In alcuni casi i prigionieri non possono essere trattenuti in arresto dai partigiani

La guerriglia partigiana, per nascere e prosperare, ha bisogno di un sostrato ideologico e di una forte motivazione che la giustifichino e che rendano sopportabili tutte le privazioni che essa comporta nella vita del combattente. <557 Essa ha bisogno di un nemico che non sia solo avversario, ma che sia in un certo senso la propria nemesi, l’ostacolo materiale alla libertà del combattente. Il «nazifascista», preso a simbolo del male, è la negazione di tutto ciò che rappresenta una banda partigiana: antipopolare, antipatriottica, ingiusta e feroce. Se per quello che riguarda popolazione civile e Comitati, tutte le brigate definiscono i loro rapporti mostrando il lato “buono”, da modello ed esemplare, nei confronti dei nazifascisti gli atteggiamenti si diversificano da contesto a contesto. Fermo restando poi il carattere cruento e privo di compromessi di una guerra civile, che è sempre orientato all’eliminazione fisica dell’avversario, si possono distinguere, all’interno delle varie formazioni, atteggiamenti diversi nei confronti del nemico in materia di tipologia di attacco e di trattamento dei prigionieri. Come nota Borioli “[…] tutta la storia della Resistenza, per quanto riguarda la gestione dei rapporti con il nemico, effettivo o virtuale, è segnata da aspri rigori, cui fanno da contrappunto magnanime clemenze. Questa forbice macroscopica, talvolta disorientante, si può far risalire, in parte, al già accennato convergere nel partigianato di culture, aspettative, psicologie diverse. Tuttavia l’analisi non può essere portata esclusivamente sul piano delle mentalità”. <558
Uno dei primissimi motivi di contrasto tra i gruppi politici all’interno del CLNRP [n.d.r.: CLN Regione Piemonte], e quindi nelle formazioni, riguarda la scelta delle modalità di lotta e del rapporto da tenere con il nemico. Il PCI, ma in generale l’intero Comitato, si era opposto strenuamente alla strategia del gen. Operti di far precedere alla fase della vera e propria guerriglia una lunga fase preparatoria. <559
A settembre 1944, quando il movimento partigiano è riuscito a resistere ai rastrellamenti estivi e la sua organizzazione complessiva ha retto, alla vigilia della creazione delle zone libere nel basso Piemonte, i comandi tedeschi tentano accordi con i partigiani, offrendo anche condizioni generose quali la «creazione di zone libere, l’abbandono di vallate e persino di cittadine». <560 Per la zona delle Langhe, in particolare, il periodo di “predominio partigiano” durerà per tutto ottobre, concludendosi simbolicamente con la caduta di Alba in mano fascista (2 novembre 1944). In questo contesto, favorevole per i partigiani, i Comandi sollecitano a non farsi adulare dalle offerte tedesche, che avrebbero tutto da guadagnare da tregue e accomodamenti. Inoltre, anche a livello nazionale la guerra sembra volgere a una rapida conclusione, e il CLNRP invita le brigate, a cui invia le direttive del piano E 27 per l’insurrezione generale, <561 a prepararsi per l’ultima fase della lotta. In alcune zone del Piemonte però, si verificano patti con il nemico. Lo stesso “Mauri” sarà oggetto di un’inchiesta, che accerterà le vicende relative alla sua cattura in mano tedesca, il 1° agosto ’44, e alla sua fuga. <562 In una circolare del CFA presso il CLNAI del 24 ottobre, è presente una denuncia che sembra ricordare proprio l’episodio di cui “Mauri” è protagonista. In questa viene riportato che in un settore piemontese, a seguito di un accordo con i tedeschi, si è giunti a una tregua d’arme per una vasta zona. Il Comando centrale richiama le formazioni a seguire la parola d’ordine «coi tedeschi si combatte non si patteggia» e mette in guardia dai patti stipulati con i «germanici»’si rinnova la proscrizione a non scendere ad accordi con i germanici se non per quelle intese locali e temporanee che possono essere giustificate a vantaggio dei caduti e dei feriti. Metto anche in conto di rammentare che in più di un’occasione qualche comando germanico ha infranto i patti giustificando l’atto con la dichiarazione che “un comando germanico non può considerare impegnata la sua parola quando tratta con un traditore del settembre 1943”‘ <563
Le inchieste sul conto di “Mauri” in relazione alla vicenda suddetta non hanno portato a sviluppi. Ma, se da una parte il noto «antigaribaldinismo» di “Mauri” spinge a ritenere realistica l’accusa di aver collaborato con i tedeschi e i fascisti per eliminare le bande comuniste, dall’altra è poco credibile vedere il maggiore accordarsi con i fascisti, nei confronti dei quali, durante le sue vicende prima nelle valli alpine e poi nelle Langhe, ha dimostrato una forte combattività e intransigenza. È specchio di questo carattere, l’azione che “Mauri” compie in una zona a ovest del Tanaro nel giugno ’44, dove dopo aver informato «tutte le Unità repubblicane dislocate nella Provincia che invitavo a disertare entro le ore 24 del giorno 12 corr., dopo di che avrei considerato come nemici irreducibili [sic] coloro che avessero continuato a prestare servizio nelle file nazifasciste », si dirige verso il paesino di Lesegno, per arrestare «Sattamino, podestà del paese, uno dei più accaniti e pericolosi nemici della nostra causa». “Mauri” sembra essere disposto a tutto per catturare il podestà, giungendo a minacciare «l’incendio dell’intero paese se la popolazione non saprà ribellarsi a Sattamino». <564
I podestà incontrano trattamenti diversi da caso a caso, ma sembra prevalere il criterio del comportamento tenuto dal rappresentante del potere fascista durante il periodo pre e resistenziale. Per esempio, i garibaldini della 48ª brigata Garibaldi, dopo aver istituito in un paesino sul Tanaro la giunta popolare comunale, permettono al podestà del paese, che non aveva mai manifestato ostilità nei confronti del movimento partigiano, di farne parte. <565
Non sembrano invece esserci sconti per i «partigiani traditori», che vengono subito fucilati non appena catturati. <566 Anche le spie subiscono lo stesso trattamento, dato confermato dal fatto che nei bollettini di guerra delle divisioni Garibaldi e Autonome non figura la voce «spie prigioniere», ma solo quella «spie giustiziate». <567
In alcune relazioni di “Mauri” vengono elencate le fucilazioni eseguite nel periodo in oggetto. Dal 1° luglio al 15 agosto ’44, “Mauri” dichiara di aver fatto fucilare «5 spie confesse, 3 repubblicani che svolgevano attività dannosa alla nostra Causa e 4 che nel nome di Patrioti commettevano furti ed azioni disoneste», <568 mentre nel mese precedente vengono «passati per le armi: 7 spie confesse e 10 repubblicani a non [sic, noi] decisamente avversi», in seguito a imboscate per catturare elementi dannosi al movimento. <569
I prigionieri vengono anche scambiati: <570 nel periodo settembre-ottobre ’44, “Mauri” scrive che nove uomini, «caduti in mano nemica, sono stati scambiati»; <571 anche se a volte le trattative si concludono tragicamente: il cap. Franco e un altro partigiano degli autonomi di “Mauri”, «di ritorno da un incontro con le autorità tedesche», presso le quali si erano recati per trattare lo scambio di alcuni prigionieri, vengono uccisi in un’imboscata dai fascisti. <572
D’altronde, in alcuni casi, i prigionieri non possono essere trattenuti in arresto, per esigenze militari e per la salvaguardia del gruppo, come avviene nel caso di un ufficiale repubblicano, catturato da una brigata del 1° GDA e fucilato perché «si rifiutava di prendere le armi contro i propri compagni». <573
“Mauri” si giustifica dicendo di «non essere tanto stupido da imporre ad un nemico, pena la vita, di arruolarsi nelle mie file proprio per avere uno che mi tradirebbe alla prima occasione». <574
Le disposizioni dei comandi centrali non sembrano dare chiare disposizioni in materia di «trattamento prigionieri». Se da una parte infatti, il CLNRP dispone che i prigionieri catturati debbano essere «efficacemente custoditi in attesa che i comandi competenti abbiano deciso la loro sorte», <575 dall’altra, la stessa circolare aggiunge: «si eviti che, in previsione di scontri con il nemico, i prigionieri stessi siano posti inavvedutamente in libertà», e un’altra ancora, del CFA presso il CLNAI, forse sulla scia dell’episodio che aveva coinvolto il gruppo di Della Rocca, <576 avverte “è necessario che ciascun partigiano sia al corrente del fatto che con le brigate nere non si dà e non si riceve quartiere”. <577
Collocate in due periodi e contesti differenti, queste due circolari danno un’idea della difficoltà, da parte dei comandi partigiani, di interpretare le disposizioni degli organi centrali in materia di «trattamento prigionieri». Se la circolare del CLNRP sembra indicare disposizioni a tutela dei prigionieri, anche se la seconda frase non lascia molti dubbi sulle conclusioni che ne avrebbero tratto i partigiani una volta trovatisi in difficoltà, la circolare del Comando delle Autonome parla chiaramente del trattamento da riservare alle Brigate Nere. In questa specificazione dei soggetti prigionieri emerge una differenza di trattamento. Politiche diverse vengono adottate a seconda dell’appartenenza dei prigionieri. <578 Se per le Brigate Nere, Muti o X Mas non sembrano esserci prospettive di salvezza una volta catturati, per i «prigionieri germanici catturati», i comandi richiedono, prima di procedere a qualsiasi sentenza, di comunicarne i dati. <579 Non solo l’appartenenza di reparto o la nazionalità contribuiscono a scegliere la sorte del prigioniero. Si è prima accennato alle situazioni di criticità militare e logistica in cui spesso si trovano i partigiani, e che spingono a liberarsi di ogni “peso” o pericolo; ma ci sono anche circostanze in cui la salvaguardia della popolazione diventa prioritaria. È quanto accade a un gruppo di GL e Garibaldini che, dopo aver catturato sulla strada Cuneo-Caraglio un tedesco e quattro alpini della Monterosa, decidono di lasciarli andare «in seguito alle suppliche dei catturati e, più che altro, per le insistenze dei civili del luogo che temevano rappresaglia». <580 Una decisione che va in contrasto con le disposizioni della citata circolare del CLNAI del settembre ’44, dove si denunciano i casi in cui «le formazioni partigiane restituiscono dei prigionieri tedeschi davanti alla minaccia di fucilazione di ostaggi o di rappresaglie contro la popolazione civile» e dove si invita a consegnare i prigionieri tedeschi solo dietro restituzione dei partigiani catturati. La stessa circolare conclude dicendo a proposito della minaccia di rappresaglie “Quando alle rappresaglie su ostaggi innocenti e sulla popolazione inermi corrispondono delle esecuzioni in massa di prigionieri tedeschi, i comandi e gli stessi soldati hitleriani esiteranno sulla via delle rappresaglie”. <581
La visione del nemico è restituita anche dall’utilizzo dei termini utilizzati per descriverlo e connotarlo negativamente. Nei documenti garibaldini della VI divisione ad esempio, troviamo l’utilizzo del termine «repubblichino» per indicare organismi e appartenenti alla RSI, <582 pratica che invece non compare nei documenti degli autonomi di “Mauri”, dove i fascisti vengono spesso indicati con il termine «repubblicani», mentre nei documenti GL si preferisce spesso il diminutivo. <583 Questa differenza, al di là della connotazione dispregiativa che implica, è da far risalire probabilmente al significato che i comandanti delle formazioni davano al termine “Repubblica”. Se per i comunisti la guerra di liberazione aveva come scopo ultimo la formazione di un governo repubblicano, che comportava la messa al bando della casa reale, e quindi il valore del termine «repubblica» non poteva essere usato per quello stato fantoccio che era la RSI, gli autonomi, che almeno formalmente dichiaravano di non volersi occupare della futura organizzazione politica dello Stato, non avevano problemi a chiamare la RSI «Repubblica». Nell’indicare il nuovo Stato che verrà, questi ultimi utilizzavano più frequentemente i termini «Patria», «nazione nuova», senza esprimere una preferenza di forma dello Stato.
[NOTE]
557 Nel “Decalogo del partigiano”, diffuso dal Comando Generale del C.V.L. Nell’agosto 1944, un punto dice: «Essere forte moralmente», in La guerriglia in Italia, cit., p. 41; si veda anche T. Argiolas, La guerriglia, cit., pp. 6, 8-11; cfr. C. Schmitt, Teoria del partigiano. Note complementari al concetto di politico, Il Saggiatore, Milano, 1981, pp. 2-3, 64-67 sul rapporto tra «regolarità» dell’esercito nemico e «irregolarità» del partigiano 558 D. Borioli, “La percezione del nemico. I partigiani di fronte al nazifascismo”, in M. Legnani, F. Vendramini (a cura di), Guerra. Guerra di liberazione. Guerra civile, cit., p. 131
559 M. Giovana, La Resistenza in Piemonte, cit., p. 39
560 “La guida del commissario n. 7 – Schema di conversazione: ‘Coi tedeschi non si patteggia ma si combatte’”, CLNAI – CVL – Comando Generale per l’Italia occupata, 20.9.44 in AISRP, B AUT/mb 2g
561 M. Giovana, La Resistenza in Piemonte, cit., p. 134
562 Nell’indagine su “Mauri” lo si accusa di essere giunto a un accordo con i nazifascisti per l’eliminazione delle brigate comuniste operanti nelle Langhe. Per maggiori informazioni su questa vicenda si veda M. Giovana, Guerriglia, cit., p. 91 e relative note
563 “Trattative e tregue coi comandi tedeschi”, CLN – CVL – CFA del Piemonte alle Formazioni autonome, f.to A. Elle, 24.10.44 in AISRP, B AUT/mb 4 f
564 “Relazione sulle azioni svolte il giorno 11 Giugno 1944”, Comando zona Cuneo, “Mauri”, 12.6.44, in AISRP, B 45 b
565 In AISRP, B FG 3 fasc. 1, sezione “Delegazioni civili”
566 “Relazione sulle azioni svolte il giorno 11 Giugno 1944”, cit.
567 Il Bollettino n. 7 del Comando per il Piemonte delle Brigate Garibaldi, che si riferisce al periodo dicembre ’44-febbraio ’45, indica in 18 il numero di spie giustiziate, in AISRP, MAT/ac 14 a. Il problema delle spie, che emergerà in particolare a partire dal periodo estivo, verrà affrontato con poca tempestività, tanto è vero che l’effettiva istituzione di un apposito reparto di controspionaggio verrà istituito solo a partire dagli inizi del ’45, “Stato giuridico della polizia della VI divisione d’assalto Garibaldi ‘Langhe’”, febbraio 1945, in AISRP B FG 9/3; si veda la circolare “Polizia partigiana”, CMRP, 10.2.45 in AISRP, B 28 i, in cui si specificano i compiti della polizia nei riguardi della
popolazione e le azioni di reclutamento tra il corpo dei carabinieri.
568 “Relazione sull’attività svolta dalla Divisione Langhe nel periodo 1° luglio – 15 agosto 1944”, EILN al CLNRP, “Mauri”, 16.8.44, B 45 b
569 “Relazione sull’attività svolta nel periodo dal 12 al 30 giugno 1944”, EILN – Comando zona Cuneo al CLNRP, “Mauri”, 5.7.44, in AISRP, B 45 b; si veda anche “Relazione sull’attività svolta nel periodo dal 15 settembre al 15 ottobre 1944”, EILN – Comando 1° GDA al CLNRP, “Mauri”, ottobre 44, in AISRP, B 45 b, in cui si informa della fucilazione di «sei fuori legge e cinque spie confesse».
570 Si vedano le relazioni: “Caro Maggiore”, lettera di “Dino” [Giacosa] a “Mauri”, Valpesio, 18.9.44 in AISRP, B AUT/mb 4 e, in cui è scritto di una «lista dei prigionieri che ci interessano per gli scambi; anche G.L. ci manderà la lista […] noi abbiamo liberato in scambio l’avv. On. Bertolino e due patrioti»
571 “Relazione sull’attività svolta nel periodo dal 15 settembre al 15 ottobre 1944”, EILN – Comando 1° GDA al CLNRP, “Mauri”, ottobre 44, in AISRP, B 45 b
572 Ibidem. Da un foglio manoscritto di “Gildo”, comandante del distaccamento “Pedaggera” della I Divisione Langhe, risulta che la fucilazione dei repubblicani non è di sola competenza dei comandi divisionali, poiché Gildo informa della fucilazione di due dei sei repubblicani catturati in azione; si veda: Lettera manoscritta di “Gildo”, comandante del distaccamento “Pedaggera” a “Mauri”, in AISRP, B AUT/mb 3 d
573 “Richiesta dati”, Comandante delle Formazioni Militari Autonome “Nito”, 24.12.44 in AISRP, B AUT/mb 1 m
574 Risposta di “Mauri” alla “richiesta dati” del Comando delle Formazioni Militari Autonome del 24.12.44, 10.1.45 in AISRP, B AUT/mb 1 m
575 “In base alle direttive…” Comitato militare di liberazione nazionale del Piemonte, 19.5.44, in AISRP B AUT/mb 4 a
576 Il 25 agosto, nei pressi di S. Bartolomeo, i componenti della retroguardia del distaccamento di Della Rocca vennero «seviziati e fucilati pur dopo la promessa di aver salva la vita», in “Attività del I invita a consegnare i prigionieri tedeschi solo dietro restituzione dei partigiani Gruppo divisioni alpine”, CLN – CVL – Comando delle formazioni autonome al comandante del 1° gruppo, f.to “A. Elle”, 26.9.44, in AISRP, B 45 b
577 Ibidem
578 Come già rilevato da Borioli nel contesto della divisione Pinan-Cichero, nei confronti dei prigionieri, i comandi attuano «una distinzione preliminare tra militari e civili […] nell’ambito dei militari, si procede ad un’ulteriore separazione tra coscritti e volontari: ad esempio, tra Guardia nazionale repubblicana e Wehrmacht da una parte e Brigate nere e SS dall’altra». Ciò – riferisce Borioli – «trova frequenti modifiche nella sua applicazione pratica», D. Borioli, “La percezione del nemico. I partigiani di fronte al nazifascismo”, in M. Legnani, F. Vendramini (a cura di), Guerra. Guerra di liberazione. Guerra civile, cit., pp. 132-133
579 “Attività del I Gruppo divisioni alpine”, CLN – CVL – Comando delle formazioni autonome al comandante del 1° gruppo, f.to “A. Elle”, 26.9.44, in AISRP, B 45 b
580 “Bollettino d’informazione del giorno 25-2-1945”, in AISRP, C 37 III d
581 “La guida del commissario n. 7 – Schema di conversazione: ‘Coi tedeschi non si patteggia ma si combatte’”, CLNAI – CVL – Comando Generale per l’Italia occupata, 20.9.44 in AISRP, B AUT/mb 2g
Giampaolo De Luca, Partigiani delle Langhe. Culture di banda e rapporti tra formazioni nella VI zona operativa piemontese, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Pisa, Anno Accademico 2012-2013