviste cattoliche come “Famiglia Cristiana”, che aumentano la tiratura nello stesso periodo. La canzone e i nuovi divi della «musica leggera» sono uno dei temi più coperti. Le stesse riviste portano avanti quel modo «competitivo» di raccontare la canzone, che nasce insieme a Sanremo.
“Sorrisi e canzoni” comincia a promuovere i primi referendum sulla canzone, ampie operazioni promozionali e conoscitive (per profilare la propria readership) in cui i lettori sono chiamati a scegliere, tramite una cartolina ritagliabile, i propri cantanti favoriti. Il linguaggio che il rotocalco usa per spingere questi sondaggi alterna un registro da cronaca politica a uno da cronaca sportiva. «Si scatena la battaglia elettorale», «Finalmente il voto ai tifosi della canzone», «Al grido di “Viva Villa” rispondono “Forza Togliani”», e addirittura «Vota per chi vuoi ma vota e fai votare» sono solo alcuni dei titoli che accompagnano uno dei lanci del referendum 1955. <46

FIGURA 5.2. Supporter di Giacomo Rondinella in corteo – Fonte: Jacopo Tomatis, Op. cit. infra

I lettori e i cantanti si fanno fotografare con cartelli scritti a mano a supporto dell’uno o dell’altro (FIGURA 5.2), e addirittura Claudio Villa viene raffigurato sulla copertina come un ciclista che fende due ali di folla mentre «scatta simbolicamente verso il traguardo di Sanremo», riassumendo in sé l’iconografia del campione del Tour o del Giro tanto cara alla retorica italiana del dopoguerra (FIGURA 5.3). <47 Alla fine, una «giuria di 160.000 lettori» sancisce che sono Claudio Villa e Nilla Pizzi i «cantanti più popolari del 1954». <48

FIGURA 5.3. Claudio Villa sulla copertina di Sorrisi e canzoni – Fonte: Jacopo Tomatis, Op. cit. infra

È la prima volta che esistono in Italia spazi del genere per parlare di canzone. Questa inedita «rete» nazionale di discorsi sulla musica alimenta l’offerta per una crescente domanda del pubblico. È anche grazie a queste reti di discorsi – e di quelle che sono tessute, negli stessi anni, dal cinema, dalla radio, dalla televisione – che si codificano le convenzioni della «canzone italiana» e il suo canone. Per esempio, “Sorrisi e canzoni” dedica un numero crescente di articoli alla canzone italiana del passato, proponendo profili di autori di epoca prebellica (molti dei quali, come Ruccione e E. A. Mario, ancora in attività), e riproponendone i testi: nel 1958, la rubrica «Mezzo secolo di canzoni» costruisce di fatto un canone di «evergreen» della canzone italiana, che incorpora progressivamente gli stessi brani di Sanremo, riproposti di anno in anno e storicizzati come «classici».
Questo modo di parlare di canzone, di attribuirle un valore e una storia nel solco di una «tradizione» è non solo inedito, ma impossibile prima del successo di Sanremo, della formula-festival e dell’espansione della stampa popolare. Le sue conseguenze sulla costruzione dell’«italianità» della canzone sono decisive. Una vignetta pubblicata nel 1954 sul popolare giornale umoristico “Il travaso delle idee” può aiutarci a capire perché. Vi si vede una folla di pubblico vociante, e due passanti commentano: «Di nuovo i capannelli in galleria! Sostengono che Pella è meglio di Fanfani?». «No, che «Piripicchio, piripacchio» è meglio di «Una barca tornò sola». <49 Il titolo è: «Noi italiani» (FIGURA 5.4).
La rete di discorsi (e di polemiche) che accompagnano il Festival fin dalla prima edizione (e che lo accompagnano ancora adesso) diviene da questo punto in poi essa stessa tipica, e tipicamente italiana – al punto da aver preso il posto – è questo il paradosso della vignetta – del dibattito politico.
Sanremo cioè, più che «specchio della nazione», è allora diventato una componente fondamentale di come la nazione immagina se stessa, nel bene e nel male.

FIGURA 5.4. «Noi italiani», vignetta, febbraio 1954. <50 – Fonte: Jacopo Tomatis, Op. cit. infra

[NOTE]
40 «Orchestrina», Sorrisi e canzoni, a. 5, n. 16, 15 aprile 1956, p. 3.
41 Annuncio «Concorso Carisch», Sorrisi e canzoni, a. 3, n. 33, 15 agosto 1954, p. 10.
42 A.N. (Angelo Nizza), «La canzone italiana ritorna alle origini», Stampa Sera, 6-7 febbraio 1956, p. 3.
43 «Altri festival – Parigi», Musica e Dischi, n. 88, gennaio 1954, p. 20.
44 Sulle politiche culturali del PCI, la popular music e il ballo, oltre al citato Gundle 1995, si veda: Consiglio 2006; Fanelli 2014, e il CAPITOLO 8.1.3. Sul ballo, il CAPITOLO 6.
45 «La sagra della “canzone nova”», Il Mulino, a. 5, n. 8, agosto 1956, pp.552-4. Una curiosità: vi partecipa, come autore (insieme a Carlo Donida) per Nicola Arigliano e Joe Sentieri, il futuro semiologo e musicologo Gino Stefani (Stefani 2009).
46 «Si scatena la battaglia elettorale», Sorrisi e canzoni, a. 4, n. 3, 16 gennaio 1955, p. 16.
47 Copertina, Sorrisi e canzoni, a. 4, n. 4, 23 gennaio 1955, p. 1.
48 Giorgio Berti, «Nilla Pizzi e Claudio Villa sono i cantanti più popolari del 1954», Sorrisi e canzoni, a. 4, n. 12, 20 marzo 1955, p. 3.
49 I due titoli sono, naturalmente, canzoni di Sanremo in gara quell’anno. I titoli corretti sarebbero, in realtà, «Piripicchio e Piripicchia» (di Tarcisio – Fusco), cantata dal Duo Fasano e da Gino Latilla con il Quartetto Cetra, e «…e la barca tornò sola» di Ruccione, cantata da Latilla e da Franco Ricci.
50 Riprodotta in: Mario De Luigi, «San Remo… San Remo… San Remo», Musica e dischi, febbraio 1954, p. 1. Si vedano anche i commenti sul tema espressi nell’articolo.
Jacopo Tomatis, I generi della canzone in Italia: teoria e storia, dal fascismo al riflusso, Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Torino, 2016