I dati relativi al primo decennale dell’intervento straordinario per il Mezzogiorno mostrano una Italia ancora nettamente divisa in due

La diffusione dei consumi e l’acquisizione di stili di vita occidentali, i cui modelli erano importati dagli USA attraverso il cinema <353 furono rapidi e ben accetti. Erano anni di profondo cambiamento che il PCI, principale partito di opposizione, viveva con un certo disagio puntualmente descritto da Paolo Volponi, tra i maggiori intellettuali della sinistra degli anni 50. Per Volponi, infatti, non esisteva una cultura industriale nel Paese: «in realtà durante tutti i dieci anni dal ’50 al ’60 non è che il tema dell’industria sia stato un tema presente in modo continuativo ai dibattiti, ai risultati e alle ricerche della cultura italiana. Anzi direi che l’industria in quegli anni era ancora una grande sconosciuta, se ne capiva e se ne avvertiva la potenza, se ne vedeva sempre più larga la logica muoversi e prendere spazio ed egemonizzare le scelte di altri sotto-sistemi e addirittura sistemi. E non è che la cultura italiana ne capisse in realtà i disegni, le funzioni, come non ne capiva le ragioni e come non ne capiva nemmeno le interne modalità e forse nemmeno tanto i risultati». <354
Alla iniziativa economica della impresa privata si affiancava quella pubblica. Il 22 dicembre 1956 veniva istituto, con legge numero 1589, il Ministero per le Partecipazioni Statali cui venivano devoluti tutti i compiti e le attribuzioni spettanti, «a norma delle vigenti disposizioni, al Ministero delle finanze per quanto attiene alle partecipazioni da esso finora gestite ed alle Aziende patrimoniali dello Stato». <355
Il modello organizzativo-gestionale si completava con la istituzione di un Comitato tecnico per il coordinamento del settore elettro-nucleare, la costituzione di un comitato ed un programma per il Mezzogiorno. <356 Le attività di IRI ed ENI erano pianificate attraverso piani quadriennali; l’intervento dello Stato era convogliato, facendo ricorso alla terminologia utilizzata dallo Schema Vanoni, nei settori ritenuti propulsivi. Pertanto, non solo infrastrutture ma siderurgia, industria di base, meccanica e di sostegno e di stimolo alle iniziativa privata. L’avvio di un ciclo economico espansivo al Nord richiedeva l’impiego di forza-lavoro, creando una domanda così elevata che determinava un vero e proprio esodo dalle campagne meridionali e dalle zone agricole del Nord-Est.
Lo sviluppo industriale nel Nord del Paese e nel Nord Europa generava – come scriveva Manlio Rossi Doria – «il processo di esodo rurale apertosi con il 1950-1955». <357 Sicché «i terroni» vanno in città, perché la città e l’industria offrono un reddito migliore, offrono maggiori consumi, le ferie pagate, le assicurazioni e nell’agricoltura meridionale restano i vecchi e le donne. Nel giro di pochi anni i massicci flussi migratori sconvolgeranno gli assetti sociali delle città industriali del Nord.
La questione meridionale rappresentava un tema decisivo anche per la sinistra.
Il PCI aveva votato contro la legge stralcio di riforma fondiaria, «per cercare di salvare l’unità del movimento contadino» <358, e contro l’istituzione della Cassa per il Mezzogiorno, perché «la programmazione si basava sopra ad una ipotesi di sviluppo che faceva centro sopra un certo sviluppo industriale» <359 – quello “spontaneo” e quello legato all’intervento straordinario – che sacrificava l’agricoltura, quasi fosse un reparto marginale dell’economia del paese <360.
Nel corso del «periodo 1951-1962 nell’economia del Mezzogiorno si registrava una crescita del prodotto interno lordo pari al 4,3%»; <361 gli investimenti industriali crescevano di anno in anno, fino ad arrivare a «368 miliardi di lire nel 1962, con un + 27% rispetto al 1961, ma inferiore al + 29%» (l’incremento 1959-1960) <362. La composizione degli investimenti mutava a favore dell’industria, ma all’incremento degli investimenti non corrispondeva l’incremento dell’occupazione. Il che accadeva sostanzialmente per due ragioni: le nuove attività industriali sostituivano quelle pre-esistenti mentre i nuovi impianti ad alto valore tecnologico che operavano nei settori chimico, metallurgico, materiali da costruzione richiedevano un’occupazione contenuta.
Anche l’agricoltura meridionale nel decennio 1950-1960 aveva ricevuto cospicui investimenti. «Alla data del 30 giugno 1962 erano stati spesi 637,7 miliardi per opere di bonifica e 442,6 per miglioramento fondiario». <363 Inoltre, alla dotazione della Cassa per il Mezzogiorno si accompagnavano altri interventi dello Stato per opere infrastrutturali (bonifica, sistemazione montana, amministrazione forestale) per «282,604 miliardi e miglioramenti fondiari per 175.094 miliardi». <364 Nei primi anni 60 si definivano gli assi strutturali del sistema produttivo meridionale. L’industrializzazione (industria pubblica e privata) si polarizzava intorno alle aree e i poli industriali, ove affluivano le risorse pubbliche, sebbene sui territori non si fosse ancora realizzata una vera e propria pianificazione. Infatti, alla «data del 1963 solo 3 delle 34 aree e nuclei industriali riconosciuti Valle del Basento, Brindisi, Taranto avevano approvato il piano regolatore». <365 Altre aree non in regola dal punto amministrativo ricevevano comunque il 70% dei finanziamenti destinati alla realizzazione di opere.
Si delineano in questi anni quelle contraddizioni che avrebbero determinato un tipo di sviluppo capitalistico distorto, in quanto basato sostanzialmente sulla domanda estera per i processi di integrazione internazionale e della domanda interna dei beni di consumo, senza tener conto delle singole realtà meridionali, con le proprie specifiche vocazioni e risorse. La scelta dei settori di investimento, sia nel settore pubblico che privato, avveniva sotto la spinta di interessi delle grandi aziende del Nord, per cui sia «l’industrializzazione del Mezzogiorno, così come lo sviluppo l’agricolo, non appaiono come obiettivi generali, specifici, della politica governativa, il che avrebbe richiesto una scelta ben diversa nella distribuzione del reddito. Appaiono invece come un riflesso dello sviluppo capitalistico in atto, e l’intervento pubblico soltanto come necessario supporto di esso». <366
Dopo 12 anni di politica meridionale, il divario Nord Sud si era addirittura acuito: «il reddito nel Mezzogiorno che in 11 anni passava da 2.200 a 3.600 miliardi, era sceso dal 23,5 (1951) al 20,3 % (1962) del reddito nazionale complessivo; il reddito pro-capite meridionale che nel 1951 costituiva il 51,8% di quello del centro-nord nel 1962 era pari al 44,1% nonostante l’emigrazione» <367.
Il Comitato dei Ministri per il Mezzogiorno approvava così il piano di coordinamento degli interventi pubblici, avvalendosi di interventi diretti e di interventi indiretti. «I primi sono gli investimenti delle aziende a partecipazione statale e le partecipazioni delle società finanziarie di sviluppo, cui si accompagna la predisposizione delle infrastrutture specifiche e dei servizi necessari per gli insediamenti industriali e la realizzazione dei servizi dei consorzi per le aree ed i nuclei di industrializzazione». <368
Gli interventi indiretti sono le incentivazioni concesse in misura fissa e gli incentivi finanziari, ma i dati relativi al primo decennale dell’intervento straordinario per il Mezzogiorno mostrano una Italia ancora nettamente divisa in due.
[NOTE]
353 Cfr E. Menduni L’Autostrada del Sole, Il Mulino 1999, pp. 7-9
354 S. Chinotti ( a cura di) Gli intellettuali in trincea, Paolo Volponi, La letteratura in fabbrica negli anni cinquanta, Cleup Padova 1977, p.31.
355 Legge n. 1589 del 22 dicembre 1956 «Al predetto Ministero sono egualmente devoluti tutti i compiti e le attribuzioni che, secondo le disposizioni vigenti, spettano al Consiglio dei Ministri, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, a Comitati di Ministri o a singoli Ministeri relativamente all’I.R.I. all’E.N.I. e a tutte le altre imprese con partecipazione statale diretta o indiretta».
356 Cfr Legge n. 1589 del 22 dicembre 1956 Istitutiva del Ministero delle Partecipazioni Statali
357 a cura di G.Mughini M. Rossi Doria in L’esodo rurale e la ricostruzione dell’agricoltura meridionale – Il Mezzogiorno negli anni della Repubblica, Mondoperaio, Roma 1977, p.197.
358 a cura di G.Mughini, Intervista di N. Calice a G. Chiaromonte, Il Mezzogiorno negli anni della Repubblica, Mondoperaio, Roma 1977, p.239.
359 Ivi p.242.
360 Ibidem Naturalmente, affermava Gerardo Chiaromonte, «affrontare il problema del Mezzogiorno vorrà dire ricostruire in concreto l’unità del Paese e delle masse lavoratrici».
361 CGIL Conferenza nazionale sul Mezzogiorno, Bari 13-14-15 luglio 1963, p.1 in ASC fondo Broccoli Dossier n. 3.
362 Ibidem
363 Ivi p. 4
364 Ibidem
365 Ivi p.8
366 Ivi p.12
367 Ivi p.13
368 Legge n. 717 del 26 giugno 1965, Piano di coordinamento degli interventi pubblici nel Mezzogiorno, Roma 1966.
Paola Broccoli, La modernizzazione di Terra di Lavoro negli anni 1957-1973, Tesi di dottorato, Università degli Studi del Molise – Campobasso, Anno accademico 2015/2016