La missione riuscì ad informare Roma sulle condizioni delle zone della Germania occupate dagli anglo-americani

Nei primi anni del dopoguerra, come è noto, in Italia il mondo tedesco fu oggetto di una diffusa avversione da parte degli intellettuali e in generale da parte di non pochi settori dell’intera società. Le principali culture politiche italiane del dopoguerra hanno lasciato diversi scritti che testimoniano la presenza di tale momentanea sensazione di rifiuto verso la Germania, mentre le fonti ufficiali difficilmente riescono a restituire l’esistenza di tale dibattito <193.
La missione guidata da Arnò riuscì ad informare Roma sulle condizioni amministrative, sociali, economiche e politiche delle zone occupate dagli anglo-americani <194. Circa gli aspetti economici si constatava che:
«Non tutto è distrutto in Germania. La rete ferroviaria – che già prima della guerra era la più ricca d’Europa – si è moltiplicata. Nuove linee ovunque. Linee di traffico principali, a due binari hanno aumentato a quattro e persino a sei. Parchi innumerevoli di vagoni e locomotive portano i segni della guerra, ma sono in gran parte utilizzabili. I canali navigabili sono quasi tutti aperti al traffico. Molti alti forni lavorano ancora e non pochi stabilimenti che erano l’espressione più moderna del “Kolossal” sono rimasti intatti. Fra questi i laboratori della I.G. Farben di Francoforte sul Meno dove si è insediato l’Alto Quartier Generale alleato. Aperte al traffico sono le autostrade e i lavori agricoli hanno ripreso, ovunque» <195.
Abbastanza positiva appariva, quindi, la condizione degli impianti industriali nei settori anglo-americani. Con sorpresa veniva segnalata anche dal colonnello Bruno la parziale ripresa dell’attività produttiva della Ruhr, e del carbone in generale:
«La produzione industriale nel mese di giugno ha raggiunto il 29% della capacità anteguerra; quella del carbone (zona americana) il 90%. Sei ditte tedesche sono recentemente state autorizzate a produrre pellicole foto – cinematografiche. In giugno la Ruhr ha prodotto carbone per 4.728.725 tonnellate. […] In complesso, si nota un aumento nello sviluppo della produzione industriale, che però è destinata quasi esclusivamente al consumo delle forze di occupazione e del mercato interno. Le cifre sul commercio estero sono addirittura irrisorie» <196.
Tutti questi dati incoraggiarono gli osservatori italiani a formulare previsioni ottimistiche sulla ripresa della Germania e sulla necessità per l’Italia di non essere tagliata fuori dal circolo delle nazioni presenti sul territorio tedesco:
«In una Germania che pur nel crollo della sua potenza ha conservato gli elementi per la rinascita è necessario che l’Italia sia presente. Tanto più che fra i Paesi abbattuti dalla guerra la Germania sarà con ogni probabilità la prima a riprendersi» <197.
Da un punto di vista economico i rapporti inviati a Roma delle prime missioni italiane in Germania convinsero la Direzione affari economici degli Esteri, e quindi il governo, che il territorio tedesco, l’ex Terzo Reich, nonostante la totale sconfitta militare subita sui fronti di battaglia e la distruzione delle maggiori città, recava in sé – quasi intatte – le potenzialità produttive per una futura rinascita (economica).
Il 30 giugno 1946 si svolsero nella zona d’occupazione americana le elezioni politiche per la nomina delle assemblee costituenti regionali <198. I risultati mostrarono la predominanza del partito cristiano-democratico (CDU) nel Württemberg-Baden e in Baviera, e del partito socialdemocratico (SPD) nell’Assia <199; relativamente scarso fu il risultato, ottenuto in queste zone, del partito comunista (KPD) <200. Nelle zone d’occupazione degli anglo-americani vennero ripristinate le amministrazioni locali e la gestione dei comuni fu affidata direttamente ai tedeschi. Qualche differenza si riscontrava nella zona controllata dai francesi, dove il rigore dell’occupazione era maggiore e, come segnalava la relazione di Arnò, il rapporto con la popolazione locale era contrassegnato da tensioni e reciproche incomprensioni <201. Molto scarse e frammentate, invece, erano le notizie fornite dagli inviati italiani sulla zona d’occupazione sovietica a causa delle difficoltà e delle limitazioni per l’accesso, volutamente mantenute dai russi. Le divergenze politiche fra gli alleati, che si palesavano durante le periodiche Conferenze dei ministri degli esteri <202, erano riscontrabili anche ai livelli più bassi, nella normale attività quotidiana. Un rapporto della missione rimpatri sottolineava infatti:
«Sta di fatto che americani, inglesi, francesi, russi non possono comprendersi. Lo si vede anche nelle piccole cose. Nella mancanza di cordialità, nelle critiche reciproche che arrivano al pettegolezzo e alla inutile sgarberia. Dall’impercettibile sorriso col quale gli inglesi osservano il contegno degli americani, alla trascuratezza degli americani verso i camerati inglesi anche quando sono loro ospiti. Dall’assoluto isolamento nel quale i russi sono sempre lasciati alla grasse risate degli anglo americani quando raccontano fra una storiella e l’altra che i francesi ritengono di aver vinto la guerra» <203.
Le fonti derivanti dalle due missioni italiane in Germania tra il 1945 e il 1946 evidenziano che la diplomazia italiana nel corso di questi mesi e in occasione di queste prime missioni riuscì a svolgere con successo il compito che le era stato affidato dal governo di Roma: reperire quante più informazioni possibili sulla situazione esistente nelle varie zone d’occupazione e tenere costantemente aggiornato il governo sugli sviluppi politici ed economici introdotti dalle forze alleate. I diplomatici italiani inviati nelle zone d’occupazione in Germania riuscirono a tracciare un quadro alquanto esauriente. Il governo italiano, nonostante la temporanea assenza di una propria stabile rappresentanza, fu in grado di informarsi sulle condizioni sociali, economiche e politiche della Germania postbellica.
Le fonti a disposizione dimostrano che tale discorso valse soprattutto per le zone occupate dagli anglo-americani. La zona d’occupazione sotto il controllo dell’Unione Sovietica restava inaccessibile per gli inviati italiani. Tutte le informazioni in possesso dell’Italia sulla Germania orientale erano di provenienza anglo-americana o provenivano direttamente dall’Ambasciata italiana a Mosca guidata da Pietro Quaroni fino alla fine del 1946. Anche la Francia non concesse molte autorizzazioni ai rappresentanti italiani per la propria zona. La missione guidata da Arnò non ebbe il permesso di visitare la zona d’occupazione francese, mentre solo la missione rimpatri riuscì ad ottenere un ufficiale di collegamento operante a Rastatt, una cittadina a pochi chilometri dal confine francese e lontana dal cuore del Württemberg e del Baden meridionale dove si trovava la maggior parte degli italiani da rimpatriare <204.
Se le condizioni delle zone di occupazione controllate dalla Francia e dall’Unione Sovietica rimasero sostanzialmente poco note o dedotte da informazioni provenienti da fonti indirette, gli sviluppi politico-economici dei territori tedeschi occupati da Inghilterra e Stati Uniti (territori che costituirono il nucleo dello stato tedesco occidentale) furono seguiti sempre in modo diretto dalla diplomazia italiana fin dalla primavera del 1945 con l’istituzione della missione rimpatri.
Dall’agosto del 1946 erano iniziate a trapelare indiscrezioni più o meno confermate sulla probabilità di un’unione economica fra la zona di occupazione della Gran Bretagna e quella degli Stati Uniti. Il governo italiano ebbe la conferma della conclusione dell’accordo anglo-americano per l’unione delle rispettive zone di occupazione in Germania nel dicembre del 1946. L’ambasciatore a Londra, Nicolò Carandini, fu il primo a comunicare a Roma i dettagli dell’accordo firmato dal ministro degli Esteri inglese Ernest Bevin e dal segretario di stato americano James Byrnes il 2 dicembre a New York <205. L’entrata in vigore della nuova zona era prevista per il primo gennaio 1947. Il governo italiano accolse con favore la notizia della fusione delle due zone anglo-americane. Il progetto, infatti, iniziava a superare lo stallo emerso dopo la conferenza di Potsdam e probabilmente, come si sperava a Roma, poteva introdurre sostanziali modifiche tendenzialmente in linea con le riforme auspicate dallo studio della Direzione generale affari economici <206. Alla fine del 1946 l’Italia riuscì ad ottenere dagli alleati occidentali l’autorizzazione ad istituire nelle zone degli anglo-americani una propria rappresentanza diplomatica stabile <207. Il primo gennaio 1947 segnò pertanto la nascita della Bizona e l’inizio dell’attività della prima rappresentanza italiana in Germania dalla fine della guerra.

[NOTE]
193 Naturalmente per quanto riguarda la cultura di orientamento liberale il riferimento è il classico scritto di B. CROCE intitolato Il dissidio spirituale della Germania con l’Europa, Bari, 1944. In questo scritto, come è noto, Croce considerava il fenomeno nazista come la prova di un distacco forse irreversibile della Germania, a differenza della momentanea deviazione fascista in Italia, dai valori di libertà propri dell’Europa. In modi diversi in relazione all’orientamento, anche per diversi esponenti più vicini al marxismo o alla cultura politica cattolica la storia tedesca con l’esperienza del nazismo dimostrava l’evidenza di una Germania estranea e diversa dagli altri popoli. Su questi temi esiste oggi una numerosa e buona letteratura. Si veda W. MOMMSEN, Il peso del passato e l’identità nazionale dei tedeschi, in H. WOLLER (a cura di), La nascita di due repubbliche, cit., pp. 25-41; G. SCHREIBER, Dall’“alleato incerto” al “traditore badogliano”, all’“amico sottomesso”: aspetti dell’immagine tedesca dell’Italia 1939-1945, in «Storia e Memoria», 1996, 5, pp. 45-53; H. SCHMIDT-BERGMANN, Zwischen Kontinuität und Rekonstruktion. Kulturtransfer zwischen Deutschland und Italien nach 1945, Tübingen, 1998, pp. VI-XI; circa il peso delle traumatiche fratture degli anni 1943-1945 sul futuro dei rapporti italo-tedeschi cfr. la prefazione di Rudolf Lill in M. GUIOTTO, J. LILL, Italia – Germania, Deutschland-Italien, cit., pp. 5-7; di sentimenti di rigetto verso tutto quello che proveniva dalla Germania nell’immediato dopoguerra parla invece F. NIGLIA, Fattore Bonn, cit., pp. 12-18. Di fondamentale importanza sono, inoltre, gli studi di Petersen. Si veda J. PETERSEN, L’immagine dell’Italia nel mondo germanico dopo il 1945, in «Storia e Memoria», 1996, 5, pp. 113-147; ID., Italienbilder-Deutschlandbilder, Köln, 1999, pp. 261-318; ID., Italianizzazione della Germania? Germanizzazione dell’Italia? L’immagine dell’altro nella reciproca percezione di sé, in G. E. RUSCONI, H. WOLLER (a cura di), Italia e Germania 1945-2000, cit., pp. 43-57; sulla costruzione e formazione in Italia di determinate immagini culturali dei tedeschi acutizzate dall’esperienza dell’occupazione nazista cfr. F. FOCARDI, L’ immagine del cattivo tedesco e il mito del bravo italiano, cit.; dello stesso autore cfr. anche “Bravo italiano” e “cattivo tedesco”: riflessioni sulla genesi di due immagini incrociate, in «Storia e Memoria», 1996, 5, pp. 55-83; ID., La memoria della guerra il mito del «bravo italiano» e «cattivo tedesco»: origine e affermazione di un autoritratto collettivo, in «Italia Contemporanea», 2000, 220-221, pp. 393-399 e ID., Il vizio del confronto, cit., pp. 91-121. Si veda anche F. FOCARDI, L. KLINKHAMMER, La difficile transizione: l’Italia e il peso del passato, in F. ROMERO, A. VARSORI (a cura di), Nazione, interdipendenza, integrazione. Le relazioni internazionali dell’Italia (1917-1989), Roma, 2005, pp. 113-171.
194 Una parte della relazione era riservata ad illustrare la situazione degli italiani in Germania. Cfr. la relazione Missione in Germania, cit.
195 Ibid.
196 Cfr. il rapporto n. 05486, in Asmae, Dgap, Germania, 1946-1950, Busta 1 (1946), fasc. 1: Rapporti politici.
197 Cfr. Missione in Germania, cit., (corsivo mio).
198 Come è noto tali assemblee dovevano definire la struttura costituzionale del governo politico ed economico di ciascuna regione. Secondo le norme dettate dalle autorità americane le assemblee elette nelle tre regioni (Assia, Württemberg-Baden, Baviera) dovevano, entro il 15 settembre 1946, elaborare la nuova costituzione dei Governi federali e sottoporle, per l’approvazione, al “Governo Militare”. Cfr. il rapporto n. 04648/G, in Asmae, Dgap, Germania, 1946-1950, Busta 1 (1946), fasc. 1: Rapporti politici; cfr. anche M GÖRTEMAKER, Geschichte der Bundesrepublik Deutschland, cit., pp. 24-27.
199 Nel complesso le elezioni mostrarono che la Cdu con i suoi 2.609.899 voti era il primo partito della zona americana seguito dall’Spd con 1.815.367 voti. Cfr. il rapporto n. 04648/G, cit.; cfr. anche H. A. WINKLER, Dal Terzo Reich alla repubblica di Berlino, cit., pp. 141-143.
200 Sulla ricostituzione dei partiti politici, delle istituzioni locali e in generale sulla ricostruzione dei meccanismi politici democratici in Germania occidentale durante i primi anni dell’occupazione cfr. E. JÄCKEL, Parteien und Verbände, in K.D. BRACHER, T. ESCHENBURG, J.C. FEST, E. JÄCKEL (hrsg), Geschichte der Bundesrepublik Deutschland, Band 1, cit., pp. 171-228; C. KLEßMANN, Die doppelte Staatsgründung, cit., pp. 121-156; M. GÖRTEMAKER, Geschichte der Bundesrepublik Deutschland, cit., pp. 31-34. In italiano fondamentale E. COLLOTTI, Storia delle due Germanie, 1945-1968, Torino, 1968, pp. 365-505; G. CORNI, Storia della Germania. Da Bismarck alla riunificazione, Milano, 1999, pp. 338-343; A. MISSIROLI, La questione tedesca. Le due Germanie dalla divisione all’unità, 1945-1990, Firenze, 91, pp. 32-39; S. CAVAZZA, Modello occidentale e campagne elettorali nella Germania postbellica (1945-1957), in ID. (a cura di), L’occidente come forma di costruzione del consenso politico, Soveria Mannelli, 2006, pp. 165-183, qui pp. 165-171.
201 Cfr. Missione in Germania, cit.
202 Tra il 1945 e il 1946 si tennero tre conferenze dei Ministri degli Esteri: la prima a Londra, dall’11 settembre al 22 ottobre 1945, la seconda a Parigi in due sessioni, 25 aprile – 15 maggio e 26 maggio – 15 giugno 1946, la terza a New York, dal 4 novembre al 12 dicembre 1946.
203 Cfr. il rapporto n. 05486, cit. All’interno di questo scenario sociale ancora molto squilibrato si ritiene significativo riportare il singolare caso dell’associazione tedesca “Amici d’Italia”, che rappresenta una delle prime iniziative di riavvicinamento culturale tra Italia e Germania. Nella ristrettezza di mezzi e tra le molteplici difficoltà di comunicazioni il 25 ottobre 1946 fu fondata ad Itzehoe, presso Amburgo, l’associazione “Deutsch-Italienischer Club”. Il circolo era nato per promuovere la collaborazione culturale e la mutua comprensione tedesco-italiana. Il presidente dell’associazione, Erich Neuman, riuscì anche a spedire una lettera al ministro degli esteri italiano, Pietro Nenni, nel dicembre 1946. La lettera illustrava gli obiettivi dell’associazione e invitava il governo italiano ad appoggiare ed aiutare il “Deutsch-italienische Club”: «[…] Sopra allo sfacelo di una guerra disgraziata, donne e uomini tedeschi, riuniti nel Club di nuova fondazione, porgano come primo atto la mano al popolo italiano in segno di comprensione e di vera amicizia. Noi preghiamo il popolo italiano, erede e portatore di una grande, antica cultura, che strettamente ci unisce, di dimenticare tutte le disgrazie portate dalla guerra e di accettare la mano che stendiamo animati da sentimenti di vera amicizia per il popolo italiano e da una grande simpatia per la bella Italia. E’ sorta una nuova era, l’era della comprensione generale di tutti i popoli, da servire alla ricostruzione dell’Europa e ad una pace duratura. Questo si può raggiungere soltanto se i popoli si sforzeranno di comprendersi e rispettarsi reciprocamente». L’associazione “Amici d’Italia” era una delle prime iniziative, da parte tedesca, che provava a ricostruire legami culturali più ampi con l’Italia. Infatti la direzione del club si proponeva di costituire in tutta la Germania circoli affiliati da estendere in un secondo momento anche all’Italia; inoltre prospettava uno scambio di studenti e artisti fra i due popoli nonché la pubblicazione di un periodico mensile dal titolo “Amici d’Italia”. L’iniziativa tedesca fu blandamente sostenuta dal ministero degli affari Esteri attraverso una lettera di incoraggiamento. In effetti, nel 1946, l’assenza di una rappresentanza italiana in Germania non consentiva di intraprendere precisi impegni economici a sostegno del progetto tedesco. Tuttavia il paziente lavoro di ricucitura dello “strappo” nei rapporti tra italiani e tedeschi, creato in modo particolare nel corso degli ultimi due anni di guerra, passava anche attraverso queste iniziative minori che con il passare dei mesi e degli anni, grazie anche alle maggiori disponibilità finanziarie, aumentarono. Cfr. Appunto per il Gabinetto n. 31/09988/c, in Asmae, Dgap, Germania, 1946-1950, Busta 16 (1948), fasc. 2: Rapporti con l’Italia; per una panoramica sui principali aspetti delle relazioni culturali italo-tedesche dopo la seconda guerra mondiale cfr. H.G. SCHMIDT-BERGMANN (hrsg.), Zwischen Kontinuität und Rekonstruktion: Kulturtransfer zwischen Deutschland und Italien nach 1945, Tübingen, 1998; F.P. KAHLENBERG, Rekonstruktion oder Neubeginn? Bedingungen und Faktoren deutscher Kulturpolitik in der Nachkriegszeit 1945 bis 1955, in M. MATHEUS (hrsg.), Deutsche Forschung, cit., pp. 21-34; A. HINDRICHS, Die deutsche auswärtige Kulturpolitik in Italien. Das erste Nachkriegsjahrzehnt, Ivi, pp. 35-66.
204 Cfr. il rapporto firmato da Bruno n. 06740, intitolato Situazione comunità italiane in Germania, 15 ottobre 1946, in Asmae, Dgap, Germania, 1946-1950, Busta 10 (1947), fasc. 1: Rappresentanze italiane in Germania.
205 Cfr. il telespresso di Carandini n. 7117/2430 intitolato Germania: unione economica delle zone di occupazione britannica e americana, 4 dicembre 1946, in Asmae, Dgap, Germania, 1946-1950, Busta 1 (1946), fasc. 1: Rapporti politici.
206 Cfr. Relazioni economiche con la Germania, cit.
207 Cfr. la Relazione sull’organizzazione ed attività svolta dalla prima Rappresentanza Italiana in Germania, cit.

Filippo Triola, La costruzione delle relazioni politiche ed economiche tra l’Italia e la Germania occidentale dopo la seconda guerra mondiale (1945-1951), Tesi di dottorato, Alma Mater Studiorum Università di Bologna, 2012