Domani dove andiamo? (di Sandra Reberschak)

Una lunga telefonata tra madre e figlia. L’antica Venezia, alveo famigliare di un prima, i luoghi cari a entrambe del Ponente ligure e della Provenza, l’aperto di una tranquilla vacanza estiva e il chiuso dove si svolge la routine di una vecchiaia impotente si intrecciano sul filo. Inevitabile lo scambio delle parti, di volta in volta giocoso o risentito. Confronto generazionale, dipanarsi dell’archetipo amore-odio tra le due, una non più giovane, l’altra ormai più che novantenne? Non soltanto, grazie alla più anziana, che ha il dono di una intelligenza intatta. È lei l’osservatrice acuta, sua la fantasia disinvolta, la vis polemica, la memoria forte. Che poi i modi di dire più corrivi affondino talvolta nel vero, ce lo conferma la natura dolcissima, apprensiva, invadente, giudicante, di questa madre ebrea, quasi una matriarca. Le voci che di tanto in tanto affiorano accanto a quelle delle due donne, del marito e padre, del genero e marito, sono fuori scena e mai vi entreranno per davvero. La figlia stessa si fa amanuense. Protagonista è lei, la vecchia signora, cui solo le dita intorpidite dagli acciacchi impediscono la scrittura.

Giuntina