Nel 1968 Nenni è ministro degli Esteri

In seguito alle decisioni stabilite dalla nuova maggioranza al Comitato centrale del novembre del 1968, il Psu tornò al governo.
Il 12 dicembre del 1968 venne costituito un nuovo governo di centro-sinistra, presieduto dal democristiano Mariano Rumor. Il programma formulato dalla compagine governativa presentava elementi nuovi ed importanti, giudicati in modo positivo anche dalla maggioranza socialista. La definizione del rapporto del governo con l’opposizione comunista risultò più sfumata rispetto ai precedenti governi, arrivando a ritenere perfino utile il contributo della sinistra in Parlamento, come venne sostenuto da Rumor nelle dichiarazioni pronunciate durante il dibattito sulla fiducia.
“Il governo si pone e si manterrà nei confronti dell’opposizione sul piano della corretta dialettica parlamentare, non chiudendosi pregiudizialmente a stimoli ed apporti obiettivi in ordine ad esigenze reali da essa raccolte ed interpretate” <313. Il nuovo governo si poneva come obiettivo principale la realizzazione delle riforme previste dai precedenti governi Moro, relative alla scuola, l’università, le pensioni; fu, inoltre, preso l’impegno di avviare una inchiesta parlamentare sul SIFAR, tema caro a Francesco De Martino divenuto Vicepresidente del consiglio del nuovo governo.
Altra importante novità fu rappresentata dal ritorno di Pietro Nenni alla guida del Ministero degli Esteri <314. Il leader socialista, dopo ben venti anni, ritornava alla direzione della politica estera italiana, un ruolo impegnativo da ricoprire in un momento storico difficile, attraversato da gravi crisi internazionali ancora aperte. Nenni si assumeva, così, una grande responsabilità “in un campo dove posso introdurre un linguaggio diverso ma non dar luogo a fatti diversi” <315.
L’accordo relativo alla politica estera raggiunto con gli altri partiti di governo era stato concordato su tre punti: l’accettazione definitiva della interpretazione socialista del Patto Atlantico come alleanza difensiva e geograficamente delimitata; l’autonomia di giudizio e di valutazione relativa alla politica e agli impegni mondiali degli Stati Uniti al di là ed al di fuori dell’Alleanza atlantica; e l’ impegno volto al riconoscimento della Cina all’Onu.
Il 24 gennaio del 1969 Nenni pronunciò alla Camera il primo discorso in veste di Ministro degli Esteri nel quale illustrò le linee di politica estera sulle quali si sarebbe incentrato il suo impegno.
“Onorevoli colleghi, presentandosi al Parlamento, il Governo ha detto che esso considera il Patto Atlantico, nella sua interpretazione difensiva e geograficamente delimitata, il fattore essenziale della sicurezza del Paese, ne accetta gli obblighi e intende svolgerli nel contesto di una politica generale volta a creare e a consolidare condizioni di sviluppo pacifico nelle relazioni internazionali, tali da fare dei blocchi un fattore di equilibrio e non di rottura, così da avviarli al loro superamento. Negli ultimi anni, e soprattutto nel 1968, il quadro politico internazionale ha subito notevoli alterazioni. Vi hanno concorso i conflitti locali dei quali abbiamo parlato: quello del Viet-Nam, quello scoppiato nel cuore stesso dell’Europa con l’intervento militare sovietico in Cecoslovacchia e con la rivendicazione da parte di Mosca di un incondizionato diritto di intervento militare nei Paesi associati nel Patto di Varsavia.
Vi ha concorso lo stesso conflitto del Medio Oriente nella misura in cui in esso sono impegnate le grandi potenze. Si ha così la prova che la pace è un tutto indivisibile; la sua alterazione in una regione, magari la più periferica, si ripercuote a catena in un processo che può diventare incontrollabile. Da questo punto di vista i due blocchi in cui è diviso il mondo in cui è, in particolare divisa l’Europa, hanno risentito fortemente il peso dei conflitti locali dei quali abbiamo parlato, ma li hanno nel medesimo tempo contenuti impedendo una loro espansione e generalizzazione”.
Il Ministro degli Esteri ribadì il suo impegno rivolto alla ricerca di “una organica politica di pace” che si sarebbe potuta realizzare solo inserendo nella dialettica della distensione nuovi interlocutori internazionali.
“Ci impegniamo a tener fede al metodo della distensione, a non esasperare alcun motivo di contrasto, a svolgere il filo conduttore di una organica politica di pace, sia all’interno dell’Alleanza atlantica sia fuori, nei rapporti bilaterali come in quelli multilaterali, nelle relazioni con i Paesi non impegnati e, in generale, con quelli del Terzo mondo, nell’azione per il disarmo che sta per riprendere il suo, purtroppo, assai lento corso alla conferenza di Ginevra, nel rispetto dei principi di libertà, dell’uomo e degli uomini, e di indipendenza ed autonomia delle nazioni, che sono le fondamenta della vita civile e non devono soltanto essere scritti nei preamboli di patti ed accordi internazionali […] ma devono essere in ogni momento e da tutti rispettati. Un mondo senza principi sarebbe rapidamente un mondo in balia della sola nozione della forza”.
Nenni proseguiva il suo intervento affrontando quello che era considerato “il problema dei problemi”: la questione dell’Europa unificata.
“Onorevoli colleghi, eccomi a quello che per noi è il problema dei problemi: il problema dell’Europa unificata. Una Europa democratica che costituisca la propria unità immediatamente, un passo alla volta, ma con continuità, fino a raggiungere la meta di una comunità federale dei suoi popoli liberi, costituisce e continuerà a costituire il tema fondamentale della nostra politica estera, sia perché tutti i nostri più profondi interessi materiali ed ideali trovano il loro naturale soddisfacimento in questo avvenire, sia perché l’Europa può assicurare la propria indipendenza ed autonomia e contribuire alla pace, al progresso e alla solidarietà di tutta l’umanità, solo se riesce essa stessa ad unirsi”.
Il nuovo Ministro degli Esteri concluse il suo discorso con una importante dichiarazione che riassumeva in modo chiaro la linea che avrebbe perseguito in politica estera: la ricerca della pace. “La pace è quindi il principio e la fine di ogni cosa. Né io farò professione di ottimismo o di pessimismo. Non di ottimismo, perché in esso c’è sempre il rischio di una sottovalutazione delle difficoltà, non di pessimismo, perché esso conduce sovente alla rassegnazione. Una cosa sola desidero dire alla Camera e per mezzo della Camera al Paese: che tutta l’azione del Governo e, per quanto mi concerne, quest’ultima mia fatica vogliono essere interamente dirette alla salvaguardia della pace per noi e per tutti”.
Il primo atto di Nenni Ministro degli Esteri fu rappresentato dalla firma, il 28 gennaio 1969, del Trattato di non-proliferazione delle armi atomiche, considerato un primo passo verso una politica di pace che costituiva l’obiettivo principale ed era la base della politica estera formulata da Pietro Nenni. Verso tale direzione si mosse il nuovo Ministro degli Esteri sin dal principio del suo mandato e non perse occasione per ribadire il proprio impegno per la pace neanche di fronte al nuovo presidente americano.
Nel novembre del 1968 Richard Nixon fu eletto presidente degli Stati Uniti; un repubblicano tornava, così, alla Casa Bianca. Una nuova incognita si era inserita in uno scenario internazionale precario ed instabile. Il nuovo presidente degli Stati Uniti, in viaggio per motivi ufficiali in tutta Europa, giunse, in visita, a Roma il 27 febbraio del 1969. Nixon fu accolto da violente manifestazioni di protesta, nelle strade e nelle piazze, insieme ai fischi, si gridava “Fuori l’Italia dalla NATO”, “fuori la NATO dall’Italia”. Il viaggio acquistava, inoltre, grande rilevanza soprattutto in relazione alla delicata questione politica legata al XX anniversario della Nato ed alle conseguenze ad esso legate: prima fra tutte la possibilità, prevista dallo statuto dell’Alleanza della possibilità di uscita dei Paesi membri.
L’ostile accoglienza riservata a Nixon si inseriva, dunque, in un clima già teso e polemico. Durante i dibattiti parlamentari dedicati ai problemi di politica internazionale erano emersi, infatti, in modo chiaro i contrasti fra i partiti politici italiani. Se l’obiettivo comune era rappresentato dalla ricerca di una più valida politica della distensione, su temi di grande importanza, come appunto la possibilità di recedere dalla Nato, le divergenze si presentavano ancora profonde.
L’occasione per dibattere su questa rilevante questione si presentò nell’aprile del 1969 quando Nenni si recò a Washington, per partecipare alla riunione del Consiglio dei ministri della Nato. Nel suo discorso il Ministro degli Esteri italiano ribadì il positivo e fondamentale ruolo dell’Alleanza atlantica considerata, come più volte affermato, una garanzia per l’equilibrio e la stabilità mondiale.
“Nella decisione del Governo italiano e nel voto del Parlamento ha avuto importanza decisiva la considerazione che l’Alleanza è oggi un fattore dell’equilibrio delle forze nel mondo e quindi del mantenimento della pace, fino al momento in cui questa sia consolidata al punto da rendere possibile il superamento dei blocchi. Dalla raggiunta posizione di sicurezza, conseguita con l’equilibrio delle forze, l’Alleanza va ormai trasformandosi da organizzazione prevalentemente militare in consesso volto a creare condizioni non soltanto di coesistenza e di distensione ma di collaborazione tra l’Occidente e l’Oriente, ciò che è problema essenzialmente politico”.
A queste dichiarazioni, già espresse nel dicembre al momento del voto di fiducia in Parlamento, faceva seguito una importante e nuova considerazione che andava oltre l’interpretazione del Patto atlantico e della politica dei blocchi come unici modelli di garanzia per la pace. Nenni inseriva, infatti, nel discorso altri soggetti che, insieme agli Stati Uniti ed all’Unione Sovietica, avrebbero potuto inaugurare una nuova politica di sicurezza europea con il fine ultimo di giungere ad una grande distensione mondiale.
“La verità è che la ricerca di un sano sistema di sicurezza europea può passare soltanto attraverso la nostra capacità di elaborare, proporre e promuovere collettivamente piani di sicurezza da realizzare progressivamente, una sicurezza nella quale dovrebbero essere impegnati appieno: l’Europa occidentale con le strutture sovranazionali che già ha e con quelle che essa deve darsi; l’Europa Orientale con le sue necessità di maggiore apertura verso il resto del mondo; i Paesi neutri e non impegnati d’Europa dalla Svezia alla Jugoslavia; gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica con i legami speciali di alleanza che essi hanno rispettivamente con l’Europa occidentale e l’Europa Orientale, e in base al bisogno imperativo che hanno di cercare tra loro forme di distensione permanente”.
Da questi presupposti nasceva, quindi, la proposta di convocare una conferenza pan-europea per la sicurezza, considerata di fondamentale importanza per la costruzione di una pace più sicura e duratura, obiettivo ultimo del programma politico di Nenni.
Il 17 aprile del 1969 il Ministro degli Esteri riferì alla Camera il risultato dell’incontro. Nel suo discorso Nenni ribadì i punti centrali pronunciati nel suo intervento a Washington e riaffermò l’impegno, assunto in sede Nato, per la convocazione di una conferenza pan-europea sulla sicurezza.
A tale visione internazionale era legato un tema di grande importanza, per il quale Nenni si stava battendo da molto tempo: l’ammissione della Cina all’Onu. Tale questione costituiva, infatti, un punto importante della politica estera del ministro degli Esteri italiano che rientrava, nel suo programma politico interamente volto alla ricerca di una nuova distensione fondata su rapporti internazionali più solidi e stabili. Il nuovo disegno politico del leader socialista prevedeva, infatti, l’inserimento nello scacchiere internazionale di nuovi importanti soggetti politici: primo fra tutti la Cina, che avrebbero permesso il definitivo superamento dell’equilibrio bipolare.
Le nuova visione di politica estera fu esposta in modo chiaro e puntuale dal leader socialista davanti ai membri dei partiti dell’Internazionale socialista.
Nenni pronunciò, infatti, il discorso più significativo e lungimirante riguardante le prospettive e gli sviluppi futuri della politica internazionale all’XI congresso dell’Internazionale socialista svoltosi dal 15 al 18 giugno, ad Eastbourne, in Inghilterra. Nell’intervento del leader socialista, ultimo nelle vesti di Ministro degli Esteri, era contenuta una acuta valutazione relativa alla crisi dei tradizionali equilibri internazionali che stavano determinando profondi cambiamenti nelle dinamiche internazionali. I gravi conflitti degli anni Sessanta, dalla guerra del Vietnam, al conflitto in Medio Oriente, all’invasione della Cecoslovacchia, avevano, infatti, aperto nuovi scenari ed avevano posto al centro del dibattito internazionale importanti soggetti politici.
Il nuovo panorama prevedeva, quindi, il definitivo tramonto dello schema bipolare, fondato sulla politica dei blocchi, al posto del quale si sarebbe dovuto sviluppare “un sistema multipolare e policentrico”. Nenni dichiarava, infatti, che “questo ordine e questo equilibrio, nel quadro dei blocchi militari, sono in una fase di trasformazione e nuovi equilibri si fanno luce. Stiamo uscendo da un’epoca che per brevità chiamerò ‘bipolare’, durante la quale le due maggiori potenze, gli Stati Uniti d’America e l’Unione Sovietica, hanno esercitato una specie di egemonia e di co-polizia rispetto al resto del mondo. Stiamo avvicinandoci a un sistema multipolare e policentrico. Vale a dire che accanto alle grandi potenze nucleari si delineano altri gruppi di potenze. Il caso più clamoroso è quello della Cina Popolare”.
Secondo Nenni, inoltre, all’interno di questo nuovo assetto mondiale, fondato su equilibri più stabili, fondamentale sarebbe risultata la partecipazione dei Paesi Terzo Mondo. “Vasta ed importante è la partecipazione dei Paesi del terzo mondo nella ricerca di questi nuovi equilibri nei quali essi sono destinati ad acquisire una maggiore coscienza di sé e del loro ruolo”.
Davanti alle crisi ancora aperte che minacciavano la pace mondiale, di fronte al muro di Berlino, simbolo di vecchi e profondi conflitti, il Ministra degli Esteri italiano riusciva ancora a lanciare un messaggio di speranza nel quale erano presenti gli aspetti più significativi della sua battaglia politica, da sempre volta alla ricerca della pace. “Ma tutto questo non impedirà che al di sopra delle frontiere tuttora segnate da campi minati, che al di sopra del muro di Berlino, delle idee, delle esperienze, passi il soffio animatore di un rapporto nuovo tra le nazioni e i popoli. Ciò avverrà soprattutto se noi sapremo sviluppare tra l’Est e l’Ovest, tra i due blocchi e al di sopra dei blocchi, una politica di distensione e di pace, senza farci ricacciare, neppure dai venti come quelli cecoslovacchi, su posizioni di guerra fredda e di crociata.” Il leader socialista concludeva dichiarando che: “La distensione e la pace sono infatti l’humus del revisionismo, il quale altro non è se non la rivincita e la rinascita del socialismo umanistico, libertario, egualitario nel seno stesso del comunismo”.
Il discorso di Eastbourne così denso di significato rappresentava il testamento politico del Nenni Ministro degli Esteri. L’esperienza del leader socialista alla guida della politica estera italiana si sarebbe conclusa, infatti, un mese dopo, nel luglio del 1969, a causa della nuova scissione del Psu. Per un paradosso della storia anche il precedente mandato si era concluso nel 1947, a causa della scissione dei socialdemocratici.
Nei pochi mesi di permanenza alla Farnesina, Nenni concentrò i suoi sforzi per proporre una politica estera volta alla ricerca della pace e di una più stabile distensione che si sarebbe dovuta fondare, come ricordato proprio all’ultimo congresso dell’Internazionale, su nuovi soggetti politici che sarebbero divenuti, secondo Nenni, elementi fondamentali per il nuovo equilibrio politico mondiale.
[NOTE]

  1. “Avanti!”, 17 dicembre 1968.
  2. Pietro Nenni aveva già ricoperto la carica di Ministro degli Esteri dall’ottobre del 1946 al febbraio del 1947.
  3. P. Nenni, I conti con la storia. Diari 1967-1971, G. Nenni, D. Zucaro (a cura di), Sugarco 1983, p. 251, 4 dicembre 1968.
    Eleonora Pasini, La questione della politica estera nel dibattito interno al Partito socialista unificato. Dal progetto di unificazione alla nuova scissione: 1964 – 1969, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Milano