Il clima della Guerra Fredda aveva cominciato a condizionare profondamente la vita delle persone comuni, soprattutto negli Stati Uniti. Già nel 1947, il Presidente Truman aveva ordinato che 3 milioni di dipendenti federali fossero controllati per accertarne la fedeltà alla nazione <1. Verranno poi limitate le attività sindacali ed esclusi espressamente i comunisti dalle cariche sindacali. Ma l’ossessione anticomunista iniziò veramente quando, nel 1950, il senatore repubblicano Joseph McCarthy annunciò di essere in possesso di liste di comunisti che si sarebbero introdotti all’interno dell’amministrazione pubblica americana. Iniziava così una sistematica indagine da parte del “Federal Bureau of Investigation”, l’FBI. Con una schedatura su larga scala, migliaia di persone persero il lavoro, accusate o anche solo sospettate di comunismo. Ci furono anche processi storici, come quello dei Rosenberg, condannati a morte nel 1953 per l’accusa di “spionaggio sovietico”.
Questa isteria di massa diverrà nota come “Maccartismo” <2, che prese il nome proprio dal suo principale ideatore. Ma quando lo stesso Senatore McCarthy cominciò ad accusare di infiltrazione comunista anche i vertici delle forze armate, suscitò molte reazioni negative, anche perché la teoria non era comprovata. Nacquero così dei seri dubbi sulla fondatezza dell’intera campagna mossa dal politico del Wisconsin, che vedrà la sua carriera chiudersi prematuramente con un voto di censura dai suoi stessi colleghi del Senato. Finirà i suoi giorni nei fumi dell’alcool. Le ipotesi di aver manipolato, o addirittura inventato, le accuse di collusione con l’URSS, screditarono gran parte dell’anticomunismo che si basava sul semplice sospetto.
Tuttavia, negli anni successivi l’opinione pubblica americana conserverà un atteggiamento di generale diffidenza nei confronti dei gruppi di sinistra, senza che siano necessariamente comunisti <3.
Come visto in precedenza, la cosiddetta politica del “contenimento” era quella che il funzionario diplomatico George Kennan aveva proposto agli Stati Uniti con il “lungo telegramma”, dopo le volontà espansioniste di Stalin. Questa linea aveva trovato la sua effettiva attuazione con la “Dottrina Truman” in tutto l’immediato dopoguerra; tuttavia, entrò in crisi quando si capì che non riusciva a produrre mobilitazioni politiche di massa, ormai necessarie nel nuovo tipo di guerra che si stava “combattendo”. Visto che il comunismo era un “regime negatore di libertà e sanguinario <4”, non si poteva lasciarlo isolato nel suo spazio vitale. Bisognava abbatterlo. La mobilitazione anticomunista si imponeva l’obbligo di abbattere tutti i regimi comunisti, cominciando a “ributtare indietro” (“Rollback”, come sarà chiamata questa linea politica) i comunisti dove fosse stato possibile <5. Questa scelta degli USA avrà degli effetti significativi sul quadro internazionale. Il Partito Comunista Italiano, lo abbiamo visto, è stato per lungo tempo uno dei peggiori incubi degli americani: quasi 2 milioni di iscritti, 15.000 sezioni, 8.000 funzionari, una catena di quotidiani e settimanali con 1 milione di copie di tiratura e una forte rete di organizzazioni fiancheggiatrici <6.
Non è un caso che sin dal 1948 gli USA (e poi la Nato) avessero proposto alla Democrazia Cristiana l’idea di mettere “fuori legge” il PCI. La questione era nata quando, nell’eventualità estrema che ci fosse stata un’invasione sovietica, ci si chiese come avrebbero risposto i comunisti italiani. Avrebbero difeso la nazione o l’avrebbero intenzionalmente bloccata (le vie di comunicazione) per favorire gli invasori? La messa al bando del partito avrebbe poi trovato l’assenso di industriali, agrari e finanzieri <7.
Ma a frenare l’idea era la stessa DC, che innanzitutto temeva una risposta violenta dei comunisti, portando ad uno scenario di guerra civile come quello greco. Tra l’altro, il leader di partito, Palmiro Togliatti, aveva subito un attentato il 14 luglio 1948 <8, quando un giovane anticomunista gli sparò, ferendolo con 3 proiettili. Si salverà dopo essere stato prontamente ricoverato. Il fatto causò scontri, blocchi stradali, assalti a prefetture, che verranno duramente repressi dalla polizia.
Altra questione era che dal 1946 era nato il Movimento Sociale Italiano (MSI), formato per la stragrande maggioranza da ex fascisti della RSI; quindi, eliminare il PCI e tenere i reduci e simpatizzanti del Ventennio risultava poco democratico, soprattutto per il paese che pochissimo tempo prima aveva sconfitto proprio il fascismo. Un ultimo tema era quello dei finanziamenti esteri dei partiti. Se era vero che il PCI otteneva sottobanco soldi dall’URSS, era allo stesso modo vero che la DC otteneva ingenti somme dagli americani. La questione fiscale si eliminava da sola. Perciò si preferì piuttosto la via delle “leggi speciali”, che tra il 1950 e il 1951 discriminavano i lavoratori comunisti e più in generale l’ideologia del tenore di vita nei paesi dell’Est <9.
Bocciata la possibilità di mettere fuorilegge il PCI, era stata prevista una delle maggiori riforme in Italia, sotto supervisione USA. Quella dei servizi segreti. Come osserva lo storico Giuseppe De Lutiis, dalla fine della Seconda guerra mondiale ci fu un “lungo periodo di vacanza” per gli apparati di sicurezza italiani. Certo, era stato previsto l’“Ufficio Informazioni dello Stato Maggiore Generale” <10, ma esso vedeva essenzialmente la semplice rinomina delle tre sezioni, già previste dal vecchio “Servizio Informazioni Militare” (SIM), in “Prima, Seconda” e “Terza Sezione”.
La svolta si ebbe il 30 marzo 1949, con l’istituzione del “Servizio Informazioni Forze Armate”, il SIFAR <11. Come accennato, gli Stati Uniti svolsero un ruolo assai rilevante nella nascita del nuovo servizio italiano; si può dire infatti che il protocollo segreto, con cui gli americani regolarono il SIFAR, comportava una completa rinuncia alla sovranità italiana e piuttosto un’estesa supervisione da parte della CIA. Come dichiarerà l’ex Ministro della Difesa Paolo Emilio Taviani: “<I servizi segreti italiani erano comandati dai ragazzi di Via Veneto” <12. A indicare gli agenti CIA della Sezione italiana (nome in codice “Brenno” <13), che risiedevano nell’ambasciata americana a Roma.
Il Servizio, con un organico di 3.000 persone, opererà ripetutamente per condizionare la politica italiana – nonché gli italiani stessi – per tutta la Prima Repubblica. Il SIFAR era la risposta alla preoccupazione americana per la forte presenza del PCI.
In conseguenza agli aiuti americani del “Piano Marshall”, l’Italia del “centrismo degasperiano” – e gli altri paesi europei – concentrò la sua rinascita dal conflitto con la ricostruzione degli edifici, delle infrastrutture e degli impianti industriali. L’importante spinta economica aveva favorito sempre più quello che fu il primo abbozzo di un’Europa “comunitaria”, soprattutto con il tema degli accordi commerciali riguardo la produzione e scambio delle materie prime. Il lungo processo di integrazione europea iniziò il 18 aprile 1951, quando, su iniziativa dei francesi Schuman e Monnet, vi fu l’accordo di 6 paesi (Belgio, Francia, Germania Ovest, Lussemburgo, Paesi Bassi e Italia) per fondare la “Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio”, la CECA <14.
Se l’Occidente era caratterizzato da questa generale rinascita della società e dell’economia, lo stesso non si poteva dire dell’Unione Sovietica, paese che era sì uno dei principali vincitori della Seconda guerra mondiale, ma che proprio a causa di questo evento aveva subito 20 milioni di perdite, 15 milioni delle quali civili, oltre che una generale devastazione del territorio occidentale. Con una popolazione di circa 200 milioni di persone, il paese sosteneva una rapida ricostruzione degli apparati industriali, favorita principalmente dalle pesanti riparazioni di guerra pagate dai paesi vinti. Tuttavia, gli operai delle fabbriche vedranno una netta diminuzione dei loro salari, nel periodo 1946-1950 <15. Il settore industriale del dopoguerra vedeva impianti costruiti risparmiando su molti aspetti, ritenuti “non essenziali”, come le misure di sicurezza. C’era poi il settore agricolo, anello debole dell’economia sovietica, che oltre ad essere colpito da cicli ambientali negativi, vedeva la sfiducia di molti contadini nei confronti del sistema politico. Gli alti funzionari e i membri di spicco del Partito Comunista sovietico (PCUS) sembravano essere gli unici ad avere una vita dignitosa, con retribuzioni e favori che ne stanno facendo una élite privilegiata. Essi venivano identificati con il termine “Nomenklatura”, che letteralmente significa “elenco di nomi dei funzionari sovietici” <16.
Questa situazione portò migliaia di funzionari locali del partito a tentare di integrare i loro scarsi introiti con estorsioni ai produttori agricoli, facendoli passare per “tributi”. Ciò comportava una progressiva devoluzione dello Stato, che vedeva la formazione di piccoli feudi. Ad accusare lo scandalo nel 1952 fu l’importante dirigente di partito Nikita Chruščëv, che criticò i responsabili di queste azioni, che si erano considerati al di sopra della legge. La situazione nei paesi est-europei era pressoché analoga <17. L’instaurazione di regimi a partito unico aveva provocato un vero terremoto economico-sociale, che vedeva l’esproprio ai singoli coltivatori in favore di fattorie collettivizzate dello Stato. Anche in questi territori peggiorarono le condizioni di vita e la linea politica di repressione nei confronti degli oppositori (anche solo presunti) si fece davvero dura. Ma un’importante sconfitta dal punto di vista ideologico era stato il significativo “scisma” tra L’URSS e la Jugoslavia di Tito, reso pubblico nel giugno 1948 <18. I sovietici non erano più in grado di tenere sotto controllo l’attivismo titino, che si era sempre considerato amico, non paese satellite. Senza l’ipotizzato appoggio logistico jugoslavo veniva screditata duramente la forza militare del Partito Comunista Italiano, oltre che la perdita del controllo diretto di una zona cruciale dell’Europa, che rappresentava il crocevia per l’Occidente.
[NOTE]
1 Banti Alberto Mario, L’età contemporanea: dalla grande guerra a oggi, Bari, Laterza, 2009, p. 267.
2 Idem, p. 267.
3 Idem, p. 267.
4 Giannuli Aldo, La strategia della tensione: servizi segreti, partiti, golpe falliti, terrore fascista, politica internazionale: un bilancio definitivo, Milano, Ponte alle Grazie, 2018, p. 36.
5 Idem, p. 36.
6 Idem, p. 65.
7 Idem, p. 67.
8 Banti Alberto Mario, L’età contemporanea: dalla grande guerra a oggi, Bari, Laterza, 2009, p. 275.
9 Giannuli Aldo, La strategia della tensione: servizi segreti, partiti, golpe falliti, terrore fascista, politica internazionale: un bilancio definitivo, Milano, Ponte alle Grazie, 2018, p. 67.
10 Pacini Giacomo, Le organizzazioni paramilitari nell’Italia repubblicana: 1945-1991, Civitavecchia, Prospettiva, 2008, p. 15.
11 Ganser Daniele et al., Gli eserciti segreti della Nato: operazione Gladio e terrorismo in Europa occidentale, Roma, Fazi, 2005, p. 82.
12 Idem, p. 83.
13 Ilari Virgilio, Storia militare della prima repubblica, 1943-1993, Ancona, Nuove ricerche, 1994, p. 445.
14 Banti Alberto Mario, L’età contemporanea: dalla grande guerra a oggi, Bari, Laterza, 2009, p. 295.
15 Idem, p. 276. 16 Idem, p. 276.
17 Banti Alberto Mario, L’età contemporanea: dalla grande guerra a oggi, Bari, Laterza, 2009, p. 277.
18 Formigoni Guido, Storia d’Italia nella guerra fredda (1943-1978), Bologna, il Mulino, 2016, p. 123.
Daniele Pistolato, “Operazione Gladio”. L’esercito segreto della Nato e l’Estremismo Nero, Tesi di laurea, Università degli Studi di Padova, Anno Accademico 2023-2024