Il 1° settembre 1949 veniva attivato il SIFAR

Un’altra rete importante nella storia degli apparati di sicurezza del dopoguerra è costituita dal servizio anticomunista degli industriali: il mondo imprenditoriale, soprattutto nel settentrione, durante la Resistenza aveva sostanzialmente fatto parte per sé, cosa che risulta chiara se riprendiamo le considerazioni svolte da Claudio Pavone in “Una guerra civile” <629 a proposito dell’impossibilità per i proprietari delle fabbriche di non cedere ad alcune forme di collaborazionismo; fatto che non impediva il parallelo finanziamento e sostegno delle grandi famiglie industriali del nord ai Cln e alle organizzazioni partigiane. Dopo la guerra, il responsabile del Psychological Warfare Branch – PWB di Genova, Lovering Hill, informava l’ambasciatore USA a Roma di una riunione svoltasi fra il 16 e il 17 giugno del 1945, a Torino, con la partecipazione del dott. Pierluigi Roccatagliata (per la Nebiolo), del comm. Vittorio Valletta (per la Fiat), di Piero Pirelli (dell’omonima ditta), dell’ingegnere Falck (delle acciaierie omonime), dell’armatore Rocco Piaggio, del dott. Angelo Costa (di fatto, il gruppo dirigente della Confindustria di cui Costa sarebbe diventato presidente nello stesso anno). In tale riunione sarebbe stato varato un piano anticomunista, comprendente sia una campagna stampa (per la quale erano stanziati 120 milioni del tempo), sia la costituzione di squadre armate la cui organizzazione sarebbe stata affidata a Tito Zaniboni (esponente socialista vicino a Saragat, massone, che nel 1925 aveva tentato di uccidere Mussolini). <630 Il progetto non rimase sulla carta, come conferma la Nota del 14 febbraio 1947 della sezione Lavoro riservato del PCI <631, che parla a questo proposito di un servizio con le seguenti caratteristiche: “noto a Milano come degli industriali, […] mascherato come ufficio […] vertenze economiche fra operai e datori di lavoro […]. Effettua invece, per conto degli industriali un servizio di spionaggio offensivo nei confronti dei partiti e delle organizzazioni
di sinistra; venne svolto da attori della storia militare e dell’intelligence durante il fascismo”.
Alla data del ’49 corrispondono due fatti direttamente collegati tra loro: l’adesione dell’Italia al Patto atlantico e la restaurazione dei poteri dell’esercito, tramite l’unificazione dei tre ministeri di Guerra, Marina e Aviazione in quello della Difesa e il ripristino parziale delle prerogative dello Stato Maggiore della Difesa.
Non appare casuale, in questo quadro, che i servizi segreti italiani siano stati riorganizzati contemporaneamente alla fondazione dell’alleanza atlantica e che tra i due eventi vi sia una strettissima successione temporale: il 30 marzo 1949 si decideva la ricostituzione del servizio, il 4 aprile veniva firmato il Patto Atlantico. Il 1° agosto il Parlamento ratificava l’adesione italiana al Patto, il 24 agosto il trattato diveniva operante e il 1° settembre veniva attivato il SIFAR. <632
Nota sempre De Lutiis a proposito del contesto in cui nasce il SIFAR che viene lasciata cadere un’occasione storica per istituire un servizio aderente ai princìpi della nuova Carta costituzionale: quello che sorge tra il 30 marzo (data della circolare istitutiva) e il 1° settembre 1949 (nascita effettiva del SIFAR, Servizio informazioni forze armate) è un servizio segreto prigioniero delle esigenze politiche internazionali, con la guerra fredda che già da due anni avvelena i rapporti tra le grandi potenze. Esso nasce in forza di una circolare interna del ministro e non in seguito a dibattito parlamentare. Alla ricostituzione non segue una nuova regolamentazione legislativa, per cui la sua attività continua a essere disciplinata dalle norme interne emanate successivamente al decreto del ’27. <633
Alla stessa data vengono ricostituiti i Servizi informazioni operative e situazione – SIOS presso ciascuno degli Stati Maggiore delle tre forze armate.
A corollario di questa riorganizzazione per la Guerra fredda, strettamente incrociata con l’autonoma iniziativa degli industriali di contrasto al conflitto sociale che proprio in questi anni imperversa nel paese, troviamo anche la formazione di un eterogeneo e vasto movimento anticomunista semispontaneo, operante a metà strada tra lotta armata, intelligence e guerra psicologica. Al suo interno ritroviamo diversi filoni politici: la già ricordata galassia neofascista, composta, oltre che da PFD e SAM, anche da un’organizzazione paramilitare e clandestina, predisposta ad eventuali attività di terrorismo e di guerriglia anticomunista, denominata Macri (Movimento anticomunista per la ricostruzione italiana), camuffata – secondo quanto ha rivelato, senza essere smentito, Giuseppe De Lutiis – sotto la sigla di una presunta fondazione cattolica di assistenza e di beneficenza e non ostacolò, pur mantenendo sotto l’ufficiosa supervisione del generale Pièche, lo sviluppo di un gruppo armato finanziato dagli Stati Uniti e dall’Intelligence Service, che riuniva vari movimenti monarchici e fascisti sotto la denominazione di Fronte antibolscevico, capeggiato dal generale Navarra Viggiani <634.
Ricordiamo, infine, anche altri gruppi minori e più effimeri come i Fasci di azione rivoluzionaria – FAR e il Movimento sindacalista che raccoglieva ex gerarchi del corporativismo fascista. Il Movimento sociale finirà per assorbirli tutti e proprio al suo interno nascerà nel 1950 un centro studi destinato ad avere importanza storica centrale nelle vicende italiane dei decenni successivi: l’Ordine nuovo di Pino Rauti, la cui identità riassume proprio quegli elementi di guerra coperta caratteristici del clandestinismo del conflitto bipolare.
[NOTE]
629 Cfr. C. Pavone, Una guerra civile. Saggio storico sulla moralità nella Resistenza, pp. 344-47, Bollati Boringhieri 2003 (Prima edizione 1991)
630 A. Giannuli, op. cit., p. 24
631 Nota del 14 febbraio 1947, n. 0413 di prot., fondo Pci, Archivio Isec.
632 G. De Lutiis, op. cit., p. 43
633 Ibidem, p. 39
634 G.C. Marino, op. cit., pp. 62-63
Elio Catania, Il conflitto sociale: “motore della Storia” o “tabù” storico-politico. Il caso di Milano nel secondo dopoguerra, Tesi di laurea magistrale, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, Anno Accademico 2016/2017

Dal 1934 al 1939 il Servizio Informazioni Militari (SIM) fu diretto dal generale Mario Roatta, ed in quel periodo (scrive Aldo Giannuli) «iniziò ad occuparsi anche di politica e con metodi d’azione tutt’altro che cavallereschi (…)»; ebbe come «braccio operativo» un «manipolo di ufficiali ugualmente spregiudicati». Tra gli altri Giuseppe Pièche <2, Santo Emanuele, Enrico Boncinelli e Pompeo Agrifoglio, definiti dallo studioso «una squadra speciale per i lavori sporchi», come gli assassinii del re Alessandro I di Jugoslavia e dei fratelli Rosselli <3.
All’interno del SIM nel 1939 fu fondata la Sezione Calderini per operazioni “offensive”, cioè di spionaggio: ad essa passò «l’antico gruppo roattiano» con Boncinelli ed Agrifoglio <4.
[…] All’inizio del 1945 il Servizio segreto militare diventa Ufficio informazioni dello Stato maggiore generale, e la Calderini (che era formata esclusivamente da ufficiali e dislocata per lo più oltre le linee, cioè in territorio occupato) diventa Prima sezione; ne esce il Primo gruppo, che diventa Gruppo speciale all’interno del SIFAR e darà poi origine alla SAD (Sezione addestramento guastatori), base su cui si fonderà la struttura della Gladio. Infatti «più ufficiali che avevano militato in questa specifica struttura del Servizio di sicurezza militare nella fase finale dell’ultimo conflitto mondiale risultavano essere poi stati definitivamente incardinati nel SIFAR e quindi nel SID, con la attribuzione di funzioni proprio all’interno della Sezione che per anni ebbe a fungere motore dell’Operazione Gladio: la Sezione Addestramento Guastatori» <9.
[NOTE]
2 Il generale Pièche, dopo avere diretto la sezione controspionaggio del SIM tra il 1934 ed il 1936, nel 1937 fu inviato da Roatta in Spagna a coordinare gli aiuti militari ai franchisti; tra luglio 1942 e febbraio 1943 fu nuovamente al seguito di Roatta nella Croazia occupata dai nazifascisti, dove diresse le azioni repressive di polizia militare a sostegno del governo fantoccio di Ante Pavelić. Con questo curriculum, nel novembre ’43 fu nominato comandante generale dell’Arma dei Carabinieri dal capo del governo del Sud Pietro Badoglio; deferito alla Commissione di epurazione per le sanzioni contro il fascismo, la pratica fu archiviata.
3 Alessandro I fu ucciso il 9/10/34 a Marsiglia. Gli antifascisti Carlo e Nello Rosselli, rifugiati in Francia dal 1929, il 9/6/37 caddero nell’agguato teso da alcuni sicari del gruppo filofascista La Cagoule e massacrati. L’istruttoria giudiziaria condotta a Roma nel 1944-45 indicò come mandanti del duplice omicidio Mussolini ed il genero Galeazzo Ciano, con il coinvolgimento di alcuni ufficiali del SIM (http://www.anpi.it/donne-e-uomini/carlo-e-nello-rosselli/).
4 Cfr. A. Giannuli, “Il noto servizio, Giulio Andreotti e il caso Moro”, Tropea 2011, p. 29.
9 SO 318/87, cit., p. 1.612.
Claudia Cernigoi, Momenti di Sogno, La Nuova Alabarda, Dossier n. 58, Trieste, 2018

Il 28 dicembre 1943 fu approvata una legge che statuiva che chi avesse militato nel Partito Fascista o fosse stato gerarca o squadrista ovvero titolare di cariche pubbliche in agenzie statali locali o semi-governative o anche in agenzie private di pubblico interesse, fosse rimosso dal suo ufficio. Una speciale Commissione per l’applicazione della citata legge sulla “defascistizzazione” fu istituita il 12 aprile 1944, mentre per l’attuazione dei decreti legge che disponevano la soppressione delle istituzioni fasciste, fu creato un “Alto Commissariato per la soppressione del Fascismo dalla vita nazionale”, il cui Alto Commissario fu Tito Zaniboni, uno degli attentatori alla vita di Benito Mussolini. In data 26 maggio 1944 era stata poi approvata una legge che prevedeva la punizione dei crimini fascisti e di tutti quelli che avevano compiuto gli atti illegali del regime fascista, dalla Marcia su Roma del 22 ottobre 1922. Inoltre, con la legge del 27 luglio 1944, fu istituito un “Alto Commissariato per le sanzioni contro il fascismo” il cui presidente fu il conte Carlo Sforza e furono emanate le norme per l’accertamento dei profitti del regime e la liquidazione dei beni appartenenti alle organizzazioni fasciste. Il processo per l’epurazione si rivelò ben presto assai lento e non produsse i risultati sperati anche a causa della debolezza della compagine governativa Bonomi. Sul dibattito concernente l’epurazione e le interferenze da parte alleata, si veda E. Aga Rossi, L’Italia nella sconfitta cit., pp. 140-144.
Michaela Sapio, Servizi e segreti in Italia (1943-1945). Lo spionaggio americano dalla caduta di Mussolini alla liberazione, Tesi di Dottorato, Università degli Studi del Molise, 2012

I servizi segreti britannici aggiornarono i colleghi statunitensi nei primi giorni del 1946 sulla situazione nei gruppi clandestini monarchici. Secondo la relazione, il gruppo più organizzato era in realtà la sezione clandestina paramilitare del Partito Democratico Italiano. Se Selvaggi operava principalmente in superficie dunque, a tenere i contatti con le diverse forze clandestine, con i militari e con gli industriali era deputato Ernesto Boncinelli, il quale durante l’occupazione tedesca della capitale era a capo di una delle reti clandestine del SIM (il Centro R) <544. Non solo, Boncinelli si sarebbe recato a Roma, a fine dicembre 1945, per incontrare il Luogotenente Umberto di Savoia, l’Ammiraglio Franco Garofalo, il Colonnello Pompeo Agrifoglio, ancora a capo del SIM, oltre allo stesso Selvaggi. Nella riunione si sarebbe discusso, in particolare, in merito all’utilizzo di elementi fascisti capeggiati da un non meglio specificato Santi. Solo Boncinelli e Selvaggi erano favorevoli a questo tipo di operazione. Si decise, tuttavia, di intraprendere comunque tali trattative, anche se mediante intermediari, evitando in tal modo di esporre in prima persona gli elementi di spicco dell’area monarchica. In cambio dell’aiuto del gruppo clandestino neofascista, il partito di Selvaggi avrebbe inserito nel proprio programma la concessione di una amnistia per tutti i fascisti, con l’eccezione dei criminali di guerra <545. Se gli accordi con il gruppo neofascista non andarono a buon fine, sorte migliore ebbero invece gli incontri con alcuni industriali italiani come il presidente della Confindustria e armatore Angelo Costa ed Enrico Piaggio. Essi, tuttavia, più che finanziare i gruppi paramilitari monarchici per sostenere la causa dei Savoia, preferivano avere a disposizione dei gruppi in funzione anticomunista: «Piaggio is very interested in the formation of an information service in Genoa to keep a watch on Communist activities and intensions. He was disposed to give Boncinelli 300000 lire a month for this purpose. […] Piaggio and other industrialists were avers to the idea of maintaining permanent armed formations and prefer to rely on armed squads of volunteers inside the various “parties of order”» <546. Un servizio che venne effettivamente attivato e a cui capo venne posto lo stesso Boncinelli <547.
I contatti tra i gruppi monarchici e i neofascisti nonostante questo primo fallimento, ripresero e si accentuarono nella primavera del 1946 con l’intensificarsi della campagna elettorale per il referendum del 2 giugno.
[NOTE]
544 Sull’attività di Boncinelli vedi A. Vento, In silenzio gioite e soffrite, p. 274.
545 TNA, WO 204/12660 Right-wing activities vol. 2, Monarchist movement in Milan, 4 gennaio 1946.
546 TNA, WO 204/12660 Right-wing activities vol. 2, Monarchist movement in the North, 21 gennaio 1946.
547 Sul servizio anticomunista della Confindustria vedi A. Giannuli, Il noto servizio. Le spie di Giulio Andreotti, Roma, Castelvecchi, 2013, pp. 22-26.
Nicola Tonietto, La genesi del neofascismo in Italia. Dal periodo clandestino alle manifestazioni per Trieste italiana. 1943-1953, Tesi di laurea, Università degli Studi di Trieste, anno accademico 2016-2017

Tornando alla cronologia degli eventi, quando vennero arrestati i fratelli Scalera, che erano ritenuti suoi finanziatori, Giannini si rifugiò a casa del maestro Vincenzo Bellezza, in via della Mercede a Roma, ospite dell’illustre signora Clary, dove si incontrava con Alberto Bergamini e Tito Zaniboni.
Seppure le sue intenzioni fossero quelle di dirottare la folla dei suoi lettori al Pli, e nonostante mancasse – come riportano molte fonti, a partire da Montanelli, di ambizione politica <286, il crescente successo del giornale nei suoi primi mesi di vita motivò Giannini a creare un movimento politico. Al partito qualunquista dedicheremo ampio spazio in seguito, qui è sufficiente farne qualche rapido cenno. Il Fronte dell’Uomo Qualunque – questo il nome che assunse – nacque nel salotto di donna Clary e si organizzò grazie al giornale, a partire da un articolo dell’8 agosto 1945, dal titolo «Il grido di dolore». Citando il celebre discorso con cui Vittorio Emanuele II sposava la causa dell’indipendenza italiana, Giannini affermava che il grido di dolore degli italiani non poteva più restare inascoltato.
[…] «La “grande avventura dell’Uomo Qualunque” ebbe così il suo inizio l’8 di agosto del 1945» <288. Nel giro di pochi giorni «si formarono migliaia di nuclei in tutta Italia, soprattutto nel Mezzogiorno, ma gli uomini nuovi e preparati in cui sperava Giannini non comparvero mai. Gli iscritti appartenevano al ceto impiegatizio e a quello dei piccoli professionisti, ragionieri, operatori, impiegati di banca» <289, un successo al quale tanto Giannini, quanto i suoi collaboratori non erano preparati. Debuttò come oratore e politico a Bari, per questa ragione definita in seguito «culla del qualunquismo» <290, nel 1945. Lo accompagnavano tre futuri deputati qualunquisti: Emilio Patrissi, il generale Roberto Bencivenga e Martino Trulli, barese, che gli preparò un’accoglienza entusiastica.
[…] Veniva quindi istituito un parallelismo fra il passato e il presente, fascismo e antifascismo non come fenomeni contrapposti, ma l’uno continuatore dell’altro. «Ieri (1919) Mussolini, Farinacci, Michelino Bianchi, Cesarino Rossi, Rossoni, Arpinati ecc… fino allora fior di libertari, ed emeriti istrioni dell’estremismo, basandosi su una psicosi post-bellica, stamburano una formuletta tuttosana, la quale, applicata, ci portò alla dittatura e alla rovina: oggi altri Mussolini, Farinacci, Bianchi e Rossi, ci scodellan lì un’altra formuletta, sostanzialmente identica a quella, con la dittatura al sommo, e come i venditori di specifici nelle fiere di campagna, urlano fino a convincersene essi stessi: Se la formula di Mussolini accoppa, questa nostra fa risuscitare!» <720.
[NOTE]
286 Indro Montanelli, Ritratti, Rizzoli, Milano 2004, p. 374.
288 Id., La grande avventura dell’Uomo Qualunque cit., p. 49.
289 M. Del Bosco, Guglielmo Giannini e «l’Uomo Qualunque». Giannini salta nell’urna, in Il mondo, XXIII, 972, 2 maggio 1971.
290 Cfr. Giannini fissa a Bari in dieci punti la Legge Fondamentale dell’Uomo Qualunque, in UQ, IV, 24, 11 giugno 1947.
720 Id., Anche Zaniboni è fascista?, in UQ, II, 25, 8 agosto 1945.
Maurizio Cocco, Il Qualunquismo Storico. Le idee, l’organizzazione di partito, il personale politico, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Cagliari, 2014