Per Federzoni il passaggio alla politica avvenne attraverso il giornalismo

Un’altra parte dell’archivio privato di Federzoni – presumibilmente la più consistente – si trovava invece nella redazione della «Nuova Antologia»: si trattava di «tre casse di mie carte riservate – come egli scrisse in un memoriale – che erano state ivi murate a mia insaputa, per eccesso di prudenza, dall’amministratore delegato della rivista per sottrarle a fascisti e nazisti», e che il 5 giugno 1944 furono prelevate «da alcuni individui armati», i quali «si dissero inviati dal partito d’azione» <5. Di questa documentazione non è rimasta traccia.
Nel suo diario, alla data del 26 maggio 1943, Dino Grandi definiva Luigi Federzoni «un letterato, un uomo politico dell’800, fedele alla Monarchia e al Risorgimento» <6.
È una definizione giusta, ma solo a metà. Federzoni era «un letterato», «fedele alla Monarchia e al Risorgimento» e qui stava l’origine del suo nazionalismo, ma non, a mio avviso, «un uomo politico dell’800». Direi piuttosto che appartenesse al Novecento e che stesse pienamente all’interno delle avanguardie sia letterarie che politiche, protagoniste degli anni che precedettero la prima guerra mondiale. Da queste origini si deve partire per tracciarne il profilo.
Come Enrico Corradini, anche Federzoni fu inizialmente un «letterato», allievo di Carducci, tra gli «scolari da caffè» di Alfredo Oriani <7, studioso di arte, autore di romanzi.
Se la sua formazione fu carducciana e ottocentesca, Federzoni sarà però presto proiettato nel nuovo secolo. Gli articoli scritti in quegli anni, che egli definiva «di critica battagliera – oggi si direbbe di “avanguardia”», erano, non a caso, firmati con lo pseudonimo anagrammatico Giulio De Frenzi, poiché l’avanguardia a quel tempo – scriveva in alcune memorie private – «consisteva nell’essere dannunziani: il che poteva giudicarsi deplorevole traviamento per uno scolaro del Carducci» <8. Anche il passaggio dalla letteratura alla politica fu fenomeno che, com’è noto, caratterizzò il nuovo secolo, quando alla figura del «letterato» si sostituì quella dell’«intellettuale», che ampliava gli strumenti della propria attività e che era intenzionato a intervenire con le proprie idee e le proprie proposte nella vita sociale e politica <9.
Il caso più eclatante di questo passaggio sarà quello di Gabriele D’Annunzio. In quel contesto furono diversi coloro che – come Corradini e Federzoni – abbandonarono la letteratura per l’impegno politico tout court.
Per Federzoni il passaggio alla politica avvenne attraverso il giornalismo, come collaboratore e redattore del «Resto del Carlino», prima, e del «Giornale d’Italia», poi. Fu proprio nel quotidiano romano che iniziò il suo impegno sempre più intenso sulle questioni politiche e in particolare sui problemi relativi alla valorizzazione nazionale e all’esigenza espansionistica dell’Italia, attraverso le inchieste in difesa dell’italianità del lago di Garda (1909) e della Dalmazia (1910), e quindi nella campagna per la guerra di Libia, di cui fu acceso sostenitore e per la quale fu inviato come corrispondente a Tripoli e a Rodi <10.
Da qui si fece sempre più vasta l’attività come conferenziere e collaboratore di giornali nazionalisti, fino a divenire Federzoni tra i protagonisti della fondazione dell’Associazione nazionalista italiana e dell’«Idea nazionale».
Con l’ANI sosteneva la visione imperialista e l’esaltazione della patria, l’opposizione contro i socialisti e le organizzazioni del movimento operaio, ancorando, al tempo stesso, il giovane movimento alla storia del paese.
Nel suo primo discorso alla Camera dei deputati, l’11 dicembre 1913, ad esempio, Federzoni così rispondeva ad Arturo Labriola che chiedeva perché i nazionalisti si fossero seduti sui banchi di estrema destra: «prima di tutto perché affermiamo risolutamente l’antitesi del nostro pensiero e dei nostri propositi in confronto di coloro che siedono dalla parte opposta della Camera; e in secondo luogo perché, qualunque sia la pochezza delle nostre forze, per la grandezza, per la sincerità della nostra fede politica, sogniamo per lo meno di richiamarci alla grande tradizione nazionale degli uomini, che su questi banchi sedettero nei tempi classici del nostro Parlamento nazionale» <11.
Alle elezioni del 1913 Federzoni fu tra i cinque candidati che i nazionalisti portarono a livello nazionale, venendo presentato nel primo collegio di Roma.
Federzoni non rimase all’interno del proprio ambito politico, recuperando voti dell’elettorato liberale di destra e soprattutto di quello cattolico (con alcuni esponenti del movimento cattolico organizzò tra l’altro un dibattito su «Idea nazionale») <12.
Federzoni entrava così nella vita politica nazionale, partecipando a tutte le iniziative più importanti degli anni della guerra e dell’immediato dopoguerra (dalla costituzione del Fascio parlamentare di difesa nazionale nel dicembre 1917, all’attività della delegazione italiana al congresso di Roma dei popoli oppressi dell’Impero austro-ungarico nell’aprile 1918), avendo incarichi di sempre maggior rilievo (nel marzo 1922 fu portato dai nazionalisti, insieme coi fascisti e coi liberali nazionali, alla carica di vicepresidente della Camera), svolgendo spesso compiti di mediazione con i rappresentanti del governo.
Era ormai protagonista di una forza politica che non costituiva più solo il movimento culturale, patriottico e imperialista di inizio Novecento, ma stava diventando una formazione moderna e organizzata. Di questo egli era consapevole (anche per questo motivo l’ho definito uomo del Novecento): in occasione della riforma elettorale del 1919, ad esempio, sostenne l’adozione dello scrutinio di lista con rappresentanza proporzionale, nella convinzione che l’ANI ne avrebbe tratto vantaggio e avendo chiaro – come ha messo in evidenza Adriano Roccucci – che il quadro politico sarebbe stato segnato dall’affermazione di partiti di massa e organizzati: «Politica è, anzi tutto, azione – affermava in un discorso alla Camera il 19 luglio 1919 – … Le idee … politicamente non valgono se non sono appoggiate ad una forza organizzatrice la quale sappia avviarle alla loro realizzazione» <13.
Federzoni diventava un ago della bilancia, come lo erano i nazionalisti che stavano occupando sempre di più spazi della Destra: la Destra liberale – scriveva significativamente Luigi Albertini a Francesco Ruffini l’8 luglio 1921 – «si è identificata col nazionalismo. Il suo capo non è più Salandra ma Federzoni il quale domina anche il gruppo fascista» <14.
È noto il ruolo da lui svolto, assieme al gruppo nazionalista, perché i fascisti abbandonassero la «tendenzialità repubblicana», così come è nota l’opera di mediazione da lui svolta a nome della Corona nei confronti dei fascisti, nelle fasi che precedettero la marcia su Roma. Come nazionalista e soprattutto come monarchico.
Egli stesso, in occasione di un convegno dell’ANI a Milano, il 18 ottobre 1922, in cui chiese un governo di destra per il paese, ribadì che il primo requisito sarebbe dovuto essere il «rinvigorimento di tutte le funzioni della Corona», di una monarchia che rappresentava la «guarentigia sacra, insopprimibile dell’unità della Patria, e della continuità della sua vita» <15; in contemporanea si teneva sempre a Milano una riunione dei Sempre pronti per la patria e per il re per decidere le misure da prendere nel caso di una mobilitazione fascista in senso antidinastico: in questa evenienza, secondo i ricordi di Raffaele Paolucci, questi era d’accordo con Corradini e Federzoni «per schierarci a difesa del capo dello Stato» <16. Vicenda di cui ha scritto anche Federzoni nelle sue memorie <17.
L’opera di Federzoni per il conferimento del governo a Mussolini è stata sicuramente rilevante. Gli articoli dell’«Idea nazionale» di quei giorni, lo stesso Federzoni in occasione di riunioni dei nazionalisti e successivamente nel libro di memorie, hanno rivendicato la «funzione storica e politica» dei nazionalisti nella formazione del governo fascista <18. A completare il suo ruolo sarà la nomina a ministro delle Colonie, «quasi notaio della Corona nella compagine governativa», come lo ha definito Franco Gaeta <19.
Federzoni dal canto suo era convinto che il fascismo – come affermava nel ’21 – avrebbe acquistato organicità di partito politico solo «identificandosi col nazionalismo» <20.
Anche in seguito, il suo sostegno alla fusione dell’Associazione nazionalista nel PNF fu dovuto, come scrisse con il senno di poi, all’obiettivo di esplicare nei confronti del fascismo «un’influenza moderatrice e educatrice» <21.
Sempre con il senno di poi, nelle sue memorie scrisse che era stata proprio la «provenienza nazionalista» a indurlo ad accettare «un governo forte ma rigorosamente costituzionale e legalitario» e ad impegnarsi per «un’azione normalizzatrice» <22. […]
[NOTE]
5 IEI, AS, FLF, Appendice 2, Documentazione in fotocopia, b. 17, fasc. 228, Carte Sciacca, [L. Federzoni], Memoriale difensivo (Luglio 1944), manoscritto, datato 18 luglio 1944, cc. 75-76. La vicenda è confermata da un appunto riservato (copia dattiloscritta), intestato Ministero di grazia e giustizia, Il capo di gabinetto del ministro, firmato L. d’Espinosa. Luigi Bianchi d’Espinosa, addetto all’Alto Commissariato per la punizione dei delitti e degli illeciti del fascismo e incaricato dell’istruttoria Federzoni dall’alto commissario Mario Berlinguer, scriveva che, in quanto membro del Partito d’azione, era a conoscenza del fatto che la direzione del partito fosse in possesso di quell’archivio, prelevato nei primi giorni dopo la liberazione di Roma, con «regolare verbale, con l’intervento di un Notaio». Dopo aver minacciato di far perquisire la sede del partito, d’Espinosa poté consultare le carte, portando via, «con verbale di sequestro, quei quattro o cinque documenti che potevano servire il processo». Le carte rimasero in quella sede, ma d’Espinosa aggiungeva nel suo appunto di non sapere «dove e presso chi siano state portate» dopo lo scioglimento del Pd’A (1947) (ibid., fasc. 31, sottofasc. 6), cfr. A. Vittoria, I diari di Luigi Federzoni … cit., pp. 752-753 nota.
6 D. Grandi, Pagine di diario del 1943, in «Storia contemporanea», XIV (1983), 6, pp. 1037-1075, p. 1058; in D. Grandi, Il mio paese. Ricordi autobiografici, prefazione di R. De Felice, Bologna, il Mulino, 1985, nel testo relativo alla stessa data questo brano è omesso (p. 626).
7 A. Oriani a Zena Ciottoni, 10 giugno 1909, in A. Oriani, Le lettere, a cura di P. Zama, Bologna, Cappelli, 1958, p. 394.
8 IEI, AS, FLF, s. 2, Scritti e materiali di lavoro, sottos. 2, fasc. 105, L. Federzoni, Memorie inutili della famiglia Federzoni (per uso interno), Alle mie figliuole Annalena, Elena e Ninnì, dattiloscritto, ottobre 1943, pp. 104-105. Per la biografia di Federzoni e la relativa bibliografia rimando alla mia voce in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, 1995, vol. XLV, pp. 792-801; e ai saggi degli atti del convegno organizzato dall’Istituto della Enciclopedia italiana e dall’Istituto Luigi Sturzo a Roma, 9-10 ottobre 1998, Federzoni e la storia della destra italiana nella prima metà del Novecento, a cura di B. Coccia – U. Gentiloni Silveri, Bologna, il Mulino, 2001.
9 L. Mangoni, Le riviste del nazionalismo, in La cultura italiana tra ’800 e ’900 e le origini del nazionalismo, Firenze, Olschki, 1981, p. 285; Id., Gli intellettuali alla prova dell’Italia unita (1995), in Id., Civiltà della crisi. Cultura e politica in Italia tra Otto e Novecento, Roma, Viella, 2013, pp. 3-71, p. 56.
10 Per l’italianità del «Gardasee», Napoli, Ricciardi, 1909; L’Italia nell’Egeo, Roma, L’Italiana, 1913; La Dalmazia che aspetta, Bologna, Zanichelli, 1915.
11 L. Federzoni, Presagi alla Nazione. Discorsi politici, Milano, Casa editrice Imperia del PNF, 1924, pp. 53-54.
12 Poi raccolto nel volume Nazionalisti e cattolici, Roma, Associazione nazionalista, 1913. Sul rapporto tra nazionalisti e cattolici e il cattolicesimo di Federzoni, cfr. R. Moro, Nazionalismo e cattolicesimo, in Federzoni e la storia della destra … cit., pp. 49-112, pp. 62 e seguenti.
13 A. Roccucci, Roma capitale del nazionalismo (1908-1923), Roma, Archivio Guido Izzi, 2001, pp. 390-391.
14 L. Albertini, Epistolario 1911-1926, a cura di O. Bariè, Milano, Mondadori, 1968, p. 1484.
15 A. Roccucci, Roma capitale del nazionalismo… cit., p. 523.
16 R. Paolucci di Valmaggiore, Il mio piccolo mondo perduto, Bologna, Cappelli, 1947, p. 240; F. Gaeta, Il nazionalismo italiano, Roma-Bari, Laterza, 1981, pp. 232-233; A. Roccucci, Roma capitale del nazionalismo… cit., p. 524 e pp. 472 e seguenti, per l’organizzazione dei Sempre pronti.
17 L. Federzoni, Italia di ieri per la storia di domani, Milano, Mondadori, 1967, p. 72.
18 Discorso di Federzoni all’assemblea della sezione nazionalista romana del 16 novembre 1922, in A. Roccucci, Roma capitale del nazionalismo…cit., p. 527.
19 F. Gaeta, Il nazionalismo italiano… cit., p. 217.
20 L. Federzoni, Nazionalismo e fascismo, in «Idea nazionale», 17 novembre 1921, in A. Roccucci, Roma capitale del nazionalismo… cit., p. 501.
21 L. Federzoni, Italia di ieri… cit., p. 87.
22 Ibid., p. 257.
Albertina Vittoria, Luigi Federzoni, un breve profilo in L’ultima seduta del Gran Consiglio del fascismo nelle Carte Federzoni acquisite dall’Archivio centrale dello Stato, Atti del convegno «Le carte ritrovate» Roma, 30 maggio 2017, Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, 2020