Per la Germania passava proprio la stessa ragione dell’esistenza di una Europa occidentale

Ma questa posizione sovietica, o meglio, il rischio di sovietizzazione dell’Europa occidentale era tenuto ben presente nella mente degli alleati occidentali nel ’48. La politica di containment occidentale, di fatto, era riuscita perché il Piano Marshall (che era continuazione dell’UNRRA, successivamente dell’E.R.P.) aveva gettato sull’Europa piena di macerie, la risorsa più risolutiva rimasta in mano agli Stati Uniti: un modello di democrazia e prosperità dei consumi che offriva un ristoro dopo le sofferenze patite dagli europei nel corso della guerra.
7.7. La reazione dell’economia e della politica europee agli effetti benefici del piano Marshall
La reazione dei governi europei a questo fiume di denaro e aiuti che gli USA riversarono sul Vecchio Continente era stata particolarmente felice: Londra e Parigi, per primi, avevano intuito quale fosse il reale spazio apertosi grazie all’offerta americana (il coordinamento degli aiuti USA ai sedici paesi aderenti al Piano Marshall) e si gettarono nell’impresa. Fra il 1948 e il 1951 gli USA elargirono aiuti gratuiti per 13.000.000.000 di dollari, allentando, così, il vincolo della valuta sulle importazioni dall’Europa agli USA. Così gli investimenti si svilupparono e diedero vita ad un boom economico che in Europa sarebbe durato un trentennio, in condizioni tali da evitare dinamiche da conflitti sociali e politici. Tra il 1947 e il 1950 il PIL dell’Europa occidentale era cresciuto del 30%. In questo contesto europeo particolarmente felice ciascun governo aveva trovato il proprio percorso di crescita economica: dalla politica italiana di stabilizzazione della lira a quella laburista di nazionalizzazione e spesa sociale in Gran Bretagna. Gli USA, dunque, ponendosi come creditori e garanti di un lungo periodo di ripresa dell’Europa occidentale, riuscivano in questo modo ad avviare una riorganizzazione del continente, sotto la propria egida, cosa che creava delle ragioni e delle basi più solide per quella strategia del containment anticomunista di cui si è parlato.
7.8. L’inasprimento del confronto bipolare
Tuttavia, sulle prime battute, il conflitto politico si andava inasprendo. Fra l’autunno del ’47 e la primavera del ’48 (grosso modo il periodo precedente al blocco di Berlino, in cui si andava deteriorando l’alleanza a quattro, il “quadripartito” delle potenze che avevano insieme dato vita al controllo della Germania), vi erano state tutta una serie di manifestazioni antiamericane, che erano diretta conseguenza dei diktat di Mosca ai partiti comunisti dell’Europa occidentale; ebbene, tali partiti, finanziati dalla Russia, seguivano una strategia funzionale ai dettami di Stalin: non era possibile, per essi, discostarsene. Il risultato era che una politica così lontana dalla realtà che l’Europa viveva in quel momento (una realtà drammaticamente presente nelle macerie e nella povertà, eredità del conflitto bellico), era funzionale solo agli interessi del Cremlino e della fortuna politica di molti uomini politici in occidente, ma fondamentalmente si trattava di una politica schizofrenica e palesemente inadeguata, che avrebbe lasciato uno strascico di ostilità nei confronti degli Stati Uniti, negli anni a venire. Così, tra i Paesi “satelliti” dell’URSS, nel marzo ’48 i comunisti cecoslovacchi lanciavano tutta una campagna di espropri e nazionalizzazioni, assumendo poi in quel Paese il controllo della polizia e arrestando tutti gli oppositori. Questo avveniva mentre le truppe sovietiche avanzavano verso il confine cecoslovacco, gli altri ministri si dimettevano per protesta e venivano sostituiti da ministri comunisti. Il colpo di stato in Cecoslovacchia segnò, agli occhi degli occidentali, quello che era il reale clamore suscitato dalla svolta staliniana inEuropa orientale, con l’effetto di suscitare, a occidente, shock e paura a causa di queste azioni.
Poco più di un mese dopo questi fatti, nelle elezioni italiane del 18 aprile 1948, i partiti di centro che sostenevano la coalizione di De Gasperi aderivano al Piano Marshall, e relegavano la sinistra comunista ad una lunga opposizione. <153 La quasi contemporaneità delle vicende di Cecoslovacchia e Italia del periodo marzo/aprile 1948, erano un segnale del rapido consolidarsi dei due blocchi contrapposti.
7.9. Il “topos” della guerra fredda in Europa, la Germania
Tuttavia, il fronte più importante, il topos centrale in cui si realizzava la disputa fra le due superpotenze, per quanto riguardava i confini ad est, era la Germania. Da qui passava la linea immaginaria «Oder/Neisse» e la cortina di ferro calata «da Stettino a Trieste» suscitava le preoccupazioni degli alleati occidentali. Il progetto, mai abbandonato, dell’istituzione di uno stato della Germania occidentale, era alla base della guida statunitense e a fondamento di una politica statunitense di elargizioni nei confronti dell’Europa intera. Per la Germania, dunque, passava più che un confine, passava proprio la stessa ragione dell’esistenza di una Europa occidentale. La ragione stessa per la quale gli americani erano giunti da così lontano per liberarla dall’orrore del nazismo. Non si poteva concedere ancora il terreno europeo alle ideologie totalitarie; da questa presa di posizione passava il desiderio, da parte americana, di
non abbandonare Berlino in mano ai sovietici, il cui dichiarato intento era di “sbattere fuori” da Berlino gli alleati occidentali. Tuttavia, per fare questo, bisognava, in qualche modo, armare la Germania, la cui tradizionale bellicosità era nota ai francesi, che infatti ne avrebbero fatto volentieri a meno. <154 Si trattava quindi di rassicurare la Francia su questi aspetti, relativi a irrisolte e annose dispute di confine, ormai anacronistiche nei rinnovati scenari del bipolarismo USA/URSS. Il governo americano, dunque, avrebbe rassicurato quello francese, decretando che le truppe statunitensi sarebbero rimaste a lungo nel territorio tedesco, a garanzia della stabilità europea.
7.10. Alleanze politico-militari in Europa occidentale
Quelle degli Stati Uniti non erano state le uniche reazioni da parte degli occidentali. Anche la Gran Bretagna aveva fatto la sua parte, proponendo alla Francia e ai paesi del Benelux un patto difensivo, firmato a Bruxelles nel gennaio 1948, la UEO (Unione dell’Europa Occidentale), uno strumento di difesa comune contro l’URSS, ma concepito, almeno inizialmente, anche in funzione antitedesca. Vi era, da parte americana, una duplice strategia: da un lato vincolare gli europei, con la partecipazione dei tre alleati storici, Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia, in funzione anti-sovietica, per controllare al tempo stesso i tedeschi e i sovietici. Dall’altro lato, la partecipazione di Stati Uniti e Gran Bretagna alla Carta Atlantica fin dal 1941, aveva in qualche modo avuto l’effetto di consolidare le retrovie e azzerare la distanza di oltre 5000 km fra Stati Uniti ed Europa. In questo senso, andavano incentivati i progetti di alleanza atlantica, in modo da costituire un valido argine contro la superpotenza sovietica continentale. Quindi, nella primavera del 1948, ad impensierire gli alleati occidentali era un crescente antagonismo sul piano politico e ideologico, cosa che si riverberava nella gestione quadripartita della Germania e di Berlino in particolare. Così, alla formalizzazione ufficiale del Piano Marshall seguivano questioni di sicurezza sovranazionale, che andavano assumendo sempre maggiore rilevanza. <155
[NOTE]
153 Cfr. Romero, Storia della guerra fredda, Einaudi, cit., 2009. Effettivamente, nel nostro Paese si ebbero diversi governi a guida monocolore DC, per aprirsi a governi “di collaborazione” con alcuni partiti di ispirazione liberale. Solo verso la seconda metà degli anni ’70 la sinistra tornerà ad essere un partito “di governo” grazie al «compromesso storico» tra le forze della DC e quelle del PCI, che non avrebbe voluto governare il Paese con il 51% dei consensi, sufficienti per governare, forse, ma non per durare a lungo e fare “da collante” ad una società politicamente in subbuglio e frammentata come quella italiana di quel periodo. Oltre a ciò, l’Italia sarà comunque, da quando entrerà a fare parte della N.A.T.O., un paese “a sovranità limitata”, non totalmente autonomo e vincolato ad un patto di fedeltà indissolubile con gli alleati occidentali, Stati Uniti in testa.
154 E’ noto come Francia e Germania abbiano rappresentato un rischio per lo “status quo” europeo, contendendosi a lungo interi territori, come l’Alsazia e la Lorena. Se nel 1815 il timore era di un revanscismo napoleonico, negli anni a venire, con la battaglia e la resa francese di Sedan nel 1870 e il conseguente ingresso dei prussiani a Parigi, dove celebreranno l’unità tedesca nel 1871; con gli assedi vittoriosi tedeschi nelle trincee di Verdun nel 1916-17, nel corso della I^ Guerra Mondiale, quindi con il dilagare dei nazisti nel 1940-44 e con la creazione della Repubblica di Vichy, il problema, la vera spina nel fianco della Francia e dell’Europa era la Germania. Questo gli americani lo sapevano bene. Tuttavia, vi erano alcuni elementi di novità che rendevano le paure francesi della rinascita di un nazionalismo tedesco infondate: il primo elemento era l’annientamento degli armamenti tedeschi già nel corso della guerra; il secondo, era la rinuncia a “umiliare” la Germania come era successo dopo la I^ Guerra Mondiale, non chiedendole le riparazioni di guerra; il terzo elemento era la “sovranità limitata” tedesca, per cui era impossibile che la Germania avesse un esercito se non a scopi difensivi e all’interno di coalizioni internazionali o a guida sovranazionale, una condizione che, del resto, le è imposta in parte ancora oggi; il quarto elemento era una progressiva europeizzazione del bacino carbosiderurgico della Ruhr, che avrebbe consentito una gestione unitaria delle enormi ricchezze di quella zona; ricchezze che non sarebbero più state appannaggio della sola Germania, ma che, negli anni a venire, sarebbero state organizzate sotto l’Alta Autorità della CECA, dal 1951. Le paure francesi, date queste variabili, di un risorgere del militarismo tedesco, erano infondate. Prevalevano dunque, in un’ottica bipolare, le necessità dettate dalla guerra fredda e dal sorgere dei due blocchi. Se una Germania troppo forte avrebbe fatto paura ai francesi, una Germania troppo debole sarebbe stata facilmente inglobata nell’impero sovietico e lì fagocitata, ridotta a rango di stato-satellite a sovranità limitatissima. Un rischio che né gli USA, né l’Europa si sentivano di correre.
155 L’amministrazione Truman chiedeva sempre maggiori risorse per la difesa, dopo avere interrotto la smobilitazione del patrimonio dell’esercito passato dagli 81 miliardi di dollari del 1945 ai 13 miliardi del 1947. Essa aveva finito con l’accettare le pressioni repubblicane, che richiedevano un maggior sistema di controllo sui dipendenti del governo degli Stati Uniti. Vi è da dire che, nonostante la carriera di Harry Truman fosse stata all’ombra di Roosevelt, per beneficiare poi della sua improvvisa scomparsa, quindi all’insegna della democratica “american way of life”, connotazione che fino ad allora era stata propria dell’America, appunto, democratica, dall’inizio della guerra fredda egli finì per incarnare un ideale del Presidente americano energicamente impegnato nella lotta contro le derive comuniste; in tale aspetto, si intravvedevano i caratteri di un tosto repubblicano, più che di un democratico. Ma tant’è. Del resto,
l’anticomunismo americano, le esagerazioni granguignolesche del maccartismo, forse sarebbero potute nascere e svilupparsi solo in quegli anni. Resta la complessità del giudizio sulla persona, sull’uomo Truman: un democratico repubblicano, o un repubblicano democratico?
Francesco Alessi, Alle origini di un mondo bipolare. Dalla crisi della commissione di controllo Alleata al ponte aereo su Berlino (1948-49), Tesi di laurea, Università degli Studi di Padova, Anno accademico 2014/2015