Nell’estate del 1969 scatta un allarme delle forze Nato in Italia che si protrae per quaranta giorni

A dare al Sifar un’indesiderata fama sono gli scandali emersi nel 1967. Da un lato abbiamo tra guerra ferocissima tra i generali De Lorenzo e Aloja combattuta a colpi di dossier pubblicati su alcuni quotidiani – da cui nascerà lo scandalo dossier – dall’altro la questione del «Piano Solo» che nasce, secondo Taviani, da «una situazione di declino senile dell’allora capo dello Stato Antonio Segni» <4, ormai stanco stanco del centro-sinistra e convinto di una prossima vittoria elettorale degli «stalinisti» e, temendo che la svolta a destra da lui auspicata potesse provocare dei moti di piazza, pretende da De Lorenzo <5 – che, sostiene D’Amato, fomentava le paure del Presidente dandogli «informazioni fasulle che creava lui stesso» <6 – «l’elaborazione di un piano d’emergenza per il mantenimento dell’ordine pubblico» <7. Nella sua attuazione, il perno del Piano è l’enucleazione di tutti i «possibili leader della sommossa», parlamentari compresi, e il loro “trasferimento” – come dichiarato da De Lorenzo stesso innanzi alla Commissione Lombardi – presso la base di Capo Marraggiu <8 (quartier generale di Gladio). A tutt’oggi la famigerata “Rubrica E”, contenente l’elenco degli enucleandi, non è stata resa nota, protetta dal segreto di stato posto sugli allegati alla Relazione Lombardi <9.
[NOTE]
4 La citazione è la parafrasi fatta dal “politichese” tavianeo da Giovanni Pellegrino in Pellegrino G., Fasanella G., Sestrieri C., Segreto di Stato cit., p. 46-47. Il discorso originale è contenuto in Commissione Stragi, vol. II, tomo II resoconto stenografico dell’audizione del senatore Taviani del 1 luglio 1997, p. 393.
5 Non più a capo del Sifar, ma comandante generale dell’arma dei Carabinieri.
6 Purgatori A., Spie del sesso ai tempi di Gronchi, Corriere della Sera, 17 gennaio 1994.
7 Pellegrino G., Fasanella G., Sestrieri C., Segreto di Stato, p. 47.
8 «Pensavo se li pigliamo li portiamo ad Alghero, vanno pure a stare bene». Relazione Commissione d’inchiesta Lombardi, vol. V, p. 423, in Commissione Stragi, vol. I, tomo II, p. 117. Commissione Stragi, vol. I, tomo I, p. 109.
9 Commissione Stragi, vol. I, tono I, p. 108 e vol. I, tomo III, p. 19. Come scrive De Lutiis (I servizi segreti in Italia cit., p. 85), la Commissione Lombardi viene istituita «nel tentativo di bloccare l’indagine parlamentare» e composta da «tre anziani generali, abbastanza legati all’establishment militare» per cui «dava ben scarse garanzie», ma nell’affidare la commissione proprio al generale Lombardi «il tentativo di far svolgere un indagine addomesticata era praticamente fallito».
Igor-Andy Caputo, 1969. Un anno esplosivo, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Torino, Anno Accademico 2011-2012

Essendo stato creato per fare fronte con rapidità all’imminente scandalo dei dossier, non sorprende che all’origine del Sid non ci sia stato né un dibattito parlamentare né furono colmate le carenze del vecchio ordinamento, ossia la specificazione dei compiti assegnati e soprattutto la carenza di controlli. L’unica differenza strutturale di un certo rilievo fu il progressivo svuotamento di poteri del Rei, – che passò alle dirette dipendenze dell’ufficio “D” – parallelamente all’allontanamento di Rocca, che era troppo compromesso con lo scandalo incombente. Il Sid cominciò a funzionare il 25 giugno 1966, sulla base di una semplice circolare del ministero della Difesa <110. La circolare vietava esplicitamente al servizio di occuparsi di “indagini che non riguardino la difesa militare o la sicurezza nazionale” <111, la quale era una puntualizzazione importante, ma inutile fintanto che nessun organismo poteva verificare la
correttezza del suo operato. Questo poté accadere perché durante quegli anni la stampa e l’opinione pubblica erano occupate a tuonare contro De Lorenzo, presi dalla travolgente polemica sulla gestione del Sifar e non poterono accorgersi delle “nuove e più gravi attività” <112. Henke, che per primo aveva fatto scattare, seppur riservatamente, il caso, si schierò subito affinché lo scandalo pubblico rientrasse e venisse minimizzato. Dopo lo screditamento e l’allontanamento di De Lorenzo, che era ciò che gli interessava, l’ammiraglio adottò le posizioni riduzioniste sulla linea di Aldo Moro, innalzando una cortina di omissis intorno al caso <113. Questo affinché anche il Sid potesse svolgere la propria attività ancor più incontrollato del suo predecessore. Con l’inaugurazione del binomio Henke-Viola (rispettivamente uno alla direzione e l’altro al controspionaggio) e le successive dimissioni del De Lorenzo (che venne eletto senatore tra le fila del partito monarchico), il vertice militare italiano poteva dirsi entrato a pieno nella logica della “guerra non convenzionale” e della “guerra psicologica”, con l’obiettivo di stroncare con ogni mezzo possibile l’involuzione a sinistra del Paese, ossia nella logica della strategia della tensione. Secondo il De Lutiis: “Il primo biennio di gestione di Henke, che coincide in parte con quello nel quale la guida dell’Ufficio “D” è affidata al colonnello Viola, è […] il periodo preparatorio della strategia della tensione” <114.
Gianadelio Maletti, un testimone d’eccezione in quanto capo del reparto “D” del SID dal 1972, definirà così il principio di questa strategia: “la Cia voleva creare, attraverso la rinascita di un nazionalismo esasperato e con il contributo della destra estrema, Ordine Nuovo in particolare, l’arresto del generale scivolamento a sinistra. Questo è il presupposto di base della strategia della tensione. La Cia ha cercato di fare in Italia ciò che aveva fatto in Grecia nel ’67, finanziando i fascisti quando il golpe mise fuori gioco Andreas Papandreou. In Italia le è sfuggita di mano la situazione. <115”
In questo disegno, dal 67 in poi, l’attenzione dei militari verso i gruppi come Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale, nel sostenerli e nell’utilizzarli, crebbe esponenzialmente. Fu infatti in quei primi anni che l’ufficio prese a collaborare con il Bnd, il servizio segreto della repubblica federale tedesca e con il Kyp, il servizio segreto dei colonnelli greci.
Il 16 aprile del 1968, un gruppo di militanti di Ordine Nuovo intraprese un “viaggio di studio” nella Grecia dei colonnelli, nel primo anniversario del riuscito colpo di stato. Il viaggio venne organizzato con l’attivo concorso dell’ufficiale del Sid Augusto Piéche (figlio del Giuseppe che, un decennio prima, prese parte al reinserimento di ex fascisti nei quadri della polizia repubblicana <116), su indicazione del rettore dell’ufficio “D” Enzo Viola. <117 Questa iniziativa rientrava perfettamente nell’ambito del rapporto che collegò Giuseppe Aloia e Pino Rauti, ossia nella dimensione dottrinale dei “corsi di ardimento” e della “guerra rivoluzionaria”; inoltre, rappresentò un salto di qualità per Ordine Nuovo che, anche tramite i contatti nel gennaio dello stesso anno con l’Aginter Presse <118 e Ordre e Tradition di Yves Guerin-Serrac (il quale godeva dell’appoggio e dei finanziamenti da ambienti di destra del partito repubblicano statunitense <119), si trovò collocato in uno spazio politico-militare molto più ampio e in un circuito internazionale. Durante il terzo processo per Piazza Fontana, il Giudice Salvini concluse che la “Aginter Presse” giocò un ruolo fondamentale nella strategia della tensione ed era in grado di operare in tutta Europa e in Africa “per azioni spregiudicate che organismi statali, segreti o no, non sempre possono svolgere” <120. Nel documento intitolato “La nostra azione politica” è delineata in maniera lampante il modus operandi dell’eversione nera: “Noi pensiamo che la prima parte della nostra azione politica debba essere quella di favorire l’installazione del caos in tutte le strutture del regime […] la prima azione che dobbiamo lanciare è la distruzione delle strutture dello Stato sotto la copertura dell’azione dei comunisti e dei filocinesi. Noi, d’altronde, abbiamo già elementi infiltrati in tutti questi gruppi […] [azione che deve portare sostegni internazionali e] costringere l’esercito, la magistratura, la chiesa ed il mondo industriale ad agire contro la sovversione” <121.
In questo disegno, il già citato Guido Giannettini fungeva da elemento di raccordo tra On e il Sid, dal quale era stato ingaggiato nel 1966. Giannettini divenne celebre un decennio più tardi, come imputato protagonista del processo per Piazza Fontana, nel quale fu, ad ogni modo, assolto <122.
Intanto, sul piano sociale, dal ’67 al ’69 si registrava una escalation frenetica e imprevista della contestazione studentesca, degli scioperi, delle lotte sindacali e questo contribuì non poco ad alzare il livello di tensione e a polarizzare gli schieramenti divergenti. Il braccio di ferro per il rinnovo dei contratti dell’”autunno caldo” del ’69, risolto con una sostanziale vittoria dei sindacati, fu probabilmente il detonatore per un ulteriore salto di qualità nell’azione di repressione violenta e “non convenzionale”.
“In questa stessa luce va visto il vasto piano eversivo, al quale non era estraneo un settore dei servizi segreti, che andava organizzandosi in quegli stessi mesi e si apprestava a scrivere una delle pagine più sanguinose della storia italiana. La prima fase del piano era già iniziata in aprile, con gli attentati alla fiera di Milano, che dalla polizia milanese erano stati attribuiti alla sinistra, e proseguirà in agosto con gli attentati ai treni. Nel corso della stessa estate, subito dopo la scissione socialista, scatta un allarme delle forze Nato in Italia che si protrae per quaranta giorni. Tutto sta a indicare insomma sia a livello nazionale che internazionale, come si ritenga che la situazione italiana sia sul punto di rottura e sia necessario, per arginarla, ricorrere a misure eccezionali. I rinnovi contrattuali d’autunno sono l’occasione per lo scontro. L’autunno trascorre tra scioperi e serrate, ed è proprio al termine del periodo più duro che avviene la strage di Piazza Fontana.” <123
Il programma terroristico portato avanti dalle organizzazioni della destra extraparlamentare prese un’importante accelerazione durante tutto l’arco del 1969 e andò a culminare con il 12 dicembre di quell’anno, data comunemente ritenuta inaugurale della strategia della tensione. Il piano prevedeva lo scoppio di bombe ed esplosivi da far ricadere su circoli anarchici o di sinistra e aveva come obiettivo quello di far proclamare dal Presidente del Consiglio Mariano Rumor lo stato di emergenza. Con la riuscita strage di Piazza Fontana e le due bombe di Roma del 12 dicembre, l’obiettivo fu quasi raggiunto.
La genesi di questo piano fu a Padova. Il 30 Aprile 1968 era già stato fatto scoppiare un ordigno nella casa del questore, Ferruccio Allitto Bonanno. L’anno successivo, il 15 Aprile, esplose una bomba nell’ufficio del rettore dell’università, Enrico Opocher. Il 18 aprile del 1969 la cellula veneta di On, capitanata da Franco Freda <124, si riuní a Padova per pianificare le sue azioni future: fu “la famigerata riunione in cui si pianificò l’escalation di attentati dell’estate-autunno del 1969” <125. Secondo la testimonianza fornita dall’imputato Marco Pozzan al processo a Catanzaro per la strage di Piazza Fontana, – testimonianza poi ritrattata – alla riunione, oltre a Freda, Ivano Toniolo e Pozzan, era presente Pino Rauti, appositamente salito da Roma con un’altra persona non identificata <126. Rauti ha sempre negato di aver partecipato a questa riunione.
Una settimana più tardi, il 25 di aprile, scoppiarono due bombe a Milano, una allo stand della Fiat della Fiera e una all’Ufficio cambi della Stazione. Le indagini, condotte dal commissario Calabresi e dal giudice Amati, incriminarono dei militanti di sinistra che rimasero in carcere per due anni, prima che il processo a loro carico si concludesse con assoluzione <127. Nel frattempo, il commissario di Padova Pasquale Juliano aveva già individuato la cellula eversiva di Freda e Ventura <128 e ne aveva fatto segnalazione sia all’Ufficio Politico di zona che direttamente all’Uar, il quale non solo ignoró tale segnalazione, ma, come ormai noto e provato, depistó negli anni successivi ogni indagine condotta contro i neofascisti veneti per indirizzarla verso la “pista anarchica” <129.
[NOTE]
110 G. De Lutiis, op. cit., pg. 92
111 Circolare segreta del ministero della difesa Tremelloni del 25 giugno 1966, declassificata il 13 dicembre 1977. In G. De Lutiis, op. cit., pg 93
112 Ibidem
113 Ibidem
114 G. De Lutiis, op. cit., pg 93
115 Intervista, Maletti, la spia latitante. La Cia dietro quelle bombe, a cura di D. Mastrogiacomo, Edizione di La Repubblica del 4 Agosto 2000 116 v. cap. 1.2
117 D. Conti, op. cit., p 54
118 Cfr. Aldo Doninelli, Tesi di Laurea L’internazionale nera e la Guerra controrivoluzionaria, l’agenzia di stampa Aginter Presse, Universitá Roma Tre, 2018, disponibile su www.guidosalvini.it
119 Inchiesta Salvini, relazione di perizia Aldo Sabino Giannuli, relazione da fonte fiduciaria “Aristo”, cit. in D. Conti, op. cit., p 56
120 Appunto 14 giugno 1967, fascicolo “Ordre et Tradition”, dalle carte del deposito della circonvallazione Appia, citato in Giannuli, Bombe a inchiostro, cit., p. 305. Lo storico porta ad esempio di tali azioni l’eliminazione del generale Delgado, oppositore del presidente Salazar.
121 Sent.-ord Migliaccio 1976, pp. 97-98. Il giudice lavorò sui materiali recuperati e diffusi attraverso le importanti inchieste svolte da giornalisti dello “Europeo”. Citato in B. Tobagi, op. cit., pg. 346
122 v. nota n. 79
123 G. De Lutiis e A. Silj, 20 anni di violenza politica 1969-1988, Edizioni Ricerca Isodarco, introduzione
124 v. nota n. 6
125 B. Tobagi, op. cit., pg 345
126 Cfr di G. De Lutiis e A. Silj, 20 anni di violenza politca 1969-1988, Edizioni Ricerca Isodarco, tomo I e B. Tobagi, Piazza Fontana, il processo impossibile, cap.5 par. 12 “La meteora Pozzan”
127 G. De Lutiis e A. Silj, 20 anni di violenza politca 1969-1988, Edizioni Ricerca Isodarco
128 v. nota n. 6
129 Benedetta Tobagi, Piazza Fontana, il processo impossibile, cap.2 par.7 “Pezzi di vetro: l’intervento diretto dell’Uar”
Claudio Molinari, I servizi segreti in Italia verso la strategia della tensione (1948-1969), Tesi di laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 2020-2021

In seguito allo scandalo De Lorenzo, per arginare le crescenti proteste dell’opinione pubblica, nel 1965, a pochissimo tempo dal celeberrimo convegno dell’Istituto Pollio1, viene creato – per decreto del Presidente della Repubblica – il Servizio Informazioni Difesa (Sid). Per la verità rispetto al Sifar non cambia assolutamente nulla, né a livello organizzativo, né a livello legislativo, né nella composizione dell’organico: a istituirlo non è neanche una legge o una riforma, bensì un decreto presidenziale seguito da una circolare interna al Ministero della Difesa che indica il cambiamento del nome e non altro <2. Alla guida guida del “nuovo” servizio segreto viene posto l’ammiraglio <3 Eugenio Henke, rimasto a capo del Sid fino al 1970. È questo uno dei periodi più problematici e misteriosi dei nostri servizi militari: è il periodo in cui viene avviata la «strategia della tensione», in cui si consumano le relazioni pericolose con la destra eversiva <4, con il Bnd (servizio segreto segreto della Germania Federale) di Reinhard Gehlen <5, con il Kyp (servizio segreto della Grecia dei colonnelli) <6. È il periodo delle compromissioni con la strage di piazza Fontana, con il golpe Borghese.
[NOTE]
1 Commissione Stragi, vol. I, tono I, p. 108 e vol. I, tomo III, p. 19. 2 De Lutiis G., I servizi segreti in Italia cit., pp. 93-94. 3 D’Amato polemizza fortemente con la scelta del Ministero di nominare direttore di un servizio segreto un ufficiale, per quanto di alto profilo, senza una precorsa esperienza di intelligence: «Henke [è] un ammiraglio, Miceli un bersagliere, Casardi un altro ammiraglio, Maletti della fanteria. Gente che fino al giorno prima aveva comandato un battaglione di carri armati e poi si trovava a guidare un servizio segreto». Per questo motivo l’unico direttore a godere della sua stima è stato De Lorenzo che proveniva dal servizio informativo del Cln romano. Purgatori A., Spie del sesso ai tempi di Gronchi, Corriere della Sera, 17 gennaio 1994. De Lutiis G., I servizi segreti in Italia cit., p. 519. 4 Vedi il caso Giannettini. Già sotto osservazione da parte dell’Uaarr dal 1961 per la sua affiliazione ad “Avanguardia Nazionale” e per le sue relazioni con l’Oas, viene arruolato nel Sid nel 1966 «per esigenze dello Stato Maggiore» (non si è ancora oggi capito se come infiltrato del Sid in “Ordine Nuovo” o come infiltrato di “Ordine Nuovo” nel Sid). Lo stesso ammiraglio Henke si occuperà personalmente di sedare le troppe domande dei giudici sul suo ruolo di agente, reso pubblico invece da Andreotti in un’intervista a “Il Mondo” nel ’74. De Lutiis G., I servizi segreti in Italia cit., pp. 178-183. Requisitoria Alessandrini, pp. 228-229. Giannuli A., Bombe a inchiostro cit., pp. 112, 290. Il rapporto dell’Uaarr è riprodotto in Giannuli A., L’Ufficio Affari Riservati Vol. I cit., p. 73 e Giannuli A., Perizia Salvini, p. 55-56. La deposizione di Henke è riprodotta in Requisitoria Alessandrini, pp. 178-179. Boatti G., Piazza Fontana cit., p. 104. 5 Passato dalla Gestapo (capo della sezione orientale durante la guerra) alla Cia per poi tornare in Germania al vertice del neonato servizio tedesco nel 1956. De Lutiis G., I servizi segreti in Italia cit., p. 524. Caretto E., La Cia: «Sì, arruolammo spie della Gestapo», “Corriere della Sera”, 19 marzo 2001. 6 De Lutiis G., I servizi segreti in Italia cit., p. 95.
Igor-Andy Caputo, Op. cit.

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