La documentazione delinea dunque un difficile rapporto di coesistenza all’interno della destra milanese

È lo stesso Rognoni a ricordare il rapporto ambivalente con il Msi milanese, in cui la dissidenza non impedisce coperture e protezioni (anche di tipo finanziario) o addirittura la partecipazione a campi paramilitari in montagna organizzati dal partito sotto la direzione di Paolo Signorelli <93. «Non sono mai uscito dal Msi», scrive Rognoni, che a differenza di altri militanti espulsi e nonostante le condanne giudiziarie, non viene mai cacciato: «mi fu solo chiesto di non rinnovarne l’iscrizione in uno dei momenti più delicati» <94.
Sul suo conto può essere interessante considerare la documentazione che il giudice di Bologna Leonardo Grassi – nell’ambito dell’inchiesta Italicus-bis – ha acquisito presso gli archivi del S.I.S.Mi, del S.I.S.De e del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri. Nella nota del 22 marzo 1973 inviata dal centro C.S. di Milano al generale Gian Adelio Maletti – capo reparto dell’Ufficio “D” del SID – si informa che fonte fiduciaria «di notevole attendibilità» e «ben inserita negli ambienti locali della destra politica» riferisce che gli aderenti milanesi di Avanguardia nazionale, privati della loro sede dopo lo sfratto «dovuto alla campagna antifascista» e alla «proposta di legge per la messa al bando dei movimenti della destra extraparlamentare», si stanno disperdendo. Una parte sta rientrando nel Msi-Dn, aderendo al Fronte della Gioventù, mentre l’area più radicale, «non troppo numerosa», si sta raccogliendo in piazza San Babila. La nota specifica che il gruppo di Avanguardia nazionale romano, ossia «quello che sovvenziona e manovra i gruppi delle altre città italiane», sarebbe «finanziato dal Ministero dell’Interno, per conto del quale agisce sulle piazze, creando disordini e compiendo attentati dinamitardi». Gli aderenti di Avanguardia nazionale a Milano, viene precisato, hanno finora «agito per conto di Giancarlo Rognoni, capo del movimento milanese di Ordine Nuovo». Il Rognoni, continua il rapporto, è «da tempo estromesso dal Msi e inviso sia al vertice che alla base della Destra nazionale milanese»; risulta tuttavia essere «sostenuto soltanto dall’on. Servello su pressioni autorevoli di imprecisati personaggi della Direzione nazionale del suo partito» <95.
La nota informativa del SID può essere sovrapposta alla lettera che l’on. Servello consegna – in occasione del suo interrogatorio dopo l’attentato al treno Torino-Roma – al giudice istruttore di Genova Giovanni Grillo con lo scopo di prendere le distanze dai militanti de La Fenice che lo hanno tirato in causa. La missiva, datata 28 gennaio 1972 e indirizzata all’on. Giorgio Almirante, chiede al segretario del Msi-Dn di esaminare la possibilità di far decadere Giancarlo Rognoni («non facilmente recuperabile») da iscritto al partito. Tra i numerosi addebiti, i principali indicano la sua influenza deleteria su giovani e nuovi aderenti, che sono spinti alla sfiducia verso la linea moderata e incitati a seguirlo sulla via della violenza. A ciò concorre, lamenta Servello, «l’aureola di intoccabilità, per il fatto che Pino Rauti l’ha nominato per Milano responsabile del Centro Studi Ordine Nuovo» <96.
Sul punto torna un’altra nota del centro C.S. di Genova il 3 maggio 1973. Con essa il generale Maletti viene informato dell’iniziativa presa dal Msi-Dn (dopo il fallito attentato al treno ed i violenti scontri del “Giovedì nero” di Milano) di sospendere le cariche politiche della Federazione milanese e operare un risanamento dell’ambiente con una selezionata campagna di tesseramento. In previsione dell’incontro con Almirante, si legge, verranno mosse accuse contro l’on. Servello «per essersi circondato di elementi poco raccomandabili» e per «aver continuato a tenerli e sostenerli malgrado le ripetute insistenze e avvertimenti», utilizzandoli come guardie del corpo e servendosene per non rimanere isolato nel corso delle riunioni. L’accusa più consistente, si legge, è quella che si riferisce al mancato allontanamento di Giancarlo Rognoni, richiesto «da tutti i funzionari e dalla base del partito», anche attraverso «dimissioni in massa». Malgrado ciò, continua la nota, Rognoni ha continuato ad essere iscritto al Msi e responsabile di Ordine Nuovo. È «convinzione comune», viene riportato, che «la permanenza di Rognoni sia sempre stata caldeggiata dall’alto (on. Rauti sicuramente), perché faceva comodo ad alti dirigenti e ad altre personalità che farebbero parte o che sarebbero collegate con il Ministero dell’Interno» <97.
Il riferimento al Ministero dell’Interno non è una circostanza nuova, considerata l’inveterata accusa mossa nei confronti di Stefano Delle Chiaie (ordinovista delle origini, poi fondatore di Avanguardia Nazionale) di essere legato all’Ufficio Affari Riservati diretto da Federico Umberto D’Amato, per il quale avrebbe svolto attività di provocazione anticomunista <98. Le ricerche di Aldo Giannuli come perito del Tribunale di Milano <99 hanno d’altronde evidenziato la stessa situazione per Ordine Nuovo. Anche il giornalista Armando Mortilla, segretario di Rauti e dirigente di Ordine Nuovo, era infatti un informatore del medesimo ufficio <100. Ciò ha confermato il giudizio espresso su questa organizzazione politica dall’inchiesta del giudice Guido Salvini, ossia quello di una struttura «sotto tutela», verso la quale i Servizi di sicurezza hanno svolto un «controllo senza repressione» e dimostrato «collusione operativa» <101. Anche il presidente della Commissione Stragi Giovanni Pellegrino nella sua relazione ha sottolineato la «contiguità tra O.N. e A.N.» e la «stabilità dei rapporti di entrambe con settori dei servizi di informazione e alcuni apparati militari», oltre che un loro coinvolgimento «operativo» nei progetti golpisti succedutisi fino al 1974 <102.
Riguardo alla contiguità tra Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale sembra poter riscontrare che l’esiguità numerica e la ghettizzazione dei gruppi della destra extraparlamentare abbiano generalmente determinato un interscambio tra le due formazioni nella gestione del territorio, laddove il gruppo meno rappresentato localmente ha teso ad uniformarsi a quello più forte. Non deve allora sorprendere che Rognoni in quella fase storica svolga un ruolo di guida nei confronti dei militanti sbandati di Avanguardia Nazionale a Milano <103 o che un avanguardista come Mario Di Giovanni si trovi tra i redattori de «La Fenice». Molte sono infatti le situazioni che mostrano come quello del neofascismo sia un ambiente permeabile al suo interno, non contraddistinto da steccati rigidi tra i gruppi.
La documentazione delinea dunque un difficile rapporto di coesistenza all’interno della destra milanese, tra la linea legalitaria della maggioranza e un’area minoritaria che rimane legata all’ambiente extraparlamentare e si batte per un’alternativa al sistema democratico. La situazione è complicata dalla riproposizione della stessa dinamica a livello centrale. Il rientro di Ordine Nuovo nel Msi, preparato in vista dell’avvicendamento alla segreteria tra Arturo Michelini e Giorgio Almirante, galvanizza infatti lo spirito sovversivo delle frange giovanili insoddisfatte e inibisce il partito dal frenarne la deriva eversiva.
Il recupero della dissidenza extraparlamentare avviene quando, con l’esplodere della contestazione studentesca e operaia del ’68-’69, la radicalizzazione dello scontro politico porta la nuova segreteria ad accantonare la scialba politica di condizionamento della Dc e a presentare il Msi come unico referente per un’ampia area anticomunista. La capacità di rispondere alla mobilitazione delle sinistre sul piano dell’attivismo diventa allora un requisito fondamentale per la nuova segreteria, che innerva l’invocata “piazza di destra” con militanti motivati e pronti allo scontro fisico <104.
In una perizia redatta dopo aver consultato l’archivio del Nucleo Antiterrorismo di Milano, Aldo Giannuli ha ben illustrato il «moto pendolare» della politica di Almirante verso la destra extraparlamentare, attribuendolo ad una serie di fattori che spiegano perché i rapporti tra Msi e destra radicale non segnano mai una netta separazione. Il modello organizzativo del partito lascia infatti ampie autonomie alle organizzazioni collaterali (anche a quelle giovanili) che non sempre aderiscono alle direttive del centro. Il carattere semiclandestino dei gruppi extraparlamentari favorisce poi l’abitudine alla «doppia tessera», al punto che – nonostante le reclamizzate campagne per la scheda bianca – molti extraparlamentari appoggiano tacitamente il Msi nelle elezioni.
La compresenza di anime opposte all’interno del Msi e il grado elevato di litigiosità interna, ha scritto infine Giannuli, è l’aspetto fondamentale per spiegare «la corsa verso l’area della destra extraparlamentare» a cui partecipano le diverse correnti del partito <105. Quella minoritaria di Pino Romualdi <106, al cui interno hanno mosso i primi passi i dirigenti di Ordine Nuovo, risulta un ponte fondamentale per gli ambienti più radicali <107. Il prestigio del suo leader, la sua concentrazione in una sede importante come quella milanese e la capacità di attrarre importanti finanziamenti <108 contribuiscono a ostacolare le iniziative contro le frange estremiste avanzate a intervalli intermittenti dalla segreteria Almirante, la stessa che fin dagli esordi promuove il recupero dei dissidenti extraparlamentari e approva l’archiviazione dei provvedimenti disciplinari a loro carico <109.
La linea dell’anticomunismo aggressivo non produce nessun aut aut tra l’area moderata e quella radicale; entrambe risultano funzionali alla creazione di un blocco conservatore (la “Grande Destra”) di cui il Msi si propone come perno attivistico. La contiguità con l’area extraparlamentare, da questo punto di vista, serve non solo ad evitare l’antagonismo dei «fratelli separati» <110 nella fase espansiva del partito, ma diventa addirittura essenziale – in una situazione di forte conflitto sociale – a contendere la piazza alle sinistre.
[NOTE]
93 G. Rognoni-I.E. Ferrario, La Fenice, cit., pp. 11-49.
94 Ivi.
95 CdMB, Brescia, proc. pen. 91/97 Mod. 21, Doc. acquisita Brescia, G-a2, Doc. Sismi, Sisde, CC su Giancarlo Rognoni dal Trib.Bo, Centro C.S. di Milano, nota del 22/3/73, movimento di estrema destra “Avanguardia Nazionale”.
96 CdMB, Brescia, proc. pen. 91/97 Mod. 21, B/f-28, seguito cronologico, nota D.C.P.P. con relazione di servizio Isp. Capo Michele Cacioppo relativa alla consultazione del proc. penale n. 14/74 RG della Corte di Assise di Genova c/ Nico Azzi +altri; Ufficio Istruzione di Genova, testimonianza dell’on. Franco Servello del 15 giugno 1973 (allegata missiva scritta dall’on. Servello all’on. Giorgio Almirante il 28/01/1972).
97 CdMB, Brescia, proc. pen. 91/97 Mod. 21, G-a2, Doc. acquisita Brescia, Doc. Sismi, Sisde, CC su Giancarlo Rognoni proveniente dal Trib.Bo, Centro C.S. di Milano, nota del 3/5/73, attività del Msi-Dn.
98 G. Pacini, La spia intoccabile. Federico Umberto D’Amato e l’Ufficio Affari Riservati, Einaudi, Torino, 2021.
99 CdMB, Brescia, proc. pen. 91/97 Mod. 21, H-a1, consulenze varie, consulenze Giannuli, Relazione di Perizia del dott. Aldo Sabino Giannuli (12/3/97), proc. pen. n.2/92F R.G.G.I., relazione su Lega Anticomunista Mondiale, Nuclei di Difesa dello Stato, Aginter Presse, Ordine Nuovo, Fronte Nazionale.
100 Informatore dell’Ufficio Affari Riservati con il nome in codice “Aristo”, Mortilla era anche dirigente di primo piano di O.N. e il principale ambasciatore nei contatti intrattenuti con l’internazionale anticomunista che si andava formando intorno agli ex membri dell’O.A.S. soprattutto in Spagna e Portogallo. Aldo Giannuli lo definisce «un agente che partecipa in prima persona a formare gli eventi su cui poi riferisce»; cfr. A. Giannuli-E. Rosati, Storia di Ordine Nuovo, Mimesis, Milano 2017, ed. ebook, cap. 12.
101 Trib.Mi, sent. ord. del 18/3/1995, n. 721/88F R.G.G.I., cit., pp. 68-70.
102 G. Pellegrino, Il terrorismo, le stragi e il contesto storico-politico, cit., Vol. I, pp. 134-136.
103 Prossimo ad Avanguardia Nazionale, guidata a Milano da Marco Ballan, operava in questa fase in città «un gruppo semi-informale» diretto da Giancarlo Esposti. Di esso facevano parte Mario Di Giovanni, Salvatore Vivirito, Alessandro D’Intino e Alessandro Danieletti. Secondo la relazione di Aldo Giannuli per il tribunale di Brescia, Cesare Ferri – molto legato a Esposti – faceva da cerniera tra La Fenice e il gruppo Esposti (CdMB, Brescia, 91/97 Mod. 21, H-a-3, consulenze Giannuli, relazione n. 28, 34 e 40; pp. 88-89).
104 R. Chiarini, Destra italiana. Dall’unità d’Italia a Alleanza Nazionale, Venezia, Marsilio, 1995, pp. 126-129.
105 CdMB, Brescia, 91/97 Mod. 21, H-a-3, consulenze Giannuli, relazione n. 28, 34 e 40; 4: pp. 80-81.
106 L’onorevole Giuseppe Romualdi è stato vicesegretario del Partito Fascista Repubblicano e trai fondatori del Msi nel 1946, di cui sarà l’effettivo leader fino al 1948. Viene eletto deputato alla Camera nel 1953. Dal 1952 al 1965 e poi dal 1970 al 1977 ricopre la carica di vicesegretario del Msi.
107 A Milano, in particolare, se Ordine Nuovo si interfaccia all’onorevole Servello tramite La Fenice, Avanguardia Nazionale trova favori presso la corrente romualdiana per il tramite del consigliere comunale del Msi e futuro deputato Tommaso Staiti di Cuddia delle Chiuse, detto il “barone nero” per le sue origini nobiliari.
108 In tal senso Giannuli indica il legame tra Pino Romualdi e il petroliere Attilio Monti, proprietario de «Il Resto del Carlino» e «La Nazione».
109 La decisione viene presa dalla Direzione nazionale il 10 luglio ’69; cfr. D. Conti, L’anima nera della Repubblica. Storia del Msi, Roma-Bari, Laterza, 2014, p. 64.
110 G. S. Rossi, Alternativa e doppiopetto: il Msi dalla contestazione alla destra nazionale (1968-1973), Roma, Istituto di studi corporativi, 1992, p. 104.
Alessio Ceccherini, La ragnatela nera. L’eversione di destra e la strage dell’Italicus (1973-1975), Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”, Anno accademico 2021-2022