È da Genova che partì il transatlantico “Andrea Gritti” con a bordo 250 criminali croati

Per far luce sulla catena di complicità che permise la fuga degli ustascia in Argentina, occorre fare riferimento alla situazione internazionale dell’epoca; come ho già detto, con la guerra fredda, nazisti e filonazisti, nemici di ieri, divenivano gli alleati di oggi, specie di fronte all’avanzare del comunismo in Europa. Padre Draganovic fu per i fuggitivi slavi quello che Monsignor Hudal fu per i clandestini di lingua tedesca. Il Collegio di San Girolamo degli Illirici da lui gestito a Roma, divenne ben presto la base clandestina del traffico degli ustascia durante e dopo la guerra. Noto come “l’eminenza grigia dei Balcani”, nonché come “il prete d’oro” perché controllava parte del tesoro rubato alle vittime degli ustascia durante la guerra, fu colui che permise la fuga di Ante Pavelic, “duce” dello Stato fantoccio creato dall’Asse nell’aprile 1941. Intorno a questo tesoro, è sorta una polemica che ha coinvolto anche il Vaticano. Secondo la rivista US News, in un memorandum del 21 ottobre 1946, un agente dell’Oss (Office of Strategic Services) americano avrebbe affermato che il denaro ustascia inviato a Roma dalla Croazia sarebbe rimasto nelle casse della Chiesa e in parte utilizzato per favorire la fuga di Pavelic e compagni. Nonostante il Vaticano abbia negato di aver avuto a che fare con tali ricchezze, è ben noto che Pavelic fosse in buonissimi rapporti con vari ecclesiastici e che fu ricevuto in udienza da Pio XII ben due volte. Tornando a Padre Draganovic, questi nacque in Bosnia nel 1903 e prese i voti nel 1928. Entusiasta della creazione dello Stato croato indipendente del 1941, nell’agosto 1943 fu inviato a Roma dallo stesso Pavelic, consapevole della probabile sconfitta finale del Nazismo. In veste di rappresentante ustascia in Vaticano e di rappresentante della Croce Rossa croata, il suo incarico fu quello di cominciare a allestire i percorsi di fuga per i criminali di guerra. A Roma si incontrava regolarmente col Vicesegretario di Stato Vaticano Montini e con lo stesso Papa Pio XII. Subito dopo la fine della guerra, autorizzato dalle autorità alleate così come Hudal, fu proprio Draganovic a recarsi nei campi profughi e nelle prigioni per stilare gli elenchi degli ustascia da soccorrere. Trasmetteva poi gli elenchi all’Ufficio Immigrazione di Buenos Aires, ritirava i permessi di sbarco presso gli uffici della DAIE di Genova e li esibiva alla Croce Rossa come documenti di identità dei richiedenti per ottenere i passaporti. Tra i suoi collaboratori figuravano il già citato Petranovic e svariati membri della DAIE. Draganovic fu anche uno dei custodi del tesoro ustascia, ricchezze che in parte utilizzò per finanziare la fuga dei compatrioti ma che in gran parte conservò al fine di fondare un nuovo governo ustascia a Buenos Aires, sempre con a capo Pavelic. Secondo i servizi segreti americani, la prima operazione di fuga organizzata da Draganovic ebbe luogo nel dicembre 1946 dal porto di Genova. È da Genova che partì il transatlantico “Andrea Gritti” con a bordo 250 criminali croati. Questo efficiente sistema di fuga continuò a operare sotto la sua supervisione per buona parte degli anni ’50, almeno fino all’ottobre del ‘58 quando, pochi gironi dopo la morte di Pio XII, sarà costretto a lasciare il Collegio di San Girolamo per ordine di Montini. Pochi anni dopo fu licenziato anche dai servizi segreti americani con i quali collaborava dal 1947. Per quanto concerne il collegamento tra il croato e il Papa, una serie di dossier conservati presso l’archivio statale di Londra, dimostra che Pio XII era perfettamente al corrente del rifugio offerto ai criminali di guerra negli istituti religiosi romani e in particolare presso la confraternita di San Girolamo patrocinata da Draganovic. Inoltre, mentre la Chiesa agiva da tramite per il salvataggio dei nazisti, il CIC americano cominciò a condurre operazioni proprie tramite Draganovic. Per entrambi, salvare ex nazisti significava aggiungere “armi” preziose al proprio arsenale, armi per combattere il nemico comune per eccellenza, il comunismo. <24
1.6 Il tridente: il CIC, il SIS e il Vaticano.
Il CIC (Counter Intelligence Corps) americano era a conoscenza delle dubbie attività di Draganovic già dal 1945; nel 1946 venne a conoscenza dei rapporti che intercorrevano tra questi e Pavelic, al tempo rifugiatosi in Austria, e del favoreggiamento della fuga di criminali ricercati dai servizi segreti britannici. L’intelligence americana cercò di contrastare tali operazioni almeno fino al 1947 quando, impressionata dall’indubbio “talento” del croato, lo reclutò. La conferma di ciò è contenuta nel rapporto del 430° distaccamento del CIC in Austria, emesso il 12 luglio 1948. Consapevole della potenziale utilità della “via dei topi”, il CIC avrebbe fornito protezione a Draganovic e alle sue attività clandestine in cambio della possibilità di utilizzare la sua “ratline” per persone di interesse dell’intelligence. Si trattava di criminali di guerra nazisti e croati che l’URSS voleva processare ma che, data la già difficile situazione di tensione con i sovietici, gli americani ritenevano utili semplicemente perché anticomunisti. Al prezzo di 1500 dollari l’uno, Draganovic avrebbe fatto fuggire in Argentina controversi informatori del CIC, purché cattolici praticanti e fedeli alla Chiesa di Roma. Scambiando denaro con favori del croato, il CIC finì dunque anch’esso per finanziare almeno in parte la fuga degli ustascia. <25 I colleghi del SIS (Secret Intelligence Service) britannico e dei servizi segreti francesi non furono da meno. Il secondo conflitto mondiale aveva gettato nel caos l’area danubiano-balcanica e la Francia intendeva approfittarne. Fu così che nel 1945, il Deuxième Bureau e l’Alto Comando francese in Austria ingaggiarono Ferenc Vajta, agente dei servizi segreti magiari prima e durante la seconda guerra mondiale. Per due anni Vajta lavorò con i servizi segreti francesi e inglesi e fu il principale organizzatore dell’Intermarium. Si trattava di un’ organizzazione anticomunista fondata negli anni Venti da un gruppo di esuli russi che fuggirono a Parigi a seguito alla presa del potere da parte dei bolscevichi. Lo scopo dell’Intermarium era quello di dare vita ad una potente confederazione anticomunista e pandanubiana, composta da tutte le nazioni cattoliche dell’Europa centrale, organizzazione che tornò estremamente utile alle grandi potenze occidentali nella lotta contro il pericolo sovietico. Terminata la guerra, le diplomazie delle potenze vincitrici concordavano anch’esse sulla necessità di dover creare una confederazione di Stati da sottrarre all’influenza di Mosca. Sulla stessa linea era chiaramente la posizione del Vaticano. L’obiettivo di Pio XII per l’Europa centrale era infatti la creazione di un grande Stato federale danubiano che raggruppasse le nazioni cattoliche dell’Europa centrale, sulle quali esercitare la propria autorità spirituale. Il tutto chiaramente in funzione anticomunista, antisovietica e antiortodossa. In questo quadro risultava fondamentale la posizione della Croazia di Ante Pavelic e degli ustascia, considerata come la frontiera della cristianità, il baluardo cattolico contro gli ortodossi. Fu per questo motivo che gli alleati e il Vaticano contribuirono alla fuga di Pavelic e compagni, di collaborazionisti e gerarchi nazisti; il tutto perché anticomunisti e perché, una volta reclutati e addestrati, avrebbero potuto infiltrarsi in paesi comunisti e fornire informazioni all’intelligence alleata. Molti di loro infatti finirono per svolgere operazioni di spionaggio, spesso finalizzate a destabilizzare e rovesciare governi comunisti come la Federazione Iugoslava di Tito. <26
[NOTE]
23 A. CASAZZA, La fuga dei nazisti: Mengele, Eichmann, Priebke, Pavelic da Genova all’impunità, Il Melangolo, Genova, 2007, pp. 17-26; G.M.PACE, La via dei demoni, Sperling & Kupfer Editori, Milano, 2000, pp.33-52.
24 G.M PACE, op.cit., pp. 16-21; M. AARONS, J. LOFTUS, Unholy Trinity, New York, St. Martin’s Press, 1998, pp. 88-91; A. CASAZZA, op.cit., pp.101-114; C. SAVICH “US recruitment of Nazis and Croatian ustasha”, Serbianna, 18 febbraio 2007.
25 M. AARONS, J. LOFTUS, op.cit., pp. 235-263.
26 S. NICOLOSI “Ferenc Vajta e l’idea di una confederazione pandanubiana (1945-1947)”, IV, Rivista di Studi Ungheresi, 2007.
Livia Zampolini, Operazione ODESSA: la svastica e la croce. Complicità nella fuga dei criminali nazisti verso il santuario argentino, Tesi di Laurea, Università LUISS “Guido Carli”, Anno Accademico 2012-2013