Lo spazio politico lasciato scoperto fu riempito nel 1994

La riorganizzazione dell’anima reazionaria-conservatrice milanese
E l’uscita da quel biennio non fu contrassegnata dalla vittoria della società civile, il cui mito andava costruendosi sull’onda delle proteste per le morti di Palermo e per gli scandali di corruzione a Milano. Se in un primo momento poteva sembrare che vi fosse stata una sorta di rivincita dei «cittadini senza potere», già nel 1993 la vittoria della Lega Nord alle elezioni comunali di Milano, nonostante i ringraziamenti di più di un intellettuale per aver liberato la città dalla corruzione <592, fu il segnale che in Italia l’anima reazionaria della borghesia si stava riorganizzando, partendo proprio da Milano.
Analizzando infatti il dato elettorale della vittoria di Marco Formentini su Nando dalla Chiesa al ballottaggio del 20 giugno 1993, il successo del candidato leghista, sindaco col 57,1% dei voti e 452.732 preferenze, era stato determinato dal voto di ampi settori dell’elettorato del PSI e della DC, nonché dei partiti laici e del Movimento Sociale Italiano <593. Non solo: i grandi mezzi di informazione, parallelamente al grande risalto dato ad ogni nuovo avviso di garanzia nell’ambito di Mani Pulite, cominciarono anche una campagna di legittimazione della Lega, mettendo in evidenza la convergenza di idee e obiettivi tra i barbari e i grandi interessi (industriali, finanziari, televisivi) della città <594. Il partito di Bossi otteneva quindi una performance mai più raggiunta nella sua connotazione secessionista e lombarda perché poté contare di ampi consensi soprattutto in quell’anima conservatrice della borghesia milanese, nonché nelle classi medie laiche, entrambe alla ricerca di un nuovo riferimento politico e per nulla entusiasmate dalla vittoria di un candidato che aveva nel suo curriculum le prime manifestazioni antimafia a Milano e la guida del movimento pro-Mani Pulite.
Questo è tanto più vero se si pensa che per i diciotto anni successivi Milano fu governata da una maggioranza di centrodestra che occultò il problema della presenza mafiosa nel capoluogo lombardo, nonostante le decine di operazioni antimafia che avevano affiancato Tangentopoli nella distruzione del mito della «Milano da bere». Una maggioranza politica imperniata su un partito il cui fondatore, Silvio Berlusconi, intratteneva rapporti con Cosa Nostra sin dagli anni ’70, era iscritto alla P2 ed era tra i principali imprenditori «rampanti» degli anni ’80 che avevano sostenuto l’ascesa politica di Bettino Craxi a Milano, come vedremo nel capitolo 7.
Milano e la Lombardia nella Seconda Repubblica
L’exploit politico della Lega nel 1993 non era tuttavia sufficiente a coprire lo spazio politico rappresentato tradizionalmente dalla Democrazia Cristiana e dal Partito Socialista Italiano, nella sua versione craxiana. Sia perché andava formandosi la convinzione di una vittoria senza precedenti del PDS sulla base dei risultati ottenuti in tutta Italia, con l’unica eccezione di Milano, sia perché la Lega, per la sua polemica anti-meridionalista, non poteva diventare referente di quegli specifici interessi economico-finanziari e in parte mafiosi che erano stati tutelati dal sistema di potere imperniato sulla Democrazia Cristiana.
La svolta: la nascita di Forza Italia
Lo spazio politico lasciato scoperto fu riempito quindi con la costruzione «dal nulla» di Forza Italia da parte di Silvio Berlusconi, che sfruttò il proprio impero economico e televisivo, consacrato quest’ultimo grazie al legame con Bettino Craxi nella Prima Repubblica, per scongiurare «l’arrivo dei comunisti» al governo del Paese. Se la «discesa in campo» dell’imprenditore milanese avvenne solo il 26 gennaio 1994 con un messaggio televisivo, la definizione ideologica del nuovo partito iniziò molto prima, con la nascita il 29 giugno 1993 di Forza Italia! Associazione per il buon governo, ufficialmente creata da Marcello Dell’Utri, braccio destro del Cavaliere, e altri uomini della Fininvest, il cui primo club fu aperto in Via Chiaravalle, nello studio del discusso finanziere siciliano Filippo Alberto Rapisarda <595, tra i protagonisti della mutazione genetica dell’habitus milanese negli anni ‘80.
L’approccio alla politica del nuovo partito era tutto fondato su moderne strategie di marketing e tecniche di pubblicità commerciale, a partire dal nome, che riprendeva la passione per il calcio degli italiani e alludeva anche ai successi in campo sportivo di Berlusconi come Presidente del Milan. Metafore calcistiche, religiose e militari, alcune delle quali prese direttamente dal mondo dell’impresa, vennero introiettate nel linguaggio politico, insieme ad alcune promesse ripetute come un mantra, come quella di un milione di nuovi posti di lavoro.
A livello ideologico, il partito di Berlusconi faceva propria la mentalità imprenditoriale milanese plasmata negli anni ’80, in pieno post-fordismo, con l’esaltazione dell’individualismo, del liberismo, dell’anti-statalismo e dell’anti-intellettualismo <596, con tutto quello che comportava in termini di tagli al welfare e deregolamentazione dei mercati. A livello di strategia elettorale, invece, il nuovo partito berlusconiano era stato in grado di stringere una duplice alleanza (al nord con la Lega di Bossi e al sud con il MSI di Gianfranco Fini) sfruttando appieno il nuovo sistema elettorale maggioritario e garantendosi la vittoria alle elezioni politiche del 27-28 marzo 1994 col 21% dei consensi.
In Lombardia la coalizione del Polo della libertà che univa Lega e Forza Italia era riuscita a conquistare quasi tutti i collegi uninominali, arrivando al 54,8% dei voti (i Progressisti guidati da Achille Occhetto si fermarono al 23,7%). Da solo Berlusconi aveva conquistato il 26% e pescava sia tra i cattolici praticanti sia tra gli operai, mentre a Milano la Lega in un anno passò dal 40% delle amministrative al 16%, a dimostrazione del cambio di cavallo da parte degli interessi economico-finanziari della città. Il dato significativo, ad ogni modo, era che due partiti nati in Lombardia praticamente dal nulla, la Lega con alle spalle un percorso politico più classico, Forza Italia creata invece in un ufficio marketing, erano andati al governo del Paese, tanto che il significativo titolo che diedero i sociologi Renato Mannheimer e Ilvo Diamanti al loro libro sulle politiche del 1994 fu Milano a Roma <597.
La lotta al centralismo romano fatta propria dalla Lega si sposava con la lotta allo statalismo di Forza Italia in campo economico: da questo punto di vista tornavano ad essere parte di uno stesso orizzonte politico due elementi ideologici distintivi della borghesia industriale milanese e lombarda a cavallo tra Ottocento e Novecento, seppure il profilo politico e culturale dei nuovi interpreti non fosse quello dei protagonisti del Risorgimento come Carlo Cattaneo.
A Milano tuttavia emergevano nuove paure legate alla sicurezza dovuti alla prima visibile manifestazione dei flussi migratori in città, con la formazione di comitati cittadini che chiedevano interventi più severi contro criminalità e degrado dei quartieri, ottenendo una copertura eccezionale da parte del sistema mediatico berlusconiano, che montava ad arte su occasionali episodi campagne sulla crescita dell’insicurezza nel capoluogo lombardo, smentita dalle statistiche ufficiali <598. Il tema della presenza mafiosa nella città, e più in generale nella regione, veniva occultato da questo nuovo problema che destava maggior allarme sociale e, di fatto, costituì il secondo cono d’ombra sulla presenza della ‘ndrangheta in Lombardia (il primo fu determinato dalla strategia stragista di Cosa Nostra), illuminato solo con l’inchiesta Crimine-Infinito del luglio 2010.
Le continue tensioni sulla giustizia portarono alla caduta del primo Governo Berlusconi il 22 dicembre 1994, con la Lega Nord che si sfilò dalla compagine governativa e portò all’insediamento del governo tecnico di Lamberto Dini, che traghettò l’Italia fino alle elezioni del 1996, che videro l’affermazione del centrosinistra e della coalizione dell’Ulivo, con candidato premier Romano Prodi. In Lombardia la geografia politica era divisa in tre parti, col centrodestra che superava di poco il centrosinistra e la Lega Nord che risultava terza col 27,2% ma risultava prima nella quota proporzionale col 25,5%, prendendo più voti di Forza Italia.
In occasione delle politiche del 2001 Berlusconi ritrovò l’accordo con Bossi e tornò nuovamente alla guida del Paese, inaugurando la legislatura con una serie di leggi ad personam per salvare se stesso e le sue aziende dai processi <599. Contemporaneamente a Milano veniva riconfermato il sindaco di Forza Italia Gabriele Albertini, col sostegno anche della Lega, che però passava dal 15,5% del 1997 a un misero 4,4%.
[NOTE]
592 Uno su tutti, Giorgio Bocca, che intitolò un suo editoriale “Grazie Barbari”.
593 Biorcio, op. cit., pp. 1055 – 1056
594 Ibidem
595 Citato in Giuseppe Pipitone, Forza Italia 25 anni dopo. Intervista ad Ezio Cartotto, il Fatto Quotidiano, 26 gennaio 2019. Si parlerà di Rapisarda nel prossimo capitolo.
596 Bagnasco, L’Italia in tempi di cambiamento politico, p. 37 e ss.
597 In particolare, si osservava che rispetto alla Prima Repubblica, dove era stato il Sud a garantire la sopravvivenza del sistema dei partiti di governo imperniato sulla DC, ora era il Nord a garantire un compatto bacino di voti alla nuova coalizione governativa, sintetizzando: “Milano è andata a Roma mentre Napoli si è posta all’opposizione”, cfr Biorcio, op.cit., p. 1060
598 Biorcio, op. cit., 1062
599 La lunga storia delle 38 leggi varate a tutela dei propri interessi aziendali e personali, in particolare nel quinquennio 2001-2006, sono contenute nel libro di Marco Travaglio, Ad Personam (2010), e nel libro di Paolo Biondani e Carlo Porcedda, Il Cavaliere Nero (2015), entrambi pubblicato da Chiarelettere.
Pierpaolo Farina, Le affinità elettive. Il rapporto tra mafia e capitalismo in Lombardia, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Milano, Anno Accademico 2019-2020