I collegamenti clandestini sono lacunosi anche all’interno delle forze garibaldine

La lapide nella zona del Buco (orrido della Val Taleggio) a ricordo dei caduti della X Brigata. Fonte: Profumo di erba tagliata cit. infra

Dopo il rastrellamento di Cantiglio la banda, piano piano, si riorganizzò, tanto che in un paio di mesi fu “promossa” a brigata: la “X Garibaldi”.
Ne diventò comandante il tenente “Gastone” Nulli che poté contare anche su una decima di gappisti milanesi, oltre a un distaccamento di Fiamme Verdi, comandate da Rino Locatelli.
Meglio armati, i partigiani scesero dalle montagne ed occuparono le popolose contrade della valle (Sottochiesa, Olda, Peghera) e proclamarono la nascita di una “zona libera” non sottoposta al controllo dei fascisti.
L’impresa spaventò i capi delle Brigate Nere dell’adiacente Valle Brembana che chiesero aiuto al reparto di Bergamo nel tentativo di fermare i ribelli.
Non paga dei successi ottenuti la “X Garibaldi” cominciò a compiere azioni e sfidare il nemico con sortite esterne in Valle Imagna e poi spingersi in Valle Brembana.
Il 18 giugno alcuni di questi partigiani posizionarono delle mine presso i ponti di Sedrina e partirono a bordo di un camion lanciando granate e sparando contro le caserme e i posti di blocco delle Guardie Nazionali Repubblicane dei paesi lungo i quali passavano. L’azione fu più che altro dimostrativa ma suscitò grande scalpore tra la popolazione, che reagì positivamente, e preoccupazione tra i gerarchi fascisti dell’intera provincia, tanto che provocarono la controffensiva nazi-fascista.
Durante la mattinata del 27 giugno 1944 l’intera Valle Taleggio venne messa a ferro e fuoco da un grosso contingente di truppe tedesche: ottocento fascisti cominciarono a salire verso la Valle Taleggio impedendo qualsiasi via di fuga.
La brigata in quel momento disponeva di circa cento uomini e di un equipaggiamento non adatto a reggere un attacco massiccio come quello che si sarebbe verificato.
I partigiani furono informati da staffette di altre piccole formazioni, che avevano notato l’affluenza di grossi reparti delle Guardie Nazionali Repubblicane, e cercarono di organizzare un piano per rallentare le truppe fasciste che sarebbero giunte dalla vicina Valsassina e dall’Alta Valle Brembana tramite la Culmine di San Pietro e il Passo Baciamorti.
Avvennero scontri in tutta la valle, in particolare lungo l’orrido della Val Taleggio che da San Giovanni Bianco porta verso Pizzino. Dopo una strenua resistenza alcuni partigiani riuscirono a rifugiarsi lungo i dirupi del Cancervo, nella zona del rifugio Castelli o scappando verso la Valle Brembilla.
Decisiva a questo proposito fu l’azione di difesa portata avanti dal comandante Guerino Locatelli ed altri quattro compagni lungo la zona del Buco, nell’orrido, per rallentare la risalita delle truppe motorizzate da San Giovanni Bianco. Il progetto era quello di far saltare in aria un ponte di pietra per immobilizzare la colonna fascista e lasciarla esposta al fuoco partigiano. La carica piazzata tuttavia non esplose e dalle camionette cominciarono a partire violente raffiche di mitra a cui i cinque partigiani resistettero finché poterono rifugiandosi dietro speroni di roccia.
Tre componenti della banda riuscirono a mettersi in salvo, il comandante Guerino Locatelli ed Eugenio Manzoni (entrambi medaglia d’argento al valore militare) morirono crivellati dai colpi degli assalitori permettendo, così, al resto della brigata di fuggire. Nei pressi di Vedeseta i soldati tedeschi catturarono cinque partigiani (tre vennero fucilati in località Crotti: il lecchese Ettore Fumagalli e i due gappisti milanesi Domenico di Candia e Riccardo Paparella). Furono inoltre uccisi i civili Giovanni Corvini e Lorenzo Rinaldi.
Redazione, L’86^ Brigata Garibaldi. “Mario” Paganoni e Vitaliano Vitali comandanti partigiani in Val Taleggio, Profumo di erba, 4 dicembre 2015

La brigata Giorgio Issel nasce sulle ceneri della X Brigata Garibaldi costituita nella primavera del ’44 in val Brembana, dopo la cocente sconfitta del primo rastrellamento che mette in ginocchio la formazione.
Con la nuova denominazione si vuol dare anche il segnale che questa formazione non è più isolata in valle Taleggio. La brigata rientra nell’organizzazione della Brigate d’Assalto Garibaldi che controllano la zona della Lombardia che va da Como alla Bassa Valtellina comprendendo tutta la Valsassina e appunto la val Taleggio.
È la vicinanza e la contiguità sia territoriale che di uomini, parecchi vengono da Lecco, che spinge il Raggruppamento brigate Garibaldi a staccare la val Taleggio dal resto delle valli bergamasche.
(a cura di ) Gabriele Fontana, Eugenio Pirovano, Marco Ripamonti, Il percorso delle Brigate Garibaldine da Lecco a Introbio. Sui sentieri della guerra partigiana in Valsassina, Edinodo, Como, 2011, per iniziativa di Associazione Culturale Banlieu

La Valle Taleggio subito dopo l’8 settembre 1943 vide la presenza delle prime formazioni che diedero un contributo importante alla lotta di liberazione. Le fasi della Resistenza in questa zona sono ripercorse e analizzate da Cesare Quarenghi, che si basa sulla cospicua saggistica, anche recente, prodotta sull’argomento, oltre che sulla memorialistica e su varie testimonianze che ha avuto modo di raccogliere. Vengono così puntualizzati alcuni episodi, chiarite vicende non del tutto lineari e delineate figure dei principali personaggi. Su tutti si staglia quella di Gastone Nulli, per alcuni mesi comandante dell’86ª brigata Garibaldi operante in Valle. Questa figura controversa (che nell’autunno del 1944 scese a patti con i nazifascisti e abbandonò la Valle, sciogliendo la sua formazione, alla fine della guerra fu oggetto di un’inchiesta che lo ritenne colpevole di tradimento e collusione col nemico) viene qui analizzata sotto un’ottica diversa, che ne evidenzia anche l’autonomia di giudizio e le doti di leader quasi carismatico. L’obiettivo dichiarato dell’autore è quindi di appurare chi fosse realmente Gastone e se l’accusa di tradimento è provata o no, ponendosi in alternativa con quanto è stato scritto su di lui in tre quarti di secolo. Si approfondiscono quindi le vicende dell’86^ brigata Garibaldi, che operava in quella parte occidentale della Val Brembana con il rilievo del Resegone che divide ed unisce alla Valsassina e al Lecchese. Il suo comandante, Gastone Nulli, già ufficiale del genio e del SIM (Servizio Informazioni Militari), dopo l’8 settembre 1943 e dopo aver preso parte alla prima banda partigiana distrutta in un rastrellamento sul Cancervo il 4 dicembre 1943, passa inverno e primavera a Milano, collegandosi ad un mondo antagonista di ispirazione comunista, stabilendo, lui anticomunista, rapporti di reciproca simpatia. Di forte personalità, punto di riferimento per giovani disposti a darsi alla macchia, Gastone è socievole, convincente, ama i piaceri della vita. La sua autonomia di giudizio lo porta a decisioni che hanno la loro logica e i loro vantaggi, ma sono talora pericolose o addirittura provocatorie per le forze in campo. Così, quando è costretto, per assicurare maggiori risorse alla sua formazione, ad entrare nella Divisione Garibaldina, non saranno pochi i problemi, le frizioni e infine lo scontro che lo porterà a lasciare la brigata a fine novembre 1944 e ad andarsene con il bollo infamante di voltagabbana e di traditore passato ai tedeschi. La vulgata dei racconti resistenziali che riguardano Gastone e la Val Taleggio parte da questo giudizio come da un punto inconfutabile, che, però, a parere dell’autore, è stato assunto in modo piuttosto acritico. L’autore, già preside di un Liceo cittadino, revoca in dubbio questo assioma e crede di poter concludere in modo opposto. Con tutto ciò l’intento non è quello di santificare Gastone del quale, dopo aver riconosciuto le virtù, ci si guarda bene dal voler minimizzare i difetti. Ci si limita a registrare l’improbabilità che Gastone abbia tradito. In questa indagine emergono molte cose: la vita di quel tempo in Val Taleggio, l’atteggiamento di persone che in quella storia hanno avuto ruoli talora di un certo rilievo, le luci e le ombre del comandante Gastone e, inoltre, la filigrana della catena di comando garibaldina, sino all’eccidio con cinque morti compiuto dai garibaldini a Vedeseta il 24 novembre 1944 che è stato per lo più narrato come un fatto fra il fisiologico e il consequenziale… come a dire che Gastone (che pure scampa alla strage) in fondo se l’è andata a cercare! La Resistenza è una parte non secondaria della nostra storia recente; parlarne è certamente importante, fondandosi anche su nuove ricerche, sempre con lo sforzo di meglio capire ciò che è veramente successo, per onorare la Resistenza e restituire la sua verità effettuale a noi oggi e a quelli che verranno.
Presentazione di Cesare Quarenghi, Il comandante Gastone. Partigiani in Val Taleggio, Corponove, 2021

La notizia del rovescio subito dalla X brigata Garibaldi, a seguito del rastrellamento di giugno, raggiunge rapidamente S. Giovanni Bianco e dilaga dalla Val Brembana nella provincia, mentre ancora i fascisti bloccano tutti gli accessi alla Val Taleggio.
Il racconto delle violenze subite dai montanari di Taleggio è sulla bocca di tutti; i più informati danno una descrizione puntuale delle distruzioni, degli incendi, dei saccheggi. Il numero dei caduti (5 partigiani, un civile e un tedesco) viene ampiamente dilatato dalla voce corrente.
L’ambiente antifascista brembano è percorso da un senso di sgomento. Tutti comprendono che la lotta sarà ben più dura di quanto ci si poteva aspettare all’indomani della liberazione di Roma. Si vede bene che gli alleati avanzano più lentamente del previsto e che di conseguenza l’impegno di chi intende combattere nazisti e fascisti dovrà protrarsi ancora per un certo tempo temprandosi e affinandosi nelle difficoltà.
La prima ripercussione sul movimento partigiano brembano è l’annullamento di un lancio che in quei giorni avrebbe dovuto essere effettuato in Val Taleggio. (1)
L’azione viene dunque rallentata anche per questo motivo, ma ci sono anche altri motivi che vanno subito affrontati se si vuole evitare che d’ora innanzi i partigiani siano guardati con diffidenza e sospetto dalla popolazione taleggina, se si vuole ripristinare il circuito della solidarietà.
La cellula comunista di S. Giovanni Bianco e S. Pellegrino si preoccupa della questione e provvede come può inviando alle vittime del saccheggio e degli incendi una sovvenzione di L. 1000 a testa. (2)
La stessa base brembana del PCI, malgrado la stretta sorveglianza fascista del momento, tenta subito di stabilire contatti con gli uomini della X e scopre che: la formazione si era precedentemente collegata di propria iniziativa, anche al CLN di Bergamo, manifestando così la tendenza a considerare gli aiuti del PCI come un fattore importante ma non unico né forse decisivo.
A valle dunque qualcuno pensa di aiutare sia la popolazione di Taleggio che i partigiani dispersi, ma occorre un certo tempo per raggiungere quest’ultimo scopo.
Dopo il rastrellamento, i sopravvissuti infatti si erano allontanati dalla Val Taleggio raccogliendosi in un primo tempo alla capanna Castelli. Avevano tentato subito dopo di spostarsi verso i rifugi montani del Pizzo dei Tre Signori, ma erano stati costretti a rientrare alla Castelli per la presenza in zona di truppe rastrellanti. (3)
Dei 100/120 uomini della X, quelli che a fine giugno si ritrovano alla Castelli sono circa una quarantina. Hanno armi sufficienti, ma scarseggiano di munizioni, e incontrano gravi difficoltà per il vettovagliamento.
I partigiani della Valsassina collaborano con loro per risolvere questo grave problema, ma occorrerà trasferirsi in una zona più ospitale per risolverlo adeguatamente o per lo meno sufficientemente. Così, al comando di Gastone [n.d.r.: Carlo Nulli], di fatto riconosciuto comandante da tutti, il gruppo si trasferisce in località “Campo” nei pressi di Cespedosio (frazione di Camerata Cornello).
Giorgio il Canadese, indocile a sottostare a qualsiasi disciplina, non segue la formazione; con un minuscolo gruppo di uomini prende la via della Val Brembilla, deciso a fare da sé e per sé, a seguire la pericolosa logica dell’individualismo, ad usare metodi tutt’altro che partigiani.
Siamo ai primi giorni di luglio. A Cespedosio, la X, che conserva tale denominazione, si riorganizza secondo criteri che riflettono la sua precedente divisione interna: Albino (A. Locatelli, fratello del comandante Rino, caduto il 27/6) assume il comando di un gruppo il cui nucleo più compatto doveva essere costituito dagli uomini saliti in montagna con Rino all’inizio di giugno (e legati alle Fiamme Verdi). Un secondo gruppo viene affidato a Gildo () ed è abbastanza chiaro che il gruppo più affiatato riunisce uomini che precedentemente avevano fatto parte della Compagnia della Teppa.
La cerniera tra i due distaccamenti era rappresentata da Gastone ed ancor più dal suo ufficiale di collegamento Alberto (A. Amati), che, dopo la metà di luglio, tiene i contatti anche con un nuovo nucleo. Si tratta del gruppo di Mario (D. Paganoni) il quale, dietro invito dei comandanti partigiani della Valsassina (allora protesi nello sforzo di unificare sotto un’unica direzione anche i gruppi operanti nella bergamasca) intesse costruttivi rapporti con la X, pur conservando, per il momento, una certa autonomia per sé e per i suoi (circa 15) uomini.
Se si esclude il caso di Mario, la X viene ripresentando a Cespedosio la nota bipolarità. Essa comunque trova campo di applicazione quando il comando della X prende l’iniziativa di ristabilire i collegamenti perduti a causa del rastrellamento.
“A me – scrive Alberto – viene dato l’ordine di portarmi a S. Pellegrino per una decina di giorni armato e senza documenti presso Regazzoni Basilio (deceduto poi in seguito a incidente) ad attendervi il colonnello Richetti mandato da Dami (don A. Milesi) e Romolo, (4) del Partito comunista, collegatore tra la nostra formazione e la X brigata d’assalto.” (5)
Lo sforzo di riprendere i collegamenti si sviluppa dunque su due fronti che sostanzialmente corrispondono alle due principali suddivisioni interne della X; è una tendenza che può dare dei vantaggi alla formazione, ma che può anche prestarsi ad equivoci.
Comunque, mentre la brigata si impegna in tali direzioni, c’è chi, come si è notato, pur essendo fuori da questi due canali, cerca di stabilire contatti con i responsabili della formazione. Si tratta innanzitutto della federazione (6) del PCI di Bergamo che, attraverso le sue organizzazioni brembane raggiunge, non senza difficoltà, Gastone.
A metà luglio, esponenti del PCI bergamasco riescono a realizzare un incontro: “Sabato 15 – si legge in un rapporto anonimo – colloquio a sua abitazione, col comandante Gastone che ha due uomini di scorta. Confermato quanto riguarda collegamento con Milano. [.. ..] Gastone fa presente necessità urgenti e mancanze di collegamenti. Si risponde dotando un uomo della scorta di arma automatica, bombe a mano e si consegnano al comandante Gastone L. 3500 personali e generi di conforto. Si promette ricerca di collegamento e si fissa appuntamento. […..] Giovedì 20. Rientro dell’incaricato. Seco missiva e L. 2.000 riconsegnati perché mancato appuntamento Gastone. Emilio ne viene informato.” (7)
Dal canto suo anche il comando della 40° brigata Garibaldi “Matteotti” operante in Valsassina e Valtellina tenta di ristabilire i contatti. Ma l’impresa fallisce. In data 25 luglio, Al, comandante del fronte sud della 40°, deve dichiarare che, malgrado gli sforzi: “con il distaccamento di Val Taleggio non è stato possibile il contatto. Pare che questo sia inquadrato nella brigata bergamasca. Ad ogni modo cercheremo i comandanti, ora irreperibili, definendo la loro posizione.” (8)
Sembra strano che il comando partigiano della Valsassina non riesca a rintracciare Gastone e i suoi; tanto più che i partigiani della Valsassina, avendo avuto modo di aiutare gli uomini della X quando questi si trovavano alla capanna Castelli, potevano conoscerne il nuovo rifugio. Ma le difficoltà del momento spiegano molte cose e tra le altre anche questo inconveniente.
Non si può comunque evitare di riflettere sulle voci raccolte da Al a proposito dell’inquadramento della formazione taleggina nella brigata bergamasca.
Il PCI bergamasco e la 40° Matteotti sono dunque le organizzazioni che cercano di allacciare rapporti col gruppo di Gastone. E si può notare un certo qual legame tra le due iniziative nell’unica matrice politica da cui entrambi dipendono, ma il legame appare abbastanza tenue: sono solo voci quelle che Al raccoglie a proposito dell’inquadramento della X tra le formazioni di un partito che allora spendeva molte delle proprie energie per costituire un’efficiente brigata garibaldina in terra orobica. I collegamenti clandestini sono lacunosi anche all’interno delle forze garibaldine e non c’è quindi da stupirsi che le informazioni pervenute ad Al diano per certo ciò che invece è per ora solo una speranza.
La documentazione tace completamente sugli esiti della menzionata missione di Alberto a S. Pellegrino, invece, per quel che concerne la presa di contatto del PCI di Bergamo con Gastone, ci fornisce qualche utile, anche se debole, spunto.
Si può così affermare che, di fronte alla richiesta di instaurare rapporti organici con i comunisti bergamaschi, Gastone oppone un sostanziale rifiuto, motivandolo con l’esistenza di precedenti collegamenti con organizzazioni milanesi del PCI: “Fidandomi delle assicurazioni di Dario, rifiutai di aderire a formazioni dipendenti dagli organi di Bergamo”.
[…] Gastone dispone di una formazione i cui uomini tendenzialmente fanno capo a due organismi molto diversi tra loro (le Fiamme Verdi ed il PCI milanese) senza contare quelli che si considerano completamente autonomi. Il problema di tenerli uniti può dunque dipendere dalla capacità del comandante di evitare influenze troppo dirette e condizionamenti che spostino l’asse d’equilibrio a favore degli uni o degli altri. Così egli lascia cadere i contatti con il PCI di Bergamo e molto probabilmente anche quelli con le Fiamme Verdi; insiste sulla propria autonomia e non rinuncia a soddisfare le richieste di uomini (come Dario) che gli erano stati vicini fin dalla fine di maggio, perché in ogni caso i legami che essi ristabiliscono pongono in essere un collegamento con comandi superiori che sono lontani e solo difficilmente potranno, influire in modo decisivo sull’andamento del gruppo.
La linea di condotta di Gastone dunque si può efficacemente sintetizzare fin da ora in questi termini: unità nell’autonomia, due fattori destinati a pesare costantemente ma in modo diverso in tutta l’attività dei gruppi partigiani taleggini.
La X rimane a Cespedosio fino alla metà di luglio circa.
[NOTE]
(1) Il messaggio positivo che la BBC avrebbe dovuto trasmettere era concordato con le parole “Presto e bene”.
(2) CPV – C5
(3) Esistono almeno due versioni relative a quanto avvenne in quei giorni alla Castelli. Una esclude la presenza di Pallini nel rifugio alpino; l’altra è dello stesso Pallini (Penna Nera) e afferma il contrario. Probabilmente le due versioni sono complementari: quella di Penna Nera tratta di avvenimenti svoltisi in precedenza a quelli cui fa riferimento invece la versione che giustamente non lo considera presente. Egli lo stesso 27/6 si allontana con alcuni uomini dalla Castelli e nello stesso tempo al rifugio confluivano altri fuggiaschi, che possono escludere con certezza di aver incontrato Penna Nera. Nelle sue memorie il Pallini racconta di essere stato raggiunto in quella località da Gastone e da un certo numero di fuggiaschi. Evidenzia il loro disorientamento ed afferma di aver dovuto sostenere un pesante scontro verbale con Gastone, il quale però, alla fine, lo avrebbe pregato di fargli da guida per porre in salvo gli uomini. Scrive infatti Pallini: “Per la mia conoscenza della località, alla testa della colonna scelgo come obiettivo e rifugio la zona montana del Pizzo dei Tre Signori. Raggiungo i Piani di Bobbio, pernottiamo e all’indomani proseguo, ma ad un certo punto mi imbatto in una postazione partigiana dipendente dal capitano Cerati. Essa mi avverte che colà ci sono dei presidi repubblichini. Insisto perché io possa raggiungere il comando zona di Lecco, affidando al comando di “Alberto” la colonna con l’ordine di tornare sui suoi passi e di portarsi ai Piani di Bobbio. Finalmente con mio nipote posso raggiungere il comando di Cerati.” L’episodio viene poi rettificato nelle stesso testo nei seguenti termini: “Alla testa della colonna scelgo come obiettivo e rifugio la zona montana del Pizzo dei 3 Signori. Raggiungiamo i piani di Bobbio e all’indomani proseguiamo. Lungo il percorso un incontro con una postazione del capitano Cerati. Essa mi avverte che colà ci sono dei presidi repubblichini. La colonna ritorna ai Piani di Bobbio ed io con mio nipote raggiungo il comando di Cerati”. Carte Alonzi, 3016 – 3037 ISML – BG
(4) Non è stato possibile identificarlo meglio.
(5) CPV – D 20
(6) Era allora segretario della federazione comunista Emilio (S. Marturano)
(7) CPV – C 5
(8) MCL – 40° brigata Matteotti, com; fronte sud, 25/7/44
Maria Grazia Calderoli, Aspetti politici e militari della Resistenza taleggina. Luglio 1944-aprile 1945, Tesi di laurea, Università degli Studi di Milano, Anno accademico 1975-1976, qui ripresa da Associazione Culturale Banlieu

Il grosso della brigata si riorganizzò nella zona di Campo di Cespedosio, a monte di Camerata Cornello. Reagendo ad alcune azioni, coraggiose ma spregiudicate, il 28 luglio 1944 i nazi-fascisti rastrellarono la zona di Brembilla uccidendo tre civili: Vincenzo Offredi, Lorenzo Pesenti e il giovane Bortolo Vanotti.
Intanto avevano lasciato la formazione il gruppo di Giorgio il Canadese e anche il distaccamento delle Fiamme Verdi al comando di Albino Locatelli. Il loro posto venne subito occupato dal gruppo di “Mario” Paganoni, squadra affiatata di partigiani dell’Alta Valle Brembana, oltre che da un da un nuovo nucleo di gappisti, già operante nell’hinterland milanese.
Gastone venne riconfermato comandante e il 2 settembre la brigata, col nome di “86 Garibaldi”, entrò a far parte della Seconda Divisione Lombarda. Rioccupata l’intera Val Taleggio, Gerosa compresa, la brigata trascorse un paio di mesi rinfrancandosi e organizzando alcuni colpi di mano contro le postazioni e le caserme repubblichine, come l’attacco alla caserma della G.N.R. di Piazzo in Valsassina che, condotto in collaborazione con la brigata “Rosselli”, portò alla cattura di ben trentuno prigionieri e fruttò una gran quantità di materiale bellico. La Val Taleggio visse in quei giorni una surreale atmosfera insurrezionale, quasi di…vallata libera!
Il 12 ottobre attacchi serrati, partiti dalle montagne della Valtellina e della Valsassina, e rastrellamenti in Valtorta, nella zona di Branzi, nelle valli Brembilla e Imagna, misero allo sbando la formazione: Gastone e altri lasciarono la brigata; i gappisti tornarono a Milano; Paganoni si rifugiò con i suoi in alta Valle Brembana, ai Laghi Gemelli, ospite della brigata “Cacciatori delle Alpi” del comandante Bartoli. Il tenente degli alpini Franco Carrara passò con la brigata “Rosselli” ad Avolasio. Questo momento “buio” costò ai partigiani ben nove caduti.
La mattina del 30 dicembre nel “Baitone” sopra Morterone, a cavallo tra la Val Taleggio e la Valsassina, furono circondati, catturati e fucilati sedici partigiani della “Rosselli” fra i quali Felice Beltramelli di Lenna; Franco Carrara fu colpito a morte nel tentativo di fuga.
Redazione, L’86^ Brigata Garibaldi. “Mario” Paganoni e Vitaliano Vitali comandanti partigiani in Val Taleggio, Profumo di erba, 4 dicembre 2015

Tra la fine di ottobre e la metà di dicembre [1944] esplode anche il caso di “Gastone”, comandante della 86a brigata “Issel”, che si trovava come abbiamo visto in Val Taleggio.
Nonostante la situazione appaia chiara, tuttavia su questo episodio rimangono ancora dubbi e perplessità che a nostro parere non hanno molte ragioni di esistere.
[…] In pratica, la situazione era questa: le formazioni della bergamasca gravitanti nella zona della Val Taleggio, inizialmente costituitesi in una “Compagnia della Teppa” che aveva compiuto tra la tarda primavera e l’estate del ’44 diverse azioni, erano entrate, geograficamente, nell’area di azione delle formazioni garibaldine della Valsassina.
A settembre, sui nuclei esistenti, si definisce la 86a “Issel”, con una forza che, a stare alle relazioni di “Gastone” dal settembre <302 ascendeva a oltre 1000 elementi. Infatti in uno scritto [senza data] indirizzato al comandante della 2a divisione Lombarda [quindi dopo il 1a settembre] si diceva: “Ritorno or ora da un’ispezione in alta Valle Brembana. Questa mattina sono arrivati a Roncobello e Branzi circa 500 * uomini di rinforzo. Mille uomini cominciarono a essere troppi per la forza della “Issel”, ma comunque noi non retrocederemo di un passo […]”.
Ma le azioni della “Issel” non dovevano essere molto continue e decise se nelle indiscrezioni del comando, già da metà fino a tutto ottobre, si incita questa brigata a “passare finalmente all’azione.” <303
E nello stesso periodo, infatti, un ispettore è inviato a questa brigata per cercare di capire i motivi dell’inattività; la relazione dell’ispettore <304 così dice: “Negli stessi elementi della brigata vi è del malcontento. In seno ad essa viene fatta una sordida propaganda contro la “Rosselli” […] I comandanti dei distaccamenti sono una nullità che non sanno di più del servizio di guardia.[…] La popolazione è malcontenta. Mandriani si sono riuniti per protestare contro il sistema di espropriazione e prelevamento del bestiame […] “Gastone” si preoccupa solo di girare da un paese all’altro, organizzando pranzi e in cerca di ragazze. Uomo esibizionista. Per il complesso molto superficiale. Molti sì…..sì, e niente fa.”
Ma fino a quando la bella stagione aveva permesso lo stare in montagna, alle centinaia e centinaia di uomini che avevano a dismisura ingrossato la “Issel” senza che di questo non si sentisse parlare nei bollettini di guerra se non per insignificanti motivi, fino a quando non si erano fatti molti conti con la situazione, allora tutto filava liscio.
Qualcosa doveva essere cambiato appena i rastrellamenti dei nazifascisti di settembre avevano fatto capire anche all’elegante “Gastone” che si trattava di una guerra.
Qualcosa appunto doveva certo essere successo se noi ci ricordiamo della relazione del col. Bernardi e di quando l’ufficiale tedesco gli precisa che le formazioni della Val Taleggio andavano “lasciate in pace”, al di fuori di qualsiasi azione di rastrellamento.
[NOTE]
302 Doc. della Resistenza Valtellinese
303 Comunicazione del Com. IIa div. Del 28/9
304 Doc. della Resistenza Valtellinese doc. manoscritto, firma illeggibile. * n. sp. Sono cifre semplicemente assurde; ci vuole anche una bella faccia di tolla a scrivere cifre di questo genere, semplicemente c’è da domandarsi: “ma dove li mettono 500 uomini?”
(da una ricerca coordinata dal prof.) Franco Catalano (negli anni 1960-1970) – (elaborazione di) Gabriele Fontana e Eugenio Pirovano, La Resistenza nel Lecchese e nella Valtellina, Associazione Culturale Banlieu