Kissinger non nascose mai la sua personale ostilità nei confronti di Moro

Il 12 ed il 13 maggio del 1974 si tenne il referendum sul divorzio, il cui risultato segnò la sconfitta della Chiesa e della Democrazia Cristiana. Si avvertì un segnale di un cambiamento politico e culturale della società italiana verso sinistra <182, mentre la scena politica attraversava una fase che sembrò preludere a grandi cambiamenti. La formula di centro-sinistra era in crisi, ma non vi furono le condizioni politiche per alternative centriste o di centro destra. Aldo Moro si convinse della necessità di una nuova politica italiana che, dopo gli anni del centrismo e delle alleanze con il Psi o altri partiti del centro-sinistra, avrebbe dovuto affrontare il Partito comunista ed il rapporto con le masse popolari che in esso si riconoscevano.
“Bisogna avere un atteggiamento chiaro, serio e costruttivo nei confronti del partito comunista verificando con il maggior impegno la validità delle sue proposte e delle sue critiche e riservando ad esso, nella dialettica democratica e nell’esperienza sociale ben più ampia e profonda che non l’azione del governo, una doverosa attenzione e conversazione” <183.
Le parole di Moro, sebbene prudenti, accrebbero gli allarmi nel Dipartimento di Stato americano, dal quale venne la richiesta di un più incisivo anticomunismo <184 in Italia.
«Osservatore politico» cominciò a dedicarsi con particolare attenzione ad Aldo Moro dal 1974, in occasione del viaggio ufficiale a Washington del ministro degli Esteri e del capo dello Stato Giovanni Leone. Un’importante missione date le crescenti difficoltà economiche italiane e l’urgenza d’ottenere aiuti finanziari dall’alleato statunitense. “Il presidente americano Gerald Ford ha dato incarico al suo ambasciatore a Roma John Volpe di fare un sondaggio tra i vari partiti politici italiani, compreso il Pci, per avere un quadro quanto più possibile esatto della situazione italiana in vista della imminente visita del presidente Leone a Washington. A quanto apprende “Op”, l’ambasciatore Volpe avrebbe incontrato alcuni tra i massimi esponenti del Pci, ai quali avrebbe detto senza mezzi termini che eventuali aiuti americani al nostro paese (nuovo piano Marshall) sono legati al non ingresso dei comunisti nell’area di governo. I Comunisti, avrebbe detto Volpe, possono continuare a pilotare il movimento sindacale o monopolizzare l’opposizione, ma non debbono assumere dirette responsabilità di governo. Una eventualità del genere porterebbe ad un graduale sganciamento dell’Italia dalla Nato” <185.
Le rivelazioni del direttore della Cia William Colby, fatte alla sottocommissione Forze armate del Congresso, vennero pubblicate dal New York Times a due settimane dall’arrivo in America della delegazione italiana. Colby descriveva l’attività Usa in Cile, dalla corruzione dei deputati per evitare la ratifica della elezione di Allende da parte del parlamento, al finanziamento di scioperi che bloccarono economicamente il paese per settimane <186. L’attività dell’agenzia sarebbe stata approvata dal «Comitato 40» <187, un sottocomitato nell’ambito del Consiglio nazionale della sicurezza con funzione di controllo verso le attività clandestine della Cia, al tempo presieduto da Kissinger. Le manovre illegali compiute dall’agenzia in Cile contro il presidente socialista Salvador Alliende non furono dunque fenomeni devianti, ma azioni volute dal presidente degli Stati Uniti e dal suo consigliere per la sicurezza. La situazione cilena divenne quindi un test per osservare il possibile ribaltamento di un regime di sinistra mediante la creazione di caos al suo interno <188. Pochi giorni dopo, il 16 settembre 1974, il presidente Gerald Ford ammise ufficialmente che l’Amministrazione Usa era intervenuta in Cile, tra il 1970 e il 1973, per favorire il golpe militare del generale Augusto Pinochet <189. La tematica, a pochi giorni dall’arrivo della delegazione italiana, fu un chiaro messaggio: gli Stati Uniti attendevano da Leone assicurazioni che non ci sarebbero stati né indebolimenti delle alleanze postbelliche, né rilanci del Pci all’interno. Durante i colloqui Kissinger ribadì con durezza, al ministro degli esteri Moro, l’assoluta contrarietà dell’Amministrazione a qualsiasi apertura democristiana al Pci, minacciando il ritiro di qualsiasi aiuto all’economia italiana nel caso la Dc fosse venuta meno alla chiusura anticomunista. Il segretario di Stato, inoltre, minacciò per l’Italia uno sbocco di tipo cileno, mentre lo stesso Moro subì intimidazioni dirette al punto che lo stress nervoso gli provocò un malore poche ore dopo <190. Nella sua deposizione alla Commissione parlamentare d’inchiesta la moglie di Aldo Moro dichiarerà: “È una delle pochissime volte in cui mio marito mi ha riferito con precisione che cosa gli avevano detto, senza dirmi il nome della persona. Provo a ripeterla come la ricordo: ‘Onorevole Lei deve smettere di perseguire il suo piano politico di portare tutte le forze del suo Paese a collaborare direttamente. Qui o Lei smette di fare questa cosa o Lei la pagherà cara’ ” <191.
Henry Kissinger non nascose mai la sua personale ostilità nei confronti di Moro, che considerava il possibile Allende dell’Italia. Il segretario di stato fu ostile alla strategia di apertura a sinistra attuata in Italia dagli inizi degli anni Sessanta, un grave errore dell’amministrazione democratica di John Kennedy. Secondo Kissinger, l’alleanza governativa della Democrazia cristiana con il Partito socialista lasciò ai comunisti il monopolio dell’opposizione <192. L’Italia rappresentava una nazione strategicamente importante per l’alleanza atlantica nell’ambito della guerra fredda, un satellite degli Usa, caratterizzato dal più forte partito comunista di tutto l’Occidente.
Il 28 ottobre 1974 Aldo Moro venne incaricato dal presidente Leone di formare il nuovo governo. Il leader si pronunciò contro il compromesso storico, sebbene teorizzasse la necessità di collaborazione con il Pci per risolvere alcuni grandi problemi del paese. Il successo delle sinistre alle elezioni amministrative del giugno del 1975 fu un terremoto politico di livello internazionale. «Osservatore politico» attribuì le colpe «alla fazione democristiana senza coraggio, senza iniziative e senza chiarezza di idee di Moro <193», continuando a sostenere la richiesta di Kissinger di rivitalizzare la Dc. Il Dipartimento di Stato Usa cominciò ad elaborare una nuova strategia facendo nuovamente leva sui socialisti, potenziati e schierati sul fronte anticomunista.
Carmine Pecorelli fu tra i primi a scrivere del nuovo atteggiamento americano, a partire dal 19 luglio 1975 <194, prevedendo l’ascesa del milanese Bettino Craxi verso la segreteria del partito. “Perché a Washington s’è deciso: il nuovo potere in Italia sarà assicurato da una santa alleanza anticomunista ma riformatrice, tra un Psi e una Dc tutti rinnovati. Che magari potranno giovarsi dell’estemporaneo appoggio esterno di un Pci che vorrà far confluire su qualche disegno di legge anche i suoi voti. Ma che resterà rigorosamente escluso dall’area del governo. Pena la nascita, con l’appoggio degli Usa, di nuove formazioni politiche, gemelle e parallele a Dc e Psi” <195.
[NOTE]
182 «Se ne ebbe conferma il successivo 16 – 17 giugno, con le elezioni regionali in Sardegna: il Pci aumentò i propri voti del 7%, il Psi li aumento del 5,7%, mentre la Dc arretrò del 6,2%», FLAMIGNI, Le Idi di marzo, il delitto Moro secondo Mino Pecorelli, Kaos, Milano 2006, p. 35.
183 Aldo Moro su «Il Popolo» del 20 luglio 1974. Ivi, p. 37.
184 «Noi seguiamo gli avvenimenti dell’Italia con simpatia ed affetto. Potete contare sul fatto che in qualsiasi momento l’Italia debba affrontare difficoltà, faremo tutto il possibile per assicurarle stabilità e progresso». Discorso di Henry Kissinger durante la colazione offerta da Leone al Quirinale il 5 luglio 1974, MARIO MARGIOCCO, Stati Uniti e Pci, Laterza, Roma 1981, pag. 167.
185 Per gli aiuti Usa il Pci all’opposizione, «Osservatore politico», 23 settembre 1974.
186 «Nel settembre 1970 Allende vinse le elezioni presidenziali. Nixon era furioso e convocò Helms, il direttore della Cia di allora, a una riunione nello studio ovale con Henry Kissinger. Nixon ordinò chiaramente d’impedire che Allende entrasse in carica. La Cia si mise d’impegno ed inviò in Cile, per sei settimane di attività frenetica, una speciale Task Force di suoi operatori indipendenti dalla «stazione» e che rispondevano solo alla sede centrale di Washington». La mia vita nella Cia, WILLIAM COLBY, Mursia, Milano 1981, pag 224.
187 RODOLFO BRANCOLI, Gli Usa e il Pci, Garzanti, Milano 1976, p. 128.
188 «Non vedo perché dobbiamo starcene fermi a guardare un paese diventare comunista per l’irresponsabilità del suo popolo», Henry Kissinger al «Washington Post» del 10 settembre 1974.
189 FLAMIGNI, Le Idi di marzo, p. 39.
190 «Mi chiamò appena rientrato e mi disse che per alcuni anni si sarebbe ritirato dalla vita politica, cosa che andava detta ai giornalisti. Risposi che mi pareva strano che si dovesse dare una notizia del genere quando in Italia si era alla vigilia di una certa evoluzione politica all’interno della Democrazia Cristiana che avrebbe portato l’onorevole Moro alla nomina di presidente del Consiglio. Egli comunque insisteva nella sua intenzione di ritirarsi dalla politica e nell’esigenza di informare i giornalisti». Guerzoni Corrado in Commissione parlamentare d’inchiesta sul caso Moro, volume II, Resoconti stenografici, pag. 745.
191 Eleonora Moro in Commissione Moro, volume V, p. 6.
192 «Nel 1963 gli Stati Uniti decisero di sostenere la cosiddetta “apertura a sinistra”, il cui obbiettivo si identificava in una coalizione fra socialisti di sinistra e democristiani; la cosa avrebbe, almeno così si sperava, isolato i comunisti. Gli esiti ultimi della coalizione si rivelarono diametralmente opposti a quelli sperati. L’apertura a sinistra li fece diventare l’unico partito di opposizione vero e proprio. L’influenza comunista era anzi così forte che l’acuto Moro aveva deciso di sfruttarla per togliere potere ai socialisti», HENRY KISSINGER, Gli anni della Casa Bianca, Sugarco, Milano 1980, p. 95.
193 Carmine Pecorelli cit. in FLAMIGNI, Le Idi di marzo, p. 50.
194 Sarà Craxi il nostro Soares?, «Osservatore politico», 19 luglio 1975.
195 La grande virata della barca socialista, Ivi, 25 ottobre 1975.
Giacomo Fiorini, Penne di piombo: il giornalismo d’assalto di Carmine Pecorelli, Tesi di laurea, Università degli Studi di Padova, Anno accademico 2012-2013