
I segnali <15 della strisciante crisi di fiducia messa in atto dai movimenti rivoluzionari del tempo [1968] non vengono valutati nel modo giusto dai partiti di governo, che, pur rendendosi conto del cambiamento in atto nella società, sembrano convinti di aver dato risposte adeguate alla società con la svolta del centro-sinistra, restando vincolati a quella formula <16. Il nuovo equilibrio, apparentemente così innovatore, non riesce a contenere le spinte tumultuose della trasformazione globale. La reazione dei governi nei confronti di uno scenario così rivoluzionario appare incredula, piena di sofferenza e di preoccupazione. La classe politica non sembra in grado di recepire lo slancio innovativo del Sessantotto. Il risultato è il tentativo, almeno apparente, di soffocare la spinta democratica-propulsiva della maggioranza studentesca. La percezione della contestazione studentesca arriva, soprattutto nelle file della Dc, notevolmente in ritardo. Ad esser decisiva sarebbe stata “battaglia di Valle Giulia” <17.
Inizialmente, infatti, quell’evento venne giudicato come uno dei «fatti tipicamente italiani», come se le sue cause e le sue origini fossero legate esclusivamente a dinamiche nazionali, prive di collegamenti esterni. Per questa ragione, l’unica via di uscita da intraprendere per placare le rivendicazioni studentesche sarebbe consistita nella realizzazione di una riforma dell’università, considerata la «sola risposta possibile alle giuste attese dei giovani» <18. La battaglia di Valle Giulia, avrebbe, tuttavia, evidenziato la degenerazione di una protesta che non poteva più essere affrontata con soluzioni simili. Le cause di tale “degenerazione” vanno ricercate nei metodi violenti utilizzati e nella politicizzazione <19 delle contestazioni. Ad affiancarsi ai giovani studenti rivoluzionari vi furono anche gruppi di estrema destra e sinistra, totalmente estranei alla maggioranza degli studenti. Aldo Moro, allora presidente del Consiglio, fu uno dei primi a cogliere l’importanza delle agitazioni; egli cercò di comprendere a pieno i motivi di speranza che animavano i giovani e provò a comunicarli a tutta l’opinione pubblica, incontrando negli anni un ascolto crescente. Secondo lui la contestazione non doveva essere solamente analizzata come un problema giovanile-universitario, ma come la manifestazione di nuovi valori e ideali che rispecchiavano il nuovo scenario internazionale.
«Ciò che le manifestazioni giovanili sembrano esprimere e rendere manifesto sono nuovi modelli di civiltà, e, corrispettivamente, di vita sociale e politica, con lineamenti ancora indistinti, una nuova epoca, una nuova Italia, moderna e civile», spiega Moro in un discorso tenuto durante il Convegno dei Coltivatori diretti il 27 Marzo 1968. Del resto, egli condivide con la maggioranza democristiana non solo la polemica sui metodi utilizzati dalle forze estremiste nella rivolta, quali la violenza, l’aggressività e la durezza ma anche il dibattito nei confronti della politica del Pci verso il movimento studentesco. Effettivamente, dopo la Battaglia di Valle Giulia, Moro ribadisce la sua pesante critica nei confronti del Partito comunista per la sua politica ostruzionistica nei confronti della riforma <20 e quindi sostenitrice della mera politicizzazione e radicalizzazione della protesta.
Questo quadro di radicale mutamento avrebbe fatto da cornice alla tornata elettorale del 1968. Rispetto al 1963, nessuna forza politica sembra aver subito una perdita di voti o ottenuto un successo elettorale <21: segnali che inducono a ritenere che si possa proseguire sulle alleanze che avevano retto i governi nella stagione precedente. Ciò consentirebbe quindi ai partiti alleati di mantenere stabilità all’interno dell’esecutivo anche durante la V legislatura. Tuttavia, l’opinione pubblica non sembra esser d’accordo. Dalla tornata elettorale del ’68 emerge un centro-sinistra agonizzante, una sinistra che avanza sempre più a svantaggio di una destra che arretra. La causa di tale visione avviene all’indomani della sconfitta del Psu, che aveva appena redatto la sua costituzione <22, e del lieve incremento di consensi registrato dalla Democrazia Cristiana (+0,8%). Le ragioni della sconfitta socialista vengono addossate ad Aldo Moro, accusato di non aver messo mano alle riforme auspicate in precedenza dal Psi. Il piano riformista avrebbe dovuto rappresentare la base dei governi di centro-sinistra. Per tale motivo il Partito Socialista Unitario sceglie la strada del distacco, determinando la nascita di un monocolore “ponte” guidato da Giovanni Leone. Dopo la parentesi del governo Leone, la formula politica del centro-sinistra continua, ed è segnata, da una crescente tensione nel rapporto tra gli alleati di governo. Gli effetti provocati da questa tensione, si sentono sull’interno sistema politico ma anche sulle singole forze politiche. La conseguenza è quella di un declino della formula di governo. A tal proposito, Moro si preoccupa per il progresso delle sinistre, per la svolta sempre più dorotea <23 all’interno della Dc e per la grave crisi in casa socialista. La combinazione di questi tre elementi desta preoccupazione e provoca progressivamente l’indebolimento e la crisi del centro sinistra, da lui sempre profondamente desiderato.
Aldo Moro, non più all’interno del governo, opta per la via del silenzio, scegliendo così di non intervenire nelle discussioni interne della Dc e nel dibattito politico. Silenzio che Moro avrebbe interrotto nel novembre del 1968, quando, in un «discorso bomba» <24 rivolto alla Dc, avrebbe affermato: «tempi nuovi si annunciano» <25, rivolgendo una critica esplicita al suo partito e aprendo per la prima volta un discorso sul rapporto con il Pci. È così che inizia la “strategia dell’attenzione” <26. Attraverso l’espressione «tempi nuovi», Moro comprende a pieno come sia mutata non solo la società ma anche tutto il mondo. Per interpretare il nuovo periodo a cui si va incontro è doveroso che la Dc attui un nuovo tipo di politica. Le forze della protesta e del drastico rinnovamento sono convogliate in parte nel Partito comunista. Moro sa bene che non bisogna isolare quelle forze ma bisogna saperle ascoltare e bisogna instaurare
un dialogo per avviare un confronto. I motivi e le ragioni della strategia dell’attenzione sono evidenti: crisi sempre maggiore del centro-sinistra, manifestazione di tempi nuovi e avanzata del Pci. A questi elementi si aggiunge una valutazione di più lungo periodo: l’esigenza di realizzazione in senso democratico dello Stato italiano, attraverso un allargamento del consenso da parte delle masse popolari. Il fine è quello di mettere in relazione il sistema parlamentare di governo con le masse. Per raggiungerlo è necessario passare attraverso il confronto con il Pci. Tra le fila del partito democristiano vi è stupore, nessuno si sarebbe mai aspettato un discorso simile da parte di Aldo Moro: l’effetto è quello di una bomba politica <27. L’idea di base è quella secondo cui la Dc debba rimanere il “maggiore partito italiano”, modificando il suo corso politico, ma senza condividere il potere con i comunisti: portando avanti solo un “confronto”. La strategia dell’attenzione è quindi definita come «il vero modo di essere della democrazia» <28.
[NOTE]
15 Per segnali si intende quelli dati dal movimento studentesco, l’autunno caldo, le dimostrazioni in piazza per protesta contro l’intervento americano in Vietnam, le proteste contro l’URSS per aver distrutto il sogno di democrazia dei cittadini praghesi. Cfr: G. Sabbatucci, V. Vidotto, Storia contemporanea, il Novecento, Laterza, Bari, 2008.
16 Il primo governo di centro-sinistra organico risale al 1963, formato da Dc, alleata con PSDI, con il PRI e il PSI. Cfr: S. Colarizi, Storia politica della Repubblica, 1943-2006, Laterza, Bari, 2018.
17 La Battaglia di Valle Giulia è il nome con cui è noto il violento scontro tra manifestanti universitari e polizia del 1° Marzo 1968. I primi tentavano di riconquistare la Facoltà di architettura dell’Università di Roma attaccando la polizia, che la presidiava dopo averla sgomberata da un’occupazione studentesca. Cfr: Giampaolo Bultrini e Mario Scialoja, La battaglia di Valle Giulia, «L’Espresso», 10 Marzo 1968, p.1.
18 Citato in: Giovanni Mario Ceci, Moro e il Pci: la strategia dell’attenzione e il dibattuto politico italiano (1967-1969), Carocci editore, Roma, 2013, p.45.
19 In questa contestazione, gli studenti presentano delle colorazioni politiche e ideologiche mai viste fino a quel momento. La causa è da ricercarsi nel Pci, accusato di aver bloccato la riforma universitaria. Cfr: S. Colarizi, Storia politica della Repubblica, 1943-2006, Laterza, Bari, 2018, pp.87-89.
20 Nel 1969, in seguito alla spinta rilevante dei movimenti studenteschi, vengono approvate nuove norme che liberalizzano l’accesso agli studi universitari (fino a quel momento, per intraprendere il percorso universitario bisognava aver conseguito il diploma di liceo classico), venne modificata la prova di maturità dove erano stati introdotte due prove scritte (la prima in italiano e la seconda in funzione dell’Istituto prescelto) ed una prova orale che verteva sulle materia scelte (una dallo studente e una dai professori) fra un gruppo di quattro indicato precedentemente del Ministero della pubblica istruzione, il gruppo di materie era diverso per ogni tipo di istituto scolastico. La Commissione degli esami, ovvero il gruppo di docenti che era tenuto a giudicare ogni classe, era stato modificato. Con la riforma dovevano esser presenti anche docenti esterni all’istituto, salvo un gruppo di insegnanti facenti parte della classe. Cfr: Angelo Semerano, Il sistema scolastico italiano, Carocci, Roma, 1999.
21 La Democrazia Cristiana ottiene il 39,1%, il Pci il 26,9%, il Psu il 14,5% il Psiup il 4,4%, il Pri il 2%, il Pli il 5,8%, il Pdium l’1,3% e il Msi il 4,5%. Cfr: S. Colarizi, Storia politica della Repubblica, 1943-2006, Laterza, 2018, p. 98.
22 Nell’Ottobre 1966 vi fu l’unione tra il Partito Socialista Italiano e il Partito Socialdemocratico Italiano, dalla fusione di questi nascerà il Partito Socialista Unificato, promossa anche dall’elezione del socialdemocratico Giuseppe Saragat come Presidente della Repubblica italiana. Dopo vent’anni di divisione si nota il ricongiungimento politico in casa socialista; questa riunificazione però durerà solamente tre anni. Nel 1969 si dividono e danno vita al Partito Socialista Unitario. Cfr: S. Colarizi, Storia politica della Repubblica, 1943-2006, Laterza, Bari, 2018, pp.80-82.
23 Per corrente dorotea si intende la corrente più moderata della Democrazia Cristiana, estremamente anticomunista e più vicina alle gerarchie ecclesiastiche. Cfr: Giovanni Mario Ceci, Moro e il Pci: la strategia dell’attenzione e il dibattuto politico italiano (1967-1969), Carocci editore, Roma, 2013.
24 Parole riportate dai più noti osservatori della vita politica italiana. Cfr.: Giovanni Mario Ceci, Moro e il Pci: la strategia dell’attenzione e il dibattuto politico italiano (1967-1969), Carocci editore, 2013.
25 Giovanni Mario Ceci, Moro e il Pci: la strategia dell’attenzione e il dibattuto politico italiano (1967-1969), Carocci editore, 2013, Roma, p.82.
26 È con questa espressione che si indica il nuovo percorso che vuole intraprendere Aldo Moro. Bisognava lasciar da parte le ostilità politiche e iniziare a dialogare. Cfr: Giovanni Mario Ceci, Moro e il Pci: la strategia dell’attenzione e il dibattuto politico italiano (1967-1969), Carocci editore, Roma, 2013.
27 Giovanni Mario Ceci, Moro e il Pci: la strategia dell’attenzione e il dibattuto politico italiano (1967-1969), Carocci editore, Roma, 2013, p.82.
28 Giovanni Mario Ceci, Moro e il Pci: la strategia dell’attenzione e il dibattuto politico italiano (1967-1969), Carocci editore, Roma, 2013, pp.82-83.
Alessandra Donadei, Aldo Moro ed Enrico Berlinguer. 1968-1978: due visioni della stessa strategia?, Tesi di laurea, Università Luiss, Anno Accademico 2020-2021