

Ritornando al dicembre 1944, proseguo il discorso interrotto in precedenza: Romolo Bortolin fu Fortunato <135, nato a Guia il 6 giugno 1921, Alpino in Jugoslava e sacrestano della sua parrocchia, fu ucciso dai partigiani “Michi” e “Bombay” l’11 marzo 1945 alle ore 18, in quanto accusato di essere la spia che fornì alla Decima Mas di Valdobbiadene le informazioni necessarie per poter eliminare Virginio Dorigo (Bruna) <136. Quali le cause di questo omicidio? Tra la fine di novembre ed i primi giorni del dicembre 1944, insieme al fratello Italo (Zebra), di due anni più giovane, Romolo Bortolin venne arrestato con Alberto Bortolin (Feroce) ed Isidoro Geronazzo (Troi). Molti testimoni, compresi i familiari, affermano che i due fratelli ritornarono in paese indenni. Al contrario, “Feroce” <137, nato il 7 febbraio 1925, fu barbaramente torturato ed, essendo responsabile dell’uccisione di una spia fascista (informazioni fornite dai fratelli Bortolin), il 9 dicembre 1944 fu fucilato nel cimitero di Valdobbiadene, quando ormai non si reggeva più in piedi.
Analogo trattamento fu riservato al partigiano “Troi”: nato a Valdobbiadene il 25 luglio 1922, seviziato a lungo dai militi del Battaglione N.P. della Decima Mas, nonostante fosse stato condannato a morte fu liberato verso la fine del dicembre 1944. Non è chiaro se ciò avvenne perché non furono individuate sufficienti prove sulla sua colpevolezza, se fu scarcerato per intervento del commissario prefettizio di Valdobbiadene – come dichiarò per iscritto lo stesso “Troi” il 31 maggio 1945, in difesa dell’ormai defunto Enrico Ceccarel -, oppure se decise di parlare pur di non subire ulteriori torture <138. Il dubbio nasce dal non riuscire a capire per quali ragioni Ceccarel concesse la grazia a “Troi” e non a “Feroce”, seppur entrambi fossero stati condannati a morte negli stessi giorni e, aspetto ancor più importante, per quale motivo “Troi” e molti altri testimoni tardivi – contrariamente a quanto fu fatto immediatamente nei confronti del Capitano delle Brigate Nere Alfredo Queirolo <139, che salvò due partigiani prigionieri del Comando di Divisione della Decima Mas a Conegliano e molto altri – non cercarono di impedire al Tribunale marziale della Brigata Mazzini di condannare a morte, torturare molto più di altri e poi uccidere presso il Bosco della Rondola di Segusino quello che era considerato il primo fascista valdobbiadenese con il quale era necessario dare inizio alla “resa dei conti” <140. Si tratta di dubbi destinati a non poter essere sciolti perché i protagonisti sono deceduti.
Virginio Dorigo (Bruna), nato a Farra di Soligo il 17 marzo 1923, venne ucciso nel tardo pomeriggio del 3 dicembre 1944 a Guia bassa in una cantina vicino alla chiesa parrocchiale, attirato in inganno da Romolo Bortolin: colui che, di recente, lo aveva protetto dandogli ospitalità nella sua casa.
Sulla base della memoria resistenziale e delle testimonianze dei familiari, è molto probabile che in sede di interrogatorio i fratelli Bortolin avessero fornito informazioni anche sul partigiano Ferruccio Nicoletti (Brich) <141: una delle “guardie del corpo” di Toni Adami, nato a Crocetta del Montello il 5 gennaio 1922. Quest’ultimo, infatti, atteso dai militi del Battaglione N. P. della Decima Mas lungo una strada che percorreva di frequente, venne ucciso presso la località Caldanè di Guia alta l’11 dicembre 1944 attorno alle 4,00 del mattino. Essendo a tutti note le responsabilità dei fratelli Bortolin e visto che non mostravano segni di pentimento, domenica 11 marzo 1945 verso le ore 18 furono entrambi prelevati presso l’osteria del dopolavoro di Guia. Vennero condotti lungo la strada che collega la frazione di Guia con il paese limitrofo di Col San Martino e, giunti in prossimità del ponte sul torrente Raboso, Italo fu spaventato con una scarica di mitragliatrice e lasciato libero, Romolo fu ucciso alla presenza del fratello. Probabilmente, i partigiani “Michi” e “Bombay” ritennero che il sacrificio di uno dei due fratelli sarebbe stato un monito sufficientemente chiaro per il già designato superstite <142. In virtù del loro ruolo di spie, i fratelli Bortolin non sono presenti nell’elenco dei resistenti mazziniani ai quali la Commissione Regionale Triveneta riconobbe la qualifica di partigiano combattente, patriota o collaboratore dei partigiani. Nel libro sulla Brigata Mazzini, scritto da Lino Masin, Italo Bortolin è citato con il solo nome di battaglia e di lui si parla fino al periodo della pianurizzazione. La complessa storia di Romolo Bortolin, invece, non è mai stata presa in considerazione.
Quel tragico dicembre 1944 si concluse con la lunga agonia del valdobbiadenese Bernardino Vidori (Sauro): Alpino del 7° Battaglione Alpini di Feltre sul fronte greco-jugoslavo, nato a Colderove di Valdobbiadene il 19 gennaio 1916, carrettiere, sposato con due figli di quattro e sette anni. Trascorse buona parte della lotta di liberazione in montagna, partecipò al rastrellamento del Cansiglio. Dopo la fallimentare esperienza della pianurizzazione, ritornò a Valdobbiadene ed, essendo ammalato, si nascose nella soffitta di casa. Come si è affermato nei capitoli precedenti, fu accusato di aver preso parte all’attentato contro il commissario del Fascio di Vidor e, soprattutto, di essere il principale responsabile dell’omicidio di Luigia Mozzetto. Si tratta di ipotesi prive di riscontri documentali. Quel che è certo è che Bernardino Vidori fu prelevato su delazione, condotto presso le carceri giudiziarie di Montebelluna, trasferito da una prigione all’altra (da Treviso a San Donà di Piave), fino a quando, il 18 dicembre 1944, venne impiccato ad un palo della luce nella piazza principale di Portogruaro (VE), insieme ad Ampellio Iberati e Antonio Pellegrini, due partigiani originari di quella città. La salma fu sepolta nel cimitero di Valdobbiadene solo nell’agosto 1945 <143.
[NOTE]
135 AISTRESCO, fondo Ivo Dalla Costa, b. 9 n. inventario 064, f. Valdobbiadene, sf. Bortolin Romolo, contiene la relazione sulla morte scritta dal Capitano delle Brigate Nere Alfredo Queirolo; per analizzare più approfonditamente il caso cfr. AISTRESCO, fondo Tribunale speciale e Corte d’Assise straordinaria di Treviso, b. Tribunale Speciale, ID 794 n. inventario 076, f. n. 2974/45 Procedimento penale contro ignoti; Archivio della Parrocchia di Guia San Giacomo, Registro dei morti (1923-1954), anno 1945.
136 AISRVV, II sez., b. 64, f. 3 sf. 1 Pratiche per pensioni di guerra, doc. 49; FREGONESE, I caduti trevigiani nella guerra di Liberazione, cit., p. 87; testimonianze di L. B. (3 marzo 2015), del patriota W. B. e di E. e I. B., E. B., G. B.
137 AISRVV, II sez., b. 64, f. 3 sf. 1 Pratiche per pensioni di guerra, doc. 16; AISTRESCO, fondo Resistenza, b. 9 n. inventario 032, f. Pietro Dal Pozzo, sf. Bortolin Alberto contiene lo stato di servizio del partigiano della Mazzini defunto; Archivio della Parrocchia di Santo Stefano, Registro dei morti (1893-1963), anno 1944; Archivio privato della famiglia Bortolin, lettera originale di commiato dai genitori e dai fratelli; MASIN, La lotta di Liberazione nel Quartier del Piave, cit., pp. 139-140; testimonianze dei fratelli Mario e Romolo (Moschetta), in data 4 febbraio e 7 marzo 2015, e dei partigiani Gioacchino Luigi Gatto (Tigre) e Virgilio Guizzo (Generale).
138 Archivio ANPI Valdobbiadene, stato di servizio del partigiano valdobbiadenese “Troi”; Archivio privato di Antonio Serena, Dichiarazione scritta (originale) del partigiano Isidoro Geronazzo, consegnata alla moglie di Enrico Ceccarel e citata in SERENA, I fantasmi del Cansiglio, cit., p. 49.
139 AISTRESCO, fondo Ivo Dalla Costa, b. 9, n. inventario 064, f. Valdobbiadene, sf. Capitano Queirolo Alfredo; testimonianza di Ediana e di Paola Queirolo, figlie del Capitano Alfredo Queirolo.
140 AISRVV, II sez., b. 64, f. 6 Atti processuali al nemico sf. 1 Sentenze, doc. 30 deposizione e sentenza marziale a carico di Enrico Ceccarel; SERENA, I fantasmi del Cansiglio, cit., pp. 46-50, affermazioni che si basano su documenti originali posseduti da Antonio Serena.
141 AISRVV, II sez., b. 64, f. 3 sf. 1 Pratiche per pensioni di guerra, doc. 77; Archivio della Parrocchia di Guia San Giacomo, Registro dei morti (1923-1954), anno 1945; FREGONESE, I caduti trevigiani nella guerra di Liberazione, cit., p.132; MASIN, La lotta di Liberazione nel Quartier del Piave, cit., p. 140.
142 Testimonianze del primo cugino L. B. (3 marzo 2015) e di G. B. (24 marzo 2015), I. B. (3 marzo 2015), Virgilio Guizzo (Generale), E. e L. M. (4 marzo e 30 aprile 2015).
143 AISRVV, II sez., b. 64, f. 3 sf. 1 Pratiche per pensioni di guerra, doc. 113; Città di Portogruaro ed ANPI (a cura di), Ampellio Iberati, Antonio Pellegrini, Bernardino Vidori Martiri della Resistenza, New Print, Portogruaro 1991 (1975), pp. 32-37; FREGONESE, I caduti trevigiani nella guerra di Liberazione, cit., p. 182; MASIN, La lotta di Liberazione nel Quartier del Piave, cit., p. 141; testimonianze del figlio Angelo Giorgio Vidori e della sorella Anna Vidori.
Luca Nardi, Storie di guerra: Valdobbiadene e dintorni dal gennaio 1944 all’eccidio del maggio 1945, Tesi di laurea, Università degli Studi di Padova, 2016