L’atteggiamento ironico del personaggio si presenta come una sorta di coscienza esterna

[…] Pérez-Reverte ha voluto ripensare la suddetta distanza e rifiutare il corrente manicheismo nelle riflessioni sulla guerra civile spagnola, utilizzando sia toni polemici che didattici; ha pubblicato persino una sua versione del conflitto ad usum delphini, con illustrazioni comprensibili ai più giovani (Pérez-Reverte, 2015). Nella realizzazione della trilogia con Lorenzo Falcó ha scelto una particolare angolazione delle vicende che gli permettesse un’analisi equanime di un passato ancora troppo recente. Di famiglia repubblicana, il nome del personaggio è un omaggio a suo zio Lorenzo, “Chencho”, arruolatosi appena sedicenne nei reparti comunisti, ferito in prima linea e morto poco più che ventenne (Pérez-Reverte, 2018, p. 7). Si è ispirato, inoltre, a situazioni autentiche che ha affrontato durante gli anni dei reportage in zone di conflitto, ma anche alle peripezie dei protagonisti della letteratura popolare “cappa e spada”, come gli eroi di Dumas o Scaramouche e al prototipo del ladro gentiluomo, Rocambole; tutti referenti presenti di frequente nella produzione revertiana.
Falcó differisce intenzionalmente dai protagonisti delle sue opere precedenti, perché è un mercenario amorale, spia senza ideologia, membro del Gruppo Lucero al soldo dei franchisti durante la Guerra civile spagnola, creato appositamente per svolgere i “lavori sporchi”. Appare agli antipodi, per esempio, rispetto a Hermógenes Molina di “Hombres buenos”, un bibliotecario erudito e con deciso senso identitario, per cui parole come “onore” e “Spagna” hanno un significato profondo e imprescindibile. Presenta forti diversità, ma anche analogie rispetto ad Alatriste, protagonista della lunga saga omonima, che ha creduto in parole come Dio, Patria, bandiera, ma è ormai un veterano disilluso, tradito dalla vita, un sicario prezzolato e ben addestrato, che pure mantiene intatti i propri principi e il senso dell’onore.
Per certi versi ha qualcosa in comune anche con altri personaggi, come l’altro héroe cansado, Lucas Corso di “El club Dumas” (1993), cacciatore di libri rari per conto terzi, ma estraneo alle guerre fra bibliofili; è possibile trovare affinità persino col personaggio eponimo di Sidi (2019), riedizione revertiana del leggendario Cid Campeador.
Il suo antecedente diretto, peraltro, è senz’altro da individuare in Max Costa, il protagonista di “El tango de la guardia vieja” (2012), disinvolto ballerino di professione e gigolò, uomo di mondo, truffatore e scassinatore, incastrato suo malgrado nel 1937 in un affare di spionaggio in cui sono coinvolti i servizi segreti italiani e spagnoli. <6
Falcó è un professionista che dimostra una certa lealtà, prima di tutto per sé stesso e poi nei confronti di chi lo paga, ma ostenta disinteresse nei confronti delle fedi politiche contrapposte e rivendica la propria estraneità a qualunque fazione; osserva e constata efferatezze da ambo le parti, talvolta rispetta, pur senza comprenderle, le persone che in nome dei loro valori rischiano o sacrificano la propria vita, ma conserva sempre un senso di superiorità dal quale nasce il suo atteggiamento satirico. <7
La strategia narrativa dell’autore, con la presenza del narratore onnisciente, ma con la focalizzazione sul protagonista, induce il lettore all’identificazione col personaggio, le cui amare e ciniche riflessioni sui problemi del mondo appaiono condivisibili.
[…] Nel volume che apre la trilogia, per esempio, Falcó, il protagonista viene inviato in qualità di esperto a coadiuvare e dirigere un gruppo di falangisti, esaltati ma dilettanti, infiltrati in zona repubblicana, allo scopo di far evadere dal carcere di Alicante Primo de Rivera, fondatore della falange. Quando gli viene affidata la missione, nonostante l’Ammiraglio suo capo lo descriva come “por completo afecto al Movimiento Nacional” (Pérez-Reverte, 2016b, p. 48), Falcó tiene a precisare di non essere fedele alla causa falangista, come a nessun’altra causa, ma di essere pronto a svolgere il suo compito, perché fa parte del mestiere, per il quale viene pagato profumatamente. Ma tra sé e sé, senza infingimenti, rimarca l’illogicità di un massacro inutile, dal quale si estranea, come qualcosa che non lo riguardi e dal quale è troppo furbo per lasciarsi coinvolgere (Pérez-Reverte, 2016b, p. 101).
A Falcó, che interpreta con disinvoltura la sua parte di fidato franchista, ma chiede di non essere definito “camerata” come i falangisti, viene affiancato come comandante del gruppo di assalto al carcere Fabián Estévez, eroe di guerra e falangista della prima ora, il quale, tuttavia, mostra apprezzamento nei confronti degli avversari e infatti nega che i “rossi” siano in rotta, come sostenuto dalla stampa propagandistica. Il protagonista osserva l’onestà intellettuale del suo interlocutore con distacco e dissimulata curiosità, mista a simpatia, incredulità e cinismo per la saldezza delle convinzioni che egli sinceramente esibisce; ma dal suo pensiero traspare la sua astuzia tattica e il giudizio di valore nei confronti dell’altro, ritenuto in effetti un povero ingenuo, illuso e accecato dalle proprie certezze (Pérez-Reverte, 2016b, p. 69).
L’atteggiamento ironico del personaggio si presenta, quindi, come una sorta di coscienza esterna, che lucidamente offre verità e luce sui fatti e che si limita a demolire le credenze, senza proporne di alternative, mirando all’essenziale (Jankélévitch, 1997, p. 66).
Nell’ultima parte del romanzo Falcó fa una debole resistenza, ma senza veramente opporsi, quando viene informato che l’obiettivo della sua missione è mutato e che consiste addirittura nel contribuire al fallimento della missione di Estévez: persino lo scettico Falcó perde la sua impassibilità e quasi si scandalizza di fronte all’assurdità delle faide interne nelle fazioni dei nazionalisti e allo spregiudicato doppiogiochismo. Quando saluta il comandante Estévez prima che questi, con una ventina di compagni, vada incontro alla morte certa dell’imboscata, Falcó si rallegra che sia notte perché “A la luz del día, tal vez ni siquiera él habría sido capaz de sostenerle la mirada” (Pérez-Reverte, 2016b, p. 219). La sua irritazione deriva perlopiù dalla consapevolezza di essere stato strumentalizzato: da un lato si vergogna di aver dovuto partecipare, suo malgrado, al tranello teso a falangisti ingenui o di fede convinta; dall’altro nascostamente disprezza quella lealtà cieca e addirittura irride, come qualcosa che non gli appartiene, la determinazione dei martiri, usando frasi in cui viene parafrasato e ridicolizzato l’inno falangista Cara al sol: “Toda aquella retórica fascista, siempre argumentando entre la vida y la muerte. Volverá a reír la primavera, etcétera” (p. 219). <8
L’ironia nei confronti della propaganda comunista è in una forma anche più satirica: <9 Falcó incontra alcuni suoi complici in un cinema in cui si proietta un “melodrama revolucionario soviético”, liquidando in poche taglienti parole il film tratto dal romanzo di Gor’kij, “La madre” (p. 107). Oppure nel finale, quando Eva si rivela essere una spia sovietica sotto copertura, che proclama fede eterna nel suo credo politico e definisce il suo tipo di vita “luminoso”, condiviso da “Soldados para una guerra inmensa, justa e inevitable”, Falcó sarcasticamente osserva: “Vaya. Eres afortunada” (p. 283 e p. 280). <10
Nel secondo volume della trilogia, Eva, la donna è stavolta esplicitamente l’antagonista di Falcó il quale, ripensando ai loro trascorsi, ammette, suo malgrado, di provare per lei un insolito penchant, che va oltre il consueto rapporto occasionale “hola y adiós, con un agradable intercambio de microbios” (Pérez-Reverte, 2017, p. 21). Si chiede come la donna potesse mantenere quella sua fede quasi religiosa e per lui inesplicabile, prendendo atto dell’ottusa osservanza dei comunisti nell’esecuzione degli ordini, che non vengono mai messi in dubbio. Un’obbedienza che spinge Eva ad accettare di riferire del proprio fallimento a Mosca, diventando probabilmente una delle tante vittime delle purghe staliniane (pp. 378-379). <11
Nel terzo volume della trilogia, “Sabotaje”, pur essendo frequentemente evocata nei ricordi del protagonista, Eva non compare, ma tenendo conto delle intenzioni di Pérez-Reverte di non abbandonare il personaggio della spia franchista alla fine del trittico già edito, la sua riapparizione non sarebbe una sorpresa (Pérez-Reverte, 2020b, passim).
“Sabotaje” differisce dai precedenti volumi per il tono più leggero e fortemente parodistico e per l’ambientazione meno drammatica (pur non evitando, tuttavia, i consueti scenari di violenza efferata): la vicenda si sposta dalle azioni di guerra alla rutilante Parigi dell’esposizione universale del maggio 1937, restituita con una ricchezza di dettagli impagabile, in cui lo scrittore si diverte a ritrarre caratteri autentici con il loro vero nome (Picasso, Marlene Dietrich) o con pseudonimi (Hemingway, Marlaux, Peggy Guggenheim, Lee Miller) e personaggi inventati, ma verosimili, mischiando continuando le carte fra la ricostruzione del fatto storico e la finzione romanzesca.
Il dileggio nei confronti delle ideologie è evidente dallo sminuimento delle Brigate internazionali e dalla descrizione di Picasso, raffigurato secondo la prospettiva dei franchisti con epiteti volgari, tratteggiato come un pittore di spazzatura, opportunista avido di denaro, pronto a spillare quattrini alla Repubblica spagnola, millantando ideali nei quali non crede. <12 L’opera destinata all’esposizione della Ville Lumière è il celeberrimo “Guernica”, destinato a campeggiare, secondo l’interpretazione franchista, fra “un lavado de imagen que haga olvidar las matanzas de curas y religiosos. Van a exhibir piezas del patrimonio eclesiástico y fotos de milicianos protegiendo catedrales y monumentos históricos… Todo muy conmovedor” (Pérez-Reverte, 2018, pp. 97-98).
Nel corso della narrazione è ben chiaro che non c’è, da parte del protagonista, una presa di posizione a favore di una fazione: le sue espressioni sarcastiche sono ben distribuite e sfiorano anche il fascismo italiano e il nazismo tedesco. Gli italiani sono considerati piuttosto inaffidabili, mentre si avverte timore e rispetto nei confronti dei nazisti, di cui si constata maggior fervore ideologico, anche se nemmeno loro scampano alla “eterna guasa española” (Pérez-Reverte, 2016b, p. 18). Quando un vecchio amico turco gli chiede cosa ne pensi della guerra in Spagna, Falcó risponde che “El comunismo, el anarquismo y el fascismo penetran en un pueblo que lleva siglos queriendo ajustar cuentas consigo mismo… Y que, en su mayor parte, apenas sabe leer” (Pérez-Reverte, 2018, p. 256).
Nella visione del mondo di Falcó, tutti profittano dell’ignoranza, tutti sono inattendibili, tutti sono corruttibili, tutti parlano sotto tortura: nessuno si mantiene leale se può avere, in cambio del tradimento, denaro, potere, sopravvivenza (o una morte rapida). Non fanno eccezione nemmeno i disciplinati russi comunisti: nel finale di “Sabotaje”, persino Kovalenko, influente agente sovietico, diretto superiore di Eva, richiamato anch’egli a rendere conto del proprio operato a Mosca, preferisce consegnarsi all’intelligence spagnola. Non vuole fare la fine che, con ogni probabilità, ha fatto la sua migliore agente: Kovalenko, come Falcó, ammira la coerenza di Eva, ma non la condivide e osserva cinicamente che nel loro mestiere vige una sorta di legge matematica: “Los que tienen patriotismo, fe y valor siempre pierden al final mucho más que los que no los tienen” (Pérez-Reverte, 2018, p. 355). Pur rammaricandosi della sorte della donna, non se ne interessa, perché non gli conviene, perché tutto si riduce all’acquisizione e alla gestione del potere, evidente dalla disincantata riflessione di Falcó: “De todo eso saldrá un dictador, es igual el bando que gane. Rojo o azul, dará lo mismo” (Pérez-Reverte, 2017, p. 112). <13
[…] Pérez-Reverte ha palesato comunque una certa predilezione per il periodo napoleonico, con soluzioni narrative che spaziano dal romanzo di formazione al documentarismo di “Un día de Cólera”, in cui la ricostruzione storica del 2 maggio del 1808 lascia scarso spazio alla fiction (Maramotti, 2014, p. 151); dalla descrizione pregna di tecnicismi (e di pungente sarcasmo) della battaglia navale di Cabo Trafalgar alla vicenda dell’assedio di Cadice del 1811, contaminata con l’indagine poliziesca su un assassino seriale nell’avvincente “El asedio”. […]
[NOTE]
6. “Falcó es una consecuencia de Max Costa”; “uno procede del otro”, ha dichiarato Pérez-Reverte ne La Cueva del cíclope (2020b, passim), utile anche per confermare i riferimenti agli altri romanzi citati.
7. Tali considerazioni si basano sulle riflessioni in merito di Hodgart (1991, pp. 6-7).
8. L’accenno all’inno in chiave parodistica rientra nella definizione che di norma viene data alla parodia, come qualcosa che allude a un referente conosciuto, che cioè conserva e trasforma il modello, dandone l’idea del rovesciamento (Bonafin, 2001).
9. Come sottolinea Hodgart, del resto, satira e politica sono indissolubili fin dai tempi di Aristofane (1991, pp. 31-32).
10. Questo è un evidente esempio di ironia prototipica antifrastica, che conferma l’assunto secondo cui l’ironia è una doppia affermazione: mentre si dice qualcosa, contemporaneamente la si nega, cfr. Reyes (2004, p. 147), Casas Navarro (2004, p. 120), Marimón Llorca (2005, p. 36).
11. Un esempio fra le simili osservazioni di cui è disseminata l’intera narrazione.
12. Il franchismo opera la dissacrazione e delegittimazione di un personaggio pubblico, in linea con la schematizzazione della caricatura operata da Genette (1997, p. 32), non a fini ludici, ma con intenzioni aggressive e canzonatorie. Cfr. anche la devalorizzazione in Hodgart (1991, p. 127).
13. L’autore, a tal proposito, ricalca le equanimi affermazioni del 1937 di Chaves Nogales (2001, p. 17).
Simona Demontis (Universidad de Málaga), Dal rito della bombetta al “Petit Cabrón”: critica alle ideologie e irrisione della dittatura nell’opera narrativa di Andrea Camilleri e Arturo Pérez-Reverte, Quaderns d’Italià 25, 2020