Parri e Togliatti ebbero a cuore le sorti dell’Italia

Se pensiamo che il primo, Parri, in gioventù sperava che una élite potesse portare un rinnovamento alla nazione e il secondo, Togliatti, faceva parte del partito rivoluzionario per eccellenza, capiamo la grandezza dei due personaggi che sono diventati colonne portanti della democrazia e della Repubblica Italiana seguendo, naturalmente, passaggi e ragionamenti diversi, figli sempre, però, di una profonda e lucida analisi del passato e del presente dell’Italia.
Parri, probabilmente, rimase deluso dall’andamento del suo governo, in quanto avrebbe voluto far di più per riuscire a rinnovare finalmente la nazione grazie a una nuova classe dirigente forgiata dalla Resistenza. Probabilmente il suo limite fu proprio quello di rimanere legato a presupposti che spesso avevano a che fare più con le sue idee del passato che con la realtà del dopoguerra. Ad esempio la convinzione che, grazie alla Resistenza, l’Italia avesse acquisito una nuova collocazione sulla scena internazionale, diversa da quella di nazione sconfitta; atteggiamento che altro non fece che incrinare i suoi già tesi rapporti con gli Alleati. Oppure la sua concezione liberista dei rapporti sociali ed economici, che non gli faceva accettare una organizzazione dell’economia e della società, necessari invece in quel momento storico. Il suo obiettivo, comunque, rimaneva una rivoluzione democratica da attuare forzare il distacco delle istituzioni italiane dai loro equilibri tradizionali, al contrario di quel che pensava Togliatti, che aveva capito che l’unico modo per rinnovare l’Italia era farlo da una posizione di governo, e quindi partecipando a delle elezioni, senza forzare le cose.
Naturalmente, come abbiamo visto, la speranza di Togliatti era di riuscire a creare un fronte comune antifascista formato dai grandi partiti di massa, cosa che, in realtà, non accadrà mai, soprattutto per l’accentuarsi dei toni dei contrasti tra le tre grandi potenze, che avrebbero portato poi alla guerra fredda.
Il fallimento della collaborazione tra le tre grandi potenze, ritenuta fondamentale da Togliatti, lascerà il Partito comunista italiano in un limbo internazionale che lo accompagnerà per tutta la sua storia. Partito comunista che, comunque, usciva “rivoluzionato” dalla guerra in quanto da partito rivoluzionario era diventato un partito inserito nel gioco politico italiano. Il tutto, fondamentalmente, grazie alla strategia politica elaborata da Togliatti, di cui ampiamente abbiamo parlato.
L’approccio alla questione istituzionale del dopoguerra è ciò che maggiormente differenziò i due protagonisti della Resistenza, anche se un’altra grande differenza va trovata nel rapporto con gli Alleati. Se il rapporto di Parri con le forze alleate fu basato sulla reciproca diffidenza, quello di Togliatti fu invece retto dalla più volte nominata convinzione che l’unione delle tre grandi potenze antifasciste fosse la base per un mondo di pace.
In comune, invece, ebbero la volontà di una Resistenza unita, il meno possibile dipendente dai partiti e neanche questo, come abbiamo visto, riuscì in pieno. Entrambi erano consapevoli che solo un Cln unito avrebbe potuto farsi valere dinanzi agli Alleati. Entrambi forse ebbero troppe illusioni su un movimento che comunque constatava di mille anime diverse, difficilissime da metter d’accordo. Entrambi, comunque, ebbero a cuore le sorti dell’Italia e provarono, in modi diversi, a renderla un paese migliore rispetto ai vent’anni di dittatura, vergogna e disonore che aveva subito e, con tutti i limiti che il nostro paese ancora oggi presenta, possiamo affermare che vi riuscirono.
Giuseppe Paolino, Parri e Togliatti, due anime della Resistenza, Tesi di laurea, Università Luiss “Guido Carli”, Anno Accademico 2013-2014