Un’altra caratteristica che contraddistingue il turista moderno è la richiesta da parte di quest’ultimo di relazioni meno superficiali. (Droli 2012, 29) Il problema dell’insicurezza viene “alleviato” dalla creazione di relazioni, che costituiscono uno dei fattori più importanti per una vita di qualità, come dimostrato anche dall’ampio utilizzo di Social Network e della condivisione sempre maggiore di esperienze sul web. Le persone hanno bisogno di confrontarsi e condividere i propri valori. Tale richiesta si conferma anche nel settore dell’ospitalità turistica, che vede un ospite attento e interessato alla creazione di relazioni con la comunità del luogo visitato: “Le relazioni tra l’individuo e il mondo o le stesse esistenti tra gli ospiti e la comunità possono migliorare laddove si eviti il rischio di inglobare ipocrisia, specie nelle relazioni di benvenuto previste da certi disciplinari i quali prescrivono cortesia, gentilezza e anche sorrisi obbligatori. Il mercato sembra premiare i Piccoli Centri Storici in cui sentirsi ed essere accoglienti”. (Droli 2012: 30)
Un’altra caratteristica del turista moderno è come accennato in precedenza, la ricerca di luoghi dotati di una propria identità. La ricerca di esperienze originali collegate al territorio, il riemergere del locale, nell’epoca della globalizzazione, sono ormai elementi fondamentali della domanda turistica sia nazionale che internazionale. Già alcuni anni fa, Il CISET <10 (2003) aveva condotto alcune ricerche che mostravano soprattutto da parte dei turisti stranieri in Italia, un interesse per le tipicità del territorio, con la riscoperta di tradizioni e autenticità locali, riassumibili nel concetto di “Living Culture”.
[…] Ad avvalorare quanto detto c’è anche un’indagine ACI/CENSIS del 2001 che sottolinea la necessità: <di fare di ogni occasione di consumo turistico una “Total Leisure Experience” (TLE), in vista di soddisfare sia la motivazione di una attrattiva base (di cultura, natura, avventura, evento, enogastronomia, salute, ecc.) sia di rispondere alla necessità di un appagamento complessivo nell’uso del proprio tempo libero (ricettività, ristorazione, prodotti, tipici, ecc.); la ricerca di “altrove”, di “altrimenti” di “altri”, in controtendenza rispetto alla domanda di omologazione propria dei turismi di massa, e invece a caccia di sempre nuove e autentiche “identità”>. <11
Alla ricerca di tipicità, si aggiunge quello che Fabris chiama il rallentamento del tempo (Fabris 2003: 282), ovvero la tendenza ad allontanare la frenesia della quotidianità soprattutto nelle grandi città, in favore di tempi e ritmi di vita più sostenibili, soprattutto in vacanza. Il tempo viene visto come una risorsa fondamentale per il miglioramento della propria qualità di vita, sostituendo progressivamente al concetto di “fast”, quello di “slow”, “soft”. La voglia di arrestare la frenesia dei ritmi cittadini, porta il turista a ricercare ambienti e soluzioni “rallentate”: avviandosi dal villaggio globale ai ritmi ed i tempi della vita del villaggio tradizionale. (Fabris 2003: 283)
[…] La percezione stessa nei confronti del territorio è cambiata da parte del turista moderno, in quanto la ricerca di esperienze autentiche e uniche prevedono la considerazione di contesti urbani e rurali un tempo ritenuti secondari, esclusi dai tipici itinerari turistici. La ricerca di territori, culture e tradizioni da riscoprire, attraverso il coinvolgimento relazionale con la comunità di un luogo, rappresentano le nuove tendenze turistiche.
Le nuove motivazioni turistiche, infatti, vanno oltre l’esigenza classica del riposo, riguardando la ricerca di nuovo e più profondo rapporto con la natura, la creazione di legami con il passato e ricercano l’esperienza di tipo sportivo, culturale o sociale, che nella loro vita quotidiana, non riescono a vivere. (Di Bernardo, 2015)
L’Italia da questo punto di vista dimostra di avere ancora un brand particolarmente forte sul mercato internazionale, posizionandosi nel 2015 al 5° posto delle destinazioni turistiche mondiali più frequentate dal turismo straniero, secondo un’indagine OMT (Organizzazione mondiale del Turismo). Sempre da un’analisi condotta dall’ENIT dello stesso anno, si evince la supremazia del nostro paese in tema di bellezza percepita, ossia per “l’insieme delle risorse conosciute dal mercato, giudicate attrattive, legate al cibo, all’arte, al turismo e alla storia, le quali caratterizzano un luogo”. (Droli 2012: 37)
Il grafico riportato, riferito al nostro paese, indica come i luoghi di interesse storico e artistico attirino la maggior parte dei visitatori (52,1%), seguiti da località di mare (19,1%) e dal binomio montagna-laghi (22,5%). A questi dati risulta interessante collegare l’indagine condotta da Pricewaterhouse Coopers <14del 30 aprile 2016 che sottolinea come l’Italia sia il paese con il più ampio patrimonio culturale a livello mondiale, con circa 4.588 siti archeologici, monumenti e musei, e come rispetto alla media mondiale, questo risulti ancora totalmente inespresso. Solo a titolo esemplificativo, gli Stati Uniti (paese con circa la metà dei siti presenti in Italia) percepisce un ritorno
economico dalle risorse culturali, sedici volte quello italiano. Lo studio identifica inoltre sette leve per una migliore valorizzazione del patrimonio artistico e culturale italiano, tra le quali l’allineamento agli standard europei in termini di strutture ricettive, servizi e trasporti dedicati ad accogliere il crescente numero di arrivi di turisti internazionali e un miglioramento del tasso di utilizzazione degli esercizi alberghieri in modo da allinearsi ai tassi internazionali.
Il concetto di bellezza rappresenta quindi uno dei maggiori punti di forza italiani, la questione che rimane in sospeso è come incrementare tale “economia della bellezza”. (Droli 2012: 37)
Una domanda turistica sempre più attenta e differenziata, la ricerca di esperienze autentiche, del ritorno al passato attraverso la riscoperta di culture e tradizioni, la necessità di instaurare relazioni, di vivere a ritmi rallentati in luoghi dove sentirsi “sicuri”; nonché la ricchezza storico-culturale ed ambientale presente in Italia e spesso dimenticata, fanno del nostro paese il luogo ideale per sviluppare una formula ospitale in grado di rispondere in modo convincente alla necessità di differenziazione e autenticità sinora descritti.
A tal proposito la formula ospitale dell’Albergo Diffuso presenta numerosi punti di forza in grado di soddisfare le esigenze di un’utenza sempre più attenta al contenuto e ai significati dell’esperienza più che ai servizi offerti. Grazie al recupero di edifici e case in via di abbandono e al rispetto dell’ambiente culturale infatti, la formula dell’Albergo Diffuso tende a perseguire la strada del recupero del patrimonio artistico e culturale dei centri minori, con la funzione di “animatore” culturale ed economico di intere borgate.
La rivitalizzazione di piccoli paesi comporta una partecipazione attiva da parte della comunità in grado di conservare al suo interno una complessità di funzioni residenziali, commerciali e artigianali. In questo modo il turista potrà scoprire luoghi di pregio storicoculturale un tempo nascosti, immergendosi appieno nella vita “a ritmi slow” della comunità locale, percependo quel senso di accoglienza e sicurezza, quasi si trattasse di un residente temporaneo.
Lo stile gestionale dell’Albergo diffuso si caratterizza nell’universo ricettivo per l’atmosfera originale, per le modalità di erogazione dei servizi e per la sua forte valenza territoriale; esso ha uno stile unico poiché si pone l’obbiettivo di offrire un’esperienza legata al territorio anche nei tempi e nei ritmi del servizio oltre che nei servizi e prodotti offerti. <15
L’Albergo Diffuso si configura come un modello ospitale con radici storiche e culturali fortemente legate al nostro paese e quindi in linea con uno sviluppo territoriale sostenibile. L’atmosfera originale e la forte valenza territoriale del modello, portano il turista a vivere una vera esperienza di autenticità. Naturalmente perché il modello dell’Albergo Diffuso possa considerarsi un progetto trainante per l’intero sistema turistico italiano, è necessario che l’avviamento di quest’ultimo non avvenga senza criterio, ogniqualvolta vi sia un borgo abbandonato da recuperare, e nemmeno che la gestione di quest’ultimo acquisisca i connotati di rigidità classici di alcune proposte alberghiere attuali.
Alla base delle gestione di un modello originale è necessaria una cultura adeguata e alcuni principi imprescindibili:
– il principio dell’adattabilità, che stabilisce che ogni forma di ospitalità diffusa deve essere coerente con il contesto culturale e urbanistico locale;
– il principio dell’unitarietà gestionale, per il quale ogni albergo diffuso è in grado di offrire agli ospiti i servizi di un albergo;
– il principio dell’integrazione, per il quale l’albergo diffuso ha successo se integra le proposte presenti nel territorio e riesce a proporsi come elemento di animazione dello stesso. (Vergaglia: 2008)
Un altro fenomeno caratterizzante il turista moderno è il fatto di essere un “turista digitale”. Da una recente ricerca condotta nel 2015 dall’Osservatorio Innovazione Digitale nel Turismo <16, sull’andamento del mercato digitale del turismo e l’impatto degli strumenti digitali su alcuni attori chiave della filiera, emerge come il turista digitale sia particolarmente attivo su Internet in tutte le fasi del viaggio: nei momenti pre-viaggio, l’88% ricerca informazioni e l’82% prenota e acquista alloggi o servizi turistici; durante il viaggio il 44% acquista in Internet qualche attività e l’86% applicazioni a supporto dell’esperienza. Per quanto riguarda il post viaggio e quindi la scrittura di recensioni, essa viene svolta dal 33% degli intervistati.
Altri dati interessanti sono che il 92% di chi scrive lo fa per aiutare possibili clienti futuri, mentre dall’altra parte solo il 42% dei turisti digitali afferma di aver ricevuto una richiesta di valutazione o recensione da una struttura ricettiva.
Un’altra ricerca dell’ONT condotta solamente sul mercato tedesco nel 2011, mostra come più del 50% dei turisti intervistati abbia usato internet per la ricerca di informazioni pe il proprio viaggio.
[…] “As I survey my room in the morning sun, it becomes clear that the work here was more conservation than restoration […]” <18
E’ con questa frase, tratta da un articolo uscito nel 2011 del “National Geographic” che si vuole introdurre al lettore l’argomento portante di tutto il lavoro, ovvero il modello dell’Albergo Diffuso. Un’idea nata in un momento tutt’altro che positivo, quello del terremoto in Carnia del 1976 e che in realtà non è rimasta solo un’idea ma si è trasformata in un modello di ospitalità innovativo, in grado di dar nuova vita a molti borghi italiani, tramite il recupero di vecchi edifici e case abbandonate da destinare all’accoglienza turistica. In questo capitolo l’Albergo Diffuso, che per motivi pratici chiameremo AD, verrà illustrato in ogni suo aspetto: dalla nascita negli anni ‘80 fino ad oggi. Verranno presentate inoltre le caratteristiche peculiari che contraddistinguono l’AD dalle altre forme di ospitalità, le diverse tipologie di ospitalità diffusa presenti in Italia, il concetto di AD come una tipologia ospitale sostenibile e “autentica”, nonché il successo riscosso all’estero come modello “Made in Italy”. Per la presentazione di quest’ultima parte verranno presi in considerazione una serie di articoli di stampa nazionale e internazionale, che soprattutto a partire dagli anni 2010 in poi, hanno mostrato un largo interesse per il concetto di Albergo Diffuso.
[…] Come accennato poc’anzi la prima idea di Albergo Diffuso risale al 1976 in Friuli, in un momento tutt’altro che felice, anzi, quello in seguito al terremoto verificatosi in Carnia. Da tale distruzione si pensò di recuperare e ristrutturare i borghi abbandonati a causa del terremoto, per fini turistici. Da qui il primo “progetto pilota Comeglians” nel quale viene utilizzato per la prima volta il termine “Albergo Diffuso”. Il progetto avviato nel 1982 verrà realizzato da un gruppo di lavoro, sotto supervisione del professor Dall’Ara solo nel 1999 <19. Inizialmente, tuttavia, trattandosi di unità abitative sparse senza una gestione alberghiera unitaria e senza i servizi alberghieri classici forniti all’ospite, l’Albergo Diffuso degli inizi, non rispecchiava esattamente l’idea di albergo tradizionale. In realtà la posizione sparsa delle varie unità abitative rispecchiava secondo Dall’Ara, il percorso evolutivo della tipica famiglia italiana. Quando la famiglia si allargava per il matrimonio di un figlio, che continuava ad abitare con la famiglia originaria, si “espandeva” anche la casa, con ampliamenti, di norma di carattere orizzontale, che tendevano a trasformare case isolate in piccoli borghi (Dall’Ara, 2015: 24)
In base a queste affermazioni, si può già dedurre che l’idea iniziale di Albergo Diffuso, come agglomerato di abitazioni appartenenti ad un’unica famiglia, già di per sé racchiudeva un contatto, un’inclusione dell’ospite nella quotidianità del luogo, un valore identitario maggiore rispetto a quello di un albergo standard.
A seguito del “progetto Comeglians”, vennero lanciate altre proposte di ospitalità diffusa sempre con l’obiettivo primario di riutilizzare case vuote per valorizzare turisticamente un centro disabitato. Tuttavia i primi progetti, molti dei quali rimasti incompiuti, non facevano parte di un modello di ospitalità specifico, o meglio erano privi di una qualsiasi teoria e cultura dell’ospitalità che facessero dell’Albergo Diffuso un modello nuovo e alternativo alle strutture ricettive già presenti sul territorio. L’attenzione infatti era troppo concentrata sull’offerta, ovvero sul possibile riutilizzo degli stabili e non tanto sulla domanda, sul come utilizzarli. Concentrarsi sulla domanda significava si recuperare case inutilizzate ma con l’attenzione totalmente rivolta alle nuove aspettative della domanda, ovvero ai servizi da proporre per soddisfare quelli che poco sopra abbiamo chiamato i turisti della quarta generazione: i turisti “aumentati”.
Il focus iniziale era soprattutto sul prodotto, poiché ci si concentrava su come valorizzare turisticamente un determinato sito rurale, invece che costruire un’offerta partendo dalle esigenze della domanda, interessata sempre più all’esperenzialità e all’autenticità dei borghi. (Di Bernardo 2015: 99)
Il 1989 può essere considerato l’anno di passaggio del concetto di Albergo Diffuso da idea a modello vero e proprio; è questo l’anno in cui viene avviato un nuovo progetto di AD nel comune di San Leo nel Montefeltro. La particolare conformazione urbanistica del paese faceva sì che le case si trovassero tutte attorno alla piazza principale, dove già si trovavano un bar ed altri servizi utili per un’eventuale nuova proposta di ospitalità.
Uno dei più grossi limiti iniziali degli AD era infatti la mancanza di tutti quei servizi e comfort tipici degli alberghi standard, nonché la mancanza di una gestione unitaria <20.
[…] Fino agli anni ‘90 del secolo scorso però il modello non trova una concreta attuazione. Il passo decisivo che segna l’introduzione di una normativa specifica per l’AD, riguarda il Piano di Sviluppo del Marghine Planargia <21 del 1994 in Sardegna (nella cittadina di Bosa). All’interno del progetto infatti furono introdotti altri requisiti chiave per lo sviluppo del modello AD che fecero della Sardegna la prima regione in Italia ad avere una normativa specifica in materia di ospitalità diffusa (legge regionale n. 27 del 12 agosto 1998, Regione Autonoma della Sardegna). I requisiti aggiunti a quelli già proposti per il progetto Turismo di San Leo nel Montefeltro e che dimostrano la fattibilità a tutti gli effetti del modello dell’AD possono essere così riassunti:
– L’AD necessita una gestione imprenditoriale e professionale;
– L’AD deve offrire ai propri ospiti spazi comuni come qualsiasi altra struttura standard, ma in questo caso gli spazi comuni devono garantire al gestore di proporre un atmosfera “calda” che faciliti relazioni personalizzate per tutti gli attori coinvolti (gestore, ospiti, abitanti del luogo).
– L’AD deve disporre di due hall: una interna per rendere l’idea di accoglienza tipica degli alberghi ed esterna per far vivere all’ospite anche l’esperienza di vicinato tipica di chi vive in un borgo.
– L’AD deve avere un proprio stile, riconoscibile in tutti gli ambienti della struttura, non si tratta quindi solo di ristrutturare case abbandonate ma di rispettare il più possibile l’identità del luogo. A tal proposito si è espresso anche il Touring Club Italiano che conclude la Carta sull’etica del turismo e dell’ambiente con le seguenti parole: <Ѐ tempo di pensare ad alternative estetiche ed ecologiche rispetto agli enormi alberghi-grattacieli e ai padiglioni e palazzi di cemento, nei quali il cospicuo consumo di turismo si reclamizza da solo come una ingombrante intrusione estranea che, se “produce” turismo, si dimostra incapace di immaginare un migliore inserimento nell’ambiente locale. Tali costruzioni, oltretutto costose da mantenere, sono destinate a divenire i testimoni monumentali di una “archeologia turistica”>. <22
– Tutte le abitazioni/stanze dell’AD devono essere collocate ad una distanza ragionevole di massimo 200 metri dalla reception e dagli altri immobili, per garantire agli ospiti gli stessi servizi. (www.albergodiffuso.com)
[NOTE]
10 CISET (Centro Internazionale di Studi sull’Economia Turistica – Università Cà Foscari di Venezia).
11 http://www.aci.it/fileadmin/documenti/studi_e_ricerche/monografie_ricerche/Rapporto_turismo_2001_sintesi.pdf (data di consultazione 26/01/2017).
13 Fonte ENIT 2015: http://www.enit.it/it/studi.html (data consultazione 26/01/2017).
14 Per maggiori informazioni consultare lo studio: Il patrimonio artistico e culturale italiano: Quali leve per riconquistare un primato internazionale” PWC (2016) http://www.pwc.com/it/it/press-room/assets/docs/pressrls-asset-culturali.pdf (data consultazione 26/01/2017).
15 Vergaglia, G. (2008), Tafter Journal: http://www.tafterjournal.it/2008/06/26/ricettivita-diffusa-e-nuovetendenze-del-fenomeno-turistico-in-italia/ (data consultazione 27/01/2017).
16 Fonte: Osservatorio Innovazione Digitale nel Turismo: Il Turismo?…In viaggio con il digitale (ottobre 2015): 13.
18 Murphy, M. (Sept. 2011), The Towns Italy Forgot. National Geographic Traveller http://travel.nationalgeographic.com/travel/italy-hotels-traveler/ (data consultazione 05/12/2016).
19 Per maggiori informazioni consultare il sito ufficiale dell’AD Comeglians http://www.albergodiffuso.it/it (data di consultazione 06/12/2016).
20 “In generale la gestione di una struttura ricettiva è definita unitaria quando fa capo ad un unico soggetto per la fornitura sia dei servizi principali, ossia relativi all’alloggio, sia di quelli ulteriori. Ciò vale anche quando la fornitura di questi ultimi sia affidata ad gestore diverso, purché regolarmente autorizzato, da quello che fornisce l’alloggio, cui resta comunque la responsabilità di garantire la coerenza della gestione complessiva e del rispetto dei livelli di classificazione ottenuti”. Legge regionale 28 luglio, n.16, Regione Emilia Romagna.
21 http://www.albergodiffuso.com/l_idea.html (data consultazione 18/10/2016).
22 Download Carta sull’etica del turismo e dell’ambiente scaricabile da http://www.filcams.cgil.it/creapdf/?id=6315 (data consultazione 05/01/2017).
Natascha Bontadi, Associazione nazionale alberghi diffusi: un esempio d’eccellenza dell’ospitalità Made in Italy. Traduzione tedesca e commento del sito internet ufficiale, Tesi di laurea, Università degli Studi di Padova, Anno accademico 2016/2017