La diffusione della notizia della condanna a morte del Generale De Gaulle da parte del tribunale militare contribuirà largamente a far conoscere l’appello in Francia

«Jeunes gens, de quel cachet marquerez-vous votre temps? Nous sommes d’avance convaincus que, grâce à vous, l’on ira dans quelques années encore plusvite qu’aujourd’hui, qu’on s’élèvera plus haut, qu’on pourra se parler et sans doute se voir de plus loin […] Mais ce ne sont là que des conditions matérielles, et le sens et le caractère d’une époque procèdent d’aboard de ses tendance morales. L’hellénisme, la force romaine, la diffusion du christianisme, l’ordre classique, la Révolution française, l’impérialisme récent, l’évolution sociale d’aujour’hui n’ont pas tenu seulement aux circonstances. Ces grands mouvements n’eussent pas été possibiles sans une flamme partout répandue: la passion pour un idéal.» <189 Con queste parole sembra che il generale francese avesse intuito che in un futuro non troppo prossimo i valori democratici sarebbero stati messi in discussione e che per difenderli sarebbe stato necessario più che mai la passione per un ideale.
Al momento dello scoppio della Seconda guerra mondiale, alla vigilia dell’entrata in guerra della Francia, De Gaulle è uno dei pochi militari francesi a sottolineare l’insufficienza della difesa approntata nella parte settentrionale del Paese; secondo la sua visione strategica e secondo i suoi studi militari, l’esercito tedesco avrebbe, prima o poi, sfondato nuovamente le fila francesi a nord, e con una guerra lampo sarebbe nuovamente, con la sua micidiale capacità di mobilitazione, piombato in territorio nemico. Le sue idee, però, non sono prese in considerazione, la visione politica diplomatica sul fatto che la Germania non avrebbe sferrato nuovamente un attacco sulla falsa riga delle operazioni della Prima guerra mondiale, convincono i francesi a non potenziare la struttura offensiva del proprio esercito. Allo scoppio del conflitto, i fatti dimostreranno che De Gaulle aveva ragione.
La disfatta si abbatte sulla Francia come una scure su un albero. Il ricordo di Verdun e dei milioni di morti durante il Primo conflitto mondiale aveva, nel corso del ventennio passato, assopito lo spirito bellico dei francesi. Per quanto, almeno sulla carta, i numeri delle unità e dei mezzi francesi sia uguale a quello tedesco, durante l’attacco, la Francia si trova impreparata e soprattutto indecisa, trincerandosi dietro la linea Maginot, credendo che questa basti a respingere l’orda nazista; la vecchia mentalità strategica francese è sconfitta dall’innovativa capacità tattica del nemico. <190
De Gaulle si oppone all’armistizio con i tedeschi e lascia la Francia per la Gran Bretagna il 15 giugno 1940. Dopo la disfatta, contrariamente alle aspettative britanniche, nessun uomo di Stato francese di gran nome o rilevanza, nessun grande capo militare e nessun governatore di colonia decide di continuare la lotta, nonostante gli appelli rivolti loro da De Gaulle.
«Continuare la guerra? Sì, certamente. Ma con quale scopo ed entro quali limiti? Molti, pur approvando l’impresa, volevano che fosse solo un contributo dato da un pugno di francesi, all’Impero britannico, che indomito non aveva ceduto il campo. Io non concepii mai il tentativo in tal modo. Per me si trattava di servire e di salvare la Nazione e lo Stato.» <191
Il 18 giugno 1940 la BBC trasmette alla radio quello che rimarrà famoso come il discorso dell’appello. Nel pomeriggio del 18 giugno, una dattilografa scrive a macchina il testo del discorso, del quale De Gaulle ha redatto una prima bozza già il 17 giugno. De Gaulle legge il suo discorso sulle antenne della BBC a Broadcasting House alle 18:00, ora di Londra, discorso annunciato nel programma della BBC alle 20:15 e diffuso alle 22:00. Il testo, oltre a contenere motti patriottici, è un vero e proprio appello alle armi, per continuare la lotta contro l’occupante tedesco. <192
«Les chefs qui, depuis de nombreuses années, sont à la tête des armées françaises, ont formé un gouvernement. Ce gouvernement, alléguant la défaite de nos armées, s’est mis en rapport avec l’ennemi pour cesser le combat. Certes, nous avons été, nous sommes, submergés par la force mécanique, terrestre et aérienne, de l’ennemi.
Infiniment plus que leur nombre, ce sont les chars, les avions, la tactique des Allemands qui nous font reculer. Ce sont les chars, les avions, la tactique des Allemands qui ont surpris nos chefs au point de les amener là où ils en sont aujourd’hui.
Mais le dernier mot est-il dit? L’espérance doit-elle disparaître? La défaite est-elle définitive? Non! Croyez-moi, moi qui vous parle en connaissance de cause et vous dis que rien n’est perdu pour la France. Les mêmes moyens qui nous ont vaincus peuvent faire venir un jour la victoire. Car la France n’est pas seule! Elle n’est pas seule! Elle n’est pas seule! Elle a un vaste Empire derrière elle. Elle peut faire bloc avec l’Empire britannique qui tient la mer et continue la lutte. Elle peut, comme l’Angleterre, utiliser sans limites l’immense industrie des Etats-Unis.
Cette guerre n’est pas limitée au territoire malheureux de notre pays. Cette guerre n’est pas tranchée par la bataille de France. Cette guerre est une guerre mondiale. Toutes les fautes, tous les retards, toutes les souffrances, n’empêchent pas qu’il y a, dans l’univers, tous les moyens nécessaires pour écraser un jour nos ennemis. Foudroyés aujourd’hui par la force mécanique, nous pourrons vaincre dans l’avenir par une force mécanique supérieure. Le destin du monde est là.
Moi, Général De Gaulle, actuellement à Londres, j’invite les officiers et les soldats français qui se trouvent en territoire britannique ou qui viendraient à s’y trouver, avec leurs armes ou sans leurs armes, j’invite les ingénieurs et les ouvriers spécialistes des industries d’armement qui se trouvent en territoire britannique ou qui viendraient à s’y trouver, à se mettre en rapport avec moi.
Quoi qu’il arrive, la flamme de la résistance française ne doit pas s’éteindre et ne s’éteindra pas. Demain, comme aujourd’hui, je parlerai à la Radio de Londres.» <193
Per il Generale De Gaulle, il fatto che la battaglia di Francia verrà vinta sicuramente dai tedeschi, non implica la fine della guerra. Poiché «questa guerra è una guerra mondiale» e la Francia potrà appoggiarsi sulla forza industriale degli Alleati e in particolare quella degli Stati Uniti. Rivolgendosi ai soldati francesi, questo messaggio di speranza termina con un appello alla «resistenza», la cui fiamma «non si dovrà spegnere e non si spegnerà».194 Tuttavia, contrariamente all’idea comune, l’appello del 18 Giugno, non è un invito generale a costituire una rete di resistenza sul territorio francese. Da militare, De Gaulle si rivolge innanzitutto, e in maniera esplicita, ai militari e agli specialisti delle industrie d’armamento invitandoli ad appoggiare lo sforzo di guerra del Regno Unito. <195 Inoltre, durante la campagna di Francia, a seguito della battaglia di Dunkerque e dell’operazione Dynamo, circa 140 mila soltati francesi sono stati evacuati in Inghilterra insieme ai britannici; di questi soldati francesi, la maggior parte è rimpatriata in Francia nei giorni seguenti. Circa 3 mila, dei militari che si trovavano in Inghilterra, rispondono all’appello del generale.
«Tuttavia, facendo i miei primi passi in questa carriera senza precedenti, io avevo il dovere di verificare che nessun’altra autorità più qualificata che la mia non volesse offrirsi di rimettere la Francia e l’Impero nella lotta. Finché l’armistizio non sarà in vigore, si poteva immaginare, contro tutta la realtà, che il governo di Bordeaux scegliesse finalmente la lotta. Se c’era la più piccola possibilità, bisognava tentarla. È per questo che dal mio arrivo a Londra, il 17 pomeriggio, ho telegrafato a Bordeaux per offrirmi a continuare, nella capitale inglese, le negoziazioni che avevo cominciato il giorno prima a proposito del materiale in provenienza dagli Stati Uniti, dei prigionieri tedeschi e dei trasporti verso l’Africa.» <196
D’altra parte, l’appello non è che poco ascoltato dai francesi. In effetti, le truppe sono perse nella tormenta della debacle, così come la popolazione civile. I più informati ne sentiranno parlare solo nei giorni seguenti dalla stampa britannica in particolare o per sentito dire. Non è quindi che successivamente, dopo aver lanciato altri appelli, incoraggianti i francesi della métropole, dell’impero e del mondo intero a resistere, che questo discorso sarà finalmente conosciuto. La diffusione della notizia della condanna a morte del Generale De Gaulle da parte del tribunale militare contribuirà largamente a far conoscere l’appello in Francia.
«Il 30 giugno l’ambasciata di Francia mi notificava l’ordine di costituirmi alla prigione Saint Michel di Tolosa per esservi giudicato dal consiglio di guerra. Questi mi inflisse dapprima quattro anni di prigionia; poi, in conseguenza di un ricorso in appello imposto dal Ministro Weygand per tenuità di pena, mi condannò a morte.» <197
Egli non riesce, tuttavia, a raccogliere numerose adesioni, sia per il prestigio che il Maresciallo Pétain ha in Francia, sia per l’aggressione da parte inglese alla flotta a Merse el-Kebir. Solo alcune migliaia di volontari provenienti dalle truppe francesi di stanza in Inghilterra e da gruppi di resistenti francesi residenti all’estero rispondono all’appello. Con loro il Generale De Gaulle formerà il movimento che poi prenderà il nome di France libre e il piccolo esercito delle forze libere francesi.
«L’affondamento della flotta francese da parte dei britannici fu un tremendo colpo di scure portato alle nostre speranze. Il reclutamento dei volontari ne risentì immediatamente. Molti di coloro, civili e militari, che si apprestavano a raggiungerci, voltarono le spalle. Inoltre, l’atteggiamento assunto nei nostri confronti dalle autorità dell’impero e dagli elementi militari e navali che lo presidiavano, passò nella maggioranza dei casi, dall’esitazione alla riprovazione. Vichy naturalmente sfruttò affondo l’avvenimento, e le conseguenze furono gravi per quanto riguardava l’adesione dei territori africani.» <198
L’Appello del 18 Giugno segna comunque l’inizio della France libre, la quale, formata unicamente da volontari, inizialmente poco numerosi, continua la lotta terrestre, navale e aerea accanto agli inglesi e rappresenta, davanti al Governo di Vichy, la Francia che combatte. Le spese relative alle forze della Francia Libera sarebbero dovute, secondo l’accordo con gli inglesi, essere sostenute a carico del governo britannico, dato che in partenza la Francia Libera non dispone di nessun tipo di risorsa.
«L’accordo del 7 agosto ebbe un’importanza considerevole per la Francia Libera, non solo perché risolveva le nostre difficoltà sul piano materiale, ma anche perché le autorità britanniche, avevano oramai una base ufficiale per le loro relazioni con noi. E soprattutto, il mondo intero seppe che, nonostante tutto, si era ristabilito un principio di solidarietà franco-britannica.» <199
Il ruolo della propaganda, prevalentemente radiofonica, svolge un ruolo fondamentale per gli intenti di Francia Libera. Per De Gaulle la radio costituirà il maggiore vettore per trasmettere la sua azione, per minare il regime di Vichy e avvicinare sempre di più il consenso della popolazione. Il problema, almeno nelle fasi iniziali, è però la difficoltà della trasmissione radiofonica. <200 Durante l’occupazione nazista moltissime radio vengono sequestrate e distrutte, le poche rimaste appartengono prevalentemente a persone di ceto medio-elevato, che difficilmente appoggeranno nel corso della guerra le idee golliste. La maggior parte dei messaggi sono letti sui giornali clandestini, che riepilogano le trasmissioni radio, oppure tramite il vecchio “passaparola”, tal volta, le trasmissioni, specie quelle serali, diventano un modo di incontro di fronte a un caminetto, in un salone, in una stanza nascosta, o in qualche nascondiglio, di persone, che accumunate dal medesimo interesse, prendono coscienza degli eventi che stanno intercorrendo e che dunque oltre all’ascolto, iniziano loro stessi a istaurare dibattiti. <201 La BBC creerà di proposito un programma radio specifico dal titolo Les français parlent aux français per cercare il più del possibile di convincere la popolazione francese a opporsi al regime di Vichy e al governo di Pétain. <202
I volontari, fin da subito, ingaggiano la lotta a fianco delle truppe inglesi: nella battaglia d’Inghilterra, nelle campagne di Etiopia e di Libia, e nell’Atlantico. Un certo numero di possedimenti nazionali francesi come alcune parti dell’Oceania, India e alcuni Stati africani aderiscono al movimento di De Gaulle. Nel Ciad intanto il Colonnello Philippe Leclerc, al comando di un battaglione di uomini delle truppe coloniali, attacca le forze italiane. Durante l’operazione Torch, numerose unità, appartenenti alla Repubblica di Vichy, si arrenderanno senza combattere e si uniranno alla Francia libera; di lì in avanti Leclerc guiderà una serie di operazioni militari nella Africa sub-sahariana nel tentativo di sconfiggere le truppe italiane e tedesche, e a convincere le colonie ad aderire alla causa di France Libre. <203
Nel novembre 1943 le forze francesi riceveranno numerose consegne di equipaggiamento da parte degli americani come aiuti per il patto Lend-Lease e saranno in grado, unendo le forze della Francia Libera e gli ex-regolari di Vichy, di rimettere in campo otto divisioni.
Churchill, pur sostenendo lealmente De Gaulle, non abbandonerà mai la speranza che un mutamento di posizione del regime di Vichy faccia confluire dalla parte dell’Inghilterra forze militari molto più numerose e più preparate, specie le unità della Marina francese che avrebbero potuto contribuire a ristabilire l’egemonia Alleata nel Mediterraneo. Per questo motivo, se pur con clausole specifiche, Churchill, sostenuto da Roosevelt, non riconoscerà mai il Comitato Nazionale Francese come governo legale della Francia. De Gaulle al contrario sosterrà per tutto il corso della guerra solamente il suo movimento, poiché a suo avviso: il regime di Vichy sarebbe rimasto sempre privo di legittimità a causa della collaborazione con la Germania. Tutto ciò contribuirà, insieme a molti altri fattori, alla continue dispute fra il generale e i capi di governo Alleati.
Nel frattempo, le notizie proveniente dalla Francia mostrano un’adesione sempre maggiore dell’opinione pubblica al pensiero di De Gaulle, tale questione spronerà sempre più gli inglesi a concedere al generale francese un potere reale sulla guida del movimento francese di Resistenza. <204
«La Résistance parle à la mémoire des hommes. Elle leur parle aussi du futur, avec le mots du refus et le gestes irrévocables du sacrifice […] Pourquoi alors se demander ce que peut signifier la notion de résistance et ce que résister veut dire? […] La Résistance ne se réduit pas à une idée limpide, à une phrase courte et à des explications qui vont de soi.» <205
Olivier Wieviorka, storico impegnato nello studio della Resistenza europea, specie francese, mostra che la resistenza può essere organizzata secondo una logica di guerra, di cui fanno parte le reti clandestine e la lotta armata, o secondo una logica di occupazione, in cui i movimenti resistivi si legano alla quotidianità. Henri Michel, fondatore del Comitato Storia della Seconda guerra mondiale, definisce, invece, la Resistenza come: “tutte le lotte in nome della libertà del Paese e della dignità umana contro l’occupante e i suoi aiutanti”. Per alcuni altri storici, come Jacques Sémelin o François Marcot, distinguere la Resistenza come “un movimento sociale”, spesso non organizzato, e con cui il popolo occupato si sforza di mantenere i propri valori e mostrare il loro spirito di rifiuto, si può considerare corretto solamente quando veste forme non violente.
«François Bédarida distingue dans l’engagement résistant trois élments primordieaux: une volonté de principe; une logique politico-éthique; et la partecipation à un combat clandestin choisi librement.» <206
La preoccupazione maggiore di De Gaulle è salvaguardare fin dall’inizio gli interessi e l’immagine della Francia sconfitta durante e dopo il conflitto, a partire dalla garanzia del mantenimento dei possedimenti coloniali, senza perdere di vista l’onore e la grandezza francesi. Per garantire l’indipendenza della propria organizzazione, De Gaulle pretende che gli stessi aiuti finanziari che il Regno Unito fornisce a France Libre siano rimborsabili.
«Tout comme la naissance de Rome, la fondation de Défense de la France est nimbée de mystèere. Dater avec précision la création du mouvement se révelè impossible. Départager le rôle respectif des pères fondateurs reste délicat, les querelles postérieures à la Libération n’ayant guère contribué à clarifier le débat.» <207

[NOTE]
189 Discorso di Charles De Gaulle pronunciato il 3 luglio 1931 alla distribuzione delle lauree de l’università di Saint-Joseph di Beirut, Wieviorka, Une certaine idée de la Résistance, Cit. p. 9.
190 Burin, La France à l’heure allemande, p. 11.
191 De Gaulle, Memorie di guerra, Cit. p. 81.
192 Marcot, Dictionaire hitorique de la Résistance, p. 11.
193 Appello del 18 giugno 1940 del Generale De Gaulle.
194 Stanton, Radio London and Resistance in occupied Europe, p. 125.
195 Wieviorka, Histoire de la Résistance, p. 20.
196 De Gaulle, Memorie di guerra, Cit. p. 83.
197 Ivi, Cit. p. 85.
198 Ivi, Cit. p. 92.
199 Ivi, Cit. p. 95.
200 Azéma e Bédarida, La France des annes noire, Vol. 2, pp. 50-54.
201 Wieviorka, Histoire de la Résistance, p. 21.
202 Stanton, Radio London and Resistance in occupied Europe, p. 132.
203 Michel, La guerra dell’ombra, pp. 63-64.
204 Ivi, p. 65.
205 Marcot, Dictionaire hitorique de la Résistance, Cit. pp. 29-30.
206 Azéma sull’opinione di Bédarida riguardo le componenti della Resistenza, Azéma, Jean Moulin: le politique, le rebelle, le résistant, Cit. p. 145.
207 Wieviorka, Une certaine idée de la Résistance, Cit. p. 21.
Alessandro Berti, Dalla poesia di Verlaine alla rete di Garbo: l’importanza delle operazioni di deception per la riuscita dello sbarco in Normandia, Tesi di laurea, Università degli Studi di Pisa, Anno Accademico 2016-2017